Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

25 maggio 2010

TRA POCHI GIORNI LA PRESENTAZIONE  UFFICIALE
Immigrati e integrazione, via al "piano" Sacconi

laPadania, 25-05-2010
Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi, presenterà a breve un piano per "l'integrazione nella sicurezza" degli immigrati. Cinque i punti principali: conoscenza della lingua ed educazione civica, lavoro, casa, accesso ai servizi e tutela dei minori. Con una premessa: l'immigrazione sarà sempre più "rotatoria".
Un documento importante per la sua novità e anche perché dovrebbe fare da sfondo fin da subito all'applicazione del permesso di soggiorno a punti, previsto nel pacchetto sicurezza del luglio scorso, esaminato nello stesso Consiglio di venerdì' e ora all'esame dei vari ministeri interessati.
I due assunti che stanno alla base del documento: primo, il carattere "rotatorio" dei flussi migratori, che secondo il ministro porterà a periodi di migrazione sempre più contratti, grazie alla «crescita di quelli che sono oggi Paesi in via di sviluppo». Da questo assunto, deriva la necessità di gestire il fenomeno secondo tre ambiti di azione: sostegno allo sviluppo dei Paesi di origine, regolamentazione dei flussi di ingresso e politiche di integrazione.
II secondo assunto è che i progetti migratori possano distinguersi in tre tipologie: «C'è chi vuole tornare in patria dopo aver imparato un
lavoro o accumulato risparmi»; c'è chi invece intende l'Italia "come tappa per un'ulteriore migrazione" e chi invece "spera di poter rimanere definitivamente da noi". Da ciò deriva, secondo il ministro, la necessità di «programmazione dei flussi di accesso, al fine di passare
da una immigrazione subita a una programmata».
La proposta del Piano per l'integrazione nella sicurezza, che prevede anche un sistema di certificazione delle competenze professionali, accompagnamento al rientro e lotta al lavoro nero. L'ingresso dev'essere guidato dalla domanda interna.
L'idea di fondo è che l'ingresso in Italia di lavoratori stranieri sia guidato «dalla domanda interna proveniente dal sistema delle imprese e delle famiglie piuttosto che essere effetto della pressione migratoria dall'esterno». Per questo, si rendono necessari anche «meccanismi di monitoraggio che consentano la tracciabilità dei percorsi lavorativi dei cittadini stranieri entrati nei flussi».
Sacconi propone inoltre «lo sviluppo di un sistema di riconoscimento e certificazione delle competenze professionali dei lavoratori immigrati e il sostegno all'imprenditorialità nei Paesi di origine». La prospettiva è quella del rientro in patria, che secondo il ministro deve essere sostenuto attraverso un'apposita azione di "accompagnamento". Nel Piano si evidenzia poi la necessità di contrastare il lavoro nero e il caporalato, "potenziando qualitativamente le attività di vigilanza, tramite una azione ispettiva che deve sempre più divenire sintesi sinergica delle azioni programmate dai diversi organi di vigilanza, unitamente agli interventi delle forze di Polizia, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza».
Infine la verifica degli impegni assunti dal datore di lavoro con la sottoscrizione del contratto di soggiorno e alloggi a rotazione per i lavoratori stranieri. Le verifiche riguarderanno, nello specifico, la responsabilità del datore di lavoro di «accompagnare il lavoratore straniero nel trovare un alloggio adeguato». Gli alloggi a rotazione sarebbero invece delle soluzioni abitative temporanee «per permettere una stabilizzazione abitativa del lavoratore corrispondente a quella lavorativa».
Per quanto riguarda l'accesso ai servizi, la proposta principale avanzata da Sacconi riguarda l'introduzione di «mediatori culturali o linguistici o dei funzionari dell'anagrafe" nei servizi di prima accoglienza (come sportelli e uffici per l'immigrazione presso prefetture e questure». In questo quadro, «è importante rivedere i termini dell'accesso ai pubblici uffici per facilitare l'ingresso di quelle persone straniere che, essendosi pienamente integrate, sono pronte a servire l'Italia».
Per quanto riguarda i minori stranieri, Sacconi sottolinea l'opportunità di «vietare l'abbandono scolastico», ma anche di «prevenire e scoraggiare il fenomeno delle partenze illegali» di minori non accompagnati. Sottolinea inoltre la funzione del Comitato per i minori stranieri istituito presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e in particolare il Programma nazionale di protezione dei minori stranieri non accompagnati.



Permesso di soggiorno a punti, si allunga la via crucis per i migranti

il manifesto, 25-05-2010
Annamaria Rlvera
Si vantano, Maroni e i suoi, d'aver fatto come in Canada. Un po' ignorando (che ignoranti sono), un po' fingendo d'ignorare che, quanto ad accoglienza degli stranieri, welfare state, rispetto dei diritti delle minoranze, estensione della cittadinanza, è come paragonare il giorno e la notte. La notte italiana è nera come la pece, il suo cielo è costellato d'ogni artificio per rendere impossibile la vita ai migranti, fino alla vessazione e alla riduzione in schiavitù. Manca un progetto di soluzione finale, ma la progressiva sottrazione di diritti umani, i processi di deumanizzazione degli «estranei», il loro uso costante come capri espiatori un po' ricordano le notti lontane che covarono lo sterminio.
Quel che sconcerta è la coltre di silenzio o le vocine di educata protesta che accompagnano il varo del permesso di soggiorno a punti, una tappa dell'escalation della xenofobia all'italiana. Come se non vi fosse un nesso fra la legge che imbavaglia l'informazione, giustamente deprecata a gran voce, e l'«accordo per l'integrazione», cioè l'ultima trovata per moltiplicare le stazioni dolorose della via crucis dei migranti.
Del resto, uno degli aspetti dell'anomalia italiana è una certa sintonia fra destra e sinistra - di «pancia», prima che politica - quando
si ttatta del destino dei migranti. È una sintonia, talvolta inconsapevole, che si riscontra nei vertici dei partiti e di certi quotidiani «democratici» come in una parte del «popolo di si¬nistra», che esso si vesta di rosso, di rosato o di viola. A tutto vantaggio della vorace iena leghista che si pasce dei cadaveri abbandonati nelle strade ove un tempo c'erano solidarietà di classe e di umanità, conflitti per il lavoro e per la dignità. La iena è ormai tanto satolla da dominare l'agenda di un governo allo sbaraglio. Così che essa ha perduto, se mai ne abbia avuti, ogni freno inibitorio. Se non bastano i discorsi e le imprese quotidiane del razzismo federale e nazionale, si dia un'occhiata al sito ufficiale del Movimento giovani padani: vi si troverà la retorica nazista delle «millenarie comunità etnonazionali di Sangue e Suolo» e i deliri di certi ideologi di mezza tacca che imitano il Fuerher anche nei baffetti e straparlano di etnonazionalismo razzialista. Non è folclore, è il ventre che partorisce le leggi discriminatorie contro gli stranieri. Né è folclore l'apparente contraddizione fra l'obbligo della conoscenza dell'italiano e della Costituzione imposto ai migranti e i corsi di dialetto locale per stranieri: in quel di Belluno, un assessore provinciale ha pensato bene di sacrificare denaro pubblico al nobile scopo di permettere ai meteci di comprendere l'oscura parlata dei loro sfruttatori. I quali, se sottoposti a un test d'italiano, dopo cinquanta o settanta anni di vita in Italia, farebbero cilecca. Non parliamo poi se (dovessero dar prova di conoscenza della Costtituzione e di «formazione civica e informazione sulla vita civile», o se dovessero dimostrare di aver onorato gli «obblighi fiscali», come la  legge esige dai migranti.
In realtà, la contraddizione logica fra vessazione localizzata e nazionalizzazione degli stranieri non è incoerenza politica. Per parafrasare Theodor W. Adorno, fu il culto delle feste in costume a partorire la politica nazional-socialista. Lo stillicidio di ordinanze comunali per decontaminare il territorio locale dalle scorie migranti (che restino sepolte per farsi sfruttare da qualche padroncino) è l'altra faccia delle leggi nazionali discriminatorie o vessatorie.
Si dirà: è una legge-propaganda, inapplicabile, utile solo a mostrare i muscoli e a intimorire gli immigrati. E in parte è vero. Come scrive Sergio Briguglio, comporterà anzitutto un pesante aggravio del lavoro dell'amministrazione, quindi un allungamento dei tempi per il rinnovo dei permessi di soggiorno, già oggi biblici. E anche, aggiungiamo, l'incremento dell'arbitrio e della burocratica banalità del male che conduce a internare o a espellere un immigrato. Ma il punto decisivo è questo: in un contesto di grave decadimento della democrazia e di crescente razzismo, istituzionale e popolare, ogni tassello legislativo rivolto ai capri espiatori è un passo verso la loro umiliazione.



Cie, gli ex An toscani attaccano Maroni
L'accusa: troppi ritardi nella costruzione. La Lega: non è vero

laPadania, 25-05-2010
MARCO GARGINI
FIRENZE - L'avversario del Pdl in Toscana? Non sembra essere la sinistra, ma la Lega Nord. È ciò che risulta chiaro dopo l'ennesimo attacco al Carroccio del trio ex-An Riccardo Migliori, Achille Totaro e Nicola Nascosti. Visto il consenso che la frangia centralista del Pdl sta sempre più perdendo in Toscana per l'incapacità e la pochezza di idee dei propri leader locali, i tre seguaci del compagno Gianfranco Fini non perdono l'occasione per attaccare la Lega Nord, che quei voti glieli mangia giorno dopo giorno. Ecco che, prendendo a pretesto un attentato incendiario contro due mezzi di soccorso della Misericordia di Rifredi a Firenze ad opera, probabilmente, degli antagonisti, ove campeggiava anche la scritta "No Cie,  confraternita  della morte", il trio postfascista ha pensato bene di dare la colpa al ministro dell'Interno Roberto Maroni «per i gravi ritardi che sta facendo registrare, ormai da due anni, circa l'individuazione del sito in cui istituire il Cie in Toscana». Risponde a tono l'eurodeputato del Carroccio Claudio Morganti che evidenzia ancora una volta l'ignoranza di Migliori, Totaro e Nascosti a riguardo. «Quando s'insediò il tavolo permanente sulla sicurezza a Prato -asserisce il segretario nazionale toscano della Lega - il ministro Maroni promise che il Cie in Toscana si sarebbe fatto entro la fine del 2010, in accordo o meno con la Regione. Basterebbe leggere i giornali. Siamo a maggio e mancano, perciò, ancora sei mesi e mezzo di tempo su tale scadenza». Il Pdl, soprattutto la sponda vicina a Fini, in Toscana non si sta comportando molto bene nei confronti della Lega.   «Una certa classe politica - prosegue Morganti -, che da 65 anni viene continuamente bocciata dagli italiani e dai toscani non avendo argomenti né proposte, non sa fare altro che attaccare gli avversari, soprattutto se questi sono alleati. La non lealtà di Migliori, del solito Totaro e di Nascosti nel continuare a attaccare l'alleato Lega Nord e, nella fattispecie, il Ministro Maroni, dimostra ancora una volta che questi tre personaggi non hanno accolto il nostro invito a sciacquarsi la bocca prima di parlare del Ministro che ha quasi fermato del tutto l'afflusso di clandestini in Italia, e soprattutto ad informarsi prima di parlare». Ciò che stanno facendo gli ex An in Toscana è il gioco tanto caro alla sinistra di disinformare pur di creare sospetti, alimentare paure e guadagnare voti a discapito degli alleati, visto che dalla fine del Fascismo in poi non sono mai riusciti a prendere voti a sinistra. «Invece di continuare a disinformare i cittadini attaccando a gamba tesa la Lega Nord, l'onorevole Migliori, il senatore Totaro e il consigliere regionale Nascosti dovrebbero portare avanti le promesse del proprio partito invece di tentare di mettere sempre i bastoni tra le ruote alla Lega che è garante dell'applicazione del programma di Governo. Dovrebbero essere leali col Carroccio invece di fargli opposizione. Voglio ricordare - conclude l'onorevole Morganti - a questi tre personaggi che il loro avversario dovrebbe essere la sinistra, non l'alleato grazie al quale ancora stanno al Governo a Roma. O Migliori, Totaro e Nascosti preferiscono tornare ai tempi, a loro più consoni, di una "guida" e di un partito unico?».



VENDOLA, L'ITALIA DELLA PULIZIA ETNICA E' SCHIFOSA

IRIS, 25-05-2010
ROMA, "Non si può essere sceriffi di sinistra: bisogna fare una battaglia frontale".
Lo ha detto Nichi Vendola a 'Repubblica TV in merito al tema dell'immigrazione.
Questa "Italia della mensa negata a un bambino, l'Italia della pulizia entica è schifosa, melmosa", ha aggiunto Vendola.
Il Governatore della Regione Puglia e leader di Sinistra Ecologia Libertà ha sostenuto che "contro" questa Italia  "bisogna reagire". "Contro questa Italia  bisogna fare l'altra Italia, quella della memoria".
"Sul tema dell'immigrazione  - ha concluso Vendola - tutto il centro sinistra deve costruire un nuovo racconto".



PERI MEDIA NON E UN ARGOMENTO DI DIBATTITO
Cala il silenzio stampa sulle rivolte dei nomadi

laPadania, 25-05-2010
PAOLO BASSI
Buona parte della stampa ha già messo il silenziatore alla rivolta del campo rom di via Triboniano a Milano. L'episodio, pur gravissimo, non ha sviluppato né analisi, né dibattiti, ma è stato archiviato come uno dei tanti fatti di cronaca metropolitana. Invece qualche domanda varrebbe la pena porsela perché a fronte di un numero di nomadi minore rispetto al passato, la convivenza con questi gruppi etnici, anno dopo anno, diventa sempre più difficile. L'assurdo, poi, è che proprio ora, con un leghista al Viminale, è stata stanziata la cifra record di 13 milioni di euro che il Comune potrà investire in politiche di integrazione, sicurezza e riqualificazione delle strutture. Le istituzioni quindi, stanno facendo la loro parte più e meglio di quanto non sia mai stato fatto fino ad ora. Eppure i rom sono sempre più "molesti". Dalle ormai numerose "rivolte" come quelle appena scoppiate, agli atti di teppismo come la sassaiola contro le auto che percorrevano la A8 due settimane fa, agli svariati episodi di violenza e intolleranza. Per non contare i furti, lo sfruttamento dell'accattonaggio minorile, la totale inosservanza delle regole più banali del vivere collettivo.
Parte di questa escalation di violenza, va con ogni probabilità attribuita a certi soggetti che non perdono occasione per soffiare sul fuoco. Stiamo parlando di una strana galassia di sedicenti associazioni anti-razziste. Sigle più o meno vicine al mondo dei centri sociali, che ultimamente non perdono occasione per fornire assistenza e supporto a qualsiasi gruppo etnico decida (o venga convinto) a scendere in piazza. C'erano, neanche a dirlo, in via Triboniano. E ci sono tornati pure domenica con l'obiettivo di dare vita ad un'assemblea pubblica. L'ennesima mobilitazione (o sobillazione), ovviamente non autorizzata dalla questura, è stata bloccata sul nascere da un ingente schieramento di forze dell'ordine. Non contenti, hanno "convocato" i presenti ad un incontro al centro sociale Torchiera, dove però pare che nessuno si sia fatto vedere. Evidentemente l'appeal degli autonomi, non è tale da valere una passeggiata sotto il sole inclemente di inizio estate.
Chi di certo non ascolta più il richiamo dei nostalgici degli anni 70, sono i milanesi, che infatti snobbano le iniziative dell'aera antagonista e in cabina elettorale puniscono i partiti che in qualche modo spalleggiano queste realtà. La quasi totale estinzione di Rifondazione e Comunisti italiani in città, è paradigmatica. Come Umberto Bossi ha rilevato più volte, la sinistra, avendo perso i favori del proletariato "interno", cerca di crearne uno nuovo d'importazione. Ma se il Pd batte la via legislativa, proponendo la cittadinanza breve e qualsiasi modifica normativa tesa a favorire l'immigrazione, i partiti della sinistra radicale e la loro rete di fiancheggiatori, non avendo più rappresentanza istituzionale, fanno un passo ulteriore e cercano di "organizzare" le forze già presenti sul campo. Ecco quindi nascere i vari comitati pro rom, pro occupanti abusivi delle case popolari, pro presunti rifugiati, pro clandestini. Ormai quasi mensilmente vengono organizzate campagne contro i centri di permanenza temporanea o più in generale contro le politiche sulla sicurezza tanto delle istituzioni locali quanto di quelle nazionali. Facendo un veloce giro su internet si possono persino trovare siti di associazioni che, di fatto, danno suggerimenti su come poter aggirare la legislazione vigente in materia di permessi di soggiorno. Si pongono cioè alla testa di una nuova possibile "massa" da "muovere" per creare scompiglio. Una "saldatura" pericolosa, perché i fatti dimostrano che i gruppi etnici non sono minimamente controllabili e se si infiammano, non lo fanno per inscenare proteste politiche, ma per mettere a ferro e fuoco i quartieri. I fatti di via Triboniano, ma anche quelli di via Padova o di via Paolo Sarpi, dovrebbero far riflettere...



OUSSAFI(CISL/ANOLF GIOVANI): APPELLO PER IL RICONOSCIMENTO DIRITTO DI CITTADINANZA ALLE SECONDE GENERAZIONI

Italian Network, 25-05-2010
“Ci auguriamo che la Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati, corregga il testo unificato redatto dalla relatrice On.le Bertolini, sul riconoscimento del diritto di cittadinanza per i figli degli immigrati nati o cresciuti in Italia". Lo ha affermato il Responsabile Nazionale Anolf Giovani Cisl, Maruan Oussaifi.
"Ci appelliamo alla classe politica ed a tutti i parlamentari” ha dichiarato Oussaifi- affinchè riconoscano il diritto dello ‘ius soli’. Solo così, infatti, le seconde generazioni si sentiranno a tutti gli effetti italiane e parteciperanno con pari dignità ed uguali diritti alla crescita della società. Questo è il desiderio di decine di migliaia di giovani che aspettano la nuova riforma della cittadinanza”.
“Non siamo 'immigrati'- ha continuato Oussaifi- non veniamo da un altro paese, non abbiamo attraversato frontiere, siamo qui dall’inizio della nostra vita. Diciamo ‘basta’ ai giovani italiani con il foglio di via".
Questo l’appello dell’ANOLF Giovani che promuove con il sostegno della CISL una ‘Campagna Nazionale’ tesa a sensibilizzare ed aprire un confronto con tutta l’opinione pubblica nelle varie città italiane, al fine di far cadere i pregiudizi e gli stereotipi insiti nella paura della diversità e valorizzare, così, la presenza dei ‘nuovi’ italiani in tutto il nostro Paese.(25/05/2010-ITL/ITNET)



Prendi gli italiani per la gola: storie e (foto) degli chef immigrati

l'Unità, 25-05-2010
Prendere gli italiani per la gola, forse, potrebbe essere una buona idea per facilitare l’integrazione degli stranieri in Italia o, meglio, per far capire agli italiani che l’immigrazione può avere mille volti. Dietro ai fornelli delle cucine dei ristoranti e delle pizzerie che frequentiamo, sempre più spesso troviamo cuochi stranieri. Ognuno con la sua storia, le sue origini e la sua lingua, ma tutti con una passione in comune: la cucina. Di fronte a questa variegata realtà, è nata l’idea di una mostra fotografica su alcuni chef immigrati che lavorano nelle cucine dei grandi ristoranti italiani. “Fornelli d’Italia” è una mostra che non racconta le storie dei tanti bravi pizzaioli stranieri che siamo abituati a riconoscere frequentemente nelle pizzerie della penisola, ma dei grandi chef che nutrono i palati gli esigenti clienti di rinomati ristoranti. Molti di loro, forse, non sanno che dietro quei piatti ci sono storie di immigrati arrivati in Italia per necessità e rimasti in Italia grazie ad un lavoro diventato una passione. La mostra racconta la storia di questi cuochi, che hanno cominciato spesso come lavapiatti e che adesso sono contesi dai migliori ristoranti. Chef immigrati che con le loro storie a lieto fine contribuiscono a disegnare un’Italia diversa da quella a cui ci inchiodano le cronache di tutti i giorni e alla quale, invece, vorremmo presto abituarci. Realizzata dai fotografi Marco Delogu e Michele De Andreis, la mostra resta aperta a Roma, fino al 30 maggio, alla Casa del Cinema di Villa Borghese, in collaborazione con Gambero Rosso. Tutte le foto saranno raccolte in un catalogo e sul sito www.crosswoinnerlds.it



Immigrazione e integrazione, i consigli di nonna Jasmina

Libertiamo, 25-05-2010
- “Devi focalizzarti sugli stranieri che incontri e cercare di comprenderli. Più riesci a capire uno straniero, maggiore è la conoscenza di te stessa, e più conoscerai te stessa, più sarai forte”.
?  questo il monito che nonna Jasmina indirizza alla nipote, la scrittrice marocchina Fatema Mernissi, e che viene ripreso nel libro “L’harem e l’Occidente”.
Fermiamoci un istante a riflettere su questo pensiero.
Spesso lo straniero viene descritto come un intruso che, arrivato nelle nostre città, vuole appropriarsi dei nostri valori, dei nostri luoghi di incontro e persino del nostro lavoro. Se invece proviamo a ragionare, cercando di guardare oltre la punta del nostro naso, ci accorgiamo che la situazione è ben diversa.
Ci siamo mai chiesti cosa spinge questa gente ad abbandonare i propri affetti per emigrare in terre sconosciute e spesso ostili? Abbiamo mai provato ad interrogarci su cosa porta un essere umano a compiere i “viaggi della speranza” su barconi che sembrano zattere, rischiando molto spesso la vita?
Solo ponendoci tali interrogativi possiamo rapportarci con il fenomeno dell’immigrazione in maniera positiva e dialogante. Del resto, è solo nel concetto di immigrazione vista come integrazione dell’altro che possiamo sperare di trovare le risposte alle tante domande che ci facciamo su tali argomenti.
Anzitutto va chiarito che il nostro obiettivo è quello di una integrazione ragionata, “mediata” potremmo dire, che passa inevitabilmente dal riconoscimento delle nostre leggi, dei vostri valori e della nostra cultura. Il che non significa affatto cancellare l’identità del migrante, quanto piuttosto armonizzarla all’interno della società in cui viviamo. Non sarebbe meglio conoscere l’altro piuttosto che etichettarlo come “bingo bongo” o delinquente tout court?
Non credo che l’adozione di una prospettiva di chiusura radicale nei confronti dello straniero possa portarci lontano. Se non assumiamo un atteggiamento diverso rischiamo di ritrovarci a vivere in un paese ripiegato su se stesso, fatto di persone che vivono nella paura e nel terrore e non nella speranza. Al contrario, bisogna convincersi che lo straniero, proprio perché è “altro” da me, può dare al mio Paese un valore aggiunto in termini di cultura, di confronto, di dialogo; è nell’integrazione come interscambio culturale e generazionale che vogliamo investire.
? arrivato il momento di mettere all’angolo quella linea di pensiero che vede nel migrante solamente un paio di braccia in più da sfruttare per la raccolta degli ortaggi nei campi. C’è altro dietro quei volti di persone che fuggono a causa della disperazione: ci sono esseri umani che sperano, almeno, di essere accolti con un sorriso e con un po’ di ascolto. Abbiamo dimenticato forse che gli stranieri possono arricchirci, aiutandoci a comprendere meglio noi stessi e il mondo in cui ci troviamo, grazie al confronto /incontro tra culture che, proprio perché diverse l’una dall’altra, possono valorizzarsi attraverso prospettive di dialogo.
Nonna Jasmina ha ragione quando dice che è necessaria la comprensione dell’altro per conoscere meglio noi stessi. Se ci chiudiamo a riccio, ostinandoci a coltivare solo la nostra cultura, non andremo lontano. ? nella sinergia tra diversi mondi che possiamo invece arricchirci.



Argentina, un secolo fa li emigranti eravamo noi
Una mostra racconta le storie dei piemontesi partiti in cerca di fortuna

La Stampa, 25-05-2010
MAURO PIANTA
La rassegna si inaugura oggi al Sermig
Per i piemontesi l'America, anzi «La Grande Merica» come la chiamavano - sognandola - i vecchi nelle campagne un tempo, ha sempre voluto dire Argentina. Non è un caso se oggi i piemontesi per nascita o per discendenza residenti laggiù, concentrati fra Cordoba, Rosario, Mendoza, Santa Fe e Buenos Aires, sono ben tre milioni. Un popolo nato dall'ondata migratoria causata dalla crisi agraria che investì il Piemonte intorno al 1870. Un popolo figlio di un duello con il destino ingaggiato da chi ha avuto il coraggio di partire. E che, magari, non ce l'ha fatta a tornare. O che pur tornando a casa non ha mai dimenticato la terra dell'avventura. Proprio «Volver-ritornare» è il titolo della mostra che verrà inaugurata oggi, ore 17, al Sermig, in piazza Borgo Dora 61, e che rimarrà aperta fino al 2 giugno (ingresso gratuito, visitabile tutti i giorni dalle 9 alle 12,30 e dalle 14,30 alle 18). Realizzata dall'Associazione Beni Culturali Italia con il supporto tecnico di Copat e il contributo della Regione, la rassegna racconta attraverso lettere, fotografie, documenti, video e installazioni il viaggio, la permanenza e il ritorno dei piemontesi in Argentina tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento. Sbarcano e portano il loro modo di lavorare: viti-coltori dal cuneese, allevatori e agricoltori dall'astigiano e dall'alessandrino, tessitori e muratori dal biellese e dall' ossolano.
«La mostra - spiega Monica Cosseta, presidente dell' Associazione Beni Culturali Italia - è frutto di un'approfondita ricerca sul territorio piemontese durata più di un anno svolta con altre associazioni, storici, enti specializzati. Il punto di forza sono le testimonianze  raccolte  negli anni Ottanta e Novanta dalla voce dei protagonisti: ne scaturisce un affresco composto di sofferenze e nostalgie, speranze e vite cambiate». Non solo malinconia, dunque. «Anzi - osserva Cosseta - abbiamo incontrato uomini che per amore della loro terra sono stati costretti ad abbandonarla. Sembra un paradosso, ma solo per un amore radicato e profondo l'uomo può compiere grandi sacrifici e lasciare ciò che ama». C'è poi un aspetto più didattico. «Sì, perché riscoprire la nostra storia di emigranti è il modo migliore per capire il fenomeno dell'immigrazione oggi». Ecco perché al progetto hanno collaborato anche alcune scuole: chi lavorando sul recupero delle testimonianze, chi impegnandosi sull'allestimento.
E così che ci si imbatte nella storia di Felice Vallotti, nato a Curone (Alessandria), classe 1923, emigrato in Argentina nel 1949 e rientrato in Patria nel 1954. Il documento rilasciato dalle autorità di Buenos Aires nel '53 lo definisce  «soltero» (single, diremmo oggi), con la barba «afeitada» (rasata) e il dorso «recto».  Nell'intervista risalente al 1987 si scopre che, come tanti, lui arriva in Sud America perché lì c'è lo zio. Partito dal porto di Genova, impiega 17 giorni per sbarcare a Buenos Aires. «Ero sperduto, non capivo niente. Là era tutto differente. Non c'erano panissa o polenta. Io non avevo mai visto le banane: la prima volta che me le hanno date le ho mangiate con la buccia. I compagni mi prendevano in giro, mi davano del taccagno, ma avevo bisogno di risparmiare per tornare a casa». Ci riesce nel 1954, a causa di una malattia, proprio quando - dice - «ormai mi piaceva vivere lì».
C'è anche chi ricostruisce un pezzo di Piemonte in Argentina, riunendosi in associazioni nelle quali rivivono usi, costumi, tradizioni, cibi (non è raro, per esempio, trovare fieste de la Bagna Cauda). Ancora oggi vi sono in Argentina 60 associazioni piemontesi. Ma anche l'Eden non è più quello di un tempo. «Con la crisi mondiale - spiega Fernando Caretti, presidente dell' associazione Unione Ossolana - tanti piemontesi stanno cercando di rientrare in Italia». Volver, appunto.



Attacco del Times
La famiglia di Miss America in odore di hezbollah

Libero, 25-05-2010
Simona Verrazzo

La vittoria della prima Miss USA nata all'estero e musulmana non è stata senza polemiche. I media europei hanno riportato la svolta storica, l'effetto Obama anche su un concorso di bellezza, l'apertura degli Stati Uniti allo straniero per lingua e religione. In realtà l'elezione di Rima Fakih, sciita, è stata tutt'altro che indolore.
Il quotidiano britannico Times racconta le tensioni che hanno scosso, e che continuano ancora a scuotere, una parte dell'opinione pubblica americana. L'articolo titola su "Miss Hezbollah", riferendosi alla nuova reginetta, soprannome affibbiatole da Debbie Schlussel, nota avvocatessa e commentatrice politica della destra conservatrice statunitense. È dal suo blog che sono partite le prime indiscrezioni sul legame che ci sarebbe tra la bella Rima ed Hezbollah, organizzazione terroristica per Europa e Stati Uniti, ma partito di governo nel Paese dei cedri. La neo-reginetta è nata nel sud del Libano, a Srifa, roccaforte della sigla paramilitare.
Quello che dice la Schlussel è inequivocabile e rimbalza non soltanto sul suo blog: la famiglia di Rima Fakih è legata a Hezbollah.
Ed ecco che la commentatrice neocon stila l'elenco dei parenti, legati da vincoli di sangue alla nuova Miss USA Ali Fakih e Haidar Fakih sono due alti ufficiali del Partito di Dio; sei familiari, tutti uomini, sono stati uccisi da Israele perché stavano organizzando attentati sempre per conto di Hezbollah; inoltre la Schlussel fa la lista dei terroristi islamici originari di Srifa, la città natale della reginetta. E per chi non ci credesse il blog mostra il manifesto del Partito di Dio con il ritratto di Alhaj Mahmoud Fakih, considerato parente di Rima, anch'egli ucciso da Israele perché terrorista islamico.
Il Times ricorda che il Michigan, lo Stato in cui vive Rima, è quello con una delle maggiori comunità di arabo-americani. E infatti il quotidiano britannico riporta la fine del ragionamento a cui la commentatrice neocon giunge: la nuova Miss USA altro non è che un cavallo di Troia per permettere la penetrazione di Hezbollah negli States.
Ma se l'opinione di Debbie Schlussel può essere considerata faziosa, perché oltreoceano è nota la sua posizione conservatrice, il Times riferisce anche di Daniel Pipes, direttore del Middle East Forum. Pipes nel suo blog ripercorre l'"invasione" di ragazze mediorientali e musulmane che sbaragliano i concorsi di bellezza occidentali: dall'iraniana Shermine Shahrivar (miss Germania nel 2004 e Miss Europa nel 2005) all'afghano-uzbeka Hammasa Kohistani (miss Inghilterra nel 2005). A Pipes, che non mette in discussione il personale delle giovani, viene il "sospetto" di un eccesso di buonismo.
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Perchè Italia-Razzismo 


SPORTELLO LEGALE PER RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO

 

 


 

SOS diritti.
Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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