Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

20 novembre 2012

Immigrati: Riccardi, per cittadinanza serve ius culturae
(ASCA) - Roma, 20 nov - ''L'integrazione in Italia e' andata avanti come un modello domestico, un fai da te in cui famiglia e piccola impresa hanno contato molto. Pero' serve qualcosa di piu' profondo, un'evoluzione anche culturale'', il ministro all'Integrazione Andrea Riccardi commenta cosi' a Prima di Tutto, su Rai radio 1, i dati diffusi dall'Istat secondo cui nel 2050 gli immigrati saranno il 17% della nostra popolazione, e continua: ''L'immigrazione non e' Lampedusa, l'emergenza, gli sbarchi, ma sono ormai 5 milioni di persone che risiedono nel nostro Paese e che contribuiscono al suo futuro. Immigrazione e crescita sono strettamente legate tra loro, bisogna affrontare l'immigrazione non solo gridando all'invasione o facendo del buon cuore, ma con una cultura adeguata''. Sulle modifiche necessarie alla legge sulla cittadinanza agli stranieri il Ministro ha aggiunto: ''Lo ius sanguinis non e' piu' all'altezza, lo ius soli, in un paese poroso come il nostro non va bene, bisogna riconoscere la cittadinanza ai bambini nati nel nostro Paese magari dopo un ciclo scolastico.
Diciamo una specie di ius culturae. Non ci sara' il tempo di affrontare il tema in questa legislatura, il Parlamento non ha proceduto in questa prospettiva nonstante gli inviti del presidente Napolitano, e questo mi dispiace molto''.



Immigrati: C. Marini, inaccettabile non sia 'cittadino' chi nasce qui
(ASCA) - Perugia, 19 nov - ''E' incomprensibile ed inaccettabile non ritenere ''cittadino italiano' chi nasce nel nostro Paese da genitori che oltretutto qui hanno scelto di vivere. Per questo ritengo che vada modificata la legge sulla cittadinanza''. E' quanto affermato dalla presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, in apertura del convegno in corso per l'intera giornata a Perugia sul tema ''L'Europa dell'integrazione: modelli a confronto''. ''Penso soprattutto ai giovani, i tanti nati in Italia, ai quali viene negata la cittadinanza - ha aggiunto - Lo dico in quanto l'Umbria e' terra in cui con fatica e responsabilita' abbiamo costruito un progetto che va oltre la semplice convivenza, che punta alla integrazione completa di quanti per varie ragioni dall'Europa e da Paese extraeuropei, sono venuti a vivere nel nostro Paese''. La presidente ha ricordato che oltre 100mila dei 900mila abitanti dell'Umbria sono stranieri, 66 mila dei quali di provenienza extraeuropea. Dall'ultimo rapporto dell'Istat l'Umbra risulta essere la terza regione in Italia per il suo indice di integrazione, mentre e' la prima delle regioni nel rapporto tra studenti stranieri nati in Umbria e studenti italiani.
''Questi dati - ha proseguito Marini - ci dicono che questa terra, con fatica ma anche con un impegno di tutti i livelli istituzionali, ha cercato - anche in momenti difficilissimi - di resistere e non rinunciare all'affermazione concreta di valori sociali, fondamentali per una vera cultura dell'accoglienza e dell'integrazione''. Ricordando la responsabilita' della Regione quale capofila del progetto di cooperazione internazionale del sistema delle regioni italiane con i territori palestinesi, la presidente ha rivolto un appello affinche' ''cessi al piu' presto la tragica strage di bambini e di bambine a Gaza e si faccia anche a livello internazionale ogni sforzo affinche' ci sia un cessate il fuoco ed un ritorno di un dialogo costruttivo tra israeliani e palestinesi''. Infine la presidente ha ricordato la ''positiva esperienza del nostro progetto di accoglienza dei profughi dei Paesi del nord Africa, gestito in Umbria dalle istituzioni locali, Caritas e altre associazioni di volontariato laico'', ed ha rivolto un forte appello al Governo, nella persona del Ministro Riccardi, ''affinche' questi profughi ora non vengano abbandonati al loro destino, ma li si aiuti - ha concluso - in un percorso di integrazione per renderli soggetti autonomi''.



Italia del futuro: popolazione multietnica e sempre più concentrata al Nord. La fotografia al 2050 dell’Istat.
Intervento del presidente dell’Istat alla convention “Italia + 30”.
Immigrazioneoggi, 20-11-2012
Una popolazione sempre più vecchia, multiculturale e concentrata al Nord. È la fotografia dell’Italia nel 2050 scattata dal presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, intervenuto alla convention “Italia + 30”, alla Scuola di perfezionamento per le Forze di polizia, a Roma.
“In Italia – ha detto – da circa 60 milioni di oggi, saremo 62,3 nel 2037 per poi tornare a diminuire nel 2050, quando saremo circa 61,5 milioni. La società sarà un cocktail di culture: la popolazione straniera passerà dal 7% al 17% nel 2050, il 25% della popolazione nel Nord-Ovest e meno del 3% nelle isole”.
Il Belpaese, inoltre, sarà sempre più vecchio e vedrà il Mezzogiorno svuotarsi: “Nel 2050 – ha spiegato ancora Giovannini – gli over 65 supereranno il 30% della popolazione, dal 20% di oggi, e gli over 80 passeranno dal 5,8% al 15%’’. Infine, “tra il 2010 e il 2050 ci sarà un aumento di quasi il 20% della popolazione al Nord-Est e una riduzione di quasi il 15% nel Mezzogiorno”.



I migranti che l'Italia non vuole e il male di vivere altrove
A volte vittime di trafficanti, si trovano in un paese che li respinge. Spesso subiscono atti di razzismo, affrontano in Italia precarietà e isolamento. A Roma un convegno per gli immigrati che si ammalano di depressione nel nostro paese di
la Repubblica, 20-12-2012
VALERIA PINI
C'è chi ha fatto richiesta di asilo politico. Chi è fuggito da guerre. Chi ha lasciato i figli e non li vede da mesi, da anni. Hanno alle spalle un viaggio difficile per arrivare nel nostro paese e ora si trovano ad affrontare lo shock di un incontro con un mondo nuovo. Sono spesso vittime di razzismo. Una società spesso diversa da quella che conoscono e che spesso cerca di respingerli o li accoglie con difficoltà. A volte il semplice disagio per la lontananza da casa può diventare una malattia: la depressione. Ai traumi affrontati nel percorso verso l'Italia, si aggiungono quelli legati al razzismo o alla discriminazione. Si parlerà di questo venerdì 23 novembre nell'ambito del convegno "La psichiatria e la psicologia transculturale nei servizi territoriali e ospedalieri" che si svolgerà a Roma, nell'Aula Magna dell'Ospedale Sandro Pertini.
I problema. "Il percorso migratorio è molto complesso e per certi versi drammatico. Tanti e tali sono i continui adattamenti: di lingua di cultura, di norme e regole nuove - spiega Alfredo Ancora, docente di Psichiatria Transculturale all'Università di Siena e autore, insieme ad Alberto Sbardella, del libro L'approccio transculturale nei servizi psichiatrici. Un confronto tra gli operatori, edito da Franco Angeli -. Non ci si sente  accolti, secondo temi e modi a cui si è abituati nei paesi di origine. L'incontro con il terapeuta deve essere sempre a 'metà', fra le rispettive posizioni. Chi li accoglie deve cambiare atteggiamento verso l'altro e chi arriva  deve cambiare. Non c'è incontro se si è rigidi nella propria posizione".
La cura. Negli ospedali e negli ambulatori psichiatrici psicologi, antropologi e infermieri, pedagogisti e operatori di centri d’accoglienza e mediatori culturali affrontano percorsi nuovi nella cura di immigrati, rifugiati o donne sottoposte a tratta. Fra i pazienti c'è anche chi è stato vittima di trafficanti. La cura segue quello che viene definito l’approccio transculturale. Nei servizi psichiatrici è importante, spiegano gli esperti, che i medici che prendono in cura i migranti sia aperto a "considerarle come persone e non come categorie". Il cosiddetto "shock culturale" è la difficoltà che si incontra più facilmente con aspetti depressivi, paura del fallimento, non dimentichiamo che spesso chi arriva porta le aspettative di un intero paese, villaggio, famiglia-soprattutto ora che i ricongiungimenti familiari sono diventati più difficili. Oggi la situazione è cambiata perché ci si trova già di fronte gruppi di migranti precedenti che possono diventare   dei punti di riferimento nel difficile processo di integrazione"
Le ferite nascoste. "Tempo fa ho avuto come paziente un rifugiato iracheno che era stato torturato. Non gli chiesi di farmi vedere le ferite che aveva sul corpo.  Ricostruimmo insieme il percorso della sofferenza , della fuga, delle aspettative passando attraverso le sue ferite invisibili attraverso una narrazione che lo coinvolgesse emotivamente - aggiunge Ancora - . Rimettere insieme i pezzi di una storia spesso vissuta violentemente può costituire l'occasione di poterla guardare con occhi diversi, senza togliere nulla ovviamente all sua drammaticità. Alla fine del percorso terapeutico mi ringraziò con un dono: "mostrarmi le ferite"! Era una maniera altresi  per sottolineare che il "fidarsi " di me".



A quota 364mila le imprese di immigrati
Immpresacity.it, 20-111-2012
Sono il 6% di tutte le imprese italiane. Nel terzo trimestre del 2012 sono cresciute 7 volte di più della media.
Si è chiuso con un bilancio positivo il progetto "Start it up. Nuove imprese di cittadini stranieri", nato per sostenere percorsi di crescita professionale e fornire competenze basilari per lo start-up di imprese e/o di lavoro autonomo a persone provenienti da Paesi non appartenenti alla Unione europea, residenti in Italia e in possesso di regolare permesso di soggiorno.  
L'iniziativa, avviata a metà dello scorso anno, finanziata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e realizzata in collaborazione con Unioncamere, ha coinvolto dieci Camere di commercio - Ancona, Bari, Bergamo, Catania, Milano, Roma, Torino, Verona, Vicenza e Udine - e si è rivolta a coloro che nel “fare impresa” hanno voluto cercare una concreta possibilità di integrazione economica e sociale.  
Al termine dei diciotto mesi di sperimentazione, l’obiettivo di favorire l’inserimento sociale ed economico di 400 immigrati extracomunitari è stato raggiunto e superato: sono stati, infatti, 492 coloro che si sono rivolti agli sportelli attivati dalle Camere di commercio aderenti all'iniziativa.
Di questi, 434 hanno beneficiato dei servizi di orientamento, formazione e assistenza offerti dalle Camere e 409 hanno anche elaborato un vero e proprio business plan per la creazione di un’impresa.   L’identikit dell’aspirante imprenditore immigrato corrisponde a persone prevalentemente giovani e di istruzione elevata, equamente distribuite tra entrambi i generi e nella maggior parte dei casi provenienti dall’Africa o dall’America latina. Meno frequenti i partecipanti provenienti dall’Europa non UE e dall’Asia.  
“La promozione e il sostegno all’imprenditorialità sono tra i principali obiettivi del Sistema camerale e dunque è stato del tutto naturale coniugare, con il progetto Start it up, questo obiettivo con quello di favorire una maggiore coesione sociale nei territori, promuovendo processi di integrazione dei cittadini immigrati attraverso l'impresa e il mercato. Questo il commento del Presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, nello spiegare i risultati raggiunti con il progetto Start it up. “Trattandosi di un primo esperimento, l’obiettivo iniziale era di aiutare 400 immigrati ma, grazie all’impegno di tutti i protagonisti - in particolare, delle Camere di commercio di Ancona, Bari, Bergamo, Catania, Milano, Roma, Torino, Udine, Verona e Vicenza siamo arrivati a 434. Questi positivi risultati del progetto insieme ai dati del Registro Imprese sulla crescita degli stranieri che detengono cariche di titolari e soci d’impresa - ha proseguito Dardanello – ci dicono due cose, la prima, che c’è una forte propensione imprenditoriale da parte di chi decide di migrare in Italia, la seconda che questa va accompagnata con servizi reali in modo che nascano imprese capaci di stare sul mercato e di essere parte attiva della società civile.”

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