Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

26 aprile 2011

Quella strana crociera dell’Excelsior carica di immigrati indifesi
l'Unità, 26-04-2011
Cosa sta succedendo a Lampedusa, e nel resto d’Italia, a seguito degli sbarchi di migliaia di persone provenienti dal nord Africa? A dire la verità, non se ne sa molto ma la sensazione è che regni, più o meno ovunque, la confusione. Proviamo a raccontare una storia, che forse non è molto conosciuta. La grande nave “Excelsior”, dal 12 aprile scorso, sta facendo una singolare «crociera» nel Mediterraneo. È partita da Trapani con più di 900 profughi a bordo e ha fatto le seguenti tappe: Catania, dove in 335 sono stati fatti sbarcare e portati a al Cai (Centro di accoglienza e identificazione) di Mineo; Civitavecchia dove sono state fatte scendere 300 persone, poi tradotte nei Cie (Centro identificazione ed espulsione) di tutta Italia; Napoli, il 18 aprile, dove 250 persone sono state portate al Cai presso la ex caserma Gandolfato. All’appello mancano però 90 tunisini che, dopo la piacevole gita, sono stati riportati a Trapani e trasferiti al Cara (Centro di accoglienza rifugiati e richiedenti asilo) di Salina Grande, in attesa di essere rimpatriati. La domanda da porsi è: che garanzie esistono per questi uomini? Dopo la consegna dei primi permessi di soggiorno, l’unico supporto che viene loro fornito è un biglietto del treno e il caloroso invito ad allontanarsi e a rendersi il più invisibili possibile. Niente che neanche lontanamente assomigli ad assistenza e accoglienza. E non è tutto. In questo clima di costante emergenza, accadono anche cose come questa: a Lampedusa, alcuni attivisti sono stati, per l’ennesima volta, perquisiti, identificati e interrogati perché avevano osato interloquire con alcuni ragazzi tunisini, attività che, a quanto pare, è severamente proibita. Insomma, c’è da chiedersi, quali garanzie per tutti noi?



Immigrazione, oggi vertice Italia - Francia
Info Oggi, 26-04-2011
PARIGI, 26 aprile 2011 - Oggi si terrà il vertice italo-francese per discutere del problema dell'immigrazione. In un'intervista al quotidiano Le Monde Henri Guaino, consigliere speciale del Presidente francese Nicolas Sarkozy, aveva detto che l'Italia “pone un problema”. “Se lasci entrare senza consultarti – riferendosi ai migranti - senza associarti con i tuoi partner, dopo non puoi mandare dal tuo vicino tutti quelli che hai lasciato entrare”, dice Guaino, per poi auspicare ad una risoluzione comune.
Il fedelissimo di Sarkozy spiega la posizione francese sull'immigrazione, difendendola dalle accuse che la vogliono anti-europea. “No, la Francia non si chiude, ma la priorita' dev'essere aiutare i popoli del Sud a trovare la strada della democrazia, dello sviluppo economico, dell'occupazione, e non semplicemente di aprire le porte assorbendo tutta le loro risorse vive”. Inoltre, per Guaino, i migranti tunisini non possono pretendere lo status di rifugiati, in quanto in Tunisia “non c'è una guerra civile”.
“E' stato detto che la Francia vuole uscire da Schengen. Tutto questo è assurdo - aggiunge Guaino - Ciò che chiede la Francia è la revisione della clausole di salvaguardia in modo che in situazioni particolari si possano stabilire dei controlli alle frontiere nazionali a partire dal momento in cui ci sono delle situazioni eccezionali”.
Henri Guaino si dice certo che il dissidio con Roma si risolverà e che la Francia,”uno dei Paesi più accogliente del mondo”, aiuterà l'Italia a fronteggiare il problema dell'immigrazione perché “nessuno può sopportare da solo il peso dei flussi migratori”.



Parigi e Roma mai così lontane
La Stampa, 26-04-2011
CESARE MARTINETTI
Due leader in crisi di consensi e di identità si incontrano oggi a Roma per fingere di trovare un accordo che non ci può essere e battezzare insieme il capro espiatorio su cui dirottare il malessere di un’opinione pubblica percorsa da uguale disagio.
Quest’ultimo si chiama Europa e riceverà domani una lettera firmata da Silvio Berlusconi e Nicolas Sarkozy. I due sorrideranno per le telecamere, fingeranno di aver ritrovato un’amicizia che si dirà «antica», si daranno - forse - appuntamento a Tunisi per un vertice trilaterale con gli eredi di Ben Ali. Poi si lasceranno, tornando ognuno al suo rompicapo politico.
Il vertice Berlusconi-Sarkozy che si svolge stamane a Roma è forse il più difficile degli ultimi anni, Le Monde lo definisce un «summit sotto tensione». Le ragioni sono molteplici, la più evidente e mediatica l’immigrazione o meglio quei venticinquemila tunisini sbarcati a Lampedusa che vogliono raggiungere la Francia e che la Francia respinge. Parigi ha di fatto già sospeso Schengen ripristinando i controlli alla frontiera di Ventimiglia. L’Italia si appella proprio a quel trattato per legittimare i permessi provvisori assegnati ai clandestini dei barconi. La lettera che Berlusconi e Sarkozy invieranno a Bruxelles chiederà alla Commissione di trovare la mediazione che i due non sanno e non vogliono trovare. Un deficit di politica attraversa l’Europa. I leader d’oggi - ha detto il presidente Ciampi ad Arrigo Levi nel colloquio che abbiamo pubblicato venerdì - mancano di visione. Il soffio europeo è perduto non solo a Roma ma anche a Parigi e Berlino. E non si tratta di retorica.
Berlusconi ha i suoi guai. Sarkozy - già in piena campagna per le presidenziali 2012 - ha uno spettro in carne ed ossa che si chiama Marine Le Pen, che dal padre Jean-Marie ha ereditato la leadership dell’estrema destra e che tutti i sondaggi danno vincente nel confronto con l’attuale Presidente. È nella competizione con il Front National che Sarkò si è costruito come leader e ad essa non può rinunciare. E quindi i tunisini non saranno mai accettati dalla Francia. Come ha detto ieri a Parigi il ministro per gli Affari europei Laurent Wauquiez, «l’Europa non significa libera circolazione degli immigrati illegali».
L’Italia avrebbe un buon argomento da far valere ricordando che i tunisini non sono estranei alla storia di Francia, parlano francese, tutti quelli sbarcati a Lampedusa vogliono guadagnare il territorio francese dove hanno parenti, amici, la ragionevole speranza di trovare una sistemazione. Sarkozy che si è inventato «protettore» delle rivolte arabe, il primo a riconoscere i ribelli di Bengasi, il primo a lanciare i suoi Mirage contro il colonnello Gheddafi, dovrebbe avvertire una certa responsabilità nei confronti di quei tunisini che per primi si sono ribellati contro un governo fino a pochi mesi fa amicissimo della Francia (il ministro degli Esteri ha dovuto dimettersi per la sua troppa vicinanza con il dittatore deposto). Il governo italiano, invece di lamentarsi alla conclusione dei vertici europei nei quali risulta quasi sempre silenzioso, dovrebbe far valere anche questi argomenti. Ma è stato proprio Sarkò a escludere Berlusconi come interlocutore e come partner, politico e militare. La decisioni italiana di partecipare ai bombardamenti in Libia annunciata ieri sera arriva su pressione americana e dopo un mese di frizione italo-francese in sede Nato.
D’altra parte la destra francese ha sempre guardato con sospetto l’impresario di un tempo che fece la televisione dell’odiato socialista Mitterrand (La Cinq) con la raccomandazione di Bettino Craxi ora diventato capo di un governo con gli ex fascisti e gli xenofobi della Lega. La destra italiana, dopo aver letteralmente perso la testa per Sarkò in un evidente transfert che li portava a vedere in lui il leader che avrebbero voluto fosse Berlusconi, ora lo deride come un neo-colonialista che ha indossato il «képi blanc» per ridorare la grandeur perduta (Giuliano Ferrara dixit).
È per questo che il summit di oggi assomiglia più a una foto-opportunity che a un vero punto di incontro. Ognuno resterà della sua idea, il prefetto delle Alpi Marittime bloccherà i tunisini provenienti dall’Italia, l’Italia rilascerà inutili permessi, Bruxelles prometterà di rafforzare l’attività di Frontex nel Canale di Sicilia, Berlusconi e Sarkozy tenteranno di superare il momentaccio. Fino alla prossima crisi.



Le prime cinquemila firme
Migranti e Parmalat: delicato summit Italia-Francia
l'Unità, 26-04-2011
Parigi alza i toni della polemica con Roma alla vigilia del summit di oggi nella capitale. Il fatto che l'Italia abbia lasciato passare i migranti nordafricani «pone un problema». Infatti, «se lasci entrare (i migranti, ndr.) senza consultarti, senza associarti con i tuoi partner, dopo non puoi mandare dal tuo vicino tutti quelli che hai lasciato entrare»: lo dice in un'intervista al quotidiano Le Monde Henri Guaino, il consigliere speciale del presidente francese Nicolas Sarkozy, alla vigilia del summit franco-italiano di Roma.
Oggi, aggiunge Guaino, «discuteremo tranquillamente e serenamente di questo». Al summit «tenteremo di trovare una soluzione comune. Per Parigi nessuno può sopportare da solo il peso dei flussi migratori. «Le relazioni franco-italiane sono antiche, durature, profonde e amichevoli. Tutto finirà per mettersi a posto».
Tra i due Paesi, resta la tensione dopo le fibrillazioni innestate dal flusso di immigrati tunisini e dall'idea - parzialmente rientrata - di Nicolas Sarkozy di rivedere il Trattato di Schengen proprio in un ottica di «emergenza-immigrazione». «È stato detto che la Francia vuole uscire da Schengen. Tutto questo è assurdo - ha detto il consigliere del capo dell’Eliseo -. Ciò che chiede la Francia è la revisione della clausole di salvaguardia in modo che in situazioni particolari si possano stabilire dei controlli alle frontiere nazionali a partire dal momento in cui ci sono delle situazioni eccezionali». Per il fedelissimo di Sarkozy, «l'esistenza di queste clausole permetterà di fare in modo che tutti agiscano nello stesso senso per evitare di doverle applicare». «Mi sembra una posizione del tutto ragionevole e che non ha nulla di anti-europeo», conclude Guaino.
L'Italia arriva all’appuntamento convinta che al Trattato di Schengen serva «un tagliando», come ha affermato il ministro degli Esteri, Franco Frattini. Sul tavolo delle conversazioni di Roma non c'è solo Schengen, ma anche temi economicamente pesanti come il futuro del nucleare o l'inarrestabile shopping francese di aziende italiane, buon ultima la Parmalat. Non a caso domani il premier Silvio Berlusconi sarà accompagnato da soli tre ministri ma di peso: quello dell'Economia Giulio Tremonti, degli Interni Roberto Maroni e degli Esteri Franco Frattini. Al di là dei temi economici, l'obiettivo politico del vertice italo-francese è quello di sintetizzare in una lettera all'Unione europea, siglata da Berlusconi e Sarkozy, una serie di proposte per affrontare la crisi dei flussi.
Parigi sta cercando di ottenere la sponda di Roma alla sua idea di modificare le regole di Schengen, sostenendo la richiesta italiana di un rafforzamento di Frontex, l'Agenzia della Ue che ha il compito di controllare le frontiere esterne. In questo pacchetto non possono mancare ulteriori robusti aiuti economici per i Paesi di origine dei flussi e quelli della sponda sud del Mediterraneo che subiscono la pressione maggiore.
Le Monde dedica un’approfondita analisi al summit di domani. «Raramente i due Paesi sono apparsi così distanti», scrive il quotidiano francese. «Tunisia, Libia, economia, i motivi della discordia tra Berlusconi e Sarkozy», titola Le Monde, sottolineando come la riunione di domani si svolge in un contesto di «tensione». E ancora: «Francia e Italia si amano ancora? La frattura rischia di essere duratura?», si chiede ancora il quotidiano, sottolineando come il tradizionale summit previsto dopo l'estate, è stato anticipato al 26 aprile (...) per far fronte alle tensioni crescenti tra i due Paesi. In queste ultime settimane - prosegue Le Monde - Berlusconi e Sarkozy si sono duramente affrontati, in merito alle strategia da adottare di fronte ai 20.000-25.000 rifugiati tunisini sbarcati sull'isola italiana di Lampedusa dopo la caduta del regime di Ben Ali.
Il giornale sottolinea quindi che ai «dossier diplomatici si aggiungono le tensioni sulle questioni economiche: l'Italia è in allerta per le velleità degli industriali francesi, in particolare, l'acquisto da parte di Lactalis del 29% del capitale del gigante agroalimentare Parmalat. Questo episodio, intervenuto dopo l'acquisizione di Bulgari da parte del francese LVMH, ha suscitato una reazione di protezionismo in Italia».



Maroni avverte: non potremo mai ospitare più di 50 mila immigrati
La confidenza del ministro dell'Interno leghista al collega di Parigi
La Stampa,26-04-2011
FABIO MARTINI
Tra politici consumati, certe cose si confidano soltanto per capirsi, certo non per ripeterle davanti alle telecamere. Qualche giorno fa Roberto Maroni, parlando a tu per tu con il ministro dell’Interno francese Claude Gueant, ad un certo punto gli ha detto: «Sia chiaro che noi non saremo mai e poi mai in grado di sopportare più di cinquantamila arrivi». Naturalmente, per il Viminale, quella è una quota puramente teorica, da tenere a debita distanza. Una cifra in ogni caso incoffessabile e infatti, proprio per esorcizzare un ulteriore sforamento rispetto agli attuali ventimila, il presidente del Consiglio e i suoi ministri si batteranno “contro” i francesi nel corso del vertice Berlusconi-Sarkozy che si svolgerà oggi a Roma.
Per consentire ai due leader di cantare entrambi vittoria, nei giorni scorsi gli sherpa hanno lavorato a tempo pieno, si sono scambiati appunti, opinioni. Ma anche bozze. Perché sino a ieri sera l’obiettivo di entrambe le diplomazie era quello di concludere il vertice con un documento bilaterale. Un comunicato “pesante”, capace di moltiplicare il minimo comun denominatore maturato nei contatti informali di questi giorni E sul fronte dei temi condivisi potrebbe spuntare una novità inattesa. Italia e Francia potrebbero annunciare l’avvio di un contestuale ritiro di truppe dal fronte libanese, nel quale i due Paesi sono entrambi impegnati in modo rilevante. Truppe da spostare su altri fronti. Molto più complesso, anche nella giornata di ieri, trovare una “quadra” sugli altri dossier, l’ immigrazione, l’economia e la Libia, sulla quale Francia ed Italia coltivano interessi e strategie divergenti, solo in superfice riavvicinate dalla decisione di Silvio Berlusconi di rispondere positivamente alla richiesta di Obama di contribuire ai bombardamenti sulle forze di Gheddafi.
Sugli immigrati, fino a ieri, non era stato trovato un compromesso lessicale capace di conciliare posizioni che restano lontane, quella italiana che invoca la libera circolazione degli immigrati temporaneamente sopraggiunti in Europa e quella francese che punta ad aumentare i requisiti sufficienti per riattivare le frontiere interne all’Unione. Due visuali molto diverse che paradossalmente faranno convergere i due Paesi nella comune richiesta di un «tagliando» per il trattato di Schengen. In compenso è stata raggiunta un’intesa sulla richiesta congiunta di potenziare l’Agenzia Frontex, la polizia di frontiera, sostanzialmente assente nelle recenti vicende. Difficile compromesso anche sul fronte del “libero shopping”, le possibili acquisizioni di grandi aziende dei due Paesi.
In questo campo la parola chiave è «reciprocità», ma quasi certamente resterà tabù, perché non sembra si siano accorciate le distanze tra la posizione francese (le nostre aziende agro-alimentari non sono protette e la Lactalis, interessata a Parmalat, non è pubblica) e quella italiana (deve finire il protezionismo francese su gas ed elettricità). Dossier diversi che renderanno difficile misurare il successo del bilaterale con i francesi? «Alla fine del vertice - sostiene Sandro Gozi, già presidente del Comitato Schengen e ora uomo di punta del Pd sulla vicenda immigrazione - canteranno tutti vittoria, ma i due governi sono destinati a restare vittima delle rispettive propagande: se non ci sarà un compromesso virtuoso, la Francia avrà tutto l’interesse a valorizzare i risultati che sarà riuscita a strappare, oscurando la contrapposta propaganda italiana. E viceversa».



Parigi: "Non puoi far passare i migranti e poi mandarli tutti dai tuoi vicini"
Henri Guaino, consigliere speciale di Sarkozy, alla vigilia del vertice italo-francese di Roma: la linea seguita dall'Italia "pone un problema". Poi toni più concilianti: "Tutto finirà per mettersi a posto"
la Repubblica, 25-04-2011
PARIGI - Alla vigilia del vertice italo-francese, da Parigi arriva una nuova bordata contro la linea seguita dal governo Berlusconi in materia di immigrazione. In un'intervista al quotidiano Le Monde, Henri Guaino, consigliere speciale del presidente Nicolas Sarkozy, afferma senza mezzi termini che il fatto che l'Italia abbia lasciato passare i migranti nordafricani "pone un problema". Infatti, "se lasci entrare senza consultarti, senza associarti con i tuoi partner, dopo non puoi mandare dal tuo vicino tutti quelli che hai lasciato entrare".
Poi Guaino passa a toni più concilianti: domani a Roma "discuteremo tranquillamente e serenamente di questo. Tenteremo di trovare una soluzione comune. Nessuno può sopportare da solo il peso dei flussi migratori". Dopo aver sottolineato che la Francia è "uno dei Paesi più accoglienti del mondo", il consigliere di Sarkozy definisce "antiche, durature, profonde e amichevoli le relazioni franco-italiane" e si dice certo che "tutto finirà per mettersi a posto". Quando gli viene chiesto un commento sulle accuse mosse dall'Italia, secondo cui la Francia non è solidale, sulla vicenda degli immigrati, Guaino risponde: "Fa parte delle piccole frecciatine. E' un gioco diplomatico e politico...".
Alla domanda se la Francia non si stia ripiegando su se stessa, Guaino replica: "No, la Francia non si chiude, ma la priorità dev'essere aiutare i popoli del Sud a trovare la strada della
democrazia, dello sviluppo economico, dell'occupazione, e non semplicemente di aprire le porte assorbendo tutta le loro risorse vive". Inoltre, per Guaino, i migranti tunisini non possono pretendere lo status di rifugiati, in quanto in Tunisia "non c'è una guerra civile".
Quanto alla richiesta di Parigi di rivedere gli accordi Schengen, il consigliere di Sarkozy spiega che "forse c'è stata un'espressione un po' rapida sull'argomento che è stata male interpretata". "E' stato detto che la Francia vuole uscire da Schengen. Tutto questo è assurdo - prosegue Guaino - Ciò che chiede la Francia è la revisione della clausole di salvaguardia in modo che in situazioni particolari si possano stabilire dei controlli alle frontiere nazionali a partire dal momento in cui ci sono delle situazioni eccezionali". Per il fedelissimo di Sarkozy, "l'esistenza di queste clausole permetterà di fare in modo che tutti agiscano nello stesso senso per evitare di doverle applicare". "Mi sembra una posizione del tutto ragionevole e che non ha nulla di anti-europeo", conclude.
Al centro del vertice di Roma, oltre al tema dell'immigrazione, la crisi libica, il nucleare e le scalate francesi ad aziende italiane. Il formato del tradizionale summit intergovernativo italo-francese di primavera è stato ridotto quest'anno a tre ministri (Esteri, Interni ed Economia), oltre ai capi di stato e di governo. Eliminati i 'fronzoli' di memorandum d'intesa o accordi su questioni minori, si tratterà di un confronto più snello e diretto sui temi prioritari per entrambe le capitali. Prima i faccia a faccia fra omologhi, e poi una sessione plenaria. Obiettivo: una lettera congiunta firmata da Sarkozy e Berlusconi alle istituzioni europee sul tema dell'immigrazione, in vista dell'importante Consiglio europeo del 24 giugno, e una dichiarazione congiunta dei due governi sui principi comuni che ispirano la politica estera in Libia e verso il Mediterraneo.
Punto centrale del vertice è comunque l'immigrazione: sul flusso di migranti dal Nord Africa andrà trovato un accordo definitivo sugli attraversamenti del confine italo-francese degli immigrati tunisini con i permessi temporanei, tenendo conto che dopo la 'crisi di Ventimiglia' le tensioni tra i due Paesi si sono "molto stemperate", fanno notare dal Viminale. Oltre a ciò, andranno definiti i particolari del pattugliamento congiunto aereo-navale davanti le coste della Tunisia, previsto dall'intesa fra i ministri degli Interni Roberto Maroni e Claude Gueant lo scorso 8 aprile a Milano ma ancora non operativo. Infine bisognerà stabilire il ruolo dell'Italia nel programma di rimpatrio dei tunisini, cui scadrà il permesso mentre si trovano in territorio francese: la competenza è naturalmente di Parigi, ma Maroni si è impegnato a fornire in ambito Ue il sostegno di
Roma.
L'intenzione del titolare del Viminale, riferiscono dal ministero, è quella di trovare con i colleghi francesi "una strada comune" per affrontare l'emergenza migratoria, utilizzando "il buon senso" e non "azioni di forza", come invece era sembrato dall'iniziale posizione di chiusura di Parigi rispetto all'accoglienza di immigrati provenienti dall'Italia con il permesso di soggiorno temporaneo.



Trasferiti in centro Caritas i rom accampati alla basilica S. Paolo
Avvenire, 25-04-2011
Da ieri sera sono stati trasferiti in una struttura di accoglienza individuata dalla Caritas e gestita dalla cooperativa sociale Domus, i rom che nei giorni scorsi hanno trovato riparo nel chiostro della Basilica di San Paolo, assistiti dalla Caritas diocesana di Roma.
Il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha ringraziato la Caritas per il suo intervento "decisivo per risolvere l'emergenza dell'occupazione della Basilica di San Paolo. Si tratta di un intervento di carattere umanitario che non modifica in nulla l'atteggiamento dell'amministrazione capitolina rispetto all'emergenza nomadi - ha aggiunto il sindaco - Pur con la massima disponibilità al dialogo e all'individuazione delle migliori soluzioni per affrontare ogni forma di disagio sociale, la nostra amministrazione andrà avanti nel programma di sgombero dei campi nomadi abusivi presenti sul territorio cittadino".
"Evitiamo altri errori, altre sofferenze, altre situazioni di tensione non necessarie per la città. Invitiamo a sospendere definitivamente gli sgomberi dei campi rom senza alternative, che dividono i nuclei familiari e interrompono la frequenza scolastica". È il messaggio lanciato oggi dalla Comunità di Sant'Egidio in merito alla presenza di rom e nomadi in generale a Roma. La Comunità ha invitato le autorità ad accogliere questo appello ed a cominciare da subito, "annullando lo sgombero previsto per domani mattina a via di Cave, a Pietralata".
UOVO DI PASQUA DONATO DAL PAPA
Una grande uovo di Pasqua donato dal Papa è stato portato stamani ai rom che fino a ieri sera occupavano la Basilica di San Paolo e che da allora si trovano nella casa accoglienza Domus nella zona Appia. Il dono del Papa è stato portato dal direttore della Caritas di Roma, don Enrico Feroci, che poi si è fermato a pranzo con i nomadi.



Rom, marcia indietro di Alemanno "Nessuno sgombero a Pietralata"
Nuove polemiche tra il sindaco e S.Egidio: "Possono stare sereni. Non c'è nulla in programma. Ma non accettiamo ultimatum". Un grande uovo di cioccolato dono del Papa è stato consegnato dal direttore della Caritas ai nomadi ospitati in una struttura dell'ente assitenziale
la Repubblica, 26-04-2011
"Gli esponenti di S. Egidio possono stare sereni cercando, magari, di moderare i termini delle loro invettive. Non solo nella giornata di domani non era mai stato previsto uno sgombero al campo di via Cave di Pietralata ma in tutta la settimana prossima era già stato preventivato, da tempo, di non procedere a sgomberi di campi nomadi abusivi", lo afferma il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, dopo un nuovo botta e risposta con la Comunità sugli sgomberi dei campi rom. E la replica della Comunità non si è fatta attendere: "Lo sgombero era stato confermato dai vigili urbani che ne avevano dato avviso direttamente agli interessati, e conferme erano arrivate, dopo richieste di informazioni, anche agli abitanti del quartiere e alla parrocchia, come pure al municipio". E il delegato del sindaco Alemanno per le Politiche della Sicurezza, Giorgio Ciardi chiarisce: "Ci saranno altri sgomberi"
L'intervista a Ciardi
"Con l'occasione - ha ribadito ancora S.Egidio - va precisato che la Comunità non ha mai lanciato "invettive" (non capiamo a cosa il sindaco possa riferirsi), ma solo proposte, come è nel suo stile, invitando l'Amministrazione a non creare situazioni incresciose e sofferenze inutili, e a non disperdere i nuclei familiari: un grave errore a cui è stato posto rimedio tardivamente, grazie all'impegno della chiesa locale di Roma. Non è nello stile della Comunità di Sant'Egidio lanciare invettive. La Comunità di Sant'Egidio, accusata di essere "fuori dalla realtà" - mentre la sospensione degli sgomberi e la conclusione della vicenda della Basilica di San Paolo mostrano solo come le proposte avanzate fin dall'inizio dalla Comunità fossero le uniche praticabili - ha anzi invitato ad abbassare i toni, anche nelle parole e nei messaggi lanciati alla popolazione. Se per "invettive" si intendesse il responsabile esercizio del proprio dovere morale di critica di fronte a provvedimenti non in linea con una minimale linea di accoglienza e umanità, come pure di rispetto delle famiglie e della loro integrità, sarebbe preoccupante. Da parte della Comunità di sant'Egidio i toni sono sempre stati rispettosi e mai hanno avuto al centro le persone, ma solo le condizioni di vita dei Rom e il rispetto dei più elementari diritti umani. Anche a fronte di reazioni un po' scomposte".
Da ieri sera, intanto, sono stati trasferiti in una struttura di accoglienza nella zona Appia individuata dalla Caritas e gestita dalla cooperativa sociale Domus, i rom che nei giorni scorsi hanno trovato riparo nel chiostro della Basilica di San Paolo, assistiti dalla Caritas diocesana di Roma. Stamane un grande uovo di Pasqua donato dal Papa è stato portato ai rom. Il dono del Papa è stato consegnato dal direttore della Caritas di Roma, don Enrico Feroci, che poi si è fermato a pranzo con i nomadi.
L'uovo del Papa
E' stata la prima notte trascorsa insieme per i nuclei familiari che erano stati separati nel corso della pacifica occupazione della basilica. E' stata una "notte tranquilla" per i circa cento rom. Stamani, assistiti dal personale della cooperativa hanno organizzato la permanenza nella struttura. In tarda mattinata c'è stato poi l'incontro con monsignor Feroci.
Il sindaco ha ringraziato la Caritas per il suo intervento "decisivo per risolvere l'emergenza dell'occupazione della Basilica di San Paolo. Si tratta di un intervento di carattere umanitario che non modifica in nulla l'atteggiamento dell'amministrazione capitolina rispetto all'emergenza nomadi - ha aggiunto il sindaco - Pur con la massima disponibilità al dialogo e all'individuazione delle migliori soluzioni per affrontare ogni forma di disagio sociale, la nostra amministrazione andrà avanti nel programma di sgombero dei campi nomadi abusivi presenti sul territorio cittadino".
E la polemica non si placa. "Evitiamo altri errori, altre sofferenze, altre situazioni di tensione non necessarie per la città. Invitiamo a sospendere definitivamente gli sgomberi dei campi rom senza alternative, che dividono i nuclei familiari e interrompono la frequenza scolastica", era stata la nuova presa di posizione della Comunità di Sant'Egidio, che aveva invitato le autorità ad accogliere questo appello e a cominciare da subito, "annullando lo sgombero previsto per domani mattina a via di Cave, a Pietralata".
La preghiera composta da un bambino rom letta durante la Via Crucis di venerdì scorso
E Alemanno, che in un primo momento ha ribadito le sue posizioni, confermando che "gli sgomberi" nella Capitale "vanno avanti sulla via della sicurezza", poi ha corretto il tiro: "In vista della beatificazione di Giovanni Paolo II, tutte le forze dell'ordine e tutti i servizi di Roma Capitale sono concentrati sulla buona riuscita di questo evento straordinario - ha detto il sindaco - e, quindi, è impensabile qualsiasi altro intervento se non di pura emergenza. Detto questo, sottolineo ancora una volta che non possiamo accettare ultimatum da parte di nessuno. Siamo disponibili a confrontarci su proposte concrete e realistiche ma dobbiamo continuare con il programma degli sgomberi dei campi abusivi, concordato con la prefettura e la questura, cercando di mettere in campo ogni sforzo per garantire solidarietà umana e sicurezza e per evitare il ripetersi di tragedie che la città di Roma non merita".
"Per quanto riguarda il campo di via Cave di Pietralata - ha sottolineato - il problema dello sgombero si porrà in futuro per consentire l'avvio del programma di costruzione della nuova Città della Scienza dell'Università La Sapienza e mi auguro che nessuno voglia impedire la crescita della nostra Università solo per garantire l'inamovibilità di 80 persone accampate abusivamente".



Ecco come fare mille euro facili
Comune e Viariato danno 500 euro ciascuno a chi sgombererà la Basilica occupata
la Padania, 26-04-2011  
ALESSANDRO MONTANARI
MILÀN - Vi farebbero comodo mille euro facili-facili? Si? Allora potreste provare occupando la prima chiesetta che vi capita di incontrare per Strada, per poi aspettare, pazienti e fiduciosi, che qualcuno venga a sloggiarvi a suon di ...banconote.
Per quanto singolare possa apparire, infatti, questo è esattamente quello che sta accadendo a Roma, dove il Comune e il Vicariato si sono entrambi impegnati ad ofirire una somma di 500 euro per nucleo familiare a chi, tra i circa 150 rom accampati da venerdi nella Basílica di San Paolo, accetterà il rimpatrio assistito in Romania, naturalmente dopo aver sgomberato il luogo di culto indebitamente occupato. Ma non è finita qui. Ai rom che invece preferiranno rimanere sul territorio italiano, infatti, il Comune di Roma ha anche promesso di garantire assistenza e ricovero: per donne e bambini nel centro Cara di Castelnuovo di Porto e per gli uomini nei centri sociali dell'amministrazione capitolina.
II trattamento economico, già accettato da buona parte degli occupanti mentre con altri la trattaüva continua, fa ovviamente discutere. «1500 euro dati dal Comune - si difende il sindaco Gianni Alemanno - sono un contributo per il rimpatrio assistito, la nostra è un'offerta umanitaria e l'accoglienza nel centro dei Cara vale solo per donne, bambini e anziani: non possiamo dare assistenza ad interi nuclei familiari perché sennò chiunque viene a Roma pensa di avéré diritto ad un alloggio indiscriminatamente e Roma questo non se lo può permettere». II buco di bilancio dell'Urbe - che proprio in virtù di questo ammanco peraltro ha ottenuto dal Governo condizioni di vantaggio (Roma Capitale, bonus finanziari, esenzione dai vincoli dei patto di stabilità...) che hanno fatto storcere il naso a molti primi Cittadini dei Nord - non può in effetti essere trascurato e certo non consente elargizioni a pioggia. Alemanno lo sa bene e infatti teme la creazione del precedente. «Non possiamo cedere ad una logica ricattatoria - chiarisce 1'ex colonnello di An -, non è possibile dare una casa a tutti quelli che arrivano nella Capitale: la situazione diventerebbe insostenibile».
Nessun pentimento dunque, almeno per ora, sulla politica degli sgomberi che da inizio mese ha già consentito di evacuare una settantina di accampamenti abusivi. «Baracche» e «campi improvvvisati e pericolosi» li chiama Alemanno, buttati giù perché «Roma non si può trasformare in una gigantesca baraccopoli».
E allora le soluzioni che restano sono due: o i rom accettano di restare in una situazione abitativa normale e trovandosi un lavoro oppure tornano da dove sono venuti, dove peraltro un tetto non gli mancherebbe. «Nel loro Paese - conferma infatti Alemanno - molte di queste famiglie una casa ce l'hanno. La lasciano per venire qui e mettere da parte qualche soldo». Cominciando, magari, proprio dai mille euro oiferti per liberare la Chiesa occupata e che agli occhi di una parte non trascurabile dell'elettorato di centrodestra appaiono una concessione eccessiva.
Per la sinistra, invece, non è proprio il caso di parlare di gentilezza. Al contrario, il Senatore dei Pd Roberto Di Giovan Paolo annuncia che sulla situazione dei rom a Roma chiederà la convocazione straordinaria delia Commissione Diritti umani dei Senato. Attacca a testa bassa anche Angelo Bonelli, che ritiene di aver capito tutto: «Come sta fa- cendo Sarkozy in Francia e come fanno i leghisti - dice il presidente dei Verdi - Alemanno usa la carta delia tolleranza zero contro gli immigrati e i rom per coprire il proprio fallimento politico».



"Lampedusa come Ellis Island non abbiamo imparato niente"
Parla Mimmo Gangemi, che nel suo ultimo romanzo ha ricostruito l'odissea degli italiani partiti per la "Merica" all'inizio del Novecento. "La storia si ripete", unica differenza è nel livello culturale dei migranti
la Repubblica, 26-04-2011
GIUSEPPE BALDESSARRO
"Lampedusa come Ellis Island non abbiamo imparato niente" Migranti appena sbarcati a Lampedusa
"Molti italiani hanno dimenticato in fretta, troppo in fretta. Così la storia si ripete uguale a se stessa. E ora anche noi abbiamo la nostra Ellis Island, tale e quale a quella da cui passavano gli emigranti italiani per entrare in America all'inizio del '900. La nostra "isola delle lacrime" si chiama Lampedusa". Mimmo Gangemi conosce bene le odissee attraverso il mare, le ha raccontate in La signora di Ellis Island, il romanzo scritto di recente per Einaudi. Le conosce per essere nipote e figlio di viaggiatori con in tasca soltanto un sogno: "Mutare l'immutabile". Sono tante le analogie, nonostante in mezzo ci sia un secolo. La "Merica" del 1902, è di fatto l'Europa del 2010. "Abbiamo esportato il meglio del nostro Paese - spiega Gangemi - Gente determinata, coraggiosa pronta a rischiare tutto pur di cambiare quello che si pensava fosse un'esistenza immutabile. Fatta di braccia, fame, fatica e niente altro".
Un posto in terza classe sulle navi che attraversavano l'oceano costava 120 lire, due anni di "zappa sotto padrone, a spezzarsi la schiena nei campi, o nei boschi a tagliare legna". Oggi un viaggio costa alcune migliaia di euro "ed in Africa per metterli assieme ci vuole lo stesso tempo". Partivano in tanti dalla Calabria, dal Veneto, dal Trentino, dal Friuli, dalla Sicilia. Si calcola che tra la fine dell'800 e il 1924 da Ellis Island siano passati dai cinque ai sei milioni di italiani. Tra questi, Giuseppe, il protagonista del libro di Gangemi, in fuga dalla miseria
di un paesino dell'Aspromonte, con in testa l'imperativo di tornare "per costruire a casa propria un futuro per i figli".
Il passato e il presente, identici nelle storie come nei toni. Storie tristi e toni violenti. Ricorda Gamgemi: "Gli italiani, in gergo erano chiamati "Dago", che tradotto significa qualcosa come "Loro se ne devono andare", oggi qualcuno di pari sensibilità si riferisce agli immigrati con il "fora di ball", praticamente un sinonimo". Senza dimenticare che "anche i nostri furono accusati di ogni tipo di reato, a decine vennero linciati dagli americani che in quella terra avevano solo qualche secolo in più di permanenza".
Se differenza si può trovare "è quella del livello culturale dei migranti". Gli italiani che andavano in America erano "gente umile, ignorante, molti erano analfabeti". Il nuovo esodo riguarda invece "diplomati soprattutto, persone che hanno competenze e istruzione, che usano internet". Un lungo viaggio sia ieri che oggi. Ieri in terza classe in condizioni disumane, oggi sui barconi a rischio della stessa vita. A Ellis Island venivano identificati e controllati dal punto di vista sanitario, e quando si scopriva che erano malati venivano rimessi sulla stessa nave e rimandati a casa: "Un dramma nel dramma, toccato al 2% degli italiani, costretti a fare i conti con il proprio fallimento". A Lampedusa "i rimpatri hanno ragioni diverse e numeri maggiori, ma la frustrazione è la stessa". Anche per questo oggi "la storia si ripete". Lampedusa è come Ellis Island: "la nostra "isola del pianto", cento anni dopo, non abbiamo imparato niente".



A Roma compare l'insegna di Auschwitz Alemanno: gesto infame, pazzi scellerati
La scritta in metallo, in inglese, su un ponticello al Pigneto. Commenti favorevoli tra la gente: una geniale provocazione
Il Messaggero, 26-04-2011
ROMA - Questa mattina a Roma è comparsa nel quartiere del Pigneto una scritta uguale a quella situata all’ingresso del lager di Auschwitz, “Arbeit macht frei”, ma in inglese. La raccapricciante insegna è stata realizzata nella stessa grafica e con lo stesso materiale di quella del campo di concentramento e recita “Work will make you free”. Due giorni fa era stata divelta a Poggio Bustone, in provincia di Rieti, la lapide del monumento intitolato al tenente dei partigiani Emo Battisti.
L'insegna è comparsa questa mattina sul ponticello pedonale che collega Circonvallazione Casilino al quartiere Pigneto. Rivolta verso l'interno della carreggiata, è lunga quattro metri con ciascuna lettera alta 30 centimetri. È frutto di un lavoro abile e lungo perchè è stata saldata sul ponticello. Indagano la polizia e la Digos.
La scritta è stata rimossa. Dopo l'intervento della polizia, la scritta è stata dissaldata. Sul ponticello è invece affisso uno striscione con la scritta «Basta morire uccisi dal lavoro e dall'indifferenza - Comitato no morti lavoro» con quattro stelle a cinque punte.
Folla sul ponticello pedonale, la scritta è stata rimossa ma molti hanno commentato l'iniziativa con favore. Una «geniale provocazione» viene definita da più parti. Meno numerosi quanti non hanno apprezzato, come una attivista di Sel, che la ritiene una scritta di cattivo gusto:. «Rievoca i campi di sterminio per i quali non si può andare fieri». Un artista del Pigneto le dice che «sicuramente voleva essere uno scherzo. Hanno voluto paragonare le morti nei lager con quelle nei luoghi di lavoro». Il ponticello è stato anche meta di un transito di tante persone che, con bandiere della pace, erano dirette al centro del Pigneto per celebrare la festa del 25 aprile.
«È molto impressionante quello che è avvenuto stamani al quartiere Pigneto. Che ci siano dei pazzi scellerati che mettono in atto questa provocazione così grave saldando una scritta che richiama quella del campo di Auschwitz, è una cosa infame», ha commentato il sindaco di Roma al termine della sua visita al Museo storico della Liberazione a via Tasso. «Esprimo tutta la mia solidarietà alla comunità ebraica - ha aggiunto Alemanno - per questo gesto vergognoso. Abbiamo immediatamente rimosso tutto e ci auguriamo che siano individuati subito i responsabili, che meritano tutto il nostro disprezzo». Il sindaco, a caldo, aveva parlato di «Un'infamia» e una «vergogna» che sarà «subito rimossa. È gravissimo che ci siano persone che si sono messe a fare una scritta antisemita in ferro battuto e ad inchiodarla contro un muro - afferma Alemanno - è un fatto estremamente grave e mi auguro che gli inquirenti trovino subito i responsabili».
«Un gesto odioso e gravissimo; mi auguro che i responsabili siano quanto prima individuati - dice il presidente della Regione Lazio Renata Polverini - Quell'insegna è un'offesa a quanti hanno vissuto l'orrore di Auschwitz, a chi in quel campo di sterminio ha perso la vita, a coloro i quali sono sopravvissuti portando con sè il ricordo doloroso di quella barbarie. Siamo solidali con la comunità ebraica e condanniamo con fermezza un gesto vergognoso, sintomo di una intolleranza contro la quale continueremo a batterci promuovendo la cultura del rispetto e la Memoria dell'Olocausto perchè simili tragedie non si ripetano mai più».
Fanno ancora discutere i manifesti affissi a Roma nei giorni scorsi con l’immagine di un camion con sopra una squadraccia fascista è sormontata dalla scritta «25 aprile. Buona pasquetta». Il manifesto è firmato con tre fasci littori. «Il 25 Aprile è la giornata della Liberazione del nostro paese dalla tirannide nazifascita È una data fondante della nostra democrazia che deve essere difesa da tutte le Istituzioni - continua la nota dell’Anpi - Vogliamo sollecitare tutti i cittadini ad essere presenti all’appuntamento di Porta San Paolo per commemorare tutti insieme la giornata della Liberazione».
Zingaretti: manifesti segno di codardi frustati. «Giudico quei manifesti come segni di impotenza e di frustrazione». Lo ha detto il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, che stamane ha deposto una corona a Porta San Paolo in occasione delle celebrazioni per il 25 aprile. «Sono dispetti di quattro deficienti e codardi - ha aggiunto - che non avendo la forza e l’onesta di esprimere le proprie idee lo fanno nel silenzio della notte e non firmandosi. Il che - ha concluso Zingaretti - conferma di che pochezza di persone stiamo parlando».

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