Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

21 aprile 2010

Flussi 2010. Pubblicato il decreto nella Gazzetta Ufficiale, al via da oggi le procedure on line per assumere gli immigrati stagionali e per le conversioni dei permessi di soggiorno.
Dalle ore 8.00 di oggi e fino al 31 dicembre i datori di lavoro possono presentare le domande di nulla osta per gli stagionali extracomunitari. Stessi termini per le domande di conversione (in solo lavoro autonomo) da parte degli studenti stranieri.
Immigrazione Oggi 21.04.2010
Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri recante la Programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori extracomunitari stagionali e di altre categorie per l’anno 2010 è stato pubblicato nella GU di ieri, 20 aprile. Pertanto dalle ore 08.00 di questa mattina, sino alle ore 24.00 del 31 dicembre 2010, i datori di lavoro possono presentare le domande di nulla osta per lavoro stagionale previste dal Decreto Flussi 2010, utilizzando l’apposito programma disponibile per il download all’indirizzo: http://nullaostalavoro.interno.it/Ministero/download. Il decreto flussi 2010 consente l’entrata in Italia di lavoratori extracomunitari stagionali entro la quota massima di 80.000 unità, da ripartire tra le Regioni e le Province autonome con provvedimento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
La quota riguarda:
- i lavoratori subordinati stagionali non comunitari di Serbia, Montenegro, Bosnia-Herzegovina, Repubblica ex Yugoslava di Macedonia, Kosovo, Croazia, India, Ghana, Pakistan, Bangladesh, Sri Lanka e Ucraina;
- i lavoratori subordinati stagionali non comunitari dei seguenti Paesi che hanno sottoscritto o stanno per sottoscrivere accordi di cooperazione in materia migratoria: Tunisia, Albania, Marocco, Moldavia ed Egitto;
- i cittadini stranieri non comunitari titolari di permesso di soggiorno per lavoro subordinato stagionale negli anni 2007, 2008, 2009.
Lo stesso provvedimento consente, inoltre, come anticipazione della quota massima di ingresso di lavoratori extracomunitari non stagionali per l’anno 2010, l’ingresso, per motivi di lavoro autonomo, di 4.000 cittadini stranieri non comunitari residenti all’estero, appartenenti alle seguenti categorie:
- imprenditori che svolgono attività di interesse per l’economia italiana;
- liberi professionisti;
- soci e amministratori di società non cooperative;
- artisti di chiara fama internazionale e di alta qualificazione professionale ingaggiati da enti pubblici e privati;
- artigiani provenienti da Paesi extracomunitari che contribuiscono finanziariamente agli investimenti effettuati dai propri cittadini sul territorio nazionale.
Nell’ambito di detta quota, sono ammesse, sino ad un massimo di 1.500 unità, le conversioni di permessi di soggiorno per motivi di studio e formazione professionale in permessi di soggiorno per lavoro autonomo e le conversioni, sempre per lavoro autonomo, dei permessi di soggiorno CE rilasciati da altri Paesi dell’Unione europea. Nelle 4.000 quote sono compresi anche 1.000 nulla osta che potranno essere rilasciati a cittadini libici per motivi di lavoro autonomo.
Infine, ulteriori 2.000 quote sono riservate ai lavoratori che abbiano completato programmi di istruzione e di formazione nei Paesi di origine ai sensi dell’art. 23 del TULI.
Scarica la circolare del Ministero del lavoro con la ripartizione territoriale delle quote.



Stagionali extracomunitari
al via le domande sul sito Intemo.it

Avvenire  21-04-2010
ROMA. Da questa mattina, è possibile mandare le domande per 80mila lavoratori stagionali. A partire dalle ore 8, i datori lavoro potranno presentare le domande di nulla osta per il lavoro stagionale degli 80mila cittadini extacomunitari autorizzati, esclusivamente con modalità informatiche e soprattutto attraverso la collaborazione delle associazioni di categoria autorizzate. Lo spiega la Coldiretti nel sottolineare che il "click day" attraverso il sito web dedicato, www.interno.it, è stato stabilito con la pubblicazione del decreto del presidente del Consiglio sulla Gazzetta ufficiale del 20 aprile. Il decreto prevede infatti la programmazione transitoria dei flussi di ingresso dei lavoratori extracomunitari stagionali, nel territorio dello Stato, per l'anno 2010. Si tratta di una procedura informatica con domande on line
che evitano le lunghe file alle poste del passato. Lo stesso provvedimento consente l'ingresso, per motivi di lavoro autonomo, di 4.000 cittadini stranieri non comunitari residenti all'estero, appartenenti alle seguenti categorie: imprenditori che svolgono attività di interesse per l'economia italiana; liberi professionisti; soci e amministratori di società non cooperative, artisti e artigiani.


Il 24 e 25 aprile a Roma il primo Congresso nazionale degli immigrati
Diritti e responsabilità dei "nuovi cittadini"
Liberazione - 21 aprile 2010
Stefano Galieni
La scelta è ambiziosa ma il tempo è maturo. Da questo bi-sogna partire per comprendere l'importanza del primo Congresso nazionale degli immigrati in  Italia, che si tiene sabato e domenica prossimi e la cui struttura organizzativa è stata presentata ieri presso l'aula "Caduti di Nassirya" del Senato a Roma. Una occasione duplice: per dare rile¬vanza politica all'evento è stato infatti presentato un ddl firmato da 36 senatori dell'opposizione, in cui a partire dallo stato di crisi economica, si chiede il prolungamento dei permessi di soggiorno per ricerca occupazione - oggi di soli sei mesi - per chi ha perso il lavoro a causa degli effetti della recessione.
Un ddl che non prevede un limite massimo ma che cerca di affrontare il problema, che riguarda centinaia di migliaia di lavoratori migranti, sulla base della durata della crisi. Ma al centro della conferenza stampa c'era questo congresso con cui si intende dare vita ad una reale e unitaria rappresentanza degli immigrati Giungeranno a Roma quasi 200 delegati, in rappresentanza di 9 regioni, che non pretendono certo di rappresentare l'intero universo migrante, ma si pongono il problema di parlare e agire in prima persona. Un soggetto che vuole intervenire nella vita politica ma che non intende costituire un partito politico, che chiede di entrare nelle dinamiche del mondo del la-voro senza sostituirsi al sindacato. Il singolo partecipante al congresso può ovviamente aderire ad un partito politi¬co o ad una forza sociale ma all'interno degli organismi che saranno definiti al congresso agirà in quanto parte di questa nuova soggettività.
Non a caso è detto esplicitamente nel regolamento dei lavori del congresso che il carattere con cui si svolgerà deve avere come principi quelli dell'essere unitario, cercando di coinvolgere la maggior parte delle comunità presenti in Italia indipendentemente da fedi e appartenenze politiche e religiose, democratico - come principio universale nella discussione interna -, costituente, perché intende definire uno strumento organizzativo utile a ottenere maggiori diritti non solo per i migranti ma anche per gli autoctoni e propositivo, in quanto intende superare la semplice fase "contestataria" volendo contribuire di più alla crescita sociale, culturale, politica ed economica dell'Italia. Il lavoro che si propone è piuttosto lungo e non si esaurisce nei due giorni congressuali. Si inizia nei locali di Via Marsala 42, di fronte la stazione Termini, sabato 24 alle ore 12 e terminano domenica 25 alle ore 15. Nel frattempo, sotto la regia di una presidenza già definita di 12 membri, si avrà una fase di assemblea generale e poi la divisione in ta¬voli tematici (9) che tenteranno di istruire percorsi che co¬prono tutte le problematiche esistenti: dalle ipotesi di assetto organizzativo stabile, compreso uno statuto alle questioni connesse al welfare, al lavoro, ai diritti, alla religio-ne, alle questioni giuridiche fino alle relazioni con partiti, sindacati e movimenti. Quelle che saranno approvate alla fine saranno proposte tematiche da portare in discussione nella società civile e che verranno discusse nei territori e proposte da portare alle istituzioni locali e nazionali, fino al Parlamento e al Capo dello Stato. Nel contempo sarà approvato uno statuto, un logo, il nome dell'organizzazione, la dichiarazione di principi, un programma generale, una piattaforma.
Circola già una bozza di documento congressuale che sarà la base della discussione, quello che si apre è insomma un percorso aperto e non separatista, in cui sarà prezioso anche il contributo che riusciranno a portare le forze autoctone che saranno presenti. Il Prc ha già definito un proprio contributo. E' di ieri infatti l'ennesima posizione della Chiesa che dichiara in maniera netta attraverso Monsignor Marchetto, Presidente del Pontificio consiglio per i migranti, la propria totale contrarietà alla pratica dei respingimenti attuati verso la Libia che violano, secondo le parole del porporato, le basi dei principi intenazionali oltre che dei diritti umani.



«Meno immigrati, lavoro ai nostri» Sembra la Lega, invece è la Cgil

Libero 21 aprile 2010
Andrea Scaglia

La Cgil di Treviso che - con l'apertura oggi delle procedure per assumere i lavoratori stagio
nali extracomunitari - s'oppone all'ingresso di altri stranieri, che «ci son prima da siste-mare i tanti disoccupati che già ci sono in Italia». Mentre ormai un operaio veneto su due tinge di verde la sua tuta blu e vota Le -ga. Come dire: nel Nordest si ribaltano i luoghi comuni più incrostati della politica nostrana. Anche se, per la verità, non è una novità che nelle fabbriche il Carroccio abbia ormai fatto breccia, vista la latitanza dei centrosinistri àlaBersani, che ai cancelli di Mirafiori preferiscono il festival di Sanremo, e l'irrefrenabile estinzione dei comunisti. Epperò, insomma, proprio in Veneto il fenomeno assume proporzioni un tempo impensabili.

Trattasi di vicenda "emblematica", così si dice, che molto fa capire di ciò che accade nel Nordest verde di Lega. Per dire, ecco l'analisi del Centro Studi Tolomeo, quello diretto dal professor Paolo Feltrin: si certifica che in regione il 47,6 per cento degli operai, alle ultime elezioni, ha messo la croce proprio sul simbolo di Alberto da Giussano e sul nome di Zaia governatore leghista. Uno su due, per l'appunto. Mentre la percentuale dei partiti di sinistra s'è fermata al 25. Senza contare che anche fra i serenissimi disoccupati il Carroccio raggiunge la maggio¬ranza relativa, con il 42,7 per cento. E dunque, vai con le spiegazioni sulla Lega "radicata sul territorio", e la Lega che "parla davvero con la gente", e sempre la Lega che ha sostituito, in città e nei paesi, i grandi partiti di massa come punto di riferi¬mento sociale prim'ancora che politico. Tutto vero. Ma il pro¬fessor Feltrin dà anche un'altra spiegazione: «Nel 2006 la Lega,
in Veneto, aveva l' 1,1 per cento - dichiara al Gazzettino -, a marzo 2010 ha triplicato i consensi: in questo periodo non può aver rafforzato così tanto il suo radi¬camento». E allora? «E allora, c'è che il partito di Bossi e Zaia affronta questioni che nessun altro partito pone come politiche: la frattura Nord-Sud, lo stop agli immigrati. E attira voti in tempi di crisi». Anche perché, sempre secondo la statistica, proprio i temi legati a difficoltà economi¬che e occupazione sono qui saliti d'interesse, passando dal 24 al 65 per cento. Con il Carroccio a cavalcarli con grande abilità. D'altronde, trattasi di difficoltà conclamate: a fine 2009 i disoccupati in Veneto hanno raggiunto il numero di 112mila (dato dell'agenzia regionale Veneto
Lavoro), per un tasso del 4,8 per cento cresciuto dell'1,2 rispetto all'anno precedente. E addirittura del 567 per cento è stato l'aumento in percentuale delle ore di cassa integrazione.
Crisi vera, altroché. Tanto che anche la Cgil, di fronte al proble¬ma, ha assunto toni che a sinistra hanno scandalizzato parec¬chi.   Addirittura   «bestemmia sindacale» è stato infatti definito da Liberazione, il quotidiano di Rifondazione,  l'atteggiamento del  segretario  provinciale  di Treviso del sindacato di Epifani, Paolino Barbiero. Il quale ha at¬taccato mica tanto velatamente il decreto sui flussi per i lavora¬tori stagionali extracomunitari: regoleranno 80mila ingressi tut¬ta Italia, 8mila soltanto nel Veneto. E insomma, Barbiero si chiede «che senso ha chiamare qui altri stranieri, quando ce ne sono già a migliaia e a rischio clandestinità?». Perché gli stagionali avranno si un permesso di soggiorno temporaneo, «ma sappiamo bene che la maggior parte di loro, una volta arrivata qui, poi resta in clandestinità, cercando di ricollocarsi. Solo che di posti di lavoro non ce ne sono».
E mica è nuovo, il sindacalista della Marca, a uscite del genere. Stesse parole aveva pronunciato un paio d'anni fa, sempre a fronte dei flussi d'ingresso stagionali. Ora come allora, in molti da sinistra gli rinfacciano una sorta di leghismo di ritorno. Ma lui ha già risposto: «Qui non
c'entra la politica - così ha replicato Barbiero -, è una questione pratica che va affrontata nel merito, con pragmatismo e traspa¬renza. Prima di riaprire le porte a nuovi flussi bisogna riassorbi-re i disoccupati, italiani e stranieri, e regolarizzare gli immigrati che si trovano in Italia da ir-regolari». Perché solo a Treviso gli immigrati in regola sono circa 90mila, e si stima che con i clandestini arrivino a 120mila: «Uno stop agli ingressi ha senso per rimettere ordine, per dare garanzie a chi c'è già». Anche se poi non risparmia una stoccata allo stesso Zaia, visto che «pro¬prio l'agricoltura, guidata fino a oggi da lui nei panni di ministro, sia il settore che più chiede ma-nodopera straniera».
In ogni caso, il grosso delle di-chiarazioni del sindacalista è sottoscritto dal presidente della Provincia di Treviso, Leonardo Muraro, che guarda il caso è leghista: «Condividiamo appieno la posizione di Barbiero sui flussi di entrata: non c'è lavoro». E a supporto dell'affermazione cita le dichiarazioni di immediata disponibilità al lavoro registrate dai Centri per l'impiego: «Solo nei primi tre mesi del 2010, qui a Treviso, sono state 5.730». Anche se, rispetto alila Cgil locale, evidenzia innanzitutto le difficoltà degli italiani, «che hanno depositato il 64 per cento di quelle dichiarazioni».
E comunque, la convergenza rossoverde in tema d'immigrazione non è limitata al trevigiano. A Rovigo, tanto per fare un esempio, l'assessore rifondaro -lo all'immigrazione ha proposto l'anno scorso di rimpatriare definitivamente gli stranieri dietro pagamento di regolare buonuscita, «sacrificio per evitare l'assistenzialismo cronico». E a Vicenza - giunta di centrosinistra -è da cinque anni che si organiz¬zano i «rimpatri mutuati»: ne hanno portati a termine un'ottantina.




Respingimenti e asilo. Marchetto: casi gravi Mantovano: abbiamo salvato tante vite umane

Avvenire 21 aprile 2010
ROMA. «Serie questioni umanitarie» sono legate all'attuale tendenza «tra i Paesi europei di delocalizzare i controlli delle frontiere, incoraggiando i loro partner delle coste meridionale del Mediterraneo a effettuare controlli più rigidi sui migranti»: lo denuncia l'arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per la pastorale delle migrazioni, secondo cui «le intercettazioni e i decentramenti operati dalle "autorità europee" in molti casi rendono impossibile a migliaia di persone di raggiungere la costa nord del Mediterraneo, o persino di lasciare il loro Paese di origine o di transito», in violazione a quanto previsto nella Dichiarazione dei Diritti Umani del 1948 che riconosce il diritto a emigrare. Soprattutto, per monsignor Marchetto, è particolarmente grave «il respingimento di possibili richiedenti asilo» ed è «paradossale» che «molti Paesi europei riconoscono come rifugiati persone che sono arrivati nel loro territorio per via non marittima, ma provenienti dagli stessi Paesi da cui giungono i migranti intercettati e respinti nel Mediterraneo». Le considerazioni di monsignor Marchetto «si basano su evidenti inesattezze», replica il sottosegretario all'Interno. Alfredo Mantovano, per il quale si «invoca il principio del "non refoulement", che non sarebbe rispettato: ma questo è principio che opera quando, in qualsiasi modo, anche informale, la richiesta di asilo viene proposta. Ebbene, ogni volta che ciò è accaduto, la richiesta è stata esaminata dalle autorità italiane». Ancora, secondo Mantovano «l'Italia non opera "respingimenti", bensì collabora con le autorità libiche per riconsegnare alle stesse le imbarcazioni cariche di clandestini che tentano di prendere il largo dalle coste di Tripoli verso l'Italia», una differenza «sostanziale, non lessicale». E infine - conclude il sottosegretario - «la Dichiarazione sui diritti dell'uomo tutela anzitutto quello alla vita: dal maggio 2009, da quando il trattato Italia-Libia è operativo, a tante vite umane è stata impedita la morte sicura in mare».




E ora l'islam diventa il simbolo del Continente

il Giornale 21.04.2010
Ida Magli
Parlare di ciò che ha deciso il Consiglio d'Europa fa uno strano effetto: viene subito alla niente, infatti, il pensiero che una istituzione dal nome così pomposo e impegnativo quasi certamente gli italiani non sanno neanche che esiste e tanto meno che cosa ci stia a fare. Frutto di una vaga idea europeista della Francia e dell'In-ghilterra appena uscite dalla guerra (risale al 1949) e composto dai ministri degli Esteri e da parlamentari indicati da quasi tutti gli Stati d'Europa, anche non appartenenti  all'Unione   Europea,   il Consiglio d'Europa è uno dei tanti organismi internazionali che esistono quasi soltanto sulla carta e che assorbono montagne di denaro pur essendo privi di compiti precisi. Proprio per questo, però, ogni tanto il Consiglio d'Europa si ricorda di dover certificare la propria esistenza in vita e si affaccia sulla scena del mondo con qualche iniziativa sui generis.
Questa volta si tratta di un concorso per la più bella moschea d'Europa. Bisogna riconoscere che in fatto di sensibilità per i problemi che maggiormente angustiano i popoli di cui si occupa e che provvedono con abbondanza al suo finanziamento, il Consi¬glio d'Europa non si lascia battere da nessuno. C'è forse un paese, oggi, in Europa, che non considerila costruzione delle moschee come uno dei problemi più difficili da affrontare? Ebbene il Consiglio d'Europa ha deciso (ma saremmo curiosi di sapere da parte di quale Stato è venuto il suggeri¬mento) di mettere il suo peso sulla bilancia. Vi faccio vedere io, cari cittadini d'Europa, come si risolve questo problema; anzi vi dico chiaro e tondo che se avete anche il più piccolo dubbio, avete torto, torto marcio. Le moschee non soltanto si devono fare, ma non c'è un motivo al mondo per considerarle aliene all'impronta cristiana del paesaggio europeo, come qualcuno si è permesso di dire, e il concorso per la più bella ne è la prova: da oggi in poi sarà ufficialmente l'impronta islamica a caratterizzare la nuova Europa.
Si tratta, dunque, di una pesante quanto astuta intromissione nel malessere di tanti cittadini nei confronti dell'eccessiva presenza musulmana, un malessere molto difficile da esprimere a causa di fattori psicologici e culturali più che politici. Fattori, quindi,
non quantificabili in maniera concreta, ma che angosciano in pro-fondità, tanto più che non trovano quasi mai né appoggio né riscontro nei leader politici e religiosi. L'Italia è, sotto questo aspetto, la nazione più tormentata. Gli italiani amano moltissimo il paesaggio punteggiato di campanili, la propria storia cadenzata sulle feste cattoliche, l'arte cristiana in tutte le sue forme, dalla musica alla pittura all'architettura. La severità con la quale rimproverano i tanti difetti della Chiesa non è segno di poco rispetto, ma al contrario, il segno di ciò che gli italiani hanno sempre desiderato che la Chiesa fosse, convinti, quasi più che la Chiesa stessa, della necessità della sua trascendenza. Oggi si sentono abbandonati, traditi dalle continue esortazioni all'accoglienza degli immigrati grande maggioranza musulmani, proprio perché si tratta di una presenza che non incide soltanto sul piano religioso, ma su tutta la civiltà italiana, sulla sua sensibilità al bello, alla «rappresentazione» artistica della narrazione evangelica, di quel Gesù che è stato tanto «poeta» da farsi amare, in quanto poeta, anche dai più grandi atei d'Europa. Noi non vogliamo finanziare con le nostre tasse il con-corso indetto dal Consiglio d'Europa.



Primo congresso a Roma

Il Manifesto 21.04.2010
Consentire all' immigrato che perde il lavoro una proroga del permesso di soggiorno di due armi. Lo prevede una proposta di legge presentata ieri dai senatori del Pd Roberto della Seta e Francesco Ferrante, e sottoscritta da altri 34 senatori del gruppo: «La nostra proposta è molto semplice - ha detto il senatore Della Seta, illustrando la proposta che fa riferimento alla giornata del 1 marzo - chiediamo che possa comunque chiedere il permesso per al¬tri 24 mesi, anziché i 6 previsti dall'attuale normati¬va. Una boccata d'ossigeno, sperando che la crisi nel frattempo sia passata». In questa occasione è stato anche presentato il primo congresso degli immigrati che si terrà il 24 e 25 aprile a Roma, a partire dalla mattina, in via Marsala 42. Un passo in avanti importante del Comitato immigrati in Italia, nato nel 2002, che si prefigge di «favorire il protagonismo degli immigrati e delle immigrate», e di permettere che la voce di chi rappresenta ormai il 6,5% della popolazione sia presente «laddove si discutono le politiche che ci riguardano». Si attendono tra i 150 e i 200 delegati da almeno dieci regioni italiane, e numerosi ospiti del mondo politico, culturale e sindacale. «Non sarà né un partito, né un sindacato, ma uno strumento organizzativo per rilanciare le lotte e le rivendicazione degli italiani e dei migranti», spiega Aboubakhar Soumahoro, tra i membri fondatori del Comitato immigrati.



Scenari inattesi Perché negli States gli immigrati sono in calo

Signori, non c'è più «Lamerica»
Il Sole 24 Ore 21.04.2010
Guido Bolaffi
Novità di rilievo nel mondo dell'immigrazione americana. Per la prima volta dal 1990, anno d'inizio della più massiccia onda¬ta migratoria della storia degli Usa dopo quella, leggendaria, tra metà 800 e primo 900, i clandestini anziché aumentare diminuiscono. E non di poco. Secondo i dati resi del De-partment of Homeland Security statunitense, a gennaio 2009 il loro numero era calato di oltre 1 milione rispetto allo stesso mese del 2007: da 11,8 milioni a poco più di 10. Una vera emorragia. Confermata anche dal fatto che il numero di undocumented fermati lo scorso anno dall'Immigration sul confine messicano è risultato basso come mai: 55omila contro i 724mila del 2008 e il milione e passa del 2006.
La ragione di tanto cambiamento è nella durezza della crisi economica che con gli ordinativi ha trascinato l'occupazione ben più al di sotto dei livelli di guardia. In particolare nell'edilizia, dove si concentra la massa più consistente della manodopera immigrata soprattutto illegale.
Insomma, per l'immigrazione mode in Usa siamo in presenza di cambiamenti strutturali? È ancora troppo presto per dirlo. Di sicuro c'è che l'immigrazione è figlia del mercato, e dunque guidata dalla sua "mano invisibile", ovvero dal complicato sistema di convenienze dei suoi protagonisti. È questo a spiegare la resa simultanea e di massa di tanti clandestini.
Pur adusi a tirare la cinghia oltremisura, in molti devono aver valutato che vista la situazione l'impresa non valeva la spesa. Soprattutto in un mercato del lavoro come quello americano, che ha regole di funzionamento per l'immigrazione diverse da quelle europee. Oltreatlantico, infatti, immigrazione clandestina e lavoro nero non sono come in molti paesi del Vecchio continente, e in Italia in particolare, sinonimi. Visto che la forbice tra salari e costo del lavoro è davvero minima, l'immigrato clandestino non ha come suo unico, obbligato destino quello del lavoro nero, ma viene arruolato in assoluta normalità nei ranghi di quello regolare. Basta leggere al riguardo quanto sostiene il direttore del Migration Policy Institute di Washington, Demetrios Papademetriou, in un rapporto scritto per la Commissione di Bruxelles: «Il mercato del lavoro americano è estremamente flessibile, i costi aggiuntivi al salario molto più bassi di quelli europei. Ragion per cui le imprese hanno scarso interesse ad assumere gliimmigrati in nero». Dunque clandestini per quanto riguarda il soggiorno, ma non il lavoro.
In America, con una disoccupazione a livelli mai conosciuti dagli anni della Grande depressione, anche gli immigrati clandestini sono dunque finiti, al pari di tanti loro colleghi white workers, con le spalle al muro. Caso risolto, dunque? Non del tutto. Il problema del calo dei clandestini rischia infatti d'innescarne un altro. Quello scottante e spinosissimo della riforma dell'immigrazione promessa da Obama alle comunità immigrate nel corso della campagna presidenziale. Un impegno che decine di migliaia di dimostranti hanno chiesto di onorare con un'imponente manifestazione svoltasi qualche settimana fa a poche centinaia di metri dalla Casa Bianca. «Se non ora quando?», gridavano in molti. Incitando il presidente a giocare proprio la carta dell'imprevisto ma favorevole calo dei clandestini per accelerare la messa all'ordine del giorno della loro questione.

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