Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

22 ottobre 2010

Il multiculturalismo è morto Anche il Corriere lo seppellisce
la Padania, 22-10-2010
GIOVANNI POLLI
MILAN- Dopo che per anni l'opinione pubblica è stata fatta allegramente ballare al suono del "quanto è bello il multiculturalismo ad ogni costo", ora è venuto finalmente il momento in cui è possibile raccontare le cose come stanno. L'altro ieri Angela Merkel ha chiaramente detto che «il multiculturatismo è fallito",  parole immediatamente rilanciate dal presidente della Commissione Esteri di Montecitorio, Stefano Stefani con un approfondito artìcolo sul nostro giornale. Ieri è arrivato anche il Corriere della Sera a ingranare la retromarcia con un lungo editoriale firmato da Angelo Panebianco.
IL quale arriva, finalmente, a spiegare una buona volta ai lettori che cosa si intenda davvero per "multiculturalismo", vale a dire «un sogno da idealisti", più che una «politica realisticamente praticabile", che «prevede infatti che le varie culture presenti sul territorio vengano preservate, anche con leggi apposite, e che le diverse comunità culturali si autogovernino per tutti gli aspetti che riguardano la tutela della propria identità».
Panebianco ha avuto il coraggio di spiegare, con questa semplice frase, che il multiculturalismo è l'esatta antitesi della società occidentale, basata non sul diritto delle singole comunità dotate di un diritto proprio valido soltanto per se stesse (di fatto la teorizzazione del "ghetto") bensì sul principio, nato dalla rivoluzione francese, per cui "tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge". E chi risiede in un determinato territorio ha il dovere di sottoporsi alla stessa legge di tutti, gli altri.
Stefani non nasconde ora la soddisfazione nel leggere che «un esimio giornalista che stimo molto abbia ripreso le mie idee su questa materia", pubblicate proprio su la Padania dell'altro ieri.
«Non è etico dire "avevamo ragione", ma mi pare proprio che la Lega, sempre più spesso, debba fare propria questa frase', osserva ancora Stefani Ricordando con questa battuta che ciò che ha appena scrìtto Panebianco sul Corriere, e che l'altro ieri ha detto la cancelliera Merkel è un concetto da sempre ribadito dalla Lega Nord come fondamento della propria azione politica. «Una società multiculturale - ha scritto ancora Panebianco - è una società segmentata, divisa in tante comunità culturali che, si suppone, non sentendosi minacciate nelle proprie tradizioni siano in grado di coesistere pacificamente. Ma  il punto è che una società siffatta è difficilmente compatibile con la democrazia. Salvo specialissime eccezioni può essere tenuta insieme solo con un alto grado di coercizione, in modo non democratico. Per questo, il multiculturalismo non è una politica adatta per le democrazie europee. Gran Bretagna, Olanda, Germania avevano scelto quella strada e ne hanno verificato l'impraticabilità".
A questo proposito giova ricordare anche ciò che dichiarò solennemente nientemeno che Tony Blair, allora premier laburista britannico, V8 dicembre 2006, rovesciando l'attitudine di sempre e scandalizzando i bempensanti: «Adeguatevi alla legge britannica o non venite qui». Una domanda rivolta in particolare ai "meno integrabili" per definizione: i musulmani Ai quale anche Panebianco si rivolge, osservando che «non è casuale che proprio ai musulmani (e non agli altri immigrati) si faccia sempre riferimento quando si constata il fallimento del multiculturalismo'.
Ora finalmente se ne può parlare, senza correre più il rischio di sfidare le isteriche vestali del politicamente corretto.



Se anche Angela Merkel diventa "leghista"

la Padania, 22-10-2010
FIORELLO PROVERA

La fila dei convertiti alla realpolitik si allunga. Angela Merkel scopre, dopo quaranta anni di politica aperta e "solidale" nei confronti dell'immigrazione, che integrare è difficile e che il multiculturalismo è fallito. Una conversione sulla via di Damasco, o una lucida quanto tardiva consapevolezza, certamente benvenuta ma forse un po' sospetta di calcolo elettorale. Fa seguito, infatti, a tutta una serie di scossoni al politicamente corretto che hanno scioccato l'establishment di destra e di sinistra.
Le recenti elezioni amministrative a Vienna consacrano l'Fpó (Partito della Libertà austriaco) di Heinz-Christian Strache al 27%, togliendo una maggioranza storica ed apparentemente granitica ai socialisti. Di cosa parla l'Fpò ai suoi elettori? Di difesa delle tradizioni e delle identità nazionali, di lotta all'illegalità e di limiti all'immigrazione. Caso isolato? No, lo scorso settembre in Svezia, paradiso dell'ortodossia di sinistra, uno sconosciuto piccolo partito, i Democratici Svedesi, diventa grande. Raccoglie il 6% dei voti ed entra in Parlamento a Stoccolma sull'onda degli stessi temi proposti da Strache in Austria. Un altro caso isolato? Due volte no, perchè poco prima dell'estate il Pvv (Partito per la libertà) di Geert Wilders ha raccolto il 16% dei voti in Olanda, antesignana e paradigma dell'accoglienza ad oltranza.
Va ricordato che proprio in Olanda venne assassinato da un marocchino, cittadino olandese, il regista Theo Van Gogh "colpevole" di aver girato una pellicola critica verso il mondo islamico. La stessa Olanda, dove un imam ha avuto l'impudenza e l'arroganza di chiedere l'applicazione della Sharia nei quartieri ad alta densità musulmana. Oggi il Pvv appoggia un governo di minoranza all'Aja con ventiquattro deputati ed è determinante per la politica nazionale.
Che cosa è cambiato sul tema dell'immigrazione, sulla difficoltà della convivenza o dell'integrazione? Nulla, semplicemente qualcuno ha aperto gli occhi su quello che a molti era evidente da tempo, ma nessuno (o quasi!) aveva il coraggio di dire. Perfino il New York Times, in un articolo di John Vinocur del settembre scorso titola "Verso una nuova franchezza sull'immigrazione" e riporta «la politica tradizionale permette ora ai propri leader di dire chiaro e tondo che gli immigrati, in gran parte musulmani, devono adattarsi alle regole e tradizioni della società in cui entrano, piuttosto che viceversa: Per dirla con Vinocur, "ci si confronta con una verità della vita europea spesso sottaciuta e con una questione di reale interesse pubblico» che non sono state cancellate dalle accuse di razzismo e xenofobia che una sinistra alienata ripete da sempre. Di pochi giorni fa l'intervento a gamba tesa di Angela Merkel che dichiara «in Germania prima i valori tedeschi; e denuncia le zone franche create dagli immi-grati nelle città tedesche, la mancanza di rispetto verso le donne e la tendenza violenta dei giovani musulmani fondamentalisti. Non solo, ma si accorge che comunità cospicue di turchi e di arabi vivono isolate nei loro quartieri e che molte famiglie non parlano il tedesco dopo decenni di residenza in Germania. E conclude, il multiculturalismo, modello tedesco, ha «fallito, fallito del tutto».
Una constatazione amara dopo quaranta anni di politiche d'integrazione, accompagnata da accuse poco generose ai socialde-mocratici e ai verdi di aver aperto troppo le porte e di non aver messo abbastanza gli immigrati di fronte ai loro obblighi. Ma la Cancelliera non ha governato per cinque anni insieme ai socialdemocratici?
Fatta la diagnosi, arriva la terapia della dottoressa Merkel: «severità» per coloro che resistono all'integrazione, «vigile protezione dei valori tedeschi», «difesa dei tedeschi anziani che non devono essere sacrificati a favore degli immigrati» da non assumere se non dopo aver fatto «tutto il possibile per aiutare la nostra gente a qualificarsi e ad avere una chance». Le nuove parole d'ordine saranno quindi «chiunque non parli immediatamente tedesco non è benvenuto» e ancora «chi vuol essere parte della nostra società non deve solo obbedire alle nostre leggi, ma anche padroneggiare la lingua».
Una svolta così radicale in Germania potrebbe avere avuto un padre, l'ex membro socialdemocratico dell'esecutivo della Bundesbank Thilo Sarrazin, autore del libro "La Germania elimina se stessa", un successo editoriale straordinario che sostiene una tesi straordinaria, ossia che la Germania sta implodendo a causa di milioni d'immigrati provenienti dai paesi islamici. Gli argomenti sono forti e documentati, a partire dalla cifra di 16 mi-lioni di immigrati o di. origine straniera, all'accusa di abusare del welfare germanico, alla poca inclinazione allo studio e al lavoro dei nuovi ospiti con evidenti conseguenze sociali. Un sondaggio dell'Università di Bielefeld rivela che un terzo dei giovani turchi intervistati vorrebbe l'islam come religione di Stato, il 56% rifiuta di adeguarsi ai costumi occidentali, oltre un terzo si dichiara pronto alla violenza contro i non musulmani se ciò può giovare alla causa islamica. Questo spiega perché il 18% dei tedeschi voterebbe per una "Lista Sarrazin" e perché la Merkel ha scelto una nuova fermezza verso l'immigrazione.
Sarà poco elegante, ma è necessario ricordare che la Lega Nord da anni denuncia lucidamente i pericoli di un'immigrazione senza regole. La diagnosi e la terapia del Dottor Bossi sono scritte nei documenti ufficiali e nei programmi di Governo: la Bossi-Fini, il rispetto delle leggi, la repressione della clandestinità, i respingimenti e gli accordi bilaterali con i paesi di origine e di transito. Sono alcune delle medicine per un fenomeno che minaccia dauuero il nostro mondo e le nostre società.
Ma non solo. È agli atti del Senato un progetto di legge, firmato da noi, che propone una generosa politica di cooperazione con i paesi del Terzo Mondo. Unaproposta di aiuti concreti per realizzare uno sviluppo economico e sociale attraverso il sostegno alla democrazia e il rispetto dei diritti umani affinché l'emigrazione diventi una scelta e non una necessità. La sinistra, però, ci accusa di razzismo e xenofobia con l'evidente intento di isolarci dalla politica; in realtà, consegna alle nostre mani la tutela della sicurezza, dell'identità e del futuro della nostra gente. È doveroso aiutare chi soffre, ma crediamo che il nostro primo dovere sia nei confronti della nostra terra. Il consenso crescente dell'elettorato dimostra che abbiamo ragione.
Vedremo a breve se in Germania seguiranno fatti concreti o se questa nuova e tardiva consapevolezza del mondo politico si diluirà presto nel politicamente corretto. Nel frattempo, qualcuno ha informato Angela Merkel che in via Bel lerio c'è una tessera della Lega a suo nome?



Berlusconi: Problema ignorato a lungo, è di tutta Ue

Siamo chiamati a prenderci responsabilità a livello comunitario
Roma, 22 ott. (Apcom) - "Per troppo tempo l'argomento dell'immigrazione clandestina è stato ignorato da alcuni Stati membri, mentre è un problema che tocca tutti, non solo i Paesi comunitari del Mediterraneo". Lo afferma in un'intervista alla Faz il premier Silvio Berlusconi.
"Tra l'altro nei Trattati è stabilito che la gestione delle frontiere e le questioni inerenti al diritto di asilo e all'immigrazione sono materie di interesse comune per le quali siamo chiamati a prenderci la responsabilità a livello comunitario in base a criteri condivisi. Il problema dell'immigrazione legale è particolarmente intenso in Germania e Francia mentre da noi, il numero di stranieri è inferiore: 3,5 milioni di immigrati legali".
"L'Italia conduce una politica mirata a contrastare l'immigrazione clandestina. Ho allacciato contatti con tutti gli Stati mediterranei del Nord Africa e abbiamo stipulato accordi per un controllo maggiore delle frontiere", sottolinea, aggiungendo sull'integrazione: "Per me è un argomento importante. I diritti degli immigrati non sono assoluti, devono comportare anche dei doveri. È una questione centrale della politica liberale di integrazione. Non basta tutelare la libera circolazione. Qualsiasi Stato europeo ha anche il diritto e il dovere di esigere dalle persone che liberamente attraversano i suoi confini il rispetto delle leggi. Ciascuno deve rispettare le regole del luogo nel quale si trasferisce e deve procacciarsi onestamente i mezzi per vivere".
E' l'immigrazione il motivo principale per il rafforzamento del populismo in Europa? "Nel Nord Europa, senz'altro, meno da noi".



Immigrazione, quel documento è un’opportunità

gli Altri, 22-10-2010
Anna Paola Concia, Deputata Pd
Care amiche, cari amici de Gli Altri,
conoscete bene la stima politica e umana che ho per voi: se una critica viene dal vostro giornale per me è una occasione di riflessione, non di scontro. Lo scontro lo fa chi è ideologico, settario, chi non ascolta, chi si sente sempre nel giusto. Queste categorie umane non appartengono né a voi né a me. Per queste e per molte altre ragioni rispondo all’editoriale della settimana scorsa “Amici del Pd, ritirate quel documento è schiavista” in cui si critica il documento presentato alla scorsa assemblea nazionale del Pd dell’8/9 ottobre scorso. E’ un documento firmato tra gli altri da Veltroni, Gentiloni, Maran, Touadì e anche dalla sottoscritta. Molti tra voi sono rimasti stupiti della mia firma, perché conoscono la mia storia e il fatto che nella battaglia contro ogni forma di discriminazione mi spendo quotidianamente. Come sapete bene che per me razzismo e omofobia sono la stessa cosa, figli di una stessa matrice: la paura, il pregiudizio, l’avversione per chi è diverso da noi. In quel documento si pone il problema di come governare l’immigrazione. Ecco una parola nuova per noi di sinistra “governare l’immigrazione”. Un merito mi sento di darlo a quel documento: ha fatto sì che dalle parti della sinistra ci si potesse interrogare e confrontare sul fenomeno dell’immigrazione sapendo che è un terreno delicatissimo che merita risposte nuove. E sono felice di esporvi le mie umilissime idee su come vedo il fenomeno e come a mio modestissimo parere bisognerebbe affrontarlo.
La critica forte che muovete al documento è nella parte che propone l’ammissione degli immigrati con un sistema a punti che garantisca l’ingresso a coloro “di cui la nostra società ha bisogno”. Mi pare esagerato affermare che “si voglia introdurre nuovi schiavi” perché vogliamo solo quelli che “ci servono” o di cui “la nostra società ha bisogno”. Possiamo discutere se il sistema a punti può essere un modo tutto ripiegato sulle esigenze di una società che ha cura solo del suo benessere e nient’altro. Ma da troppo tempo mi pongo una domanda: siamo  sicuri che è davvero generoso e solidale lasciar entrare chi vuole, per poi lasciarlo in balia del suo destino, chissenefrega se troverà lavoro, casa, relazioni sociali soddisfacenti, se capisce l’italiano, le sue leggi, le sue regole? Scontiamo davvero la nostra colpa, leniamo i sensi di colpa di una società capitalistica che affama i paesi poveri  lasciandoli entrare tutti, tanto poi “dio vede e provvede”.  Ecco, se posso essere sincera, mi sento in colpa ancora di più nel vederli buttati nelle strade, vederli incattiviti dalla povertà, sfruttati perché non conosco i loro diritti, vederli vivere in situazioni ai limiti, questo sì, dei più elementari diritti umani.
C’è una stretta correlazione tra la qualità dell’accoglienza e il governo dei flussi. E offende la mia etica democratica e solidale e di sinistra vedere grazie a questo e alle scellerate e razziste politiche della destra aumentare il razzismo e la xenofobia. E allora vorrei che la sinistra avesse il coraggio di rimboccarsi davvero le maniche (scusate la battuta ma ci sta) e guardare le paure, non aver paura di guardare la paura di chi è diverso, ma saperla governare, saperla sciogliere, saperla eliminare. La paura non si elimina alimentandola come fa la Lega, ma non si elimina neanche facendo finta che non esista. Per queste ragioni credo che proprio noi di sinistra dobbiamo costruire un altro modello di società affrontando senza censure quello che l’immigrazione comporta: in senso positivo e negativo. L’immigrazione è un processo strutturale delle nostre società, che si possa eliminare sono balle della Lega. Voglio una società in cui gli immigrati siano cittadini come tutti gli altri, abbiano stessi diritti e doveri. Perché la convivenza comporta diritti e doveri reciproci dei conviventi. E non è da razzisti pensare innanzitutto a creare le condizioni per la loro integrazione. Il primo passo è l’insegnamento della lingua, come avviene in Germania. Dobbiamo rendere obbligatorio e gratuito lo studio dell’Italiano. Qualcuno di voi mi ha detto che è una costrizione, che non li possiamo obbligare. Ma il primo passo per capirsi deve essere una assunzione di responsabilità reciproca. Io mi faccio carico di fornirti gratuitamente l’insegnamento, tu ti fai carico di imparare. Che c’è di razzista nel fornire strumenti culturali? Non danno più opportunità di lavoro? Sono profondamente convinta che i problemi dell’immigrazione si debbano affrontare con lucidità e rispetto, ma chiedendo ai cittadini immigrati lo stesso rispetto.
Scontato quello che penso sulla cittadinanza e sul voto: sono due strumenti fondamentali per la piena integrazione. Come scontato vedo  il diritto di asilo a chi rischia di morire nei paesi di origine. Mi interessa di più con voi affrontare la relazione tra diversi, il bello e il brutto di una relazione tra culture diverse. Questo stesso dibattito è in corso in Germania in questi giorni, e udite, stanno pensando di introdurre il sistema a punti: l’Spd non è contrario. Si stanno confrontando certo, cercando soluzioni migliori per tutti, tedeschi e immigrati. La Merkelha dichiarato che il modello “multi Kulti” ha fallito: perché ha paura delle spinte xenofobe e vuole rilanciare sull’integrazione. Come darle torto? Da noi il dibattito tra destra e sinistra è ideologico anche sull’immigrazione, come sugli omosessuali. Tra razzisti e buonisti. Credo che ci sia una terza via, che è quella di una sinistra moderna che vuole davvero convivere e costruire una Italia migliore anche con gli immigrati. Ma bisogna scrollarsi di dosso sia paure che sensi di colpa, perché con quelli non si fa il bene di nessuno. Gennaro Migliore ha rimproverato il documento dove dice che «venire in Italia è una opportunità, non un diritto».  Mi vengono in mente i nostri figli che emigrano all’estero per avere delle opportunità: ne conosco tanti, uno ce l’ho in famiglia. Lì dove vanno, America, Spagna, Inghilterra, Francia, hanno dei doveri da rispettare e nessuno di noi si scandalizza. E’ normale. So bene che gli uomini e le donne che arrivano qui non sono come i nostri figli: ma è per questo che abbiamo il dovere di dare loro più strumenti per potersi integrare, non meno. Per non sfruttarli dobbiamo renderli partecipi della costruzione della nostra società e chiedere loro di parteciparvi.
Chiedere loro di fare dei passi verso l’integrazione non lo trovo razzista: è un passo importante verso una convivenza duratura tra pari, quella che sconfigge razzismo e xenofobia. E infine, come dice Sandro Gozi «l’immigrazione ingigantisce le debolezze strutturali della società italiana. Scarsa coesione sociale, assenza di senso civico, violazione quotidiana della legalità. Difetti che gli immigrati, qualificati o meno, imitano subito…». E allora forse siamo noi i cattivi maestri. Diventiamo noi buoni esempi. Può essere l’occasione per rendere migliore questo paese.



Immigrati e benaltrismo

Europa, 22-10-2010
PAOLO GIARETTA
Un gruppo di deputati Pd (Europa del 19 ottobre) dice di non condividere l'ordine del giorno sull'immigrazione     approvato dall'Assemblea di Varese. Io lo condivido, e molto, e vorrei spiegare il perché. Sono assolutamente concorde sull'affermazione che fanno questi miei colleghi critici che occorre «non mollare mai sul tema dei diritti agli immigrati e al tempo stesso neppure su quello dei loro doveri», che l'immigrazione è utile per motivi economici e demografici, che è un processo storico irreversibile, che ha bisogno di integrazione, servizi, diritti, ecc. Concordo anche sui rilievi tecnici sulla difficoltà di gestire correttamente un sistema a punti. Dobbiamo però sapere che non ce la caviamo con il solito "benaltrismo" della sinistra. Non comprendo invece perché i critici considerino sbagliata l'affermazione «comprendiamo le preoccupazioni della gente sull'immigrazione». Le preoccupazioni non ci sono? Ci sono ma non non le dobbiamo comprendere? Perché sono figlie solo di xenofobia, egoismo sociale, intolleranza, ignoranza? Nei giorni scorsi a Padova un giovane sinti, di nazionalità italiana, guidando ubriaco una po-tente Bmw a 190 all'ora in una strada provinciale si è fracassato uccidendo se stesso e assassinando tre altre persone (due giovani fidanzati ventenni). La locandina del locale quotidiano progressista del gruppo Repubblica strillava "Zingaro assassino". Per me un pugno sullo stomaco. Una razza assassina? Ancora lì siamo? Per la maggior parte della gente e per una buona parte dei nostri elettori: sì, assassino perché zingaro. Tremendo ma vero. Poi noi andiamo ai nostri circoli, parliamo di integrazione, di educazione e di servizi sociali. Giusto. I nostri elettori ci guardano negli occhi e ci dicono: perché
un giovane di ventanni, senza lavoro, con patente sospesa per precedenti gravi, che sta in una casa popolare offerta dal comune può permettersi un'auto che costa più di centomila euro che noi ci sognamo? E va bene se ce lo dicono, perché talvolta si vergognano di dirlo ma lo pensano. Bello avere nobili sentimenti, ma la realtà talvolta è ignobile e con quella bisogna misurarsi.
La sinistra continua a rimuovere una realtà scomoda: il peso della fatica (perché di grande fatica si tratta) di convivere con etnie, lingue, culture, religioni diverse è tremendamente classista. Sta tutto sulle spalle dei ceti più deboli. Deboli, stranieri, che prendono sulle spalle la fatica di scommettere su un paese che non è il loro e deboli, italiani, che prendono sulle spalle la fatica di un cambiamento radicale delle proprie vite. Per chi sta bene non c'è problema, anzi: manodopera a basso costo a disposizione, domestiche, badanti, giardinieri, ecc. Per chi vive nelle periferie più o meno degradate, per chi sta nelle case popolari, per chi ha poco reddito e poca cultura la vita semplicemente peggiora.
Noi della sinistra dobbiamo ignorare questo peggioramento della vita? Periferie più conflittuali e disordinate, più competizione per l'accesso agli scarsi servizi sociali, una grande fatica di comprendere chi è diverso: è bello aver letto tanti libri, aver capito tante cose, aver viaggiato molto e soprattutto alla sera non stare in una casa popolare dove magari c'è chi spaccia, e lo stato non vede, chi non rispetta le pro¬prietà comuni e non c'è niente da fare, in cui la diffidenza prende il posto dell'incontro e chi è solo, anziano e povero capisce solo che quella non è più la sua casa.
O noi capiamo di dover capire questa fatica o non siamo degni di chiamarci progressisti. In un servizio di Report qualche tempo fa un vecchio operaio di sinistra di Porto Marghera, culla della sinistra veneta, luogo mitico della solidarietà di classe e dell'internazionalismo, diceva sconsolato: «Qua xe diventa tutti neri». Non si sentiva più a casa sua.
Se in tutta Europa si affermano pesantemente partiti xenofobi la colpa non è degli elettori razzisti o ignoranti.  La responsabilità è nostra, colti, raffinati, aperti, ma incapaci di predisporre soluzioni. Incapaci di prendere sulle nostre spalle una parte di questi problemi. Gli elettori hanno una vita sola e cercano di vivere bene quella che hanno. O gli diamo noi comprensione dei loro problemi e speranza di un miglioramento o le chiederanno ad altri.



Più soldi alle scuole con stranieri

L'espresso, 22-10-2010
Gli alunni di altri paesi faticano di più, servono mezzi. Parla il preside di Veronetta
colloquio con Ernesto Passante
Il record è nella scuola per l'infanzia Massalongo a Veronetta, quartiere-banlieu nel centro di Verona: «Il 90 per cento dei bambini è composto da cittadini stranieri, anche se la maggior parte è nata in Italia», spiega Ernesto Passante, 59 anni, preside dell'istituto comprensivo che unisce anche tre scuole elementari, due medie e un centro per adulti-.
«Nelle elementari dello stesso plesso i bambini di cittadinanza straniera sono il 60 per cento».
E il limite del 30 per cento stabilito mesi la dal ministro all'Istruzione, Mariastella Gelmini?
«Non funziona. Le rilevazioni sono state fatte a livello di plesso o di istituto. Ma non è stato indagato il dato di classe e le poche eccezioni che ci sono in alcuni plessi hanno ottenuto una deroga. Là dove il limite servirebbe, come alla Massalongo, noi non abbiamo avuto alcuna soluzione rispetto al fatto che la composizione tra italiani e non italiani fosse squilibrata».
Quindi il limite di alunni stranieri in classe sarebbe un rimedio valido?
«Premetto che un equilibrio tra le diverse componenti è un valore per tutti. A monte però ci dovrebbero essere mecanismi per investire di più nelle scuole che territorialmente hanno un'utenza più esposta.
A Verona sembra che ora il Comune voglia dare qualche soldo in più alle scuole che hanno un alto carico educativo».
Più soldi alle scuole che hanno più stranieri?
«Sì, dovrebbero esserci più soldi per garantire una differenziazione degli apprendimenti. Un alunno orientale per integrarsi nel lavoro scolastico ci mette anche tre anni. Fino a quattro nel caso dei cinesi. Fare scuola è molto più difficile qui.
Ci sono istituti che hanno il 40 per cento di cittadini non italiani e istituti che hanno il 2 o l'1 per cento. Insegnare
non è sempre la stessa cosa».
E nei corsi per adulti quanti sono gli stranieri?
«Considerando i corsi di formazione professionale e la licenza media, arriviamo all'85 per cento. Tra questi, il 10 per cento è costituito da analfabeti.
Un numero in netta crescita negli ultimi tre anni. Far apprendere un alfabeto a chi non l'ha mai imparato nella propria lingua è veramente difficile. Noi non siamo sempre preparati, specialmente quando la lingua è orientale».



la commessa
"L'intolleranza è diventata la normalità"

LA Stampa, 22-10-2010
Occhi azzurri di ghiaccio, un accento dell'Est e una confessione amara: «Da qualche tempo, i volantini con offerte di lavoro razziste a Torino sono diventati una cosa normale». Evelina Tarassova è una ragazza di 23 anni, nata a Togliattigrad in Russia. Da un anno e mezzo lavora dietro il bancone di «Les Bijoux» un negozio su via Garibaldi. «Sei mesi fa, in centro, nelle vicinanze di via Pietro Micca ho trovato un annuncio di lavoro come commessa - dice la giovane -. Anche allora non volevano stranieri». Un ricordo che provoca tanta rabbia. «Mi sono infuriata - dice la giovane che vive in Italia da dieci anni con la madre -. Se non avessi avuto un lavoro avrei chiamato per dare
una risposta come si deve». Fare la commessa non è semplice.
«Alcuni clienti sono troppo pesanti e a volta mi viene da bisticciare - ammette -. Dover sorridere anche quando vuoi stare da sola è una difficoltà per le italiane e le russe». Sul posto di lavoro però, le discriminazioni non esistono dice la Tarassova e poi confida: «Una mia amica di colore lavorava in un negozio qui vicino, ma è stata lasciata a casa».
Per il suo futuro, Evelina ha le idee chiare. «Non voglio fare la commessa per sempre. Odio stare ferma. La mia vera passione è fare il carabiniere, ma so che è impossibile».   



LA DENUNCIA AL SALONE DEL GUSTO: «CHIEDO SCUSA A NOME DI TUTTA LA CITTA*»
Volantino razzista, l'ira del sindaco
La Stampa, 22-10-2010
EMANUELA MINUCCI
Chiamparino: Torino non tornerà ai tempi del "non si affitta ai meridionali"
«A parte che la madre degli stupidi è sempre incinta, io chiedo alle autorità competenti che si indaghi. C'è un numero di cellulare in fondo a quel volantino. Bisogna andare sino in fondo perché quello non è lo spirito e l'anima della comunità torinese. La nostra città non ha ancora dimenticato i cartelli con su scritto "Non si affitta ai meridionali" e tanto meno oggi accetta quelli in cui si spiega che non si dà lavoro agli stranieri».
E' livido il sindaco Chiamparino quando alle undici di ieri nella Sala Gialla del Lingotto decide «di chiedere scusa a nome della città per quell'ignobile volantino di cui parlano oggi i giornali». Lo fa davanti ad una platea fitta di telecamere e autorità. In prima fila c'è il questore, il prefetto e il comandante provinciale dei carabinieri. E il primo cittadino chiede aiuto proprio a loro per dare un seguito alla denuncia apparsa due giorni fa su «La Stampa»: «Non è possibile che accadano queste cose. Si indaghi dunque per scoprire chi è l'autore». La platea risponde con un caloroso applauso.
Per chi si fosse persa la puntata precedente a scatenare l'ira del sindaco è stato un volantino affisso in più punti del centro in cui c'era scritto che si cercavano commesse, tra i 18 e i 20 anni, per un centro commerciale e per aree pubbliche purché «no perditempo e no stranieri». Per Chiamparino si è trattato di un episodio talmente grave da meritare di essere stigmatizzato durante l'apertura ufficiale del Salone del Gusto e di Terra Madre. Di avviso diverso è invece l'onorevole Agostino Ghiglia del Pdl: «Sosteniamo e valorizziamo la forza lavoro rappresentata dalle decine di migliaia di stranieri che hanno un impiego sul nostro territorio e per questo costituiscono un'importante risorsa - ha dichiarato ieri - ma non è neanche giusto limitare la libertà individuale di scegliere chi è più adatto a lavorare, né colpevolizzare chi, per questa ragione, preferisce dare lavoro ad un italiano». Incalza: «Nel ribadire il nostro secco "no" al razzismo, vorremmo allo stesso tempo evitare di cadere in un "razzismo al contrario" che arrivi a penalizzare chi è italiano».
Anche per Stefano Allasia, deputato del Carroccio, si rischia di fare esercizio di «razzismo al contrario». Attacca: «Ci troviamo - aggiunge Allasia - di fronte ad un caso di tutela del diritto di un commerciante di cercare i propri dipendenti secondo i parametri che ritiene più adatti alla propria attività». E conclude: «Vorrei che certi personaggi mostrassero lo stesso sdegno di fronte alle vetrine dei negozi che recano esclusivamente scritte in cinese o in arabo».



Firenze Nella Jaguar, che veniva da Milano, trovati attrezzi per lo scasso
Rom in fuga travolgono auto Grave un bimbo di nove anni
Corriere della Sera, 22-10-2010
Marco Gasperetti
Urla e insulti dei passanti I due «difesi» dalla polizia
SESTO FIORENTINO (Firenze) —Una folle corsa, dopo aver tentato di forzare un posto di blocco della polizia, finita nel modo peggiore. Due rom di origine serba, a bordo di una Jaguar, si sono scontrati ad altissima velocità contro la Yaris sulla quale viaggiava una famiglia fiorentina di cinque persone: padre, madre e tre figli.
Sono rimasti tutti seriamente feriti e sono stati ricoverati all'ospedale per lesioni e fratture. Il più grave è il figlio più piccolo, nove anni: lotta tra la vita e la morte nel reparto di terapia intensiva dell'ospedale pediatrico Meyer di Firenze. Ieri sera i medici lo hanno intubato e sedato. La prognosi è riservata anche se i medici sperano di salvarlo. Dopo lo scontro i due nomadi, leggermente contusi, hanno cercato di fuggire a piedi ma sono stati fermati dalla polizia e da alcuni passanti che hanno tentato di linciarli.
È accaduto nel tardo pomeriggio di ieri nel centro di Sesto Fiorentino, hinterland di Firenze. La famiglia stava tornando a casa e aveva imboccato da poco via Gramsci, una delle strade più centrali della cittadina toscana.
In quel momento, da un incrocio, è piombata come un siluro la Jaguar dei due rom serbi inseguita dall'auto della polizia. Alcuni testimoni hanno raccontato di aver visto la Jaguar sbandare e poi scontarsi con la Yaris. Uno schianto terribile: l'utilitaria si è rovesciata più volte per poi finire contro un muro di un'abitazione. A soccorrere i feriti sono stati alcuni passanti. La famiglia era rimasta intrappolata tra le lamiere, i ragazzi gridavano e chiedevano aiuto, erano terrorizzati; il più piccolo era svenuto.
I due rom, miracolosamente illesi, hanno cercato di fuggire a piedi, ma sono stati bloccati prima da alcuni cittadini e poi dalla polizia che li ha ammanettati.
«Hanno rischiato di essere linciati dalla folla — ha raccontato un testimone — e sono stati salvati a stento dalla polizia che li ha portati via a sirena spiegata».
Secondo una prima ricostruzione, i due nomadi, che guidavano la Jaguar di proprietà di un cittadino libanese, erano partiti da Milano e in Toscana erano arrivati quasi certamente per mettere a segno un colpo. Sull'auto sono stati trovati arnesi da scasso e pare anche alcuni passamontagna. L'inseguimento è scattato alla periferia di Sesto Fiorentino quando i due rom non si sono fermati all'alt di una pattuglia della polizia.
Il padre di 53 anni, la madre di 52 anni e il figlio più grande di 23 anni sono stati ricoverati all'ospedale di Careggi con ferite e traumi non gravi. I due figli più piccoli, di 14 e 9 anni, sono stati trasportati al nosocomio pediatrico Meyer. Il più grave è subito apparso il bambino di 9 anni, che è stato ricoverato in rianimazione: la prognosi è riservata.



ISLAM: AD ARZIGNANO LN PRESENTA PRIMO REGOLAMENTO 'ANTIMOSCHEA ABUSIVA'

(ASCA) - Roma, 22 ott - E' stato presentato ad Arzignano (Vicenza) il primo regolamento in Italia ''Antimoschea Abusiva''. La normativa, come spiega l'assessore alla sicurezza ed immigrazione, Enrico Marcigaglia (Lega Nord) - ideatore del regolamento assieme all'assessore all'edilizia ed urbanistica Massimo Signorin (LN), e sotto il coordinamento del sindaco Giorgio Gentilin - intende ''stroncare la costituzione e l'esercizio di mosche abusive o comunque di centri di culto istituiti aggirando le regole''.
Arzignano, citta' abitata da circa 26.000 abitanti e situata nell'ovest vicentino, annovera una percentuale di cittadini stranieri pari al 21%. Ad oggi, nel solo territorio di Arzignano, si contano 5 centri religiosi professanti diverse fedi: musulmano, indu', induista, sikh, dei Testimoni di Geova.
Spiegano gli amministratori comunali: ''A causa di una normativa che non e' al passo con i tempi riguardo specialmente le richieste di apertura dei cosiddetti centri culturali ( termine dietro il quale si paludano spesso varie e fantasiose attivita' ) possono sorgere di fatto, con la dizione di centri ricreativi e/o culturali, alcune moschee che, seppur improprie, esplicano la propria funzione eludendo le piu' comuni normative edilizie, urbanistiche ed igienico sanitarie'' e che vengono realizzate ''in appartamenti o in parcheggi'' e svolgono le loro funzioni ''in assoluto stato di sovraffollamento''.
Il nuovo Regolamento prevede la regolamentazione tecnico-edilizia di tutti i circoli privati e culturali; obbligo di rispetto di orari congrui con la quiete pubblica ; applicazione obbligatoria della normativa antincendio; rispetto dei requisiti di sorvegliabilita' sia interna che esterna ; obbligo dell'ottenimento delle dichiarazioni di conformita' degli impianti e del certificato di qualificazione energetica; obbligo di rispetto della normativa per l'accessibilita' dei disabili; obbligo di rispetto delle altezze minime dei locali e delle superfici finestrate minime, cosi' come dei requisiti di dimensionamento minimo dei servizi igienici, degli standard a parcheggio; obbligo di rispetto dei requisiti minimi d'impatto ed isolamento acustico.
Sanzioni e sospensione dell'attivita' in caso di mancato adeguamento entro i 12 mesi e/o in caso di sovraffollamento.



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