Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

04 ottobre 2012

Il caso appalti nei Cie Indagini e nuove denunce
?Avvenire, 04-10-2012
Nello Scavo
Ispettorato del lavoro, procure, prefetture. Il faro sui recenti appalti nei Cie di Bologna, Modena e Trapani è stato acceso. E dopo che il prefetto del capoluogo emiliano ha sospeso la firma della convenzione con la cooperativa Oasi di Siracusa, anche a Modena sono tornati a spulciare tra la documentazione, mentre a Trapani a occuparsi del caso sarà perfino l’Ispettorato del lavoro, che ha ricevuto una denuncia dai sindacati su una serie di presunte irregolarità nella contrattualizzazione dei dipendenti della struttura.
A Modena l’inchiesta è stata affidata al pm Marco Niccolini, che intende fare luce sulle effettive garanzie offerte dall’Oasi. Dal ministero dell’Interno non è arrivato alcun commento all’inchiesta di Avvenire sulla nuova gestione di tre dei tredici Centri di identificazione ed espulsione. La questione, però, è immediatamente rimbalzata a Modena dove la cooperativa l’Oasi ha ottenuto dalla prefettura la gestione del Cie con trattativa privata. La gara d’appalto, infatti, non andò a buon fine.
La validità dei contratti potrebbe infatti inciampare nei precedenti penali dell’attuale presidente della cooperativa siciliana, l’avvocato Emanuele Midolo, condannato a quattro mesi per falso in atto pubblico. «Niente di importante», ha spiegato Midolo rivelando che si trattò di «una banale diatriba con un magistrato, ma che questo non mette a rischio in nessun modo la validità e la legalità degli appalti assegnati all’Oasi».
A Modena, però, il caso è finito sul tavolo del procuratore capo Vito Zincani.
Un fascicolo nel quale si parla di presunte «omissioni» circa «precedenti gravi problematiche di gestione, occorse negli anni passati» ai vertici dell’Oasi quando questi si occupavano di "Alma Mater", l’ente a cui era affidata la struttura per immigrati di Cassibile (Siracusa), oggetto di una inchiesta finita nel nulla ma che come conseguenza portò alla chiusura della centro. Uno dei nomi che frequentemente ricorre è quello di Marco Bianca, professionista con una lunga esperienza nell’assistenza agli immigrati, ma incappato in varie polemiche. Al momento degli appalti Bianca era ai vertici dell’Oasi, ma proprio nei giorni scorsi «si è dimesso da ogni incarico – ha spiegato l’avvocato Midolo –, ma resta comunque un nostro consulente». Lo stesso Midolo è subentrato, a gare ormai vinte al presidenza della cooperativa, il commercialista Giuseppe Burgio.
A sollevare dubbi c’è poi una missiva del 5 luglio, firmata dalla direzione provinciale del lavoro di Bologna e indirizzata al prefetto. La direttrice Emanuela Cigala a proposito dell’Oasi fra l’altro scriveva: «Ho potuto verificare dai documenti presentati dal Consorzio che, per fare un esempio, intendono pagare lo staff sanitario a circa 10 euro lorde all’ora, i mediatori e gli psicologi a circa 8 euro e gli assistenti di base a 10.07 euro orari comprensivi di oneri sociali. Cifre fuori da ogni logica di mercato».
Come se non bastasse, la Cisl di Trapani ha addirittura chiesto l’intervento dell’Ispettorato del lavoro perché, sostiene il sindacato, durante il cambio di gestione tra il Connecting People e l’Oasi, per alcuni giorni gli operatori del Cie di Trapani-Milo avrebbero lavorato in nero.
Agli inquirenti toccherà inoltre verificare la testimonianza di un tunisino di 26 anni che con altri 40 ha tentato di fuggire proprio del Cie trapanese: «L’igiene scarseggia e la nostra religione è poco rispettata – ha detto il ragazzo –, spesso ci danno da mangiare carne di maiale». E questo in un Cie non si era mai sentito.
 


«Ripensiamoli partendo dalla promozione dell’uomo»
?Avvenire, 04-10-2012
Vito Salinaro
I Centri di identificazione ed espulsione? Sono «gabbie, luoghi di reclusione meno tutelati delle carceri», che «generano conflittualità, violenza, autolesionismo, perché la persona non è tutelata». Inoltre «al loro interno non vi sono progetti lavorativi, scolastici e di tutela». Insomma, si tratta di «una forma di reclusione che non aiuta la promozione della persona e che costituisce una vergogna nel sistema europeo di controllo delle persone migranti irregolari».
A poche ore dall’inchiesta pubblicata ieri da Avvenire sul mondo dei Cie, monsignor Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes della Cei, torna a bocciare queste strutture e spiega: «Riproporre il tema dei Cie come luoghi disumani, come Centri in cui gli appalti sono costruiti dal gioco al ribasso, che genera, oltre al malaffare, anche la mancata tutela delle persone, credo costituisca un gesto importante per costruire responsabilità sociale e tutelare la legalità attorno a persone deboli, sfruttate e in fuga».
Perego sollecita quindi una rilettura, a livello di Ue, «di questo strumento, perché possa essere adattato alle migrazioni irregolari, ai tempi del rimpatrio, alla tutela delle persone che non hanno un titolo di soggiorno».
Limpida la posizione della Caritas, espressa dal responsabile dell’Ufficio immigrazione, Oliviero Forti: «Noi siamo per un ripensamento totale del sistema dei trattenimenti e delle identificazioni. Per farlo, occorrerebbe una consultazione ampia coinvolgendo chi è impegnato come noi nella promozione umana e nella sensibilizzazione». Non c’è più tempo di rinviare perché, aggiunge Forti, «queste strutture, che andrebbero prima di tutto "umanizzate", non riescono più a svolgere le attività per le quali sono nate». Inoltre, il trattenimento di chi vi entra fino a 18 mesi «è improponibile».
Forti, oltre a un "tavolo allargato" lancia un’altra proposta: parte dei soldi impiegati (male) «per il contrasto all’immigrazione irregolare, dovrebbero essere reinvestiti nelle politiche di integrazione, a tutto vantaggio del Paese e delle stesse persone interessate».
Angelo Chiorazzo, della società cooperativa Auxilium, che gestisce, tra gli altri, il Cie romano di Ponte Galeria, punta su un modello diverso, di «socializzazione». «Con il garante dei detenuti del Lazio – afferma – abbiamo realizzato a Ponte Galeria un campo di calcetto, proposto corsi di italiano e di teatro, e, per le donne, corsi di cucito. Ci sono una chiesa e una moschea, oltre a una biblioteca». Alcune attività sono poi state sospese per pericolo di gesti di autolesionismo. «Ma secondo me – incalza Chiorazzo – bisogna incrementare queste iniziative, lavorando come se dall’altra parte ci fossimo noi. Grazie alla disponibilità della prefettura di Roma cerchiamo di venire incontro alle esigenze degli immigrati prevenendo problemi che l’inchiesta di Avvenire ha messo in luce».
Inchiesta richiamata anche da Giuseppe Scozzari, del Consorzio Connecting People, per il quale «l’unico indicatore per l’aggiudicazione di una gara in favore di società gestionali, non può essere il criterio del maggior ribasso». Inoltre, «ci sono tanti aspetti che vanno rivisti. Inizierei dalle piccole cose. Per esempio, consegnare a queste persone una scheda telefonica periodica da 5 euro è quasi inutile. Ci sono strumenti più economici, quali Skype o la posta elettronica, utilizzati anche in Paesi in via di sviluppo». Un altro suggerimento: «Molte persone che arrivano nei Cie hanno un profilo carcerario, e quindi una identificazione già accertata da parte del ministero della Giustizia. I cui dati potrebbero essere condivisi dal ministero dell’Interno per evitare l’inizio di nuovi iter identificativi».
Nel dibattito interviene anche Gabriella Guido, della campagna "LasciateCIEntrare": «Chi visita i centri – dice – riconosce che queste strutture ledono i diritti civili e la dignità umana. Il trattenimento fino a 18 mesi è del tutto inefficace ai fini dell’identificazione e gli accordi con gli Stati extraeuropei non funzionano». Sul capitolo dei servizi erogati, Guido dichiara che ci sono «appalti assegnati senza bando di gara»; è «il "business" dell’immigrato». Paradossale, poi, la vicenda dei cittadini stranieri «che provengono dal carcere, "liberi" per aver scontato una condanna penale ma ora rinchiusi per una nuova detenzione amministrativa».

 

Comitato europeo per l’uguaglianza e la non discriminazione: forte condanna delle crescenti violenze razziste in molti Paesi d’Europa.
Adottato il progetto di risoluzione sul ruolo delle Ong nella lotta contro l’intolleranza, il razzismo e la xenofobia.
Immigrazioneoggi, 04-10-2012
Al meeting tenutosi a Tirana, in Albania, il 13 settembre scorso, il Comitato per l’uguaglianza e la non discriminazione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha condannato l’aumento di atti di violenza motivati da razzismo, intolleranza e xenofobia in vari Paesi europei. La Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza ha recentemente rimproverato la Grecia per l’inadeguata attuazione delle linee guida per quanto riguarda la lotta alla violenza razzista, denunciando la carenza di aiuto alle vittime e di campagne di sensibilizzazione pubblica. Anche in Irlanda, per citare un altro esempio, aggressioni a sfondo razzista sono aumentate e l’Immigrant Council of Ireland denuncia che c’è sempre maggiore compiacenza verso questi atti, che i testimoni chiudono troppo spesso un occhio e che le vittime sono sempre meno propense a denunciare, perché sentono che le loro denunce saranno ignorate o perché temono ritorsioni.
Il comitato ha inoltre espresso profonda preoccupazione per il ricorso sempre più frequente all’uso di discorsi razzisti e discriminatori da parte dei partiti politici, sollecitando questi ultimi ad astenersi dall’usare la paura nelle loro campagne. Adottando il progetto di risoluzione al meeting di Tirana su Il ruolo delle Ong nel combattere intolleranza, razzismo e xenofobia, il Comitato ha sottolineato il ruolo cruciale delle Ong come alleato naturale dei parlamenti nella prevenzione e nella lotta contro questi pericolosi fenomeni.
“Le Ong possono dare l’allarme e spingere le autorità ad affrontare questa situazione critica con leggi e politiche mirate, assicurare che le la legislazione e le misure rilevanti siano messe in atto e offrire consulenza, assistenza e rappresentanza legale alle vittime”, si legge nel rapporto del Comitato. Il progetto di risoluzione, che raccomanda una serie di misure per incoraggiare e sostenere le ONG in questa lotta, sarà dibattuta dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa presso il suo Comitato permanente ad Andorra il prossimo 30 novembre.
(Samantha Falciatori)



IMMIGRAZIONE - PROGETTO SALUTE MEDICINA PENITENZIARIA POPOLAZIONE IMMIGRATA (36% totale)
ItalianNetwork, 04-10-2012
"Salute senza barriere" è il progetto organizzata dal Ministero della Salute presso la Casa Circondariale di Regina Coeli di Roma
"Salute senza barriere"è un Progetto finanziato dal FEI (Fondo Europeo per l'Integrazione dei cittadini dei Paesi Terzi), proposto dal Ministero dell'Interno (Autorità responsabile del FEI) e attuato da un partenariato composto dal Ministero della Salute e dall'INMP, Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti e il contrasto delle Malattie della Povertà. Nell'ambito delle attività di sensibilizzazione sullo stato di attuazione della Riforma della medicina penitenziaria, l'INMP ha inoltre firmato un protocollo d'intesa per la collaborazione con il Forum Nazionale per la salute in carcere.
Il Progetto mira a promuovere l'integrazione sanitaria dei cittadini stranieri detenuti negli Istituti di pena italiani, attraverso il pieno e consapevole accesso al Servizio Sanitario Nazionale, anche durante il periodo di detenzione.
Alla fine di aprile di quest'anno risultavano detenuti stranieri nelle carceri italiane intorno a 24mila unità, pari al 36% della popolazione carceraria complessiva (nel 2007 erano il 37%, contro il 15% del 1991). Rappresentano il 42% tra gli imputati, il 33% tra i condannati definitivi e solo il 12% tra gli internati, secondo quanto emerge dal report quadrimestrale diffuso dalla Fondazione Ismu.
Quanto ai reati  emerge che è  straniero il 95% del totale dei carcerati per contravvenzione alle leggi rispetto all’ingresso e al soggiorno regolare in Italia. Il 79% di chi commette reati connessi alla prostituzione è straniero, percentuale che scende al 44% per droga e al 39% per i reati contro la pubblica amministrazione.
Le percentuali più basse di stranieri si segnalano per i reati di stampo mafioso (1%), per quelli contro l’economia pubblica (3%), per la violazione della legge sulle armi (8%).
Infine, gli ergastolani sono lo 0,4% dei detenuti fra gli stranieri ( 5,8% dei detenuti è  italiano).
Tre gli obiettivi specifici degli interventi: 1)  crescita della consapevolezza di detenuti e operatori sul diritto all'assistenza sanitaria in carcere, sul funzionamento del SSN e sulla conoscenza della riforma della medicina penitenziaria; 2) miglioramento della capacità di presa in carico dei bisogni di salute della popolazione straniera detenuta; 3) mappatura dello stato di attuazione del trasferimento delle competenze della salute in carcere dal DAP al SSN.
Il Progetto, avviato lo scorso 30 maggio, ha durata annuale e coinvolge 9 Istituti di pena e relative ASL,  in altrettante Regioni del Nord, del Centro e del Sud Italia. Le azioni previste vanno dai seminari informativi residenziali ai percorsi di formazione in modalità FAD per il personale sanitario, fino a uno studio quali-quantitativo per il monitoraggio dell'applicazione della Riforma nei contesti selezionati che partecipano al Progetto. (03/10/2012-ITL/ITNET)



Gli immigrati e la casa: intervista di ImmigrazioneOggi a Paolo Righi presidente della Fiaip.
Diminuiscono le compravendite a causa della crisi economica, in aumento le truffe. La discriminazione è frutto dell’ignoranza dei proprietari della abitazioni, formare gli agenti immobiliari come mediatori culturali.
Immigrazioneoggi, 04-10-2012
“Molto ridotte le compravendite delle unità immobiliari e in aumento i rapporti di locazione” è questa la tendenza del mercato immobiliare che riguarda i cittadini stranieri presenti in Italia come conseguenza della crisi economica.
A tracciare una quadro del settore, che vede comunque gli immigrati come una delle componenti maggiormente dinamiche, è Paolo Righi presidente nazionale della Fiaip, la Federazione italiana degli agenti immobiliari professionali.
12mila associati, 18mila agenzie immobiliari e più di 60mila operatori tra agenti immobiliari e mediatori creditizi fanno della Fiaip la principale associazione di categoria del settore e osservatorio privilegiato del rapporto tra immigrati e politiche abitative.
Ai microfoni di ImmigrazioneOggi, Paolo Righi illustra quelli che sono gli aspetti maggiormente salienti e i nodi problematici, iniziando proprio dal Rapporto dell’Unar sulla discriminazione razziale che indica nelle agenzie immobiliari uno dei punti più critici.
Secondo il presidente Fiaip si tratta di situazioni “limite” che riguardano un numero ridotto di agenzie in particolari aree del Paese ma che, comunque, “non hanno come responsabili gli agenti immobiliari, che sono vincolati nella contrattazione dalle condizione posta dai venditori”. Situazioni che Righi sottolinea come “frutto dell’ignoranza” e per le quali la Fiaip ha sottoscritto un protocollo di collaborazione con l’Unar per migliorare la conoscenza e promuovere la sensibilizzazione tra gli iscritti alla Federazione.
Il presidente della Fiaip si sofferma anche sulle problematiche relative alle politiche di integrazione basate sull’alloggio, alle truffe di cui spesso gli immigrati sono vittime e ai rapporti problematici degli stranieri con i condomini italiani.



Uno spettacolo multietnico sul tema dell'immigrazione
il Giornale, 04-10-2012
Roberto Borghi
Filosofo della politica, docente universitario e presidente emerito della Fondazione Feltrinelli, Salvatore Veca ha calcato per la prima volta il palcoscenico nel 2009.
Infatti nel novembre di quell'anno il pubblico del Teatro No'hma lo ha visto protagonista del reading di «Sarabanda», un suo scritto dedicato all'umanità in fuga da guerre e barbarie, ma costellato di dotte citazioni poetiche che spaziano da Saffo ad Auden, passando per la Dickinson e Neruda. Riveduta ed estesa, la drammaturgia si è poi trasformata in un «oratorio in tre tempi per voce sola», pubblicato nel 2011 da Fetrinelli e messo in scena in questi giorni al Franco Parenti con la regia di Laura Pasetti. Al centro della vicenda Veca ha posto una figura dal profilo enigmatico: un vecchio saggio, che a volte sembrerebbe essere Dio, altre volte diventa egli stesso un naufrago, o perlomeno un uomo che dà voce a storie di espatriati. Il suo racconto mescola la cronaca di un ordinario e tragico sbarco di immigrati con gli archetipi letterari del viaggio, dell'abbandono delle proprie radici etniche e culturali, e della nostalgia di esse. Lo spettacolo diretto dalla Pasetti - in cartellone fino a domenica - coinvolge 12 artisti provenienti da Asia, Africa e America Latina, che fondono canto, danza e narrazione accompagnati da tamburi persiani e senegalesi, flauti, contrabbassi e liuti. Frammenti di storie recitate in coro, con qualche voce solista che ogni tanto rompe il silenzio, si alternano a quelle che la regista definisce «immagini veloci di volti, paesaggi di rughe, labbra e occhi, soprattutto occhi, intervallate dall'immagine dell'acqua, evocata dal suono, forse proiettata sul fondo della scena, forse solo raccontata. Acqua come memoria, come respiro, come emozione. Alcune frasi si ripetono, alcune immagini create dagli attori si reiterano come ricordi che diventano più nitidi o più sfocati. La ripetizione delle frasi è come un giro di valzer che ritorna, ma anche come un tormento che ritorna».«Sarabanda» è anche un caso significativo di collaborazione fra teatri e di interazione con le istituzioni: subito prima che al Parenti, infatti, lo spettacolo è stato in cartellone al Cooperativa, uno spazio scenico collocato in una zona fortemente multietnica qual è Niguarda. La produzione inoltre è stata cofinanziata dall'Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Milano.



Rom, sciopero della fame all'ex Fiera "Lunedì saranno trasferiti"
Per il consigliere provinciale di Sel, Peciola: "Si trovano in condizioni disumane e resteranno qui per altri due mesi mentre dovevano essere trasferiti a Castel Romano entro una settmana". Il sindaco in visita alle famiglie con il presidente del municipio Andrea Catarci che spiega: "SI è impegnato a portarli via di qui entro pochi giorni"
la Repubblica.it, 03-10-2012
Sciopero della fame da parte dei rom che si trovano nella ex Fiera di Roma. La protesta nasce dal mancato trasferimento nel campo di Castel Romano e per le "pessime condizioni" in cui si trovano adesso. "Nonostante le promesse del sindaco Gianni Alemanno - dice Gianluca Peciola, consigliere provinciale di Sinistra Ecologia e Libertà e responsabile Welfare di Sel Area Metropolitana di Roma, che questa mattina ha fatto un sopralluogo all'interno dell'ex Fiera di Roma - i circa 180 rom trasferiti dal campo di Tor de' Cenci all'ex Fiera di Roma non potranno essere portati nel villaggio attrezzato di Castel Romano prima di due mesi. Il Comune di Roma aveva consegnato venerdì scorso una lettera formale al portavoce della comunità scrivendo che le famiglie rom sarebbero state trasferite a Castel Romano entro una settimana. Da oggi i rom cominceranno lo sciopero della fame per protestare contro le condizioni disumane in cui si trovano all'interno dell'ex Fiera di Roma. Questa mattina ho trovato una situazione allo stremo e insostenibile".
Dopo l'inizio dello sciopero, il sindaco Gianni Alemanno si è recato all'ex Fiera per verificare la situazione "Ha potuto vedere con i propri occhi il dramma di 180 persone, neonati, bimbi, giovani e adulti, con pochi stracci addosso, in un ambiente maleodorante e disseminato di calcinacci, moquette lacera, scheletri di arredi, controsoffitti pericolanti,
sacchi di calce e sale ovunque - racconta Andrea Catarci, presidente del Municipio Roma XI - Si è reso conto, si auspica, del fatto che si tratta di un'area dichiarata inidonea per essere un deposito, figuriamoci per viverci. Si è impegnato, di fronte ai rom, agli operatori, al Municipio Roma XI a sistemare un po' meno indegnamente il padiglione e ad avviare il trasferimento al campo di Castel Romano il prossimo lunedì". "Ma all'ex Fiera continua ad esserci un girone infernale e lo sciopero della fame va avanti, in attese che alle parole seguano i fatti. Almeno questa volta- conclude Catarci- si mantenga la parola data".
"Dei 180 rom, circa 110 sono minori, impossibilitati a raggiungere le scuole che frequentavano - continua Peciola - Nel campo ci sono molte persone malate, alle quali non è assicurato il dovuto supporto medico. Sono anche finite le scorte di cibo. Inoltre, l'ambiente e le condizioni igienico sanitarie non sono assolutamente adatte ad ospitare donne, bambini e persone anziane. Siamo di fronte alla sospensione dei diritti umani e a un duro attacco alla dignità della persona. Gli sfollati per motivi di guerra ricevono sicuramente trattamenti più umani e strutturalmente più dignitosi". "Il Campidoglio intervenga con urgenza e fornisca una soluzione adeguata a queste famiglie. Oltretutto, la decisione di portarli nel villaggio attrezzato di Castel Romano è una scelta sbagliata. In questo campo già vivono quasi mille persone, si rischia di provocare una nuova situazione esplosiva in termini di disagio sociale e di integrazione", conclude.
La stessa denuncia di Andrea Santoro, coordinatore del Pd Municipio XII, Paola Vaccari, responsabile politiche sociali e i consiglieri municipali Giuseppe Contenta e Domenico Durastante del Pd che si sono recati questo pomeriggio nel campo di Castel Romano: "Più di 300 nomadi di Tor de' Cenci e di altri campi si sommeranno ai già 900 residenti del campo di Castel Romano. Alemanno e Belviso con il silenzio irresponsabile del presidente del Municipio Calzetta stanno allestendo una bomba sociale che non ha eguali in Italia e in Europa". "Con questo nuovo trasferimento si arriverebbe ad un campo da 1200 residenti aggiungendo etnie spesso in conflitto tra loro. Belviso si rende conto di cosa sta realizzando? Cosa dirà ai cittadini di Tor de' Cenci e di Trigoria dopo che aveva promesso l'allontanamento dei nomadi dai loro quartieri? Come al solito le bugie della destra hanno le gambe cortissime e come al solito la loro demagogia si abbatte sulla pelle dei nomadi e dei cittadini del Municipio XII".



Egitto, due bambini copti arrestati per offese all'islam
Avvenire, 03-10-2012
Si ripete in Egitto il caso di Rimsha, la ragazzina cristiana arrestata in Pakistan con l'accusa di blasfemia. Ieri due bambini copti di 9 e 10 anni sono stati arrestati con l'accusa di aver insultato la religione islamica. È successo nel governatorato di Beni Suef, dove l'imam della moschea locale, Ibrahim Mohamed Ali, ha denunciato Nabil Nagy Rizk, 10 anni, e Mina Nady Farag, 9, per aver strappato alcune pagine del Corano. Il procuratore ha disposto che i due fossero trasferiti nel carcere giovanile di Beni Suef fino a quando saranno completate le indagini.
Secondo il corrispondente di Ahram Online, l'imam Ali ha prima portato i due bambini nella chiesa copta locale e chiesto al prete di punirli. Il sacerdote si è però rifiutato di castigare i due e per quelo Ali, aiutato da altri tre abitanti del villaggio, ha portato i bambini in tribunale.
Il padre di Nabil, Nagy Rizk, ha difeso i due bambini affermando pubblicamente che sono analfabeti e per questo non conoscevano il contenuto dei fogli che hanno trovato in una piccola borsa bianca dove stavano giocando, vicino a un mucchio di spazzatura in strada.
La vicenda dei due ragazzi arriva dopo un'ondata di arresti su base religiosa in tutto l'Egitto. All'inizio del mese a Sohag, un insegnante copto è stato condannato a sei giorni di prigione per aver postato su Facebook una vignetta considerata diffamatoria per l'islam.

 

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