Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

15 novembre 2012

Le mamme tunisine e il diritto alla verità
l'Unità, 15-11-2012
Italia-razzismo
Continua a crescere in maniera inarrestabile il numero delle persone morte in mare nel tentativo di raggiungere le coste dell’Europa. Il dato che accompagna questo aumento è quello che riguarda il numero di interventi politici, di articoli di giornale o di servizi televisivi che ne danno notizia e ne tracciano i contorni. Si tratta, ahinoi, di una cifra molto vicino allo zero. È  questo il motivo che ha spinto, nei giorni scorsi, il sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini,  a lanciare, attraverso i microfoni della rubrica di Radio Tre, Fahrenheit, un appello rivolto all’Unione Europea. Un discorso in cui si mette in risalto la solitudine provata dagli abitanti dell’isola di fronte ai numerosi cadaveri a cui dare una dignitosa sepoltura. Nonostante si tratti di cifre irrisorie rispetto alle persone considerate disperse, i loculi messi a disposizione dal Comune nel cimitero dell’isola sono terminati. E così - si legge nell’appello - dopo l’ennesimo ritrovamento di salme avvenuto il 3 novembre, il sindaco è stato costretto a chiedere aiuto attraverso la Prefettura ai Sindaci della provincia per poterli seppellire. Ma la sua critica non si limita a questo: il sindaco scrive  di essere “indignata dall’assuefazione che sembra avere contagiato tutti” e di essere “scandalizzata dal silenzio di un Europa che ha appena ricevuto il Nobel della Pace e che tace di fronte ad una strage che ha i numeri di una vera e propria guerra”. Parole difficili da smentire. Il numero delle persone che perdono la vita in quella traversata è impressionante, oltre che crudele. Basta pensare che solo nel 2011 i morti sono stati 2160. Occorre inoltre considerare che non si tratta di un  dato reale e definitivo, difficile da ottenere a causa delle condizioni di totale precarietà e insicurezza in cui si svolgono quei viaggi. A provocare la tragedia è la coincidenza di più irregolarità: irregolarità delle imbarcazioni, del numero dei passeggeri, di chi li trasporta in Italia e delle condizioni di navigazione. Ecco perché i dispersi - quelli che al momento dell’approdo mancano all’appello -sono 6-7 ogni giorno. E spetta ai superstiti il compito di raccontare la tragedia dei compagni di viaggio che non ce l’hanno fatta. Tocca a loro dare un volto, associare una biografia e a volte offrire un fiore, a chi a quella fuga non è sopravvissuto. Un compito ingrato, ma dovuto, dal momento che se non fosse per loro, di quei dispersi forse non ci sarebbe quasi traccia. Quasi, appunto. Perché la famiglia di chi fugge insiste fino allo sfinimento pur di ottenere qualche, anche minima, notizia sul proprio caro. Come sta accadendo con i parenti dei tunisini di cui si sono perse le tracce poco dopo la partenza avvenuta a marzo del 2011. Le famiglie, da quel momento, di fronte all’irrisolvibile dubbio sulla sorte dei loro figli (sbarcati o naufragati?) manifestano davanti all’Ambasciata tunisina in Italia e a quella italiana in Tunisia, senza risultati. E senza che quei genitori possano mai mettere in pace la propria anima.

 

IMMIGRATI: BARACCOPOLI DISTRUTTA DA INCENDIO NEL FOGGIANO
(AGI) - Foggia, 15 nov. - Forse un corto circuito la causa dell'incendio scoppiato la scorsa notte nell'accampamento di migranti africani tra le campagne di Rignano Garganico e San Severo. Una trentina di baracche sono state distrutte dalle fiamme divampate all'interno della zona denominata il "Ghetto di Rignano" e dove vivono un centinaio di braccianti agricoli provenienti dal nord dell'Africa. Sul posto sono intervenute alcune squadre dei Vigili del fuoco del comando provinciale di Foggia oltre a pattuglie di carabinieri e polizia. L'incendio non ha provocato feriti ma solo tanto spavento. Al lavoro i Vigili del fuoco anche per recuperare le numerose bombole di gas sparse nell'accampamento e che potevano scoppiare a causa delle fiamme delle alte temperature. (AGI) Fg1/Tib



Rinnovo del permesso di soggiorno in caso di condanne penali: necessario bilanciare pericolosita' e radicamento sociale
ADUC, 15-11-2012
Emmanuela Bertucci
Il testo unico in materia di immigrazione esclude la possibilita' di ingresso in Italia per chi risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, per reati per i quali e' previsto l'arresto obbligatorio in flagranza. Diversamente, nel caso di rinnovo del permesso di soggiorno richiesto dallo straniero che abbia commesso reati ostativi, l'esistenza di precedenti condanne penali non puo' essere, di per se', motivo automatico di diniego ma l'autorita' – nella valutazione della pericolosita' sociale del soggetto – dovra' tenere debitamente in conto una serie di ulteriori elementi quali la durata del soggiorno in Italia, il radicamento sociale e familiare. Non si tratta di una “novita'” ma di principio introdotto nella legislazione italiana sin dal 2007 (con d.lgs. 5/2007, art. 2), e piu' volte riaffermato dalla Corte di Giustizia europea che ha ribadito la necessita' di accertare caso per caso l'effettiva sussistenza di comportamenti socialmente pericolosi senza limitarsi a generiche presunzioni. Si tratta pero' di un principio che ancora oggi molte Questure italiane stentano ad applicare, ragion per cui di frequente il Consiglio di Stato e' intervenuto nella materia cercando di sradicare una prassi ancora molto invalsa e confermata – altrettanto spesso – dai tribunali amministrativi di prima istanza.
In particolare, con la sentenza n. 5516 del 29 ottobre 2012 il Consiglio di Stato ha ritenuto illegittimo il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno motivato dall'esistenza di una (unica in quel caso) condanna penale, senza tenere in conto il fatto che il richiedente lavorava in Italia da svariati anni, aveva reperito regolare occupazione lavorativa in epoca antecedente al suo arresto ed era coniugato con cittadina ucraina residente in Italia con la quale regolarmente conviveva al momento dell’arresto e con la quale ha avuto un figlio tredicenne, sia pure ancora residente in Ucraina. Secondo la Corte, sebbene l'articolo 5, comma 5 del d.lgs. 286/1998 preveda che: “Nell'adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell'articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d'origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale”, questa disposizione va interpretata nel senso che oggetto della tutela è il nucleo familiare e che pertanto detta tutela va riconosciuta ogni volta che esista un nucleo familiare residente in Italia e convivente in quanto non sarebbe ragionevole escludere la tutela solo perché il nucleo familiare si trova già riunito in Italia senza che sia stato necessario un procedimento di ricongiungimento.
Similmente, in un caso di rigetto della richiesta di aggiornamento della carta di soggiorno a causa di una condanna per illecita detenzione di sostanze stupefacenti, sempre il Consiglio di Stato, con sentenza n. 5515 del 29 ottobre 2012 ha accolto l'appello dello straniero contro la sentenza del TAR che riteneva legittimo il diniego sulla base della sola sussistenza della sentenza, ritenendo automatico il diniego. Il Consiglio di Stato accoglieva le ragioni dello straniero poiche': “La novella legislativa rappresentata dall'art. 1 d.lgs n.3/2007 trova applicazione nel caso di specie, sicchè,
conclusivamente, il provvedimento impugnato, va ritenuto illegittimo alla luce della nuova formulazione, di cui all'art. 1 del d.lgs 3/2007, che ha collegato il rigetto del permesso di lungo periodo ad una puntuale e specifica verifica della pericolosità dello straniero, con esclusione di forme di automatismo preclusivo”, ritenendo dunque che l'eventuale giudizio di pericolosità sociale dello straniero debba essere articolato “non solo con riguardo alla circostanza dell'intervenuta condanna, ma su più elementi, ed in particolare con riguardo alla durata del soggiorno nel territorio nazionale e all'inserimento sociale, familiare e lavorativo dell'interessato, escludendo l'operatività di ogni automatismo in conseguenza di condanne penali riportate (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 26 febbraio 2010, n. 1133; 3 agosto 2010, nn. 5148 e 7541; 23 dicembre 2010, n. 9336; 13 settembre 2010, n. 6566; 13 dicembre 2009, n. 7571; 18 settembre 2009, n. 5624).”
Sul tema della effettiva pericolosita' sociale si e' recentemente pronunciata anche la Corte Costituzionale che con con sentenza n. 172 del 6 luglio 2012 ha ritenuto costituzionalmente illegittimo l'art. art. 1-ter, comma 13, lett. C del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, introdotto dalla legge di conversione 3 agosto 2009, n. 102, il quale disponeva che non potessero essere ammessi alla procedura di regolarizzazione i lavoratori extracomunitari condannati per uno dei reati previsti dagli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, nella parte in cui fa derivare automaticamente il rigetto della istanza di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario dalla pronuncia nei suoi confronti di una sentenza di condanna per uno dei reati previsti dall’art. 381 del codice di procedura penale, senza prevedere che la pubblica amministrazione provveda ad accertare che il medesimo rappresenti una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato.
Secondo la Corte l'automatica esclusione dalle procedure di regolarizzazione per i soggetti condannati per i reati per i quali e' previsto l'arresto facoltativo viola l'art. 3 della Costituzione, assoggettando ad una stessa disciplina (l'esclusione dalla regolarizzazione) azioni di rilevanza penale profondamente diverse per gravità e intensità del dolo (i casi di arresto facoltativo contrapposti a quelli di arresto obbligatorio). Correttamente la Corte parametra la norma censurata all'esigenza di non consentire l'ingresso e la permanenza in Italia a soggetti socialmente pericolosi ritenendo che l'“irragionevolezza della norma censurata assume anzitutto rilievo la considerazione che il diniego della regolarizzazione consegue automaticamente alla pronuncia di una sentenza di condanna anche per uno dei reati di cui all’art. 381 cod. proc. pen., nonostante che gli stessi non siano necessariamente sintomatici della pericolosità di colui che li ha commessi. In tal senso è, infatti, significativo che, essendo possibile procedere per detti reati «all’arresto in flagranza soltanto se la misura è giustificata dalla gravità del fatto ovvero dalla pericolosità del soggetto desunta dalla sua personalità o dalle circostanze del fatto» (art. 381, comma 4, cod. proc. pen.), è già l’applicabilità di detta misura ad essere subordinata ad una specifica valutazione di elementi ulteriori rispetto a quelli consistenti nella mera prova della commissione del fatto”.
Nonostante il conforto della giurisprudenza, il problema resta aperto nelle prassi delle Questure ed pare necessario un intervento piu' ampio della Corte Costituzionale, in relazione alle norme contenute nel testo unico in materia di immigrazione sull'argomento. Capita spesso infatti che stranieri extracomunitari che vivono in Italia da moltissimi anni si vedano negare il rinnovo del pds
a causa di una sentenza penale di condanna e siano costretti ad abbandonare l'Italia. E' questo il caso posto al TAR Veneto che con una recente ordinanza (ord. 223 del 16 luglio 2012, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 17 ottobre 2012) ha sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt. 5, comma 5, e 9 del d.lgs. n. 286 del 1998. Nel caso all'attenzione del Tribunale un cittadino marocchino residente in Italia dal 1992, sposatosi con cittadina italiana dalla quale ha poi divorziato quindici anni dopo, genitore di cittadino italiano, da sempre regolarmente soggiornante con permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo. Per sua scelta non ha mai richiesto la cittadinanza italiana, ne' il permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo ne' un permesso di soggiorno per motivi di famiglia, pur essendo in possesso dei requisiti per tutti questi titoli di soggiorno. All'ennesima richiesta di rinnovo del pds la Questura risponde con un diniego motivato da una condanna penale del 2010, ancora non definitiva. Nell'ordinanza di reimissione alla Corte Costituzionale il Collegio anticipa, con questa sintetica e chiara spiegazione, il “cuore” delle motivazioni tecnico giuridiche poi esposte nel provvedimento: “Poiche' [il Collegio, ndr] si e' posto il dubbio della legittimita' costituzionale delle predette norme nella parte in cui prevedono una tutela rafforzata contro l'allontanamento solo nei confronti dei soggetti che abbiano presentato una domanda di ricongiungimento, o siano ricongiunti, o siano titolari di un permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo o abbiano fatto richiesta di rilascio di tale titolo di soggiorno, anziche' nei confronti di quanti si trovino in quelle medesime condizioni sostanziali contemplate dalle norme citate indipendentemente dalla circostanza di aver presentato un'istanza formale”.



Il flop della sanatoria
Saleh Zaghloul
Circa 130 mila datori di lavoro che impiegavano (in nero) immigrati senza permesso di soggiorno hanno presentato una domanda di condono nel periodo dal 15 settembre al 15 ottobre in base ad un apposito decreto del governo Monti. Lo stesso decreto prevede anche la regolarizzazione della situazione di soggiorno dei lavoratori dichiarati dai loro datori di lavoro. Nessuno sa con precisione quanti sono gli immigrati che vivono in Italia senza permesso di soggiorno. Alcune stime, prima della regolarizzazione/condono, indicavano la presenza di circa 500 mila, altri di un milione di irregolari. La ministra dell’Interno Annamaria Cancellieri commentando tali risultati ha detto che “l’obiettivo era cercare di far venire fuori, all’aperto, tutte le situazioni di ‘nero’ che c’erano”. “Probabilmente – dice – non erano tante, il fenomeno non era così diffuso come si pensava”. Commenti negativi sono giunti dalla Caritas Ambrosiana, dall’Arci e dalla Cgil che chiedono al Governo un ripensamento. Jamal Quaddorah, responsabile immigrazione della Cgil Campania, dice che la sanatoria è stato un grande fallimento visto che le stime parlavano di circa 500 mila immigrati irregolari. Il sindacalista della CGIL ha denunciato il fatto che molti datori di lavoro hanno fatto pagare il costo del condono ai lavoratori immigrati e che altri hanno licenziato i lavoratori pur di non pagare tali costi (1000 Euro + 6 mesi di contributi previdenziali e fiscali arretrati), altri hanno dichiarato come lavoratori domestici i loro lavoratori edili o agricoli per pagare i costi minimi del condono. Valentina Brins dell’Associazione Italia Razzismo, commentando il "Poche domande? Pochi irregolari” della ministra Cancellieri, dice di non essere d'accordo e che “il motivo della scarsa partecipazione è legato alla difficoltà di rispettare tutti i parametri previsti. Oltre tutto non si ha mai dato una minima garanzia di non essere espulsa o comunque denunciata, alla persona il cui datore di lavoro non fosse riuscito a terminare positivamente la pratica di regolarizzazione.” Strano modo quello adottato dal governo Monti per regolarizzare gli immigrati attraverso domande di condono che presentano i loro datori di lavoro che li impiegano irregolarmente. Persino un governo di politici avrebbe capito che non avrebbe funzionato e che “rischia di offrire un messaggio ai datori di lavoro che in questo momento, di guerra dichiarata contro l'evasione fiscale, non pare certo opportuno: è possibile farla franca perché tanto, prima o poi, ci sarà un nuovo condono”. La regolarizzazione infatti doveva essere per gli immigrati, non per chi li aveva fatti lavorare in nero: andava rilasciato un permesso di soggiorno a tutti coloro che non avessero commesso reati gravi.



“Io sono Wang Lin” il libro per l’apprendimento dell’italiano per cinesi.
Oggi la presentazione presso la Biblioteca nazionale di Roma in un convegno dedicato alla comunità cinese.
IMMIGRAZIONEOGGI, 15-11-2012
La Biblioteca nazionale centrale di Roma, in viale Castro Pretorio 105, ospita oggi un incontro dedicato a L’apprendimento dell’italiano nel contesto migratorio cinese, nel corso del quale sarà presentato il corso di italiano per cinesi Io sono Wang Lin (Loescher editore), di Alice Dente, Katia Franzese, Wang Jing.
Il manuale propone un primo approccio all’italiano (livello A1/A2) destinato ad adulti e immigrati; si caratterizza per una progressione didattica che prevede l’esplicitazione costante di informazioni e regole; presenta un apprendimento a spirale delle strutture linguistiche di base e propone una pratica esercitativa intensa volta allo sviluppo della competenza linguistica, pragmatica e socioculturale.



Richiedenti asilo, crollano le domande Ma sono i pakistani a chiederlo di più
I dati di Eurostat parlano chiaro: rispetto ai record del 2011 (oltre 34mila richieste), il calo è di ben il 78%. Oltre 6.800 sono le decisioni prese nel secondo trimestre del 2012 dalle Commissioni italiane, ma solo una su tre con esito positivo. Sono 69.930 le richieste presentate nell'Unione europea nel secondo trimestre 2012. In Italia, nel secondo trimestre 2012 ci sono state 3.370 domande, oltre il 50% in più rispetto al primo
la Repubblica.it, 15-11-2012
VLADIMIRO POLCHI
ROMA - Crollano le richieste d'asilo in Italia: rispetto ai record del 2011 (oltre 34mila domande), il calo è di ben il 78%. Oltre 6.800 sono le decisioni prese nel secondo trimestre del 2012 dalle Commissioni italiane, ma solo una su tre con esito positivo per l'aspirante rifugiato. È quanto fotografa l'ultimo aggiornamento Eurostat sulle domande d'asilo nei 27 paesi Ue.
Italia fanalino di coda. Sono 69.930 le richieste presentate nell'Unione europea nel secondo trimestre 2012. Per quanto riguarda l'Italia, il secondo trimestre 2012 ha visto 3.370 domande, oltre il 50% in più rispetto al primo. Una crescita che non compensa però il crollo rispetto al secondo trimestre del 2011, facendo registrare una flessione del 78%. Più numerose le domande presentate in altri Paesi (sempre nel secondo trimestre del 2012): in Francia 13.750, in Germania 12.800, in Belgio 6.760, nel Regno Unito 6.415 e in Svezia 8.790. Se si prendono in considerazione le richieste degli ultimi 12 mesi, a guidare la classifica è la Germania con 58.830 domande, seguita dalla Francia con 56.255 richieste, 33.430 per la Svezia, 31.395 il Belgio e 26.745 la Gran Bretagna. Per l'Italia negli ultimi 12 mesi le domande sono complessivamente 18.795.
Record di giovani e pakistani. In Italia, le nazionalità di richiedenti più rappresentate sono il Pakistan (18%), il Senegal (12%), la Nigeria (8%), la Tunisia (7%) e il Ghana (6%). Per quanto riguarda l'età dei richiedenti in Italia il 73,4% delle richieste arriva da 18-34enni, il 3,6% da minori con 0-13 anni e il 5,3% da 14-17enni.



Siriani fuggiti in Italia dalla guerra "Speravamo di restare solo due mesi"
Negli ultimi 18 mesi sono arrivate appena 370 persone. Un numero sparuto ma non meno traumatizzato della massa di siriani che da marzo 2011 ha sconfinato in Turchia, Libano e Giordania e che rappresenta la stragrande maggioranza dei quasi 400mila rifugiati generati dalla rivolta contro il regime di Bashar al Assad. Hanno portato con sé la paura, soprattutto delle rappresaglie
la Repubblica.it, 15-11-2012
VALERIA FRASCHETTI
ROMA - C'è chi è arrivato via mare, chi con uno dei pochi voli civili che ancora si sollevavano dall'aeroporto di Damasco. Alcuni si trovano nei C. a. r. a (Centri d'accoglienza per i richiedenti asilo) molti hanno trovato un tetto grazie ad una rete di parenti o amici. Tutti erano partiti pensando che nell'arco di due, tre mesi sarebbero potuti rientrare in patria, che l'orrore sarebbe cessato presto. Sono i siriani fuggiti dalla guerra civile e arrivati in Italia negli ultimi 18 mesi. Un gruppo sparuto, di appena 370 persone. Ma non meno traumatizzato della poderosa massa di siriani che da marzo 2011 ha sconfinato in Turchia, Libano e Giordania e che rappresenta la stragrande maggioranza dei quasi 400mila rifugiati generati sinora dalla rivolta contro il regime di Bashar al Assad.
La paura delle rappresesaglie. I siriani giunti in Italia hanno portato con sé anche la paura. Paura di rappresaglie sui familiari rimasti indietro, di essere perseguitati anche qui, chissà. Nonostante i tanti chilometri di distanza da casa, pochi hanno voglia di raccontare, tantomeno di rivelare la propria identità. Preferiscono non farlo, ad esempio, i cinque membri di una famiglia di Homs: madre, padre, due figli, di 7 e 8 anni, e il nonno di 95 costretti a fuggire sei mesi fa dopo che un parente si era unito all'opposizione, prima di essere ucciso. Hanno scelto l'Italia, di cui hanno anche la cittadinanza, perché è qui che vivevano dieci anni fa. Ed è stato un amico ad offrirgli il riparo in cui dormono: "Un capannone inutilizzato, senza riscaldamento né acqua calda", racconta Aya Homsi, blogger bolognese impegnata a tenere viva la protesta anti-Assad su Facebook. Che spiega: "Non possono permettersi altro. E' una famiglia benestante, dedita al commercio di ricambi d'auto. Ma ora gli affari sono fermi, non hanno introiti".
"Non ho mai disfatto le valigie". Vive con le rendite che le restano anche Riham. Nata in Italia 22 anni fa da una coppia originaria di Aleppo, dopo il matrimonio si era trasferita a Homs, una prime città ad essere martoriate dall'artiglieria del regime. Con il marito e il figlio di un anno, è fuggita quasi subito dopo lo scoppio delle violenze, a maggio del 2011, lasciandosi dietro le saracinesche abbassate del loro negozio di abbigliamento. Ora vivono nelle Marche dai suoi genitori, ma che la speranza di tornare presto in Siria resti vivissima è evidente: "Non ho mai completamente disfatto le valigie da quando sono qui", dice in un italiano impeccabile Riham, che ha un fratello diciottenne che per due mesi aveva lasciato l'Italia per unirsi all'Esercito siriano libero. "Anche se siamo fortunati ad avere l'appoggio dei miei, qui non c'è lavoro, non abbiamo una casa. Lì invece abbiamo tutto".
Quanti sono i siriani nei C. a. r. a.? Non si sa. I dati sul loro conto non sono ancora stati elaborati dal Ministero degli Interni. Ma il rappresentante in Italia del Consiglio nazionale siriano (Cns), Mohamed Nour Dachan, che a metà agosto era andato in visita ufficiale nei Centri di Bari, Brindisi e Crotone, dice che si tratta perlopiù di mamme e bambini, come il 75 per cento dei rifugiati generati dalla guerra civile. E ci tiene a sottolineare che "le condizioni in cui vivono sono piuttosto precarie: mancano vestiti, c'è sovraffollamento, la sistemazione nelle stanze non è adeguata". Da qui l'appello rivolto al Ministero degli Interni: "Chiediamo alle autorità italiane il massimo rispetto delle regole per le procedure di rilascio dello status di rifugiati politici".
L'UNHCR: "Non chiudere le porte". Nonostante le domande di asilo siano relativamente limitate nel Vecchio Continente, anche l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ci tiene a ribadire l'importanza di attenersi ai principi del Sistema comune d'asilo. "Non bisogna interrompere la politica della porta aperta - afferma la portavoce dell'Unhcr, Laura Boldrini - è necessario che gli Stati garantiscano l'accesso al territorio, l'accesso alle procedure d'asilo e un approccio armonizzato nella valutazione delle domande". In tutta l'Unione Europea i richiedenti asilo sono circa 16.500.
Il primato della Germania. Tra i Paesi che ne hanno di più: la Germania, con 5.500 domande, la Svezia (2.500), l'Austria (972). Numeri esigui rispetto a quelli cui fanno fronte i Paesi limitrofi della Siria: ma c'è comunque bisogno di restare allerta, perché il protrarsi delle violenze potrebbe portare a un'impennata nel flusso di profughi. "La comunità internazionale  -  aggiunge Boldrini - deve essere pronta anche a sostenere un ulteriore sforzo finanziario". Uno sforzo che ad oggi ha visto l'Ue assicurare 8 milioni di euro al Piano di risposta regionale per la Siria, il network di agenzie Onu e Ong impegnate ad assistere i rifugiati in Giordania, Libano, Iraq e Turchia, dove entro la fine dell'anno i siriani potrebbero salire a quota 700mila.



Milano: i figli minori a carico non dovranno più andare in Questura per le pratiche di soggiorno.
La Questura di Milano propone ai Comuni della provincia di autenticare direttamente le foto dei minori per evitare i disagi dei trasferimenti e delle lunghe attese nella sala soggiorni.
Immigrazioneoggi, 15-11-2012
Finora hanno aderito i Comuni di Monza, San Donato Milanese e Corbetta ma nei prossimi giorni la proposta dell’Ufficio immigrazione della Questura di Milano, guidato da Giuseppe De Angelis, dovrebbe ricevere altre adesioni, a partire dal Comune di Milano che gestisce oltre del 50% degli stranieri residenti.
Per evitare i disagi alle famiglie straniere che devono chiedere il rilascio/rinnovo/aggiornamento del permesso di soggiorno per i figli minori di 14 anni a carico, la Questura ha proposto ai Comuni di legalizzare direttamente la foto. In questo modo non sarà più necessario portare i minori in Questura. Inoltre il Comune attesterà, se richiesto, il consenso dell’altro genitore all’inserimento del figlio.



Banche, ora posto agli immigrati
ItaliaOggi, 15-11-2012
Claudia Cervini
Gli immigrati sono sempre più corteggiati dalle banche italiane. E non c'è da stupirsi. Si tratta infatti di una clientela sempre più numerosa con crescente disponibilità finanziaria. Tuttavia gli istituti hanno messo in campo strategie diverse, se non opposte, per attrarre questi clienti.
Se UniCredit ha creato un network d'agenzie (Agenzia Tu) e di prodotti dedicati, dai conti deposito per badanti e colf a prodotti più complessi di investimento, Intesa Sanpaolo non crede nello sviluppo di una politica finanziaria specifica a favore degli immigrati e punta in particolare sulle rimesse. Mentre Monte dei Paschi di Siena, a metà tra le due scuole di pensiero, ha sviluppato prodotti finanziari ad hoc con tariffe agevolate per concludere operazioni in Italia e all'estero, ma non pensa a strutture dedicate.
Innanzitutto i numeri. In Italia secondo l'Abi (l'Associazione bancaria italiana) i conti correnti intestati a immigrati sono quasi 1,8 milioni (il 75% delle le famiglie è titolare di conto corrente in banca o presso BancoPosta), mentre le rimesse, cioè i soldi inviati ai paesi di origine, nel 2011 sono ammontate a 7,4 miliardi (+12,5% sul 2010). Per quanto riguarda le principali banche italiane, Intesa Sanpaolo conta 750 mila clienti stranieri, UniCredit 700 mila, mentre Monte dei Paschi ha all'attivo 260 mila clienti stranieri migranti, in crescita grazie agli ultimi prodotti lanciati.
Eppure il target, in generale, non è ancora sufficientemente bancarizzato. «Un terzo dei risparmi dei nuovi cittadini italiani viene ancora tenuto in casa e non depositato in banca», spiega Massimo Macchitella, direttore marketing privati di Unicredit. «Ecco perché nelle nostre agenzie dedicate (12 in tutto nelle principali città italiane) facciamo attività di formazione e di inclusione finanziaria, spieghiamo in diverse lingue i nostri prodotti e i servizi».
A livello di prodotto UniCredit ha puntato sul piano di accumulo Risparmia Facile a partire da una cifra base di 50 euro (senza costi di accensione o estinzione, con un tasso annuo di remunerazione dell'1,25% lordo) e su un conto corrente dedicato a colf e badanti. «Abbiamo scelto Conto tu famiglia, dedicato agli assistenti familiari, perché questa categoria di lavoratori in Italia è molto numerosa», ha aggiunto Macchitella. «Il conto è già stato adottato da oltre 5 mila assistenti familiari che, oltre ai servizi bancari tradizionali come la carta bancomat, la carta prepagata, il servizio di online banking, potranno effettuare sei rimesse verso l'estero online gratuitamente».
Simile la politica di prodotto per Monte dei Paschi che ha creato «Paschi Senza Frontiere, un conto corrente dedicato ai cittadini stranieri che vivono e lavorano in Italia, scelto già da 16 mila clienti», racconta Paolo Pellegrini, responsabile del servizio marketing privati di Banca Monte dei Paschi di Siena. «Si tratta di un pacchetto di prodotti e servizi con canone mensile che comprende 20 operazioni trimestrali gratuite, bonifici gratuiti con addebito in conto corrente verso il paese di origine e permette di avere condizioni vantaggiose su depositi a risparmio ordinari e sui mutui per l'acquisto della prima casa, come la riduzione delle spese di istruttoria».
Non la pensa invece allo stesso modo Intesa Sanpaolo. Secondo l'istituto guidato dal consigliere delegato Enrico Cucchiani le rimesse sono infatti l'unica esigenza distintiva di questa clientela. «Crediamo che gli immigrati non debbano essere trattati con modelli e servizi differenti, in quanto hanno finanziariamente un ciclo di vita accelerato o rallentato in base all'età, al tipo di lavoro, all'istruzione, proprio come i nostri clienti italiani per cui esiste una vasta tipologia di offerta dalla prima bancarizzazione ai servizi complessi», ha spiegato Marco Siracusano, direttore marketing privati di Intesa Sanpaolo. «Cerchiamo di fare in modo che si sentano a casa nella Banca dei Territori».
In questo caso l'attenzione è spostata sulle rimesse. «Siamo stati la prima banca a siglare un accordo con Western Union per facilitare ai nostri clienti l'invio dei soldi ai paesi d'origine e oggi abbiamo un sistema integrato tra 7.300 Atm (i bancomat intelligenti, ndr), il web e il mobile per fare le transazioni in modo semplice al pari di una ricarica del cellulare effettuata dal bancomat o dal proprio pc».
Le rimesse sono infatti una fetta importante delle attività finanziarie degli immigrati, come dimostrano i dati dell'Abi. È così che anche UniCredit ha recentemente siglato un accordo con Western Union per consentire ai propri clienti di inviare denaro ai familiari all'estero, direttamente dall'internet banking o dalla rete di Atm e Totem multifunzione. Inoltre i clienti delle 12 Agenzie Tu (la rete italiana dedicata agli stranieri) potranno fare le rimesse anche dagli sportelli.

 

 

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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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