Morire nel Mediterraneo

 

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                         2013          1050

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

No ai telefoni. reclusi nei Cie senza diritto di parola

 

osservatorio Italia-razzismo 25 ottobre 2012
Qualche giorno fa sono state depositate le motivazioni della sentenza con cui lo scorso 18 luglio erano state scarcerate - dopo sei mesi di custodia cautelare - otto persone coinvolte in una rivolta avvenuta nel mese di gennaio all’interno del centro di identificazione ed espulsione milanese di via Corelli. I reati inizialmente contestati erano quelli di devastazione, danneggiamento e incendio per cui è prevista una pena minima di otto anni e, in seguito, proprio dal Tribunale di Milano, erano stati derubricati in “danneggiamento aggravato”. 
La rivolta era stata scatenata al culmine di un periodo nero delle condizioni di vita nel centro, tanto che nel 2011 erano stati segnalati numerosi tentativi di suicidio e di evasione. Inoltre le persone trattenute avevano più volte evidenziato l’ossessivo controllo da parte delle forze dell’ordine lì presenti. Ed è proprio questo l’aspetto cruciale emerso durante l’indagine, come si può apprendere dalla sentenza: 
“L'analisi svolta ha consentito di illustrare il contesto in cui si sono realizzati i fatti, contesto oggettivamente caratterizzato da consistenti limitazioni della libertà personale e come tale vissuto dagli imputati. Il collegio ha volto attenzione particolare alla regola che da ottobre 2010 ha imposto il divieto dell'uso di telefoni cellulari, regola che ha determinato una consistente contrazione della libertà di comunicazione senza che appaiano evidenti le ragioni della sua utilità e ragionevolezza, tenuto anche conto del fatto che la stessa non è applicata in tutti i centri di identificazione ed espulsione. Si ricordi, infatti, che tale imposizione ha reso in concreto oltremodo difficile la possibilità di comunicare per gli ospiti del centro e che il rispetto della norma è garantito attraverso forme di controllo nell'ambito di procedure realizzate senza la presenza di un interprete e, quindi, talvolta difficilmente comprensibili dai trattenuti”.
Una situazione, quella descritta, talmente critica che martedì scorso è stata presentata un’interrogazione parlamentare che vede come prima firmataria la deputata Rita Bernardini.     
Il centro milanese non  rappresenta però una rarità, bensì la reale situazione della maggior parte dei centri di identificazione ed espulsione in Italia, che rimangono dei luoghi da cui è davvero difficile uscire indenni. E di questo non mancano le testimonianze. Si veda ad esempio il filmato, In nome del popolo italiano, girato nel Cie di Ponte Galeria da Stefano Liberti e Gabriele Del Grande: una serie di immagini accompagnate dalle voci inquietanti delle persone lì trattenute; oppure si legga il rapporto di Medici per i diritti umani sulle condizioni sanitarie dei Cie da cui emergono storie di persone senza voce, senza diritti, senza tempo. Ed è anche grazie a questo lavoro di monitoraggio che qualche settimana fa è stato chiuso il Cie di Lamezia Terme. Un posto, quello, la cui condizione era stata definita “preoccupante” dallo stesso sindaco. In forza  di quest’ultimo successo non bisogna interrompere l’azione di vigilanza e di denuncia. 
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