Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

07 aprile 2011

Rimpatri, dalla Tunisia impegni generici
Liberazione 7 aprile 2011
Stefano Galieni
Soltanto in mattinata si avrà modo di conoscere nei dettagli il protocollo di intesa firmato lunedì dal ministro Maroni e dal suo omologo tunisino Habib Essid. Da quanto si apprende la Tunisia ha preso solo gli impegni che le spettano. Lo stesso comunicato del ministero evita di soffermarsi sui rimpatri e definisce aspetti secondari rispetto al contrasto ai prossimi ingressi. Secondo quanto concordato l'Italia donerà al Paese nordafricano sei motovedette, quattro pattugliatori ed un centinaio di fuoristrada per consentire alle Forze di polizia tunisine di riprendere i controlli sulle coste. Non sono ancora definiti i tempi con cui verrà effettuata tale donazione, è chiaro però dal testo che il governo tunisino esclude per ora la possibilità di vedere le proprie acque territoriali subire un pattugliamento congiunto. Le navi militari italiane, come quelle in dotazione  all’agenzia Frontex dovranno tenersi al largo e occuparsi esclusivamente del soccorso in mare. Lo stesso Bossi, messo alle strette, ha dovuto affermare che “bisogna fidarsi della Tunisia”. Ma il capitolo più delicato riguarda quello dei rimpatri. Per coloro che sono già in Italia al momento in cui, con decreto del presidente del consiglio, si darà mandato di rendere operativo l’articolo 20 del T.U. sull’immigrazione, scatterà la protezione temporanea, un permesso che avrà durata massima di 6 mesi. Questo dovrebbe permettere di circolare regolarmente nell’area Schengen, ma il procedimento non è automatico. Molti dei ragazzi oggi dispersi nei siti utilizzati per l’accoglienza (trattenimento), si auspicano di poter andare soprattutto in Francia. I transalpini potrebbero tranquillamente far valere contro questa tesi l’articolo 5, comma 2 della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen, che stabilisce come “l’ingresso nel territorio delle Parti contraenti deve essere rifiutato allo straniero che non soddisfi tutte le condizioni imposte, a meno di una deroga per motivi umanitari o di interesse nazionale ovvero in virtù di obblighi internazionali. In tale caso, l'ammissione sarà limitata al territorio della Parte contraente interessata che dovrà avvertirne le altre Parti contraenti”. La Francia potrebbe anche ricorrere all’Art 2, coma 2 della Convenzione: “[…] per esigenze di ordine pubblico o di sicurezza nazionale, una Parte contraente può, previa consultazione delle altre Parti contraenti, decidere che, per un periodo limitato, alle frontiere interne siano effettuati controlli di frontiera nazionali adeguati alla situazione”. Nei fatti un ripristino del controllo alla frontiera che consentirebbe alla Francia di respingere in toto o in maniera selezionata , in Italia i tunisini precedentemente accolti. Si potrebbe ovviare a questo ostacolo se il decreto del presidente del consiglio contenesse anche il rilascio di permessi di soggiorno per lavoro subordinato. Questo costringerebbe il governo francese a non poter obiettare sulla validità territoriale limitata di chi si presenta alla frontiera.Un conflitto si realizzerebbe solo in condizioni residuali, quando la persona destinataria di un permesso di lavoro temporaneo e quindi accettata dalle autorità italiane fosse allo stesso tempo segnalato alle autorità del paese ricevente o di transito in quanto ritenuto socialmente pericoloso. È da notare come il permesso per protezione temporanea e quello per lavoro subordinato offrirebbero a chi ne è destinatario le stesse facoltà. Il problema sorgerebbe però, per la maggioranza,  se i destinatari del permesso di lavoro decidessero di restare in Italia. Anche rispetto a chi tenterà di partire da ora in poi, si è – se sono confermate le indiscrezioni – quantomeno cantata vittoria in maniera poco opportuna. La Tunisia non ha fatto altro che confermare la validità degli accordi sottoscritti nel 1998 in cui si definiscono percorsi di riammissione stante il riconoscimento di un agente del consolato tunisino senza bisogno di schede dattiloscopiche. Di fatto fino all’esplodere della rivoluzione e all’arrivo delle imbarcazioni si procedeva già in questi termini tanto che le schede dattiloscopiche venivano realizzate solo in assenza di documenti di identificazione certa. Ovviamente potrebbe essere rimpatriato solo chi è riconosciuto come cittadino tunisino, i funzionari delle prefetture, che spesso hanno avuto a che fare con questo ed altri consolati, paiono rassegnati al ritorno ad una esasperante lentezza burocratica. Del resto, anche se non se ne sono accorti, non sono più i porti tunisini quelli interessati alle partenze ma le coste libiche. Si tratta di cittadini di un mondo negato che avranno diritto alla protezione umanitaria se non allo status di rifugiato. Tempo perso, ministro.



Eritrei ed etiopi uccisi e gettati in mare. Giallo sulla morte di più di 300 migranti
Corriere della Sera 6 aprile 2011
Paolo Brogi
ROMA - Cadaveri di eritrei e di etiopi crivellati di colpi di arma da fuoco stanno riaffiorando sulle coste libiche, intorno a Tripoli. A darne notizia è don Moses Zerai che dirige in Italia l’agenzia Habeshia dei rifugiati eritrei. Una nuova tragedia del mare si aggiunge a quella ancora in corso a sud di Lampedusa, stavolta con connotati ancora peggiori. Gli immigrati secondo Habeschia sono stati colpiti con armi da fuoco.
«ANCHE DONNE E BAMBINI» - «I cadaveri, riconosciuti da parenti, appartengono agli immigrati che si erano imbarcati a Tripoli nella notte tra lunedì 22 e martedì 23 marzo – dice Moses Zerai -. Secondo le informazioni di cui disponiamo si tratta di 335 profughi sub-sahariani, tra cui anche donne e bambini, per la maggior parte etiopi ed eritrei, erano salpati dalla Libia, fuggendo dalla persecuzione, nella speranza di raggiungere le coste italiane. Del barcone, guidato da uno scafista, si erano perse le tracce pochissime ore dopo la partenza, e un familiare di due dei passeggeri aveva lanciato l’allarme contattando la nostra Agenzia Habeshia».
ATTACCO DALL'ALTO - Sette cadaveri sono stati portati all’obitorio di Tripoli, altri cadaveri sono stati già seppelliti. «Mi hanno detto che su quattro cadaveri erano molto evidenti i segni dei colpi delle armi da fuoco – aggiunge Zerai -. I miei contatti sono con connazionali spaventati che sono in Libia, a Tripoli. Gli immigrati morti non sono riusciti neanche a lanciare l’allarme, tutto dev’essere stato drammaticamente improvviso, devono essere stati attaccati dall’alto, forse da qualche mezzo aereo. Si tratta di una vicenda oscura, che traccia uno scenario assolutamente drammatico su cui Nato e le Nazioni unite devono fare chiarezza al più presto».



Riprese le ricerche, oltre 200 i dispersi del barcone ribaltato a Lampedusa
Corriere della Sera 7 aprile 2011
MILANO - Sono riprese le ricerche, coordinate dalle autorità maltesi e portate avanti anche dalla Guardia costiera e dalla Guardia di finanza italiane, dei dispersi del barcone con a bordo almeno 300 migranti che si è ribaltato nella notte tra martedì e mercoledì a 40 miglia a sud di Lampedusa, in acque maltesi. Di tutte le persone che si trovavano sull'imbarcazione, solamente 53 sono state tratte in salvo. Tra i superstiti ci sono molte donne, tra cui anche una all'ottavo mese di gravidanza, e molti minori. Il premier Silvio Berlusconi ha espresso il proprio cordoglio e quello del governo per quanto accaduto. «Siamo sgomenti - ha detto in una nota diffusa da Palazzo Chigi - ed esprimiamo vicinanza e cordoglio alle famiglie delle vittime e a tutto il popolo tunisino. Si tratta di persone disperate, che avevano affrontato il pericolo della traversata pur di raggiungere le nostre coste e migliorare le loro condizioni di vita». Anche l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati è intervenuto sulla drammatica vicenda e ha chiesto, per bocca del commissario Antonio Guterres e dell'ambasciatrice di buona volontà Angelina Jolie, che si faccia subito qualcosa per evitare che episodi del genere abbiano a ripetersi.IL NAUFRAGIO - Il barcone, secondo quanto riferito da diverse fonti, è stato avvistato alle 4 del mattino, quando le autorità maltesi hanno diramato a quelle italiane la richiesta di aiuto. Sul posto sono arrivate le motovedette della Guardia Costiera e anche un elicottero della Guardia di finanza. Le operazioni di soccorso sono avvenute in condizioni difficilissime per il forte vento e il mare particolarmente agitato. Le testimonianze dei superstiti sono agghiaccianti. «La barca si è capovolta e tanti sono caduti in acqua tra cui la mia fidanzata e un mio amico. Siamo partiti dalla Libia. Due notti in viaggio» ha raccontato un migrante che ha detto di chiamarsi Peter Hugo, di avere 29 anni e di essere del Camerun. «Pochi sono sopravvissuti», ha aggiunto il giovane spiegando di aver pagato 400 dollari per questo viaggio. «Con me tanta gente, tra cui tre bambini e molte donne». CONDIZIONI PROIBITIVE - Nell'area del Canale di Sicilia, dove si è verificato il naufragio, ci sono state per tutta la giornata onde alte tre metri con condizioni meteo abbastanza proibitive che hanno ostacolato i soccorsi. Le previsioni danno calma di vento solo a partire da giovedì. Dopo il naufragio, il mare molto agitato e la concitazione a bordo del barcone hanno reso vano ogni tentativo di trarre in salvo i migranti finiti in acqua. PARTENZE - È invece legato all'evolversi delle condizioni meteo il trasferimento dei circa 1.110 extracomunitari ancora presenti nel centro d'accoglienza dell'isola, che saranno imbarcati sulla nave «Flaminia» in rada davanti al porto di Lampedusa. Stamane il vento è calato, ma il mare, che mercoledì era Forza 6, è ancora agitato.



A chi si debbono mettere in conto i migranti morti?
ItaliaOggi 7 aprile 2011
Pieluigi Magnaschi
Potrebbero essere 250 gli annegati. Siamo, in ogni caso, davanti a un'immane tragedia che rischia di non rimanere isolata. II Nord Africa sta vivendo il complesso della discoteca in fiamme. La gente, terrorizzata, si accalca contemporaneamente alle uscite. II panico li ghermisce. Non c'è scampo per nessuno. In Libia, l'incendio è stato acceso dall'attacco militare alleato, pervicacemente voluto da un filosofo francese, Bernard-Henry Lévi, che, con sommo sprezzo del ridicolo, si autodefinisce ancora «giovane filosofo» anche se ha piú di settant'anni. Costui, innamorato della sua figura di dandy e portato alla esibizione senza freni del suo io spropositato, dopo una visita a Bengasi, da lui minuziosamente preparata, come se si trattasse di lanciare un suo libro, ha perorato 1'ineluttabilità dell'operazione bellica presso la moglie dei presidente francese, Carla Bruni, che è sua amica da vecchia data: tra dandy ci si capisce al volo. Carlà, a sua volta, ha convinto il marito Nicholas Sarkozy ad agire sull'Onu per ottenere 1'autorizzazione agli attacchi (la famosa risoluzione 1973) che poi sono stati immediatamente eseguiti dai jet francesi senza fare nemmeno dieci minuti di dibattito nel Parlamento di Parigi.
Per capire la pretestuosità dell'attivismo sarkosiano basti pensare che al regime libico di Gheddafi (che secondo Parigi deve essere cacciato, ma solo da qualche settimana) i francesi stessi avevano fatto, l'll gennaio scorso, una consegna di armi per un importo di 170 milioni di euro. E su questo commercio ha vegliato (affinché avvenisse; non certo per ostacolarlo) una specifica unità che opera all'Eliseo, cioè nel palazzo dei presidente della Repubblica francese, al fine di promuovere la fruttuosa vendita di armi e jet.
Ora, che cosa succede se, su un Paese come la Libia, si comincia a bombardare? E se, sempre in questo Paese, tutte le attività economiche piú significative vengono sospese? E se, ancora, in questo Paese, lavorano due milioni di stranieri, molti dei quali operano al minimo dei salario e senza un'organizzazione alle spalle (tipo quella che invece avevano i lavoratori cinesi che infatti se ne sono andati in perfetto ordine)? Costoro, non riuscendo a ritornare a casa, cercano di andare dove credono ci sia dei lavoro. Fuggono precipitosamente da un Paese a rischio e che a loro non dà piú nulla, come si fugge da una discoteca in fiamme: Tutto questo, poteva non saperlo un «vecchio filosofo» e anche una «moglie in paillettes» ma doveva assolutamente saperlo il presidente francese. Che adesso non può far finta di guardare altrove. E' lui che ha fatto crollare la diga del Maghreb.



Così Parigi si organizza per bloccare i «flussi» dall'Italia in cinque mosse
Corriere della Sera 7 aprile 2011
Stefano Montefiori
PARIGI – I permessi temporanei garantiti dal governo italiano ai tunisini già sbarcati a Lampedusa, che potrebbero così entrare liberamente in Francia, provocano la reazione di Parigi. Il ministro dell’Interno, Claude Guéant, ha emanato una circolare destinata a tutti i prefetti che chiarisce la condotta da tenere quando gli immigrati si presenteranno con il loro documento provvisorio rilasciato dall’Italia. L’obiettivo è evitare che il permesso temporaneo sia giudicato sufficiente per restare sul territorio francese. Ecco allora le cinque condizioni che devono essere soddisfatte perché un immigrato entrato in Europa da Lampedusa possa rimanere in Francia.
LE CINQUE CONDIZIONI - «I cittadini di Paesi terzi in possesso di un documento di soggiorno rilasciato da uno Stato membro non possono essere considerati in situazione regolare, a meno che non soddisfino le cinque condizioni seguenti, da verificare in questo ordine: 1) Essere minuti di un documento di viaggio in corso di validità (passaporto) riconosciuto dalla Francia 2) Essere in possesso di un documento di soggiorno in corso di validità 3) Poter dimostrare di avere risorse economiche sufficienti (62 euro al giorno a persona, 31 euro se dispongono già di un alloggio) 4) Non costituire una minaccia per l’ordine pubblico 5) Non essere entrati in Francia da più di tre mesi.
L’OBIETTIVO - Il governo francese spera così di continuare nell’opera di respingimento dei tunisini giunti alla frontiera con l’Italia, e di fermare il più possibile l’afflusso in Francia, che resta la meta principale di chi cerca di sbarcare in Italia. Secondo le cifre ufficiali, sui 2500 clandestini controllati in Francia, soprattutto nella zona vicino al confine con Ventimiglia, dall’inizio dell’emergenza, circa la metà sono stati rinviati in Italia.



Immigrazione, Maroni: «Atteggiamento di ostilità da parte della Francia»
Corriere della Sera 7 aprile 2011
MILANO - Ancora botta e risposta. Non aveva fatto in tempo ad illustrare alla Camera la soluzione trovata dal governo italiano per permettere ai migranti che volevano lasciare l'Italia per altri Paesi Ue di farlo «il permesso di soggiorno temporaneo», che una lettera del ministero dell'Interno francese diretta ai prefetti rendeva di fatto nuovamente impossibile per gli immigrati attraversare la frontiera con la Francia. C'è un «atteggiamento di ostilità» della Francia nei confronti dell'Italia sul fronte dell'immigrazione ha detto il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, nel corso dell'informativa al Senato sull'immigrazione.
OSTILITA' - «Oggi - ha ribadito Maroni - il presidente del Consiglio firmerà il decreto che concede il permesse di soggiorno temporaneo a chi è arrivato in Italia fino a mercoledì, escluse alcune categorie. Il provvedimento - ha sottolineato - consente la libera circolazione nei Paesi europei e visto che la stragrande maggioranza delle persone arrivate in Italia ha detto che vuole andare soprattutto in Francia, noi pensiamo che debba esserci un'iniziativa comune tra Italia e Francia per gestire il fenomeno». Finora però, ha aggiunto il ministro, «da Parigi c'è stato un atteggiamento di ostilità. La libera circolazione nell'area Schengen è garantita da regole che devono essere rispettate».



Immigrati, la paura ci rende più deboli
Famiglia Cristiana 7 aprile 2011
Andrea Riccardi
Emergenza immigrati? Con la crisi libica e la fine delle dittature arabe una fiumana di persone si riverserà in Italia? La situazione di Lampedusa è molto difficile. Ma I'ltalia ha vissuto esperienze piu drammatiche in passato. Nel marzo 1991 arrivarono 28 mila albanesi e nell'agosto altri 20 mila. Nel 1992 la guerra in Somalia portò 12 mila somali. Tra il 1992 e il 1996 arrivarono 80 mila ex jugoslavi; nel 1999 oltre 30 mila kosovari. Nel 2000 quasi 30 mila profughi, specie curdi iracheni. Oggi vivono e lavorano con noi. Negli anni successivi sono diminuiti gli arrivi via mare con l'eccezione del 2008. Gli irregolari giungono via terra: il ministero dell'lnterno stima che su 100 di essi solo 15 siano entrati via mare. C'e stato poi il grande flusso di polacchi e romeni negli anni Novanta, tanto che oggi il 52 per cento degli stranieri regolari in Italia sono europei (in passato clandestini).
Non ci troviamo in questi giorni davanti a un fatto assolutamente nuovo. Un grande Paese come l'Italia non crolla sotto questa pressione. Bisogna evitare di drammatizzare il problema. Certo, ci vorrebbe una politica europea dell'immigrazione. È assurdo che, con la libera circolazione dei Cittadini in Europa, non ci sia una politica comune in questo campo. La realtà è che i Governi europei non si vogliono legare le mani su un tema che fa perdere e guadagnare consensi. Ma si dovrebbe smetterla di usare il tema immigrati a fini elettorali. Va spiegato alla gente onestamente che è un problema con cui ci dovremo confrontare per i prossimi anni. Non è scontato, poi, che questo flusso continui a rivolgersi cosi all'Europa: già eritrei, somali ed etiopici si cominciano a indirizzare verso l'Africa australe.
Del resto, 1'Italia ha bisogno di immigrati. Nel mese di dicembre è stato emesso il decreto flussi per lavoratori immigrati per ben 96 mila persone. I lavoratori di cui il mercato italiano ha bisogno sono 160 mila. Non possono essere considerati tali i nuovi arrivati? I tunisini giunti in Italia, poi vanno in Francia o altrove. Non va dimenticata l'emergenza di 1.500 profughi eritrei, tuttora in Libia, stretti nella morsa della guerra.
La situazione è difficile per l'Italia, non drammatica. Bisogna chiedere all'Europa di assumersi le sue responsabilità. Inoltre, non si possono fermare gli arrivi, senza una politica di aiuto allo sviluppo in Africa. Là si deve collaborare perché gli africani trovino un futuro nei loro Paesi. Nel 1991, dopo gli sbarchi degli albanesi, l'Italia fece un intervento sostanzioso di aiuti ail'Albania per oltre dieci anni, la cosiddetta "operazione Pellica- no". Oggi, l'Albania è un Paese che chiede di entrare in Europa. In realtà, far crescere la paura rende tutto più difficile e ci rende tutti più impotenti. Abbiamo di fronte uomini, donne e bambini. Non facciamone dei mostri, né diventiamo tali per loro.



Migranti ospitati in tutte le regioni
Il Sole 24 Ore 7 aprile 2011
R. Tu.
ROMA. Intanto saranno ospitati da tutte le Regioni e poi potranno circolare col salvacondotto del permesso temporaneo di soggiorno. Non più clandestini da rinchiudere in tendopoli e recinti, ma immigrati muniti dello status di rifugiati per motivi umanitari sotto l'ala della Protezione civile. Nella «cabina di regia» di ieri sera a palazzo Chigi, Governo e Regioni hanno cercato di riscrivere fino all'ultimo 1'accordo del 30 marzo scorso, limandolo nella notte, nei fatti accogliendo le indicazioni e le perplessità da súbito avanzate dalla gran parte dei governatori.
Governatori che hanno incassato anche un'altra garanzia: le spese dell'intera operazione, tutte da calcolare alla lettera, saranno a carico dello Stato col rifinanziamento dei fondo da tempo all'asciutto della stessa Protezione civile. Un altro rebus in meno per le Regioni, che temevano il ritorno di fiamma di una tentazione che tempo fa s'era fatta largo nel Governo: chiedere ai governatori di applicare la «tassa sulle calamità naturali» nata proprio pochi mesi fa col varo dei decreto legge milleproroghe.
«II giro di giostra tocca a tutti»: è stato per primo Enrico Rossi (Pd), governatore della Toscana, lasciando 1'incontro di palazzo Chigi, a mettere in chiaro almeno la parte politica più sensibile dei vertice di ieri sugli immigrati: le resistenze apparentemente superate da parte dei governatori leghisti, che ancora ieri tentennavano, soprattutto dopo gli accordi raggiunti l'altro ieri con la Tunisia dal loro ministro degli Interni, Roberto Maroni.
II decreto dei Governo per concedere il permesso di soggiorno temporaneo agli immigrati arriverà a ore. Si calcola che siano già stati circa 25.800 gli sbarchi dall'inizio dell'anno. Di essi, almeno 2.300 dalla Libia, gli altri in gran parte dalla Tunisia, quelli cioè che si stanno rivelando l'emergenza di oggi e 1'ondata ancora più temuta di 5omila immigrati alle porte nell'immediato futuro. Al netto dei rifugiati politici, 1'esodo verso 1'Italia probabilmente spesso per arrivare in altri Paesi europei, a cominciare dalla Francia, s'è rivelato ingestibile nelle attuali forme dal Governo. La via d'uscita dell'applicazione dell'articolo 20 della legge Bossi- Fini, il riconoscimento del permesso temporaneo di soggiorno, come subito chiesto dalle Regioni, dovrebbe permettere almeno in parte di uscire dall'emergenza e dalle condizioni abnormi di accoglienza nelle tendopoli tutte piazzate al Sud. Sempre ché poi gli altri Paesi dell'area Schengen li accolgano, come in forza della direttiva 55 della Ue non a tutti sembra pacifico.
Non a caso ieri le Regioni hanno chiesto a più riprese al Governo di avere la massima certezza sui numeri, sui costi e sui tempi dell'intera operazione. Intanto dovranno essere "scremati" gli immigrati cui concedere il permesso temporaneo di soggiorno, escludendo in partenza chi ha precedenti penali, che saranno rimpatriati nei loro Paesi. Ma tutto ciò non potrà avvenire in tempi brevi. Intanto dovranno essere allestite situazioni di alloggio sicure e civili e non le attuali tendopoli. L'ospitalità dovrà essere garantita da tutte le Regioni, in accordo con gli enti locali. In proporzione al numero di abitanti di ciascuna regione, Abruzzo escluso. Anche se sulle quote temporanee è stato in dubbio fino all'ultimo se deciderle con accordi bilaterali Governo-Regioni o se con la Protezione civile attraverso le prefetture, come preferirebbero soprattutto i governatori leghisti.



«Il problema non sono i barconi. L'emergenza va risolta in Africa»
Il Riformista 7 aprile 2011
Chiara Privitera
«I continui sbarchi sulle coste italiane non devono far perdere di vista al governo una cosa importante: se i migranti vengono in modo irregolare, bisogna riportarli indietro. In tempo utile però». Per Claudio Martelli, ex ministro socialista, l'emergenza che sta vivendo 1'Italia in questi mesi si può riassumere in una immagine simbolica: «Se una stanza si allaga, prima di asciugare 1'acqua, si cerca di chiudere il rubinetto».
Fuor di metafora, spiega Martelli: «Maroni ha fatto bene a negoziare su questo punto, prevenendo ulteriori sbarchi. Il problema dell'Italia sull'immigrazione - ammette 1'ex ministro - non è però costituito dai barconi».
Qual è il problema princi-pale?
Sono le centinaia di persone che ogni anno vengono nel nostro paese con un visto turistico e che poi si fermano qui, immergendosi nella clandestinità di cui appunto non ci si occupa. Il problema quindi sta nel controllo e nella gestione dei flussi.
Sta pensando ad un errore da parte dei governo italiano?
In genere si parla della gestione del problema quando questo è già diventato emergenza. Il controllo deve cominciare nei paesi di origine e con un negoziato. Bisognerebbe stabilire insieme il numero massimo di immigrati che il nostro paese può ospitare annualmente oppure, nel caso questi accordi non vengano rispettati, occorrerebbero dei divieti preventivi all'ingresso delle nostre frontiere, stabilendo delle sanzioni.
Un accordo con la Libia però c'è stato.
Il trattato con la Libia infatti non era sbagliato, lo era semmai l'interlocutore Gheddafi. Certo Berlusconi ci ha forse poi messo dei suo, come solitamente fa, rispetto agli stessi rapporti che prima di lui ebbero anche Prodi e lo stesso Craxi.
Nel 1991, come vicepresidente del consiglio, si trovò a gestire una grande emergenza immigrazione. Vede differenze rispetto a oggi?
Tante. Ma la sostanza non muta. Come allora, anche ora gli afflussi improvvisi e massicci sono determinati da uno sfacelo degli stati. Allora fu l'Albania, oggi sono i paesi arabi. Come allora anche oggi bisogna soprattutto distinguere tra rifugiati e clandestini.
Per stringere accordi con il governo albanese, si recò a Tirana. Anche Berlusconi è volato a Tunisi.
Si ma i tempi di risoluzione mi sembrano in questo caso piu lenti. Allora a Bari, dove erano alloggiati i circa 23 mila kosovari, istituii un'apposita commissione. Esaminai caso per caso. Poiché 21 mila erano irregolari furono rimpatriati, mentre 1.800 rimasero in Italia. Inoltre, visto che il governo albanese non poteva garantire il blocco del flusso, offrii un presidio di carabinieri allestito sulle coste albanesi. Gli sbarchi cessarono.
La sua legge sull'immigrazione fu duramente criticata dalla Lega, lo stesso partito che oggi vuole gli immigrati "fora di ball".
Mi auguro che almeno rispetto a quella legge il Carroccio sia oggi piu obiettivo. Un dato certo è che dal 1990 al 1991, in cui fu attivo quello statuto, il numero degli immigrati in Italia passò da un milione a un milione e mezzo; negli ultimi dieci anni invece si è arrivati a più di cinque milioni. Per quanto riguarda la Lega,c'è poco da stupirsi. E un partito che si fonda su questo: controllo del territorio e del diritto di sangue. Mi chiedo solo se sia una forza politica di lotta o di governo. Quel che è certo è che cosi facendo, gestendo in modo caotico i flussi e esasperandone i toni si alimentano i soliti stereotipi sul1'immigrato, percepito come altro
e come nemico.
Per parlare di immigrazione è nata la webtv chiamata Lookout.
Dopo le ripetute immagini dei giovani disperati, dopo 1'atteggiamento della maggioranza dei media italiani che associano immigrazione a criminalità, nel 2009 è nato il progetto di Look out nell'ambito di Opera onlus, e per volontà dell'Eurispes. Le redazioni, a Roma e Milano, sono animate da giovani immigrati e rifugiati, ma anche italiani. Mi è sembrato utile agire sulla comunicazione che quando non manifesta una forma consapevole di razzismo, lascia intravedere invece un paternalismo peloso.
Informazione, comunicazione, ma anche politica. La lista civica che guida a Siena segna un suo ritorno?
È una questione nazionale. Si, torno in politica e lo faccio a Siena perché è una città che conosco bene e perché ha caratteristiche tipiche del nostro paese: la decadenza, il ristagno politico e la crisi delle sue istituzioni-simbolo come la Banca dei Monte dei Paschi o l'Università. Dall'altra parte anche a Siena si registra un forte astensionismo da abbattere con un una rivitalizzazione democratica. E siccome qui il Pdl è "verdinizzata" ed è ai minimi storici bisogna puntare proprio sulle liste, un modello anche per le altre città.



"Immigrati? Da soli non ce la facciamo"
Il Tempo 7 aprile 2011
Fabrizio dell'Orefice

«È l'ora del dialogo, ora aiutiamoci». Abdouli Touhami, uno dei coordinatori della rivoluzione che ha portato alla caduta di Ben Alì, tende la mano all'Italia. Chiede aiuto, invita a comprendere ciò che sta accadendo nel suo Paese e annuncia anche la sua candidatura alle prossime presidenziali.
Dopo l'addio di Ben Alì, che cosa è successo in Tunisia?
«In Tunisia c'è adesso un grande processo verso la democrazia, un comitato di alti esperti è incaricato di preparare regole e condizioni per una costituzione. Attualmente noi siamo molti attenti a non commettere gli stessi errori di altri Paesi. Posso assicurare tutti gli italiani che noi ci stiamo muovendo verso un futuro più sicuro: è un momento storico sublime. Stiamo respirando democrazia, dove la legge è sovrana. Non siamo preoccupati anche se ci sono problemi economici. Passeremo sopra questo ostacolo».
Chi sono i nuovi leader della Tunisia?
«È troppo presto per parlarne. È interessante sapere che non ci sono leader ma ci sono moltissimi partiti politici. È normale. Dopo Franco in Spagna ci furono più di 350 partiti. In Portogallo dopo la rivoluzione ce ne furono oltre 150. E poi la democrazia fu grande. In Tunisia noi abbiamo oggi 51 partiti, e ne potremo avere ancora di più, è una "diarrea di democrazia" dopo la dittatura. Ma dobbiamo considerare questo come un sintomo di salute. Come rappresentante di questa generazione, come uno dei coordinatori della rivoluzione e come anche uomo di Sidi Bouzid, la città della rivoluzione, mi sto candidato alle elezioni presidenziali».
Silvio Berlusconi afferma che il governo non sta rispettando gli accordi. È così?
«Immagini: l'Italia è molto più potente della Tunisia e non riesce a controllare i propri confini, come potrebbe farlo la Tunisia? Questi immigrati sono uomini del Mediterraneo come gli italiani, così noi abbiamo bisogno di cooperare, di andare mano nella mano, di andare d'accordo. L'Italia ha bisogno di noi, le nostre relazioni con il vostro Paese sono storiche. L'immigrazione è un problema provvisorio, troveremo le soluzioni. Berlusconi è come Ben Alì, lo dimenticheremo».
Che cosa può assicurare il governo tunisino all'Italia?
«Entrambi devono lavorare assieme senza complessi, sarebbe ora di dialogare. Costruiamo relazioni sociali. Non è il momento per rapporti tra governi ma tra società. Deve essere così».
Berlusconi lunedì a Tunisi ha chiesto impegni precisi.
«L'ho ascoltato, come sempre ha parlato per parlare ma meglio di niente. Apparentemente sta chiedendo al governo tunisino di trovare soluzioni per l'immigrazione. Solo comitati misti possono discutere della questione». Chi sono gli immigrati che stanno arrivando in Europa?
«Sono persone senza speranze, questo è il risultato della dittatura. Sono esseri umani e un giorno loro ritorneranno nella nuova Tunisia. Se fanno questa avventura è perché vedono la luce in fondo al tunnel. Resteranno delusi, l'Europa oggi ha molti problemi visto che c'è una grande crisi».
In gran parte si tratta di giovani anche istruiti. Perché se ci sono nuove opportunità, lasciano il loro Paese?
«Bene, questo è vero. Ci sono troppi mercanti di speranze e di sogni e non dimentichi che in questa storia sono coinvolti anche europei. Noi abbiamo bisogno di tempo. I giovani no, sono sempre entusiasti così come loro vogliono essere ricchi in un anno. Dovremmo comprenderli».
Di quali riforme ha bisogno la Tunisia?
«La Tunisia ha bisogno di democrazia, pari opportunità, sviluppo. Sono ottimista. Solitamente dico ai miei colleghi europei: per ballare il tango bisogna essere in due. Nord e Sud dovrebbero muoversi assieme».
Pensa che Gheddafi riuscirà a resistere?
«Gheddafi è andato, mi creda... È finito, non c'è alcuna possibilità che rimanga. Brava l'Italia che ha riconosciuto il nuovo consiglio dei ribelli» E chi sono i ribelli di Bengasi? «I patriottici di Bengasi sono patriottici, non terroristi. I codardi muoiono, i coraggiosi costruiscono la storia».



Immigrati, la tragedia e le farse
Il Sole 24 Ore 7 aprile 2011
La tragedia di ieri al largo di Lampedusa ci ricorda, qualora ce ne fosse bisogno, che l'immigrazione è una questione che non si deve trattare mai a colpi di slogan politici o di demagogia. Questo vale per i momenti drammatici e dolorosi, come quello della morte di decine di esseri umani, ma vale anche se si tratta di stabilire o applicare regole certe e chiare che ci consentano di affrontare il fenomeno immigratorio al meglio: quando dobbiamo gestire flussi straordinari come quelli di questi giorni o quando dobbiamo costruire rapporti orientati a serietà e fermezza con i partner europei. Non rientra nel novero delle cose razionali, ma piuttosto nel campo delle ipocrisie, anche il modo in cui la Lega ha prima fatto un'opposizione durissima ed estrema al permesso temporaneo per i giovani tunisini e libici arrivati in questi giorni, poi lo ha accettato obtorto collo, infine lo ha falsamente cavalcato come una mossa utile soltanto a favorire un espatrio dei profughi verso la Francia ela Germania.
L'ennesimo atto di una partita giocata malissimo, che ha denotato più isteria che fermezza, più messaggio elettorale che capacità di governo, fino all'estremo «föra di ball» di Bossi. Ma siamo poi sicuri che certi slogan elettorali e certi zigzag infantili portino davvero consenso?



La Lega: 26mila sbarchi nessun scafista indagato
La Padania 7 aprile 2011
Iva Garibaldi
ROMA - Arrivano anche le squadre investigative sovranazionali per combattere gli scafisti, cioè quelle organizzazioni criminali che portano i clandestini sulle nostre coste. Uno strumento certamente utilissimo, che nasce su input europeo ma che bisogna tradurre in azioni concrete. A che serve infatti una cooperazione internazionale per sgominare le bande se poi le procure non aprono nemmeno le indagini contro i trafficanti di esseri umani? A chiederselo è la Lega Nord nel giorno in cui Palazzo Madama dà il via libera unanime al provvedimento sulla cooperazione tra i Paesi Ue in materia di polizia giudiziaria. Ma il Carroccio non ci sta e per bocca dei vicepresidente Sandro Mazzatorta annuncia già un'interrogazione parlamentara sul silenzio dei giudici siciliani che, a fronte degii oltre 22mila sbarcati, non ha aperto nemmeno un fascicolo su chi, e qualcuno deve pur averlo fatto, li ha accompagnati via mare sulle coste di Lampedusa.
II provvedimento che ha incassato il primo si dall'Aula dei Senato riguarda la creazione di squadre investigative sovranazionali: lo strumento che permette ai procuratori di chiedere la costituzione di squadre comuni a piú Paesi per condurre indagini che vadano ai di là dei confini dei singoli Stati. Lo scopo è combattere il traffico di stupefacenti e di armi ma anche il terrorismo e la tratta di esseri umani. In altre parole potrebbe essere un valido aiuto per catturare gli scaflsti che in questo periodo sono particolarmente attivi. «È uno strumento utile e positivo - ragiona Sandro Mazzatorta - Ma a che serve se poi non si fanno indagini sugli scafisti? In Sicilia non risulta essere aperto nemmeno un fascicolo su questi trafficanti di essere umani ed è una cosa inconcepibile considerando il gran numero di sbarchi dalla Tunisia in questi ultimi mesi. Possibile - si chiede in maniera retorica il vicepresidente leghista a Palazzo Madama - che a fronte di oltre 26mila stranieri arrivati nel nostra Paese non c'è nemmeno un'indagine contro ignoti per capire chi li ha portati sulle coste di Lampedusa?».
Sia chiara, dice Mazzatorta, questa legge è utilissima e il testo, che ora passa alla Camera, ha trovato il consenso di tutte le forze politiche ma rischia di restare una cornice vuota se non lo si riempie con le azioni, in questo caso giudiziarie. «Le squadre investigative comuni sono indubbiamente uno strumento operativo di estrema importanza - sottolinea 1'esponente leghista - da utilizzare in materia di contrasto alla criminalità organizzata dedita al traffico di stupefacenti, nei casi di terrorismo transnazionale, ma anche e soprattutto in materia di traffico dei migranti e di tratta di esseri umani, questioni tutte di estrema attualità». Però, sottolinea Mazzatorta, «ora sta alle nostre procure utilizzare questo potente strumento di cooperazione transfrontaliera e di indagine, per esempio per indagare e reprimere il fenomeno dei traffico di clandesüni e della tratta di esseri umani. Questo strumento può diventare, se lo vorranno le procure, un potente strumento di contrasto dell'immigrazione clandestina, dei traffico di clandestini via mare proveniente dalle coste nordafricane, in particolare da Tunisia e Libia. Ma presupposto indispensabile per una efficace cooperazione investigativa transnazionale è 1'avvio di indagini interne su questi gravissimi reati che si consumano quotidianamente sotto i nostri occhi senza che un procuratore competente, in particolar modo delia Sicilia, senta il bisogno di avviare almeno un'indagine per il reato di tratta di esseri umani o per il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina».
Una situazione veramente insostenibile tanto che la prossima settimana la Lega Nord presenterà un'interrogazione per avere i dati in merito alle indagini avviate dai procuratori della Repubblica su queste due fattispecie di reato: «Questo strumento di cooperazione investigativa può - ribadisce Mazzatorta - agevolare le indagini transnazionali su questi gravi reati, ma occorre che almeno un procuratore della Repubblica,un nostro procuratore della Repubblica, si muova in questa direzione».
Il disegno di legge approvato riguarda un preciso contesto territoriale, L'Unione Europea, concepito come spazio di libertá, sicurezza e giustizia cosi come sancito dal Trattato d Lisbona: «Questo testo - rileva ancora il vicepresidente leghista - dimostra come l'Ue possa e debba essere non solo economica e monetaria con il mero allineamento delle politiche economiche e monetarie degli stati membri, che il processo di integrazione europeo non è solo una mera cooperazione economica e monetaria. Abbiamo trasferito poteri agli organi comunitari rinunciando alla nostra sovranità per un'integrazione nell'interesse dei cittadini, della loro sicurezza e non dei banchieri».



Permesso di 6 mesi per 14.500 tunisini
Il Sole 24 Ore 7 aprile 2011
Marco Ludovico
Arriva con un decreto del presidente del Consiglio il permesso di soggiorno per motivi umanitari. Il testo dovrebbe essere approvato oggi dal Consiglio dei ministri e sarà destinato a tutti gli immigrati - in stragrande maggioranza tunisini - presenti nelle tendopoli e negli altri «Cie (centri di identificazione ed espulsione) temporanei» sorti in questi giorni. Il documento per circolare liberamente sul territorio nazionale durerà sei mesi per 1'Italia, di cui tre anche per gli altri Stati dell'area Schengen. Al momento i possibili beneficiari sono 14.500, cioè le presenze stimate dal Viminale nei vari centri. Non si può escludere che il permesso sarà concesso anche agli altri migranti in arrivo. Nella scelta italiana gli aspetti indefiniti, incerti e fonte di contrasto internazionale sono però parecchi. Intanto, l'accesso ai confini è consentito in base agli accordi con i singoli Stati. Se, insomma, la Francia è preoccupata - si veda l'articolo a fianco - anche perché è la principale destinazione d'arrivo dei tunisini, è anche vero che il solo permesso di soggiorno umanitario non è sufficiente per andare nello stato transalpino se sono richiesti altri documenti (il passaporto, per esempio).
Cosi Maroni, ieri, ha fatto intendere nel confronto con le regioni che vuole avere la copertura dell'Unione europea per suggellare 1'operazione. La procedura diventa cosi più complicata della decisione del singolo Stato, ma consentirebbe di ridurre al minimo i conflitti tra nazioni e potrebbe avviare finalmente quel coinvolgimento europeo chiesto finora invano. Maroni chiederà 1'applicazione della direttiva 55 del 2001, per la protezione dei rifugiati in fuga dalle zone di guerra.
La richiesta italiana dovrebbe essere formalizzata il prossimo 11 aprile a Bruxelles, durante il consiglio dei Ministri dell'Interno dell'Unione europea. Osserva però Mario Staderini (Radicali): «È quantomeno contraddittorio che il governo italiano chieda 1'applicazione della direttiva n. 55 quando non ha ancora recepito l'altra importante direttiva dell'Unione europea, che sancisce un percorso molto più graduato della Bossi Fini sui rimpatri degli immigrati clandestini». Di certo i rimpatri dei tunisini, per ora, sono sospesi, in attesa di verificare le certezze sull'accordo tra il Governo italiano e quello di Tunisi.
Sul fronte dell'emergenza umanitaria e dei rilascio dei permesso di soggiorno - che sarà consegnato in formato elettronico, secondo le norme Ue - va considerato poi il fronte dei costi. Stime definitive ieri non erano ancora state fatte - la voce degli oneri nel Dpcm era ancora in bianco - ma è indubbio che 1'assistenza umanitaria prevede oneri protratti nel tempo. Di sicuro si può ipotizzare che ogni migrante in un Cie costa circa 40 euro al giorno: un mese di permanenza dei 14.500 migranti, dunque, costa 7,4 milioni di euro. Fondi, peraltro, che l'anno scorso non potevano essere stati stanziati per il 2011, non potendo prevedersi un maxi-esodo di questa portata. Non solo: il Viminale deve trovare altri fondi per i Cie ordinari perché nel 2010 - azzerati di fatto gli sbarchi a Lampedusa - la presenza nei centri si era quasi dimezzata: le risorse previste per quest'anno sono dunque ridotte mentre ora i centri sono stracolmi e bisognerà trovare i fondi integrativi per sostenere le spese.
C'è poi la questione delle forze dell'ordine impegnate: a rotazione, finora, per 1'emergenza umanitaria sono state oltre 2.200 unità al giorno. Tanto che ieri si è svolto un incontro al Dipartimento di pubblica sicurezza con i sindacati per definire nuove modalità organizzative. «Vogliamo sapere - dice Claudio Giardullo (Silp-Cgil) - se il governo intende prevedere risorse specifiche per 1'emergenza. I costi dell'operazione non devono essere scaricati sulla gestione ordinaria della sicurezza per non creare contraccolpi gravissimi». Sottolinea Felice Romano (Siulp): «Ci sono poliziotti che hanno lavorato per dieci giorni consecutivi, con senso assoluto di responsabilità. Adesso, però, diventa urgente 1'assunzione di unità aggiuntive, almeno 2mila persone. Altrimenti rischiamo di toglierle ai servizi essenziali sul territorio».



Permesso di lavoro subordinato. Soluzione possibile
il manifesto 7 aprile 2011
Ci. Gu.
Sergio Briguglio è uno dei maggiori esperti in Italia di legislazione dell'immigrazione. Blogger ante litteram, da almeno quindici anni aggiorna quotidianamente i lettori del suo sito con tutte le novità sulle normative italiane e europee. Briguglio, come valuta la questione dei permessi temporanei da destinare ai migranti tunisini? Esistono due possibilità. Una chiama in causa l'Europa, in base alla direttiva 55 del 2001: per applicarla occorre una decisione a maggioranza del Consiglio europeo. In quel contesto ogni Stato membro stabilisce una quota di persone che vuole accogliere alle quali darà il permesso temporaneo. 11 titolo non dà però diritto a viaggiare all'interno dell'area Schengen. Seconda possibilità, che mi pare quella prescelta, per il momento, dal governo: l'Italia adotta un decreto della presidenza del consiglio in base all'articolo 20 del Testo unico. Si tratta di un articolo che permette di riconoscere una protezione temporanea per rilevanti esigenze umanitarie, in occasione di eventi di particolare gravità. E in questo caso i migranti possono andare in Francia come vorrebbe Bossi?
Per come leggo io le norme vigenti, sì: potranno viaggiare. Ma solo a condizione che rispondano anche agli altri requisiti per la circolazione breve intra Schengen. Quali sono?
A parte 1'assenza di pericolosità il principale requisito è il possesso di risorse economiche adeguate. E che succede se un tunisino riesce a passare comunque, visto che in parecchi sono arrivati in Francia addirittura senza permesso? Se le autorità francesi trovano sul loro territorio una persona che ha il permesso temporaneo rilasciato dall'Italia ma non risponde ai requisiti che abbiamo detto, possono rimandarlo in Italia o espellerlo verso la Tunisia. Ma la Francia ha qualche altra «arma» per evitare 1'ingresso? Sì, in base alla normativa può ripristinare i controlli alla frontiera, in modo da controllare chi entra e respingerlo direttamente verso l'Italia se non rispetta i requisiti suddetti. Certo, si tratta di una soluzione piuttosto scomoda per la Francia visto che Schengen può essere sospesa solo per un tempo limitato e in presenza di rilevanti motivi di ordine pubblico o di sicurezza nazionale.
Se la Francia contestasse questa interpretazione della Convenzione di Schengen e, quindi, la liberta di circolazione per chi abbia ottenuto dall'Italia un permesso per protezione temporanea, 1'ltalia avrebbe altre «armi» per favorire la possibilità dei tunisini di oltrepassare la frontiera? Si: concedere, invece di un permesso per motivi umanitari, un permesso di soggiorno per lavoro subordinato. Questo impedirebbe ai paesi confinanti di sapere se il migrante regolare che si trova di fronte fa parte del gruppo accolto in via straordinaria. II permesso temporaneo per i tunisini è legato all'accordo con Tunisi. Cosa pensa di quell'accordo?
Non è stato ancora possibile leggerlo. Ma per il momento non mi sembra ci siano grosse novità rispetto all'accordo del 1998. Basterà solo il controllo consolare per riconoscere i cittadini tunisini da rimpatriare? Funzionava cosi anche prima. Non serviranno le schede dattiloscopiche? Anche prima venivano inviate solo in caso di problemi nel riconoscimento.



«So che potrei morire in mare ma vale la pena»
Avvenire 7 aprile 2011
Paolo M. Alfieri
E' difficile, se non ci si è mai stati, immaginare quali siano le condizioni di degrado in cui passano giorni e giorni gli emigranti che provano la traversata per Lampedusa. Il loro viaggio comincia da molto prima che arrivino da noi. E senza timore di esagerare si può dire che si viene ridotti al rango di bestie». Sergio Ramazzotti, fotoreporter, è l'autore degli scatti che vedete in questa pagina. Per Sky ha trascorso una settimana in Tunisia, cogliendo scene di vita quotidiana tra i migranti e riuscendo a entrare in contatto con Osama, uno dei trafficanti di uomini che organizzano le traversate.
Come lo ha agganciato e che idea si è fatto della personalità di questi trafficanti?
A Zarzis, dov'è avvenuto l'incontro, è molto facile imbattersi, anche nei caffè della città, in persone come Osama, che io sono riuscito a incontrare tramite contatti locali. A Osama mi sono presentato come suo possibile "cliente" e da allora non mi ha più mollato. Non si è fatto molti problemi nel farsi riprendere, anzi sembrava non gli dispiacesse diventare "famoso". È un atteggiamento simile a quello dei narcos messicani che pretendono di interpretare se stessi nei film che hanno al centro il traffico di droga. Lui come è diventato trafficante? Fino a prima della rivoluzione lavorava come animatore in un villaggio turistico. Poi, vista la gran quantità di persone desiderose di partire per l'Europa, si può dire che ha fiutato il business e a 26 anni ha deciso di cambiare vita. Ora può permettersi gli alberghi di lusso. Dove l'ha portata?
Siamo andati in una delle tre case che lui utilizza per raggruppare i futuri passeggeri dei barconi, in attesa di raggiungere il numero sufficiente per intraprendere il viaggio verso Lampedusa. Li si aspetta a lungo e in una situazione terribile. Eravamo circa 80 persone con un solo bagno, ognuna di loro aveva pagato 2.400 dinari, circa 1.200 euro. Ogni tanto Osama e i suoi uomini portavano qualcosa da mangiare, per lo più baguette, tonno e scatole di pomodoro. Di certo si vive da segregati, non si può entrare e uscire da li a piacimento.
Cosa succede al momento delia partenza?
Generalmente le navi non partono direttamente dal porto di Zarzis - la polizia, anche se in parte corrotta, deve comunque mantenere un controllo di facciata- ma dalle spiagge dei dintorni. Solitamente la "nave madre" è già al largo, e gli emigranti vengono portati a bordo a piccoli gruppi con dei barchini.
I migranti che ha conosciuto sapevano dei rischi della traversata?
Alcuni ne erano informati, ma in moltissimi tra loro non avevano assolutamente idea né di come si sarebbe svolto il viaggio né dei rischi che avrebbe comportato. C'era però anche chi mi diceva: «So che ho il 50% di possibilità di morire, ma ne vale la pena». La disperazione è fortissima, eppure 1'idea che l'Italia sia come 1'eden tra queste persone è molto diffusa. Le famiglie di due ragazze di circa 20 anni, Fatima e Haisha, avevano venduto tutto pur di permettere loro il viaggio: sono giunte a Zarzis in aereo da Djerba, dove siamo andate a prenderle insieme a Osama, che le ha fatte entrare nel gruppo.
Il viaggio che lei doveva fare alla fine è saltato...
Osama ha cominciato a rimandare, adducendo come ragione il maltempo, anche se in realtà credo siano sopraggiunti anche altri problemi. Proprio ieri ho telefonato a un paio di persone che sono rimaste li nella casa di Zarzis: aspettano ancora di poter partire.




Strasburgo condanna l’Italia: dovrà risarcire un tunisino arrestato, maltrattato e infine espulso
Il Levante 6 aprile 2011
Tiziana Simeoli

La Corte europea dei diritti dell’Uomo ha imposto all’Italia il pagamento di una sanzione di 15 mila euro per i danni morali e 6.500 euro per le spese processuali, per aver espulso un cittadino tunisino, che al suo arrivo in patria - secondo le affermazioni dell'uomo - sarebbe stato arrestato e avrebbe subito torture e maltrattamenti.
Secondo la corte l’espulsione ha violato l’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo, che prevede che nessuno debba essere sottoposto a maltrattamenti, e l’art. 34 che impone agli Stati di non adottare misure che possono di fatto impedire alla Corte di esaminare il caso ricorrente. I giudici sostengono infine che l’espulsione, che ha sottratto il tunisino alla giurisdizione italiana, ha “costituito un grave impedimento all’adempimento da parte del governo dei propri obblighi” sia nel garantire i diritti del ricorrente che a risarcirlo per le conseguenze della violazione subita; e ha sottolineato come questa non sia la prima volta che l’Italia non rispetta l’ordine di Strasburgo di non procedere con un’espulsione, decisione che ha portato i giudici a condannare le autorità già due volte. Alì Ben Sassi Toumi, è questo il nome del tunisino quarantaseienne, sposato con una donna italiana, convertitasi poi all’Islam .
Prima accusato di terrorismo internazionale, poi condannato nel 2007 - in base all’art. 270 bis, entrato in vigore dopo l’attentato dell’11 Settembre - dalla seconda Corte di appello di Milano a sei anni di reclusione per appartenenza ad una cellula terroristica in Italia e per le attività di reclutamento di combattenti in Iraq, con le aggravanti di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, falsificazione di documenti e ricettazione.
<>, dichiarava durante il processo, l’allora trentanovenne nordafricano.
Sospesa la pena, fu rilasciato dal carcere di Benevento il 18 Maggio 2009, dopo aver scontato solamente quattro anni di reclusione. Rinchiuso in un centro di accoglienza (Cie) di Isola di Capo Rizzuto, in provincia di Crotone , chiese lo status di rifugiato politico, ma la domanda fu respinta e nonostante si oppose fortemente al decreto di espulsione, appoggiato anche dalla richiesta di sospensione da parte della Corte europea - per il timore di ritorsioni dei suoi connazionali - dopo le dovute rassicurazioni diplomatiche, nell’Agosto dello stesso anno, fu espulso verso la Tunisia. Arrivato nella terra natia, fu prontamente arrestato e rilasciato su cauzione il 10 Agosto 2009, dopo soltanto 8 giorni di reclusione, dichiarò di esser stato lungamente torturato e di esser stato liberato solo a condizione di non denunciare le violenze subite.
Era stato lo stesso commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Thomas Hammarberg, a esprimere una "profonda preoccupazione" sulle espulsioni in Tunisia, nel suo rapporto del 2009 : <>.
Si era mossa anche l’associazione Amnesty International, che da tempo denunciava un cattivo costume sempre più usuale nella nazione nordafricana: <>.
dichiaravano, nei giorni seguenti al rimpatrio forzato, Herta Däubler-Gmelin (Germania, SOC) presidente della Commissione Affari Legali e Diritti Umani dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (APCE) e Christos Pourgourides (Cipro, PPE/CD), Relatore sull'esecuzione delle sentenze della Corte di Strasburgo, e fortemente infastiditi dalla decisione italiana , aggiungevano <>.
Questa sentenza della Corte di Strasburgo, ha creato molti dissapori e scatenato tante polemiche; il problema dell’immigrazione, anche a causa dei recenti fatti di cronaca, è sempre più attuale e scuote le coscienze dell’Italia intera. Si aspetta infatti ormai da tempo una risposta legislativa decisa da parte dell’Unione europea che chiarisca le procedure da seguire.
I rapporti con il nord Africa sempre più fragili e meno chiari - soprattutto a causa delle “guerre civili” e dei ribaltamenti di governo – finiscono per complicare le quotidiane relazioni internazionali di mediazione tra le varie nazioni. Il fantasma degli attentati terroristici è sempre vivo nelle menti della Popolazione, che è stata ed è ancora terrorizzata da questa evenienza.
Lo stato Italiano deve cercare ovviamente il modo per tutelare i propri cittadini senza però dimenticarsi del rispetto della “persona umana” sia esso anche un terrorista.









 

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