Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

17 luglio 2014

Quando lo straniero cambia i consumi
l'Unità, 17-07-14
italia-razzismo
Qualche giorno fa è stato presentato a Roma il Rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2014 del Centro studi e ricerche Idos. I dati raccolti descrivono la vivacità degli imprenditori stranieri, le cui attività sono cresciute del 9,5% tra la fine del 2011 e il 2013, a differenza delle imprese italiane che in quello stesso periodo hanno registrato un calo dell’1,6%. Le ditte straniere sono poco meno di mezzo milione (esattamente 497.080) e rappresentano l’8,2 per cento di tutte le imprese presenti nel territorio nazionale. Sono per lo più (94%) imprese individuali condotte esclusivamente da un titolare immigrato che non è socio di un italiano, come accade con società cooperative. Anch’esse, comunque, aumentate del 15,9%. L’analisi del fenomeno ha rilevato una corrispondenza tra settore e nazionalità dell’imprenditore: ovvero che a una determinata provenienza corrisponde una precisa attività. Ed ecco che allora le imprese manifatturiere di origine straniera sono gestite da cinesi (48,9 per cento), quasi un terzo (29,2 per cento) delle attività commerciali è diretta dai marocchini e la stessa percentuale riferita al settore edile è guidata dai romeni. Nella ristorazione i cinesi restano i primi seguiti dai bengalesi (col 18,6 per cento) che primeggiano nei servizi.
Come si spiega una tale corrispondenza? E qual è la ragione di una costante crescita delle piccole aziende condotte da imprenditori non italiani, in una congiuntura segnata così profondamente dalla crisi globale, e dalla riduzione altrettanto costante del numero di imprese italiane? Molti i motivi. Il principale fattore di agevolazione dello sviluppo delle imprese con titolare straniero è rappresentato dall’ambiente. Ovvero dal fatto che nascono e vivono all’interno di una rete «di comunità» (intesa in senso ampio e non rigido) e che utilizzano tutte le opportunità dalla stessa offerte, seguendo e sollecitando la curva della domanda nelle fasi di espansione e facendosene proteggere nelle fasi di rallentamento. Ne discende, per molte di quelle imprese, qualcosa di assimilabile a una specializzazione etnica: un numero ristretto di settori di impiego, il ricorso a manodopera costituita in gran parte da connazionali, spesso esclusi da qualunque regolamentazione di natura contrattuale, salariale e previdenziale, e - ecco un fenomeno in forte espansione - la produzione e la commercializzazione di merci tipiche dei paesi di provenienza (abbigliamento, alimenti). In quest’ultimo caso, tali imprese soddisfano una richiesta di prodotti etnici che giunge sia dai connazionali presenti nel nostro paese, sia da un numero crescente di italiani. L’interesse per i prodotti «etnici», soprattutto quelli alimentari, è dimostrato dal sempre più frequente ingresso degli stessi nel circuito della grande distribuzione. Si pensi al reparto «dolci del Ramadan» nei supermercati Auchan e Coop, e a quello della carne halal.
Ciò indica come la presenza di stranieri produce nuove domande e nuovi consumi. Ma soprattutto descrive bene il mutamento della nostra società.
 
 
 
Altri 2mila sbarchi tra Sicilia e Calabria 
Sui barconi anche un morto e immigrati malati. Una donna: mio figlio gettato in mare 
il Giornale, 17-07-14
Valentina Raffa 
Pozzallo (Rg) È un flusso continuo a senso unico dalla Libia alle coste della Penisola. Il bel tempo incoraggia le partenze, tante, troppe. E l`Italia continua a cercare: barconi e pescherecci in avaria, gommoni semi affondati che lanciano l`Sos, i naufraghi, mentre alcuni di questi affondano tra i flutti, e cerca i tanti cadaveri che solo talvolta il mare restituisce, e che hanno fatto del Canale di Sicilia un triste cimitero. 
Anche ieri si è continuato a sbarcare in Sicilia e a Reggio Calabria. Sono 2.194 gli immigrati soccorsi in mare nell`ambito dell`operazione Mare No strum. A bordo della nave appoggio della Marina militare S. Giorgio con 1.023 immigrati c` era pure un cadavere, ripescato giorni addietro a 40 miglia dalla Libia, quando furono salvate dodici persone, mentre la corvetta Sfinge perlustrava la zona alla ricerca di altri eventuali naufraghi. Un neonato di appena 20 giorni è stato portato in ospedale per precauzione. Un altro sarebbe stato gettato in mare appena nato. Lo si è appreso dall`agghiacciante testimonianza della mamma, giunta al porto di Pozzallo, che ha raccontato di avere partorito sul barcone e di essere svenuta, ma il piccolo, che pare non stesse bene, al suo risveglio non c`era più. 
La nave militare Etna ha sbarcato ieri a Trapani 1.171 immigrati soccorsi in cinque operazioni. Tra i profughi ci sono 87 minori e 193 donne, di cui due incinte. È stato ricoverato all` ospedale di Ragusa un immigrato con febbre molto alta. Facevano parte dello stesso gruppo sette donne incinte, ricoverate a Modica e Ragusa, e diversi bambini ricoverati per controlli. La forzata convivenza tra locali e immigrati sfocia talvolta in proteste. «Nessun razzismo - dicono gli italiani- ma siamo dinanzi a un esodo biblico». I centri d' accoglienza sono al collasso e da quelli più gravati gli ospiti sono trasferiti su charter messi a disposizione dal ministero dell`Interno per fare posto ai nuovi arrivi. Ieri e martedì sono stati effettuati trasferimenti dalla Sicilia al Nord Italia.
Servono risorse. Ancora. Lo ha detto il presidente designato dal Consiglio europeo JeanClaude Juncker ribadendo che i problemi dell`immigrazione non sono solo dei Paesi del Sud, ma di tutta l`Europa. Nel documento pro grammatico ha indicato che un budget di 90 milioni per Frontex non basta. E siccome si vuole - almeno nelle intenzioni - una nuova politica per l`immigrazione legale, Juncker ha annunciato che nominerà un commissario speciale per l`immigrazione che lavori conl`Europa e con i Paesi più interessati. Intanto la polizia giudiziaria lavora a ritmo serrato. In poche ore sono stati individuati otto presunti scafisti tra Reggio Calabria e P ozzallo. C`è stato l`incidente probatorio dello sbarco dell° luglio, in cui persero la vita 45 immigrati soffocati nella stiva del barcone. I testimoni hanno riconosciuto gli scafisti che restano in carcere. 
 
 
 
La logistica del confine: il paradigma Taranto
Melting Pot Europa, 17-07-14
Francesco Ferri
Un racconto collettivo denso di emozioni ambivalenti: è questa la cifra complessiva delle prime settimane di accoglienza – in gran parte autogestita – in riferimento all’arrivo in riva allo Ionio di diverse migliaia di donne, uomini e bambini, giunti nel porto di Taranto accompagnati dalle navi della Marina Militare nell’ambito dell’operazione Mare Nostrum. Il carattere ambivalente delle emozioni occupa l’ampio spettro di possibilità che va dalla gioia – seppur precaria e problematica – dell’incontro, che ha ampiamente caratterizzato la partecipata accoglienza auto-organizzata, assumendo al tempo stesso, però, il sapore della diffusa indignazione con riferimento alle condizioni di ospitalità alquanto precarie.
L’utilizzo di strutture in disuso e ampiamente inadeguate, come un palazzetto dello sport e un ex mercato ortofrutticolo nel quartiere Tamburi, nelle quali – sotto un caldo cocente e in condizioni igienico sanitarie allarmanti – anche l’apporto di acqua e farmaci, nei primi giorni in particolare, è stato garantito da volontari e attivisti: questa è stata, e in parte continua ad essere ancora, la scarnissima portata dell’apparato umanitario di accoglienza predisposto per i migranti e le migranti nel capoluogo ionico.
E proprio qui – tra le mancanze istituzionali e l’esigenza di un’accoglienza il più possibile dignitosa – si inserisce con forza uno degli elementi centrali nel “caso Taranto”, capace di riarticolare la retorica dominante per la quale i termini con i quali leggere la questione dell’immigrazione siano necessariamente quelli della paura e della difesa: complessivamente, le cittadine e i cittadini di Taranto hanno autonomamente predisposto un sistema materiale di accoglienza – e un’ampia disponibilità alla relazione e all’affetto – tanto ampi e inaspettati quanto imprescindibili.
Proprio da qui sembra possibile ripartire, provando a far in modo che la gioia dell’incontro sia immediatamente compatibile con la produzione di ampi sguardi sul funzionamento complessivo del meccanismo dell’accoglienza, anche al di là del ruolo pur importante che il capoluogo Ionico sta assumendo in queste settimane.
Allo stesso tempo, un’attività altrettanto utile può risiedere nel tentativo di leggere ciò che sta avvenendo a Taranto come possibile paradigma per comprendere il cambiamento di fase nella gestione complessiva degli arrivi. Un elemento in particolare sembra qualificare la discussione: il sistema d’accoglienza (non) strutturato in riva allo Ionio sembra confermare quanto i due termini che caratterizzano la gestione del confine – la uestione militare e il livello umanitario - siano strutturalmente contigui. In questo senso, venuto meno – temporaneamente e per ragioni di opportunità di governo del fenomeno – l’esigenza di una gestione militare dell’accoglienza, nello stesso tempo anche il profilo umanitario si è rapidamente dissolto. I centri di (non) accoglienza predisposti a Taranto non prevedono alcuno strumento di confinamento o di controllo: al contrario è stato molto spesso favorito il transito dei migranti verso altre destinazioni, anche tramite l’accompagnamento collettivo in bus e il conseguente abbandono nei piazzali delle stazione di Anagnina e di Rogoredo. Anche la gestione umanitaria, in particolar modo nelle prime settimane, con riferimento anche alle abituali procedure di accoglienza, si è contemporaneamente disgregata: basti pensare al ruolo fondamentale, dal punto di vista del coordinamento delle attività di aiuto, è svolto da un “gruppo facebook” di volontari denominato, appunto, “coordinamento aiuti Taranto”, con la materialità dell’assistenza informalmente delegata alla buona volontà della cittadinanza.
Il paradigma rappresentato in questi giorni dal caso Taranto può essere utile anche per leggere i cambiamenti di fase che in atto. L’accordo raggiunto tra Governo, Regioni, Comuni e Province nell’ottica di un piano per la gestione dei nuovi arrivi, che verosimilmente interesserà direttamente anche il capoluogo Ionico, annovera tra le novità annunciate l’esplicita previsione di hub regionali o interregionali che fungano da prima accoglienza e qualificazione.
Già dal punto di vista del lessico utilizzato, è necessario rigettare l’utilizzo di una terminologia propria del linguaggio delle logistica, quasi che la gestione dei processi di migrazione sia un problema da affrontare in termini di razionalità del trasporto e non dal punto di vista dell’ampiezza e della qualità dei diritti delle migranti e dei migranti.
Inoltre – e qui risiede un elemento potenzialmente fondamentale per qualificare la portata complessiva dell’intera vicenda - sarà necessario valutare quali siano le previsioni del Governo in relazione al preannunciato meccanismo di selezione, effettuato proprio nella fase hub dell’accoglienza, tra coloro ai quali è riconosciuta la protezione internazionale e che quindi possono successivamente accedere al sistema Sprar e gli esclusi da questa selezione rispetto ai non vengono precisate – ma è possibile provare ad immaginarlo – le prospettive alle quali andranno incontro.
Una configurazione del genere necessita, giocoforza, di una lettura complessiva della questione. Può risultare fuorviante – e addirittura funzionale al complessivo meccanismo di inclusione differenziale – produrre una discussione che valuti, nel qualificare le posizioni politiche da assumere, unicamente le caratteristiche logistiche del porto di Taranto, la sua posizione strategica sul Mediterraneo e la potenziale idoneità delle strutture del territorio ad ospitare il citato hub che effettui lo smistamento – previa selezione – delle migranti e dei migranti. Sembra necessario, al contrario, riflettere e mobilitarsi, anche a Taranto, per la qualità e l’ampiezza dei diritti delle migranti e dei migranti, rifiutando di assumere i temi della logistica come terreno di scontro e unico criterio possibile per leggere la portata della fondamentale sfida che sta investendo la città Ionica.
 
 
 
A Castel Volturno Alfano manda i rinforzi
Avvenire, 17-07-14
Antonio Maria Mira
Arrivano rinforzi delle forze dell’ordine a Castel Volturno, ma solo temporaneamente. È la prima risposta dopo il ferimento di due immigrati e i successivi scontri tra comunità locali e migranti nella località di Pescopagano. Si tratta di 80 tra poliziotti e carabinieri, che si aggiungeranno agli otto equipaggi dei reparti di prevenzione e crimine già inviati per sedare la rivolta, mentre resterà operativo il contingente di 300 militari nell’ambito dell’Operazione "Strade Sicure". «Lo Stato c’è ed è forte», ha affermato il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, incontrando al Viminale i sindaci di Mondragone e Castel Volturno, convocati dopo i gravi fatti dei giorni scorsi. Questi ultimi si sono invece detti soddisfatti a metà, lamentando la provvisorietà dei rinforzi e la mancanza, almeno per ora, di interventi per superare il degrado e l’abbandono.
Alfano ha riunito al ministero i vertici nazionali e casertani delle forze di polizia ed i due sindaci. «L’invio di più uomini – ha sottolineato – è la testimonianza che le istituzioni sono pronte a lavorare, a fianco dei cittadini, per il ripristino dell’ordinarietà nella situazione di questi territori, nel rispetto dei diritti di tutti e dell’accoglienza.
Siamo disponibili, inoltre – ha aggiunto – a valutare progetti per la concessione di fondi e investimenti da parte dello Stato sulla sicurezza, volti a potenziare servizi di integrazione a favore dei cittadini e degli immigrati, per il recupero urbano e sociale». Il ministro ha poi annunciato un nuovo modello Caserta come risposta immediata dello Stato anche alle esigenze di integrazione sociale in queste aree. Inoltre nei prossimi giorni proprio a Caserta sarà convocato un apposito Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica per una risposta immediata ai problemi emersi. E in quella sede saranno prese delle decisioni, non temporanee, sull’uso delle forze dell’ordine.
«Altri militari – ha infatti spiegato il sindaco di Castel Volturno, Dimitri Russo – non ne arriveranno e abbiamo avuto rassicurazioni che il presidio delle forze dell’ordine allestito subito dopo la rivolta e i blocchi stradali resterà fin quando non verrà convocato a Caserta il Comitato, ma Alfano ci ha anche detto espressamente che i comandi dislocati nell’area non verranno rinforzati in modo definitivo, come noi chiedevamo, perché non ci sono le risorse». Giovanni Schiappa, sindaco di Mondragone, ha affermato di «aver trovato una positiva apertura nel ministro, ma è probabile che il presidio sia tolto tra 15 giorni, quando dovrebbe essere convocato il Comitato».
Poi ha «rivendicato che «noi sindaci ci stiamo assumendo le nostre responsabilità. Stiamo monitorando la situazione delle case affittate agli stranieri senza regolari contratti, ma i vigili urbani per effettuare i controlli hanno bisogno del supporto delle forze dell’ordine il cui numero è scarso». Russo ha poi aggiunto che non sarò dichiarato lo stato di emergenza per sbloccare alcuni fondi: «Il ministro ci ha solo esortato a presentare progetti per l’integrazione e il miglioramento dei servizi perché ci sono a disposizione fondi europei, e che avremo in tal senso un canale preferenziale con il supporto tecnico del ministero anche per scavalcare la burocrazia regionale».
 
 
 
Profughi, il prefetto dice no alle ronde in Porta Venezia 
"Devono iscriversi all`albo come previsto dalla legge" 
"L`associazione che organizza: "Avanti contro il degrado" 
"Ma il Consiglio di zona: "Non vogliamo giustizieri" 
La Repubblica, 17-07-14
ZITA DAZZI 
IL PREFETTO boccia le ronde che stasera partono a Porta Venezia nel quadrilatero dove bivaccano i profughi eritrei: «Le associazioni di 
volontari che vogliono collaborare con le forze dell`ordine devono essere iscritte all`Albo». Il sindaco Pisapia le bolla. «Sono illegittime e non sono mai servite ad altro che a intralciare le forze dell`ordine». 
Anche il quartiere si spacca in due sull`iniziativa diAsscomm: «Noi ci dissociamo, la sicurezza devono garantirla polizia e carabinieri», denuncia il Movimento Porta Venezia. Intanto, 400 profughi eritrei vengono accolti ogni notte alla scuola civica Manzoni di piazza XXV Aprile e in altri quattro dormitori del Comune. 
NEL giorno in cui il sottosegretario all`Interno Manzione riceve al Viminale l`assessore Piefrancesco Majorino per parlare dell`emergenza profughi, stasera a Porta Venezia cittadini e negozianti scendono in strada per «contrastare l`illegalità». Ma l`annuncio della costituzione di una ronda da parte dell`associazione commercianti Asscomm spacca in due il quartiere e riceve la bocciatura sia da parte del sindaco ( «E illegittimo»), sia dalla prefettura ( «Devono iscriversi all`albo» ). 
Il comitato che per primo aveva denunciato i bivacchi in piazza Oberdan, prende le distanze. «Ribadiamo la totale estraneità al progetto di alcune associazioni che rappresentano una sparuta minoranza e speculano a scopo pubblicitario - dice il portavoce del Movimento PortaVenezia, Alfredo Cignonani - . Condanniamo nella maniera più assoluta il ricorso a ogni ronda o giustizia privata. Il diritto alla sicurezza deve essere garantito esclusivamente dalle autorità competenti». 
Ma Luca Longo, presidente di Asscomme promotore della ronda, va avanti, ingaggiando squadre da 8 volontari che da oggi, ogni sera dalle 20 alle 6, gireranno con pettorine, fischietti e spray urticante, per «raccogliere prove da segnalare alla magistratura per testimoniare il fallimento delle politiche della giunta Pisapia su sicurezza e ordine pubblico». Fra i "volontari" anche Gimmy Toklu, eritreo, che candidamente confessa: «Non so che cosa sia questa ronda, ma mi pagano quindi partecipo». Il sindaco stigmatizza la protesta: «Le ronde non hanno mai sortito effetti positivi, rischiano di rendere più difficoltoso il lavoro delle forze dell`ordine. La legge non prevede ronde ma tutt`al più osservatori volontari che debbono seguire norme molto precise». Pisapia sottolinea che la prefettura ha programmato «mirati servizi a supporto» della Polizia locale con «un presidio fisso di forze dell`ordine dove bivaccano gli eritrei. Continueremo ad offrire l`assistenza necessaria ai profughi in difficoltà, ma chiediamo che vengano rispettate le regole di una società civile. Il Comune non è rimasto con le mani in mano né in termini di accoglienza, né in termini di contrasto all`illegalit à». In effetti, da diversi giorni la scuola civica Manzoni di piazza XXV Aprile viene usata come dormitorio per 150 eritrei, che vengono accompagnati lì la notte, sotto scorta dei vigili urbani. Altri 250 dormono nei centri di via Mambretti, via Isonzo, via Toscana e a Chiaravalle. 
Ieri pomeriggio, il Comitato provinciale per l`ordine e la sicurezza, presieduto dal prefetto Francesco Paolo Tronca, si è occupato di Porta Venezia, confermando i servizi di controllo del territorio. Il comunicato finale però ricorda alle «associazioni di volontari» che vogliono dare «collaborazione, con compiti di mera osservazione e segnalazione, alle forze di polizia dello Stato o locali, di eventi rilevanti ai fini della sicurezza urbana» che la normativa vigente lo «consente» purché ci sia «l`iscrizione di tali associazioni in un apposito elenco, previa verifica del possesso di determinati requisiti». 
In attesa di vedere che cosa succederà stasera, non si contano più le prese di posizione. La Camera del lavoro parla dei bivacchi di profughi definendo la «situazione esplosiva, indegna di una citt à civile e moderna, palcoscenico di Expo 2015» ma boccia le ronde «che non hanno mai costituito una possibile soluzione ai problemi di legalità». Il Presidente della zona 3 Renato Sacristani invita «i giustizieri della notte» a «restare nei film americani». Il vicepresidente del consiglio comunale Riccardo De Corato annuncia la partecipazione alla ronda, mentre Lia Quartapelle, parlamentare Pd, si chiede «se il governo stia facendo la sua parte, nell`identificare gli immigrati giunti in città» 
 
 
 
400 profughi eritrei prigionieri in Sudan
Avvenire, 17-07-14
Paolo Lambruschi
Uno strano caso investe il regime sudanese. Più di 400 eritrei, tra i quali donne incinte e bambini piccoli, sono stati arrestati tre mesi fa dalla polizia di Khartoum mentre tentavano di raggiungere uno dei campi profughi delle Nazioni Unite a Shegarab, vicino a Kassala, nella zona orientale, punto di riferimento per chi chiede asilo scappando all’estero dalla coscrizione militare a tempo indeterminato imposta agli eritrei dal regime fino al compimento dei 50 anni. Ai giovani non è stato invece consentito di presentare domanda di asilo né si è avuto particolare riguardo per donne e bambini.
Una grave violazione dei loro diritti; 374 maschi sono detenuti nel carcere di Huda, nel deserto del Sahara, mentre 34 donne con figli sono rinchiuse nel carcere di Arebi. Contattati da Avvenire, i detenuti hanno affermato che la loro meta era il campo profughi e non l’Europa, ma le autorità sudanesi li hanno arrestati senza contattare con l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati.
Nessuna organizzazione umanitaria ha potuto quindi visitarli finora. Al telefono hanno denunciato abusi, maltrattamenti e la scarsità di cibo e acqua mentre le donne sono state stuprate. Negli ultimi giorni i detenuti dicono di sentirsi in grave pericolo perché le autorità sono intenzionate a rimpatriarli forzatamente in Eritrea dove, in quanto disertori, una detenzione ancor più dura attende i soldati semplici, mentre i graduati rischiano la vita per alto tradimento. 
I motivi della carcerazione del gruppo non sono chiari. Il Sudan ospita infatti attualmente circa 120 mila profughi eritrei, tre quarti dei quali sono assistiti dall’Acnur. Davanti ai campi di Shegarab, come più volte denunciato dall’Onu stessa e in diversi report, avvengono rapimenti di profughi eritrei da parte di trafficanti che poi rivendono i sequestrati ai predoni beduini del Sinai che arrivano a uccidere e a rivendere gli organi di chi non può pagare i soldi del riscatto. Il timore è che anche questi giovani spariscano e finiscano nell’immondo commercio di esseri umani praticato in Sudan. Che, non va dimenticato, l’Italia ha candidato a ospitare a ottobre una conferenza internazionale proprio sul traffico di esseri umani con i Paesi Ue e gli Stati del Corno d’Africa.?
 
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