Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

Aigues Mortes come Rosarno: la crisi colpisce sempre i più deboli

Silvio Di Francia
Osservatorio Italia-razzismo 24.11.2011
Ad Aigues Mortes, nella Linguadoca, tra il 16 e il 20 agosto del 1983, l’accesa ostilità da parte di residenti e lavoratori stagionali francesi nei confronti dei lavoratori italiani si tradusse in un vero e proprio “pogrom” con un numero ancora oggi imprecisato di morti (più di cinquanta secondo le fonti internazionali) e centinaia di feriti.

Il racconto è rievocato in un bel libro di Gerard Noiriel, edito da Marco Tropea dal titolo: «Il massacro degli italiani. Aigues Mortes 1983. Quando il lavoro lo rubavamo noi». Nel libro si raccontano i quattro giorni di caccia all’italiano nelle paludi di Aigues Mortes (acque morte), il durissimo lavoro nelle saline, l’inedita alleanza xenofoba tra residenti benestanti e “trimards”, lavoratori stagionali francesi profondamente impoveriti dalla crisi economica, e persino un sindaco “sceriffo” che cavalcò le proteste arrivando a legittimare l’eccidio, in nome della difesa del lavoro francese insidiato dagli «intrusi macaronì».  Quello che Noiriel definisce come «l’esempio più truce di xenofobia operaia in qualsiasi storia d’immigrazione», si concluse con un processo che non trovò colpevoli e con l’introduzione nella legislazione francese di norme di sbarramento verso il lavoro straniero. La storia di Aigues Mortes richiama i fatti di Rosarno, se non nelle conseguenze, sicuramente nelle dinamiche che portarono all’esplosione delle ostilità. L’altra analogia riguarda gli effetti che la crisi economica sta già producendo sul nostro sistema, come evidenziato dal “Primo rapporto  sull’economia dell’immigrazione” curato dalla Fondazione Moressa. Un rapporto che indica la fragilità, nei confronti della crisi, cui sono esposti non solo gli immigrati, ma l’intero universo del lavoro.

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