Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

16 ottobre 2014

Mare nostrum, l`Ue boccia l`Italia
Al vertice di Lussemburgo severe critiche all`operazione. Con «Triton» si cambia, ma si rischiano nuove tragedie.
Panorama, 16-10-14
(Antonio Giacchillo, da Bruxelles)
L`operazione Mare nostrum della Marina militare nel 2014 ha salvato più di 130 mila migranti, ma dal vertice del gruppo Giustizia e Affari interni del Consiglio Ue, il 9 ottobre a Lussemburgo, è arrivata una sonora bocciatura. Perché, è stato detto con parole dure nella riunione ristretta, Mare nostrum ha funzionato come un «pull factor», un fattore trainante e, in ultima analisi, un moltiplicatore dei rischi per gli stessi migranti irregolari. Trafficanti senza scrupoli, infatti, hanno riempito di disperati bagnarole non in grado di tenere il mare, sapendo che le navi italiane lì attendevano al limite delle acque territoriali libiche e che li avrebbero salvati esportati in Italia.
Dal 1° novembre Frontex (l`Agenzia europea di controllo delle frontiere esterne) avvierà «11.iton» con tre navi e due aerei, più í mezzi italiani, destinata, secondo il ministro dell`Interno Angelino Alfano, a «sostituire Mare nostrum». Ma non è questo il suo scopo, ribatte la commissaria Ue agli Affari interni, Cecilia Malmstrtim: non coinciderà la missione (che sarà focalizzata sul controllo alle frontiere, e non sul «search and rescue», il salvataggio in mare, che ha caratterizzato Mare nostrum); sarà minore il budget (2,9 milioni al mese, contro i circa 9 milioni dell`operazione italiana, di cui solo 1,8 milioni a carico del Fondo Ue per le Frontiere esterne); e soprattutto sarà molto più limitata l`area pattugliata. Mare nostrum copriva praticamente tutto il Mediterraneo centrale fino a ridosso della Libia, Trìton invece pattuglierà solo la zona fino a 30 miglia marine dalle coste italiane, ovvero 18 miglia aldilà dei limiti territoriali (12 miglia). La scommessa, azzardata, è quella di far arrivare il messaggio anche ai trafficanti.
Ma potrebbe costare tante altre vite umane, soprattutto all`inizio.  



QUANDO PANORAMA AVEVA LANCIATO L`ALLARME
Panorama, 16-10-14
Stefano Vespa
L`avevamo previsto. È solo la copertina di Dabiq, la rivista dell`Isis, ma quella bandiera del Califfato che sventola sull`obelisco di San Pietro conferma la copertina di Panorama del 10 settembre scorso: «Invasioni barbariche».
Il pericolo c`è e la prevenzione dell`intelligence e dell`antiterrorismo è massima. È escluso che cellule integraliste arrivino infiltrate nella massa di migranti raccolti con l`operazione Mare nostrum, mentre un timore è rappresentato dalla via dei Balcani. In sintesi, i pericoli per l`Italia sono tre: i potenziali terroristi cresciuti nel nostro Paese; quegli immigrati che, giunti via mare, vi restano senza soldi né lavoro e possono diventare mercenari al soldo di gruppi islamici, in particolare delle bande di nigeriani; i giovani di seconda generazione che, emarginati e senza sbocchi sociali, sono più facilmente influenzabili dalla campagna mediatica dell`Isis e da pericolosi documenti rintracciabili sul web. Dove i riferimenti a Roma, simbolo cristiano e occidentale, sono sempre più frequenti.



Iter più veloce per le domande d'asilo. Ok definitivo in Senato
Convertito in legge il decreto 119/2014, aumentano le commissioni e la procedura diventa più snella. Destinati altri fondi all'accoglienza per ampilare la rete Sprar
stranieriinitalia.it, 16-10-14
Roma – 16 ottobre 2014 - Con 164 voti favorevoli e 109 contrari , il Senato ha approvato ieri pomeriggio defnitivamente la conversione in legge del decreto 119/2014, sulla quale il governo aveva posto la fiducia. Tra le altre misure, come quelle contro la violenza negli stadi, il testo prevede interventi importanti per velocizzare l'esame delle domande d'asilo e nuovi fondi per l'accoglienza dei profughi.
Le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, quelle che esaminano le domande d’asilo, passano da dieci a venti e vengono incardinate nelle prefetture. Praticamente ce ne potrà essere una in ogni regione italiana. Inoltre potranno articolarsi in trenta diverse sezioni. Un potenziamento finanziato con circa dieci milioni di euro all’anno.
Se il richiedente asilo verrà trasferito da un centro d'accoglienza a un altro, la competenza per l’esame della domanda passerà alla commissione che ha la competenza sul luogo di destinazione, ma sarà possibile anche assegnare la competenza tenendo conto del carico di lavoro di ogni commissione territoriale, in modo da non creare sovraccarichi. Quando però c’è già stato il colloquio, rimarrà competente commissione di fronte alla quale si è svolto.
Per il colloquio è prevista una procedura più snella, perché verrà sostenuto di norma davanti a un solo commissario, che poi chiederà ai suoi colleghi di deliberare. Su richiesta dell’interessato o del presidente si potrà svolgere davanti alla commissione al completo.
Il decreto incrementa poi di 50,8 milioni di euro per il 2014 il Fondo Nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo, in modo da permettere l’ampliamento del sistema di accoglienza della rete Sprar, gestita dai Comuni. Altri 62,7 milioni di euro vanno invece quest’anno al ministero dell’interno per “fronteggiare le esigenze straordinarie connesse all’eccezionale afflusso di stranieri sul territorio nazionale”.
Infine, un aiuto a tredici comuni siciliani che più hanno sentito l’impatto degli sbarchi. Agrigento, Augusta, Caltanissetta, Catania, Lampedusa, Mineo, Palermo, Porto Empedocle, Pozzallo, Ragusa, Siculiana, Siracusa e Trapani potranno escludere le spese derivanti dall’emergenza immigrazione da quelle che rientrano nel conto del patto di stabilità interno.



Milano - Il CIE di via Corelli diventa un centro di accoglienza
Firmata la convenzione per "trasformare" il centro in struttura per ospitare i richiedenti asilo
Ogni volta che un CIE viene chiuso la sensazione è quella di una piccola grande vittoria. Quante volte nel corso di questi anni lo abbiamo auspicato.
Melting Pot Europa, 16-10-14
La struttura di via Corelli, una delle prime adibite alla detenzione amministrativa in Italia, era chiusa da diversi mesi, così come molte altre. A decretarne materialmente la chiusura sono state le rivolte di "ingrati osptiti" che, di fronte ad uno stato di compressione dei diritti fondamentali insopportabile, si sono legittimamente ribellati (come hanno sancito le sentenze di Crotone e Gorizia) supportati dalle continue continue denunce di chi non ha mai smesso di guardare a quei luoghi come spazi di sospensione dei diritti e di gestione violenta dei "movimenti migratori".
I CIE infatti, nel corso di questi anni, hanno ricoperto funzioni diverse a seconda dell’occorrenza. Talvolta utilizzati come dispositivi di criminalizzazione e di gestione "politica" del discorso sull’immigrazione irregolare, altre come macchina di selezione della mobilità e del lavoro (pensiamo al caso di Cassbile che apriva e chiudeva le sue porte a seconda delle necessitùà del lavoro di raccolta), altre ancora mischiando contemporaneamente le "mansioni". Si è sempre in gni caso trattato di luoghi in cui la privazione della libertà personale per via amministrativa si presentava non semplicemente come variante residuale nella gestione dei processi migratori, ma più efficaciemente come minaccia permantente che investiva in ogni suo aspetto la condizione di "migrante".
Provando allora a guardare ciò che sta avvenendo intorno ai confini europei ed al loro interno (in Italia in particolare) potremmo certamente comprendere meglio i perché di questa "resa parziale" di fronte alle pressioni per la chiusura dei CIE.
Quella della detenzione amministrativa è da tempo una mappa che ben rappresenta il fallimento delle politiche italiane ed europee in materia di immigrazione. Dei tredici centri disponibili sono ormai solo cinque quelli in funzione. Solo quelli di Roma, Milo, e Caltanissetta funzionano a pieno regime (per un totale di 660 posti) mentre i centri di Bari e Torino operano con capienza ridotta. Oltre a quella di Milano, sono chiuse ormai da tempo anche le strutture di Gorizia, Bologna, Brindisi, Crotone e Trapani. Mentre i CIE di Modena e Lamezia Terme hanno definitavemtne chiuso i battenti.
Contemporaneamente l’Italia è attraversata da una potente pressione migratoria sulle sue frontiere riconducibile allo scenario geo-politico che si sta delineando a ridosso dei confini europei. La guerra in Ucraina ed in Siria, gli scenari di violenta ingovernabilità che caratterizzano la Libia, l’Egitto e l’Afghanistan, la cronicità del conflitto palestinese e delle guerre non dichiarate nel corno d’Africa ed in molti stati subshahariani, così come i nuovi contesti sviluppatisi in Iraq e nel Kurdistan, investono immediatamente la questione della protezione delle frontiere su cui l’Europa fatica a cedere. Si tratta di un quadro che immediatamente mette al centro del discorso il tema del diritto d’asilo, o meglio della libertà di fuggire da contesti che mettono in pericolo la vita o la libertà personale. E questo discorso domina in maniera ormai totalizzante il dibattito sull’immigrazione dell’Europa che pare non avere neppure lontamente abozzato una strategia. Meglio, verrebbe da dire. Visto che l’unica ricetta finora proposta passa attraverso la "resistenza" del confine. L’operazione Mos Maiorum messa in campo in questi giorni dalle polizie di tutta Europa ne è un esempio.
Ma non è evidentemente una situazione omogenea. Le modalità di gestione dei confini in Italia, Grecia, Spagna e Bulgaria, in particolare, ma anche la nuova operazione Triton di Frontex nel Mar Mediterraneo, ci dicono che la violenza del confine, i suoi dispositivi di controllo, la loro funzione di "respingimento" e selezione non sono certo in declino. Lo sfondo è uno scenario europeo in cui alla crisi si accompagna un utilizzo del tema dell’immigrazione come via di fuga, carta vincente per il lavoro delle nuove destre xenofobe.
E’ in questo scenario carico di contraddizioni che si inserisce l’attuale gestione italiana della frontiera e con essa dei CIE.
Perché se è vero che la legge Bossi-Fini colpisce ancora, è vero anche che oggi la questione dell’asilo sta dominando in qualche modo condizionando l’intero assetto delle politiche in materia di immigrazione.
Di fatto, la scelta di convertire i CIE in centri in cui ospitare i "profughi" non è altro che questo: il segnno di una crisi profonda del vecchio adagio immigrazione irregolare/criminalizzazione/detenzione, che deve fare i conti con le vicende drammatiche che intorno all’Europa si stanno sviluppando.
Attenzione però, nessuno ha deposto le armi. Così cme la guerra ha da tempo assunto i connotati strutturali di operazione di pace umanitaria, anche la guerra che si gioca sul confine, così come quella interna contro i migranti hanno bisogno del loro carico di umanitarismo. Le immagini della famiglie siriane (o quelle dei protagonisti di "Io sto con la sposa"), quelle dei corpi avvolti nei sacchi di plastica che ci vengono dal mare, richiamano profondamente questa necessità da parte dei governi UE, quello italiano in primis, che al tempo stesso non può però cedere sul terreno dei confini.
Su questo terreno dalle fondamenta sabbiose si fondano così questa serie di segnali contraddittori che ci vengono dai governi. Quelli che piangono i morti ma vorrebbero respingere i vivi, quelli che bloccano i "flussi" per lavoro ma costruiscono intere economie sul lavoro irregolare, quelli che chiudono i CIE ma regalano accoglienza indegna, quelli che parlano di condivisione europea ma rinnovano ed intensificano l’operatività del regolamento Dublino
Ed anche la chiusura del CIE di Milano parla fino in fondo questo linguaggio contraddittorio, segno di una crisi irreversibile nella gestione del confine ma al tempo stesso della mancanza (per volontà o per impossibilità poco importa) di una strategia all’altezza del momento.
Il tema delle frontiere interne all’Europa, del regolamento Dublino che ingabbia richiedenti asilo e rifugati, gioca un ruolo fondamentale sulla questione dell’accoglienza. Non è un caso che esista una profonda differenza tra i ruoli ricoperti da Italia, Spagna, Grecia e Bulgaria e gli stati che iinvece affrontano da un’altra angolazione la partita. L’ empasse italiana si è spinta a tal punto da barattare la condivisione dell’operazione Triton con il ripristino delle perazioni di identificazione dei migranti sbarcati in Sicilia, mentre le autorità non smettono di rivendicare (con una certa dose di ipocrisia) la "redistribuzione" europea dei richiedenti asilo.
Ma il discorso accoglienza ci mette al tempo stesso davanti alla questione della disponibilità di luoghi per l’accoglienza e delle risorse necessarie per renderla concreta. C’è un intreccio inscindibile tra "spending review", politiche id austerity, patti di stabilità che mortificano l’azione degli enti locali, rendita legata al patrimonio abitativo e incapacità di affrontare lo scenario attuale con strumenti adeguati.
Le città faticano a far fronte all’accoglienza dei "profughi", altre si rifiutano di occuparsene, i progetti di inserimento di richiedenti asilo e rifugiati (anche i più qualificati) fanno i conti con una crisi occupazionale senza precedenti e di conseguenza con l’impossibilità di risolvere anche il nodo dell’autonomia dei rifugiati attraverso l’inserimento abitativo. Così, anche l’accoglienza non può che diventare una accoglienza "approssimativa", spesso indegna, il più delle volte senza prospettive future.
Di certo la chiusura di molti CIE, come a Milano, rappresenta un punto importante in questo articolato mosaico pan-europeo. Ma la scelta di destinarli all’opitalità dei "profughi" apre oggi alcune nuove domande fondamentali per una realtà che rischia di diventare (come peraltro avviene già abbondantemente in Sicilia) un luogo semidetentivo. Chi gestirà quel centro? Che ruolo avrà la Questura (il CIE è in diretta disponiobilità del Ministero dell’interno) nella sua gestione? Quale sarà la sua funzione visto il ripristino delle procedure di identificazione di chi sbarca sulle coste italiane? Quali percorsi saranno possibili in una struttura che potrà ospitare circa 132 persone?
Insomma: veramente non esiste altro modo di far fronte all’esercizio del diritto di fuga da parte di migliaia di persone se non aprendo le porte di mega-centri collettivi, con tanto di gabbie e sistemi di protezione?
Ogni conquista, come la chiusura di alcuni CIE, mette immediatamente in campo nuovi interrogativi su cui lavorare.
E proprio l’Italia che chiude mano a mano i centri di detenzione e richiama le responsabilità europee sui salvataggi in mare e la "presa in carico" dei richiedenti asilo, regola la vita dei migranti con una delle leggi peggiori d’Europa e guida in questi giorni l’operazione Mos Maiorum. Insomma .... un paese vittima di se stesso.



 "Agli extracomunitari è vietato sedersi" A Padova arrivano i dissuasori
L'assessore alla sicureza fa istallare un lamierino ondulato su un muretto vicino alla stazione. "C'è una presenza indiscreta e fastidiosa di extracomunitari, mica sono  turisti o cittadini normali..."
stranieriinitalia.it, 16-10-14
Padova - 16 otttobre 2014 - Il copyright è di Giancarlo Gentilini. Nel lontano 1997, quando era il sindaco di Treviso e non aveva ancora sul groppone una condanna definitiva per razzismo, fece rimuovere le panchine dalla stazione perchè erano diventate un luogo d'incontro per "negri" ed "extracomunitari".
Quel gesto ancora fa scuola e viene spesso riproposto, magari con qualche variazione. L'ultima è quella voluta dall'assessore alla sicurezza di Padova, Maurizio Saia (ex senatore PdL) per contrastare, parole sue, "lo stallo fastidioso di extracomunitari che disturbano”.
Le casse del Comune hanno finanziato la messa in opera di alcuni "dissuasori antiseduta", in pratica un lungo lamierino ondulato,  su un muretto dietro a una fermata del tram vicino alla stazione. Troppo spesso, denuncia Saia, vi si appoggiavano degli immigrati.
"C'è una presenza indiscreta e fastidiosa, soprattutto nel pomeriggio e di sera, di extracomunitari che ovviamente sono lì per fare di tutto meno che i turisti e i cittadini normali" ha spiegato l'assessore. "Se poi si considera che tra qualche giorno quella via sarà aperta al traffico credo che si andrà a eliminare questa presenza pesante per i cittadini, soprattutto per chi deve prendere il tram".



Gli scontri sul recinto nella fuga per l`Europa
Corriere della sera, 16-10-14
A cavalcioni sulla recinzione, sognando di raggiungere l`Europa. Erano in 3oo ì migranti che, ieri, hanno cercato di scavalcare la barriera per entrare dal Marocco nell`enclave spagnola di Melilla. Per fermarli sono intervenute le forze dell`ordine: molti africani - secondo il governo spagnolo - erano armati di coltelli, bastoni e pietre. Negli scontri cinque agenti di polizia e altrettanti migranti sono rimasti feriti. Solo in tre sono alla fine riusciti ad entrare a Melilla (foto Epa/Guerrero).

Share/Save/Bookmark
 


 

Perchè Italia-Razzismo 


SPORTELLO LEGALE PER RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO

 

 


 

SOS diritti.
Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
leggi tutto>

Mappamondo
>Parole
>Numeri

Microfono,
la notizia che non c'è.

leggi tutto>

Nero lavoro nero.
leggi tutto>

Leggi razziali.
leggi tutto>

Extra-
comunicare

leggi tutto>

All'ultimo
stadio

leggi tutto>

L'ombelico-
del mondo

Contatti


Links