Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

02 aprile 2012

Immigrazione:Grecia, test sanitari obbligatori per immigrati
Ad Atene "una bomba ad orologeria per la salute pubblica"
(ANSAmed) - ATENE, 2 APR - L'enorme numero di immigrati illegali presenti nella capitale greca rappresenta una vera e propria "bomba ad orologeria per la salute pubblica" e per questo motivo da oggi tutti gli immigrati saranno obbligati ad avere un certificato sanitario che ne attesti le condizioni di salute. La drastica misura e' stata annunciata ieri, nel corso di una conferenza stampa congiunta insolitamente tenuta di domenica, dai ministri per la Protezione del Cittadino, Michalis Chrisochoidis, e della Sanità, Andreas Loverdos, i quali hanno confermato pure che entro la fine di aprile sarà operativo il primo dei 30 centri di prima accoglienza per immigrati clandestini annunciati di recente.
Il problema dell'immigrazione illegale, hanno detto i due ministri, "è una bomba sanitaria pronta ad esplodere", sottolineando che la situazione e' determinata dalla presenza di circa un milione di immigrati che si trovano in Grecia legalmente o meno. Secondo un recente rapporto del Centro di Controllo per la Prevenzione delle Malattie (Keelpno) dal giugno scorso fino ad oggi molte malattie sradicate da tempo dalla Grecia sono ricomparse, mentre l'Aids e l'epatite hanno provocato numerose vittime nella popolazione di immigrati e tossicodipendenti nel centro di Atene per effetto dell'uso di sostanze stupefacenti e della prostituzione.
Da oggi, inoltre, e' in vigore una circolare del ministro della Sanita' secondo la quale tutti gli immigrati che lavorano in Grecia dovranno essere forniti di certificato sanitario, mentre squadre del Keelpno effettueranno controlli speciali per gli immigrati per constatare se qualcuno e' portatore di una malattia infettiva. In caso positivo, il malato verra' accompagnato in uno dei centri che saranno creati appositamente negli ospedali.(ANSAmed).



Numeri scritti sulla pelle per identificare i tunisini
Sdegno contro la polizia francese: «Metodo umiliante»
Corriere della sera, 02-04-2012
Stefano Montefiori
twitter @Stef_Montefiori
PARIGI — I 39 clandestini tunisini avevano deciso di lasciare la Francia e provare a entrare in Italia convinti che fosse in arrivo una sanatoria generale. Sono stati respinti alla frontiera, le guardie di confine francesi li hanno rinchiusi per 10 ore in un garage. Gli agenti hanno dato a ciascuno un numero, e glielo hanno scritto sul braccio con un pennarello nero, per non confonderli.
Il numero sull'avambraccio appartiene a uno dei momenti più tragici della storia dell'umanità. «Il mio nome è 174 517, siamo stati battezzati, porteremo finché vivremo il marchio tatuato sul braccio sinistro», scrisse Primo Levi. Le due realtà sono incomparabili, le guardie di frontiera francesi non sono aguzzini nazisti e il destino dei clandestini tunisini non è lo sterminio. Ma resta stupefacente che a quasi settant'anni dai lager, nel cuore dell'Europa, il gesto di marchiare un prigioniero con un numero sul braccio non desti orrore prima di tutto in chi lo sta per compiere. «È una cosa sconvolgente, non era mai successo prima», dice l'avvocato Pascale Chabbert-Masson, che ha assistito e fatto liberare cinque di quei clandestini. «Il giudice delle libertà mi ha dato ragione e nella sua ordinanza ha riconosciuto che identificare delle persone con un numero scritto sulla pelle comporta "elementi vessatori e umilianti" che costituiscono un "trattamento degradante" in base all'articolo 3 della Corte europea dei diritti dell'uomo», aggiunge l'avvocato, che esercita nel foro di Nîmes.
La storia di quei sans papiers comincia quando a Parigi si diffonde la notizia falsa di una regolarizzazione di massa in Italia. Il 21 marzo in 39 prendono il nuovo treno notturno Thello Parigi-Milano. Al momento di entrare in Italia, al confine con la Svizzera, vengono bloccati dalla polizia di frontiera di Domodossola. Visto che il treno è transitato in Svizzera senza fare fermate, in base agli accordi di Schengen i clandestini vengono messi su un convoglio in direzione opposta e accompagnati di nuovo in Francia, nella cittadina di confine di Pontarlier, abituata a ricevere un migliaio di clandestini l'anno ma «mai un gruppo così numeroso in una volta sola», dice il funzionario della prefettura Hervé Tourmente.
«Erano arrivati in Italia al momento della rivoluzione in Tunisia e poi si sono trasferiti in Francia — aggiunge Tourmente —. Visto che non riuscivano a ottenere i documenti da noi, hanno provato a tornare in Italia». A Pontarlier, la polizia non è in grado di gestire una situazione di emergenza simile. I 39 vengono tenuti in un garage accanto al commissariato, mano a mano che vengono aperte le pratiche di identificazione. «Non erano agli arresti, né in stato di fermo, sono stati privati della libertà in modo del tutto illegale — dice l'avvocato Chabert-Masson —. Avrebbero potuto andarsene in ogni momento ma è stato fatto credere loro che erano prigionieri». Il numero scritto sul braccio — progressivo, uguale al numero di pratica — è il dettaglio che trasforma una storia di miseria umana e di non rari abusi delle autorità in una oscenità.
Passata una giornata nel garage, i clandestini marchiati sono stati muniti di un ulteriore braccialetto identificativo, fatti salire su un aereo per Marsiglia e da lì condotti al centro di detenzione amministrativa di Nîmes.
Dopo le verifiche, quasi tutti sono stati liberati. Il numero scritto sul braccio a pennarello dovrebbe essere ormai svanito. La vergogna, per loro e soprattutto per le guardie, resta.



Ue: l’Europarlamento approva il piano 2013 per il reinsediamento dei richiedenti asilo. Gli Stati potranno aderire su base volontaria.
Stabiliti gli importi dei finanziamenti triennali, le aree geografiche e le tipologie di domande che avranno priorità.
IMMIGRAZIONEOGGI, 02-04-2012
Il Parlamento europeo ha approvato giovedì scorso il programma comunitario che prevede maggiori finanziamenti al reinsediamento di rifugiati sul proprio territorio. Dal 2013, il nuovo programma darebbe priorità al reinsediamento dei rifugiati più vulnerabili, quali donne a rischio e minori non accompagnati, in cooperazione con l’Alto commissariato dell’Onu.
Il programma comunitario, al quale i Paesi membri possono aderire volontariamente, finanzierà il reinsediamento nell’Ue di persone alle quali è stato concesso lo status di rifugiato in Paesi terzi, come ad esempio i rifugiati libici presenti in Tunisia.
L’obiettivo è di incoraggiare i Governi nazionali ad accogliere un maggior numero di rifugiati, grazie all'ampliamento della lista delle operazioni di reinsediamento finanziate dal Fondo europeo per i rifugiati, che includerebbe le donne a rischio, i bambini, i minori non accompagnati, persone con problemi medici gravi e, su richiesta specifica dei deputati, i rifugiati che hanno urgenza di essere accolti per ragioni giuridiche o fisiche.
Il programma prevede anche una serie di priorità geografiche. Nel 2013, queste saranno: i rifugiati iracheni presenti in Turchia, Siria e Libano, quelli afgani che si trovano in Turchia, Pakistan e Iran, i congolesi in Burundi, Malawi, Ruanda e Zambia e i rifugiati somali in Etiopia.
Persone provenienti da Paesi o regioni designate per i programmi regionali di protezione, come l’Europa orientale (Bielorussia, Repubblica di Moldavia e Ucraina), il Corno d’Africa (Gibuti, Kenia e Yemen), e l’Africa del Nord (Egitto, Libia e Tunisia) potranno beneficiare del programma.
Secondo quanto proposto dai deputati, i Paesi Ue che accoglieranno rifugiati per la prima volta, avranno diritto a un sostegno finanziario aggiuntivo, dal Fondo europeo per i rifugiati (6.000 euro a persona per il primo anno, 5.000 per il secondo e 4.000 per gli anni seguenti, quanto è ora corrisposto ai Paesi che già ricevono finanziamenti in questo campo).
L’Italia non ha al momento un programma annuale di reinsediamento e potrebbe dunque beneficiare di questi finanziamenti addizionali.



Lampedusa, immigrati usano colla sulle mani per evitare il rilevamento delle impronte
E' quanto rilevato nei giorni scorsi dai carabinieri a Lampedusa durante le operazioni di segnalamento, previste per legge, degli extracomunitari sbarcati clandestinamente nell'isola
Agrigento Notizie, 02-04-2012
Cinquanta extracomunitari si sono imbrattati le creste papillari con la colla per rendere difficoltose le rilevazioni delle impronte delle mani da parte del Gabinetto di Polizia scientifica a Lampedusa. E' quanto rilevato nei giorni scorsi dai carabinieri a Lampedusa durante le operazioni di segnalamento, previste per legge, degli extracomunitari sbarcati clandestinamente nell'isola.
I militari dell'Arma hanno conseguentemente effettuato una serie di ispezioni nel locali dell'area marina protetta, all'interno della quale vengono ospitati gli extracomunitari immigrati nell'attesa di essere trasferiti. Nel corso di tali operazioni sono stati rinvenuti 29 tubetti contenenti il super collante, subito sottoposti a sequestro.



Cassazione: sì all'invalidità civile agli immigrati regolari
StudioCataldi.it, 02-04-2012
Se gli immigrati sono in regola con il permesso di soggiorno hanno diritto all'assegno di invalidità civile. E' quanto afferma la Corte di Cassazione (sentenza numero 4110/2012) che ha dato ragione ad una donna divenuta cittadina italiana solo a partire dal gennaio 2009. L'assegno di invalidità gli era stato riconosciuto ma solo per il periodo successivo alla data in cui gli era stata riconosciuta la cittadinanza italiana. Per il periodo precedente, i giudici di merito le avevano negato avevano ogni diritto. La donna che, prima del 2009 era comunque in possesso di regolare permesso di soggiorno si è rivolta così alla Suprema Corte che le ha dato ragione rinviando il caso la corte d'appello di Genova e facendo notare che già nel 2008 la stessa Corte di Cassazione aveva affermato che "al legislatore e' consentito subordinare non irragionevolmente l'erogazione di determinate prestazioni alla circostanza che il titolo di legittimazione dello straniero al soggiorno nel territorio dello Stato ne dimostri il carattere non episodico e di non breve durata". Se quindi gli immigrati sono regolari spiega Piazza Cavour, non si possono discriminare "stabilendo nei loro confronti particolari limitazioni per il godimento dei diritti fondamentali della persona riconosciuti invece ai cittadini". Bocciata anche la tesi dell'Inps è secondo cui per ottenere diritto all'invalidità sarebbe stata necessaria una permanenza in Italia dell'immigrato per almeno cinque anni.



Immigrati, per una piena cittadinanza
Molto partecipato il convegno sull’immigrazione tenuto sabato pomeriggio a Villanuova, per parlare di buone pratiche per affrontare il fenomeno e di una nuova legge sulla cittadinanza.
Valle Sabbia news, 02-04-2012
Cesare Fumana
Il teatro Corallo di Villanuova era davvero pieno lo scorso sabato pomeriggio per il convegno “Crisi, lavoro, immigrazione” organizzato dal Comitato Cittadini Insieme, che ha raggruppato una pluralità di enti e associazioni valsabbine e di immigrati che da anni vivono in Valle Sabbia, patrocinato dal Comune di Villanuova con il sostegno di altri comuni di centro sinistra come Vobarno e Roè Volciano.
Il tema immigrazione è stato affrontato da vari punti di vista, quello economico, quello sociale, quello politico.
Un fenomeno che interessa l’Italia, specie de regioni del nord, da quarant’anni, relativamente poco se paragonato ad altri paesi europei, ma che sono comunque quattro decenni con cui fa i conti, sia la politica, sia le amministrazioni locali.
Un fenomeno che ha bisogno di un approccio nuovo, secondo la visione di Ilda Curti, assessore all’Integrazione del comune di Torino: “Le giunte di destra lo vedono in genere come un problema legato alla sicurezza, quelle di sinistra legato ai servizi sociali”.
Per l’assessore, che ha illustrato gli sforzi in atto da anni nella città sabauda, il tema va affrontato sotto l’aspetto interculturale, e deve riguardare tutte le politiche pubbliche (abitazione, scuola, lavoro, associazionismo), per garantire ai nuovi cittadini una piana cittadinanza.
Da qui il tema anche del voto amministrativo agli immigrati e la legge sulla nuova cittadinanza per i figli di immigrati.
Giovanni Valenti, presidente della Fondazione Guido Piccini, ha presentato i numeri dell’immigrazione nel bresciano, dove i cittadini immigrati sono 12-13% della popolazione, e in alcuni casi hanno evitato lo spopolamento di piccoli paesi delle nostre valli. Senza dimenticare che gli immigrati hanno un ruolo importante nell’economia, per coprire quei lavori che gli italiani non svolgono più (nell’assistenza agli anziani, nei ristoranti, nella zootecnia, nell’industria).
Ermanno Comincioli, sindaco di Villanuova, e Carlo Panzera, sindaco di Vobarno, hanno insistito sul tema del dialogo, come strada maestra per affrontare il fenomeno, per andare incontro anche alle esigenze della popolazione immigrata di cui si devono fare promotrici le amministrazioni locali.
Fra i relatori era stato invitato l’on. Andrea Sarubbi, deputato del Partito Democratico, promotore della nuova legge sulla cittadinanza che intende porre rimedio al fatto che i bambini nati in Italia da genitori stranieri non sono cittadini italiani fino al 18° anno di età.
Per Sarubbi bisogna prendere atto della situazione attuali dove ogni anno nascono 78.500 bambini che poi crescono da italiani, senza esserlo effettivamente.
Hanno infine portato la loro testimonianza alcuni cittadini stranieri che vivono in Italia, tutti grati al nostro paese che ha dato loro modo di migliorare la loro condizione di vita. I rappresentati di alcune associazioni di immigrati hanno colto l’occasione della presenza dell’onorevole per evidenziare le trafile burocratiche per il rinnovo del permesso di soggiorno, non degno di un paese civile.



Asilo violato in Mare Chiuso
l'Unità, 01-04-2012
Flore Murard-Yovanovitch
Andrà in onda lunedì 2 aprile, ore 21.05 sulla RAI3 Presa Diretta, nell’ambito di uno speciale sulla Libia, un estratto di “Mare Chiuso” di Stefano Liberti e Andrea Segre, il documentario sulle violenze dei respingimenti italiani ai danni di donne, uomini e bambini africani (una messa in onda web dell’intero documentario sui siti di Zalab e di Mare Chiuso). Guardatelo, perché  quel documentario svela una drammatica pagina italiana: raccoglie le testimonianze dirette di alcuni dei sopravvissuti eritrei che, il 6 maggio 2009, vennero intercettati in acque internazionali e rimandati in Libia. Persone scaricate come pacchi, anzi peggio, nemmeno identificate; riconsegnate nelle mani dei soldati di Gheddafi, cioè dei carnefici da cui scappavano. Avrebbero avuto diritto all’asilo.
Nei video dei telefonini, i canti e la gioia illusa dell’approdo in terra protetta, poi i militari italiani, il cambiamento di rotta – direzione Tripoli; le suppliche di donne incinte e uomini inermi, la ribellione, di chi sa cosa lo attende se torna indietro: i famigerati campi di detenzione libici Zliten, o Tweisha, botte, scariche elettriche, stupri e abusi. Torture. Ben risapute dal governo berlusconiano del “Trattato di Amicizia” con la Libia e già magnificamente documentate nella prima opera di Andrea Segre e Dagmawi Ymer “Come un Uomo sulla Terra”, di cui Mare Chiuso, funge da capitolo successivo. Anzi, è il sintomo di un degrado ulteriore, perché l’allora realtà di violazioni, remota nel deserto, era soprattutto libica: ora la nave è italiana, la responsabilità innegabile. Nostra.
Volti. Di Semere Kahsay, giovane eritreo: per fare partorire in sicurezza la moglie Tsige, la imbarca verso l’altra sponda, ma lui viene successivamente respinto e detenuto nei lager libici. Volti. Dei profughi eritrei, etiopi, somali respinti, che oggi ancora “invecchiano” sotto le tende bollenti del campo di Shousha in Tunisia, dove i due documentaristi li hanno rintracciati. Hanno nomi, ricordi precisi e le prove dei telefonini. Marina militare italiana. Ministero dell’Interno. Respingimenti, operati in piena illegalità. Lo dimostra la recente sentenza della Corte europea di Strasburgo, che ha condannato l’Italia all’unanimità per violazione dell’articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, per trattamenti degradanti e tortura. Scappavi dalle dittature e ti ritrovasti nell’ingranaggio di un’altra violenza,  politica, nostrana, culturale. Quella del fantasma di un’“invasione”.
L’asilo, invece, ha il volto dell’abbraccio indicibile di un padre che incontra per la prima volta la propria figlia che non ha visto nascere; e la promessa mantenuta di un Chupa-Chups. Bisogna tenerci stretta dentro quella emozione, per continuare a vigilare la politica sull’immigrazione e i suoi angoli ancora troppo bui.

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