Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

28 maggio 2012

IMMIGRATI: SBARCO NEL RAGUSANO, APPRODATI 76 EGIZIANI
AGI) - Ragusa, 28 mag. - Un peschereccio della lunghezza di circa quindici metri con a bordo 76 migranti, tutti uomini e di presunta nazionalita' egiziana, salpati probabilmente da un porto della Libia, si e' arenato questa mattina, poco dopo le 5, sul promontorio delle Anticaglie, a Caucana, sul litorale tra Marina di Ragusa e Santa Croce Camerina. Gli immigrati sono stati trasferiti al centro di pronta accoglienza di Pozzallo.
  Quattro dei migranti presentavano delle escoriazioni e sono stati medicati alla guardia medica di Marina di Ragusa. Nella zona dello sbarco sono intervenute motovedette della Capitaneria di porto di Pozzallo. (AGI) .
 


Razzismo, "Sei nero? Fuori" Un locale su 4 li caccia via
Il test europeo nella notte di sabato 26 maggio: il 25% dei locali discrimina i clienti su base razziale. Sabato scorso, dopo circa un anno dai risultati del marzo e giugno 2011, l'European Grassroots Antiracist Movement 1 ha verificato in Austria, Francia, Italia, Romania, Norvegia e Serbia le discriminazioni nei luoghi del divertimento
lA rePUBBLICA, 28-05-2012
VLADIMIRO POLCHI
ROMA - "Mi dispiace, tu qui non puoi entrare". Sei nero, arabo o Rom? Peggio per te: hai una possibilità su quattro che la discoteca della tua città ti neghi l'accesso. Lo dice un test europeo effettuato nella notte di sabato 26 maggio: il 25% dei locali notturni discrimina i clienti su base razziale.
Il test antirazzista. Sabato scorso, a distanza di circa un anno dai risultati dei primi test (marzo e giugno 2011), l'European Grassroots Antiracist Movement 2 (EGAM) ha verificato in 6 Paesi (Austria, Francia, Italia, Romania, Norvegia e Serbia) le discriminazioni nei luoghi del divertimento. I risultati mostrano "la persistenza della discriminazione razziale in un locale su quattro. Al 25% del campione è stato negato l'accesso perché nero, arabo o Rom. Questo livello molto elevato di discriminazione razziale è simile a quanto mostrato durante i testing dello scorso anno".
Il modello "Varsavia". L'obiettivo della ricerca "è quello di coinvolgere attivamente le istituzioni europee contro il razzismo e l'antisemitismo. Le autorità locali, in particolare i comuni, possono agire concretamente. Ad esempio, dopo la prova dello scorso anno la città di Varsavia ha deciso di modificare i contratti stipulati con i luoghi di intrattenimento includendo una clausola contro le discriminazioni e imponendo la chiusura dei locali in caso di violazioni. Quello di Varsavia è un esempio da seguire per tutte le autorità locali in Europa".
Il caso italiano. In Italia a effettuare il test è stato SOS Razzismo. "Quest'anno, membri di SOS di quattro diverse nazionalità (senegalese, marocchina, colombiana e italiana) - spiega il segretario nazionale, Angela Scalzo - con una equipe di supporto formata da un avvocato e due formatori dell'associazione, si sono recati in tre note discoteche palermitane: il testing effettuato non ha evidenziato segni di discriminazione nell'accesso, anche se all'interno di alcuni locali si sono verificate discriminazioni legate al servizio erogato al cliente".



Uccide la moglie indiana per gelosia: «Vestiva all'occidentale», trovato il cadavere nel Po
Sarebbe questo il movente dell'omicidio di Kaur Balwinde, l'indiana di 27 anni incinta di tre mesi, strangolata dal marito
Corriere della sera, 28-05-2012
MILANO - L'avrebbe uccisa per gelosia, ma soprattutto perchè vestiva all'occidentale. Sarebbe questo, secondo i primi riscontri dei Carabinieri e della Procura di Piacenza, il movente dell'omicidio di Kaur Balwinde, l'indiana di 27 anni strangolata dal marito, Singhj Kulbir. La ragazza, incinta di tre mesi, era scomparsa da 15 giorni dalla casa di Fiorenzuola dove viveva con il marito e un figlioletto di 5 anni. L'uomo, 36 anni, operaio in un'azienda agricola di Fiorenzuola d'Arda, incensurato, avrebbe strangolato la moglie, per poi gettarla nel Po, una quindicina di giorni fa. Il cadavere è stato trovato domenica da un pescatore romeno su un argine a San Nazzaro, frazione di Monticelli d'Ongina. Ai carabinieri del nucleo investigativo di Piacenza e della stazione di Fiorenziola, il marito della ragazza indiana avrebbe ammesso la gelosia per la scelta della donna di non vivere secondo i costumi indiani. Adesso è interrogato in procura dal Pm, Antonio Colonna.



Immigrati, 900 euro a famiglia per regolarizzarsi. Cisl: "Così si favorisce l'illegalità"
Bsnews.it, 28-05-2012
Oltre 900 euro a famiglia, 600 euro in più di cinque mesi fa, è il salasso che i cittadini stranieri arrivano a dover pagare per il rilascio e il rinnovo del titolo di soggiorno. E' il risultato dell'incremento del contributo richiesto per le pratiche di regolarizzazione, deciso a ottobre 2011 dal precedente governo e in vigore dal 30 gennaio scorso. Un aumento che scoraggia le richieste di regolarizzazione e favorisce l'illegalità. Lo denuncia la Cisl Lombardia, che sollecita il governo Monti a intervenire, come promesso, per rimodulare i costi delle pratiche burocratiche.
“Anche nella nostra regione le nuove norme stanno creando gravi disagi ai lavoratori immigrati e alle loro famiglie, già messe a dura prova dalle difficoltà create dalla crisi economica - afferma Paola Gilardoni, segretaria regionale Cisl Lombardia con delega sull'immigrazione -. Il rincaro delle pratiche scoraggia, se non addirittura ostacola, per l'impossibilità di sostenerne i costi, la richiesta di rinnovo dei permessi di soggiorno, conducendo alla condizione di clandestinità”. Il decreto ha infatti stabilito gli importi dovuti dal lavoratore straniero, in relazione alla durata dell'autorizzazione al soggiorno richiesto siano di 80 euro per i permessi di soggiorno di durata inferiore o pari ad un anno; 100 euro per i permessi di soggiorno di durata superiore ad un anno e inferiori o pari a due anni e 200 euro per il rilascio del permesso di soggiorno Ce per lungo-soggiornanti. Il costo per le pratiche è in tal modo passato dai 72,12 euro di contributo a 152,12 euro fino addirittura a 272 euro, senza alcuna gradualità e senza considerare la capacità contributiva dei richiedenti. In concreto, per fare un esempio, una famiglia composta da due genitori con due figli di cui uno con età superiore a 18 anni ed uno con età compresa tra i 14 ed i 18 anni per il rinnovo di permesso di soggiorno a tempo indeterminato arriva a spendere fino a 966 euro, ovvero 600 euro in più.
“Il governo Monti aveva promesso di intervenire, ma al momento è latitante – aggiunge Gilardoni -. Nonostante le dichiarazioni fatte dai Ministri competenti negli scorsi mesi, le pressioni fatte da Cgil, Cisl e Uil nazionali, con appelli e presidi realizzati davanti le Prefetture del 10 febbraio scorso, non è stata decisa alcuna modifica al decreto”. La Cisl lombarda sollecita dunque un intervento correttivo del provvedimento, che risulta in contrasto con le convenzioni internazionali e le Direttive europee. Il 26 aprile scorso, infatti, la Corte europea si è espressa contro i Paesi Bassi, che hanno deciso di incrementare l'importo del contributo per l'acquisizione dello status di soggiornante di lungo periodo.



Sono stati 28 mila gli immigrati che hanno cancellato la residenza per tornare a casa nel 2010.
Studio della Fondazione Ismu: una quarto del totale riguarda i cittadini romeni.
Immigrazioneoggi, 28-05-2012
Sono stato 28 mila i cittadini stranieri che nel corso del 2010 hanno cancellato la residenza per trasferirsi all’estero. Secondo uno studio della Fondazione Ismu su dati Istat, si tratta del più forte aumento dei trasferimenti verso l’estero in termini assoluti con valori ormai più che tripli rispetto a quelli del 2003, quando i rientri erano stati meno di 9mila.
Per la Romania, in particolare, le cancellazioni anagrafiche erano passate velocemente da meno di mille nel 2006 a 2,7 mila nel 2007 e a 6,4 mila nel 2008, per poi raggiungere quota 7,7 mila nel 2009 e scendere nuovamente a 6,4 mila nel 2010.
Nel 2010 la Romania, mantiene il primato per cancellazioni anagrafiche per l’estero – se ne può calcolare una ogni 144 iscritti – davanti al Marocco (1,7 mila, per una quota di una ogni 257 iscritti, peraltro invece in forte aumento annuo del 39%), alla Cina (più di 1,3 mila, una ogni 153, e ancora più in crescita con un incremento annuo del 53%), all’Albania (poco meno di 1,3 mila, solo una ogni 371) e alla Polonia (1,2 mila), che da questo punto di vista segna ancora il record di una cancellazione anagrafica ogni solo 90 iscritti. Con una dinamica simile a quello dell’altro paese neocomunitario della Romania, però, anche per la Polonia si è saliti pro



Immigrazione, rapporto sui CIE Appuntamento al Teatro Valle
Si chiama "Le sbarre più alte" ed è a cura di MEDU 1 (Medici per i Diritti Umani) il documento che analizza la condizione dei migranti trattenuti nel Centri di Indentificazione ed Espulsione. Adesioni alla campagna LasciateCIEntrare 2 dell'aprile scorso, porta l'attenzione sul rispetto della dignità e dei diritti fondamentali
LA rEPUBBLICA, 27-05-2012
ROMA - Il rapporto "Le sbarre più alte" è a cura di MEDU 3 - Medici per i Diritti Umani, che ha aderito alla campagna LasciateCIEntrare 4 di aprile, porta l'attenzione sul rispetto della dignità e dei diritti fondamentali dei migranti trattenuti nei centri di identificazione ed espulsione. E si chiede se a quattordici anni dall'istituzione dei CPTA/CIE, quali sono la rilevanza e l'efficacia dell'istituto della detenzione amministrativa nel contrasto dell'immigrazione irregolare?
Il Cie di Ponte Galeria. Costa solo per la gestione 3milioni e 600mila euro l'anno, con 41 euro a recluso al giorno e una media di 240 presenze. Vanno aggiunti i costi del personale di pubblica sicurezza e quelli di mantenimento e riparazione danni. Gli internati sono chiamati "ospiti" con un eufemismo da prefettura, questura ed ente gestore, la cooperativa Auxilium.
Costi e misure repressive. I costi e le misure repressive sono aumentate con l'estensione della detenzione massima triplicata da sei a 18 mesi nel 2011. Ma il numero delle persone effettivamente espulse è diminuito. Nel 2011 le persone internate nel Cie di Ponte Galeria sono state 2.049 e quelle rimpatriate 802 (il 39% del totale dei trattenuti). Nei due anni precedenti il rapporto tra rimpatriati/transitati è stato di 1.031 su 2.172 (47%) per il 2010 e di 1.548 su 3.206 (48%) per il 2009. I dati sono stati forniti ai MEDU dalla prefettura di Roma. Nel corso del 2011 e nei primi mesi del 2012, numerosi sono stati gli scioperi della fame, le rivolte e le fughe di massa. Secondo i dati della Prefettura, sono stati ben 265 (rispetto ai 10 del 2010) gli immigrati che si sono allontanati dal centro nel corso del 2011
Si inasprisce il clima. Nel 2010 gli stranieri effettivamente rimpatriati attraverso i Cie sono stati appena lo 0,7% del totale dei migranti in condizione di irregolarità che si stima siano presenti nel nostro Paese. In questo senso, secondo Medu "il prolungamento a 18 mesi del trattenimento sembra aver contribuito unicamente ad esacerbare gli elementi di violenza e disumanizzazione di queste strutture" e il Cie è  "un nuovo tipo d'istituzione totale, luogo generatore di violenza e di esclusione".
Il diritto alla salute. Per i trattenuti nel centri appare ancora meno garantito che in passato in ragione del fatto che l'ente gestore del CIE romano è in grado di assicurare solo un'assistenza sanitaria di primo livello, che il personale sanitario della ASL non ha accesso al centro e che il periodo massimo di trattenimento è stato prolungato a 18 mesi.
Le conclusioni di questa indagine. Confermano che i CIE si dimostrano strutture inefficaci per gli scopi dichiarati e costose e congenitamente incapaci di garantire il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali della persona. MEDU ritiene che le criticità ripetutamente rilevate nel corso degli anni sulla natura e il funzionamento dei CPTA/CIE abbiano una tale rilevanza e pervasività da rendere indispensabili e urgenti sia l'abbandono dell'attuale sistema di detenzione amministrativa, sia l'adozione contestuale di strategie di gestione dell'immigrazione irregolare più razionali, articolate e rispettose dei diritti fondamentali della persona.
 L'incontro pubblico del 2 giugno. Gabriella Guido, coordinatrice della campagna LasciateCIEntrare 5 assieme a tutto il comitato promotore organizzano un incontro pubblico di confronto e di discussione per giungere ad una nuova e diversa proposta politica, nell'ottica del superamento e della chiusura dei CIE. "Sono tanti i successi della campagna in un anno di forte impegno grazie ad una rete che si è sviluppata sia a livello nazionale che territoriale, fino a spingersi a livello europeo - dichiara Gabriella Guido. Ora è giunto il momento di affermare che la stagione dei CIE deve essere superata: sono luoghi in cui la violazione del rispetto della dignità umana è evidente e inconfutabile; luoghi che non hanno ragion d'essere e dichiaratamente fallimentari sia come prevenzione dell'immigrazione illegale sia per la garanzia e tutela della democrazia. Senza contare gli elevati costi necessari per tenere in vita tali centri. L'appuntamento è per sabato 2 giugno, a Roma presso il Teatro Valle, dalle 10 alle 13.



Roma: al via il Mundialido, il torneo di calcio interculturale.
32 squadre in rappresentanza delle comunità immigrate della Capitale.
Immigrazioneoggi, 28-05-2012
È iniziata ieri a Roma la quattordicesima edizione del Mundialido, il torneo di calcio delle comunità straniere organizzato dall’Asd Club Italia con il patrocinio degli enti locali e del Ministero dell’interno.
La cerimonia di inaugurazione di è tenuta ieri mattina allo stadio Alfredo Berra di Roma (ex Eucalipti).
Il Mundialido è un progetto di mediazione culturale che, favorendo il dialogo e la convivenza tra le diverse comunità di migranti presenti sul territorio romano, contribuisce a promuovere valori e comportamenti comuni, garantendo agli stranieri pari opportunità e la possibilità di partecipare alla vita socio-culturale del Paese attraverso i valori universali dello sport.
Sul parterre dello stadio sfileranno i 32 paesi partecipanti che andranno a comporre gli otto gironi eliminatori del torneo:
Girone A: Paraguay - Moldova - Capo Verde - Senegal
Girone B: Iraq - CeIS - Vaticano - Sudan
Girone C: Bangladesh - Bulgaria - Congo R.D. - Egitto
Girone D: Afghanistan - Albania - Ucraina - Nigeria
Girone E: Giappone - Italia - Spagna - Marocco
Girone F: Perù - Rapp. ROM - Romania - Madagascar
Girone G: Ecuador - Polonia - Africa UTD - Somalia
Girone H: Colombia - Irlanda Nord - Camerun – Etiopia.
Il programma della manifestazione è disponibile nel sito: www.mundialido.it.


Infibulazione, al S. Camillo il rifugio per le "donne a metà" di tutto il mondo
Presso il Centro di riferimento regionale del Lazio per le Mutilazioni Sessuali Femminili, presso l'Ospedale San Camillo di Roma si rivolgono donne eritree, somale, etiopi oppure originarie del Sudan, dell'Egitto, del Bangladesh, del Senegal e del Camerunche hanno subìto le mutilazioni genitali femminili da bambine
LA Repubblica, 24-05-2012
LAURA BASTIANETTO
ROMA - Hanno paura di sentirsi "diverse" dalle altre donne della propria famiglia. Temono il giudizio della loro comunità. Hanno paura di affrontare cambiamenti del proprio corpo e di una nuova vita sessuale. Sono le donne eritree, somale, etiopi o originarie del Sudan, dell'Egitto, del Bangladesh, del Senegal e del Camerun che vogliono praticare la deinfibulazione, sconfiggendo la paura, o il potere che l'uomo, nella cultura musulmana, esercita sulle donne. Sono più di 148 le donne con mutilazioni sessuali assistite e visitate, nel 2011, nel Centro di riferimento regionale del Lazio per le Mutilazioni Sessuali Femminili, presso l'Ospedale San Camillo di Roma.
Si dicono "donne a metà". Sul totale, 44 donne si sono presentate durante la gravidanza, 50 per visite ginecologiche e 54 sono state visitate per un'eventuale deinfibulazione. Tra queste ultime, sono solo 14 le donne che hanno deciso di sottoporsi all'intervento. Il processo di deinfibulazione risulta lungo e difficile. "Io voglio diventare normale ma non posso farlo: mio marito ha minacciato di lasciarmi se faccio l'intervento". E' una delle frasi più frequenti tra quelle raccolte dalle responsabili del Centro del San Camillo. Ma c'è anche una consapevolezza di queste donne che parlano di "una mutilazione anche psicologica, una ferita sempre aperta con l'unica consolazione che le proprie figlie avranno una vita diversa". Si definiscono infine "donne a metà".
E c'è chi chiede una nuova asportazione. C'è poi chi è disposta a chiedere una nuova asportazione degli organi femminili esterni, dopo essere stata deinfibulata durante la gravidanza. A questa particolare ostinazione e di fronte a queste difficoltà il Centro del San Camillo risponde facendo diversi colloqui in modo da far emergere le paure e le aspettative delle donne. Si tenta anche la strada di un coinvolgimento dell'uomo nel percorso di deinfibulazione della propria compagna e quello delle autorità religiose per alcune consulenze, grazie alla  disponibilità del Centro Islamico di Roma. Ma poi ci sono altre difficoltà che rendono la strada ancora più impervia. Si va dalla mancanza di servizi territoriali per la presa in carico delle donne che hanno subito mutilazioni sessuali alla mancanza di conoscenza della pratica da parte del personale sanitario, dai mezzi spesso carenti che servirebbero per intensificare le campagne di sensibilizzazione al numero esiguo di donne infibulate che acconsentono anche solo a essere visitate.
Sono 135 milioni le donne colpite nel mondo. Si tratta di un numero estremamente ridotto rispetto agli ultimi dati diffusi il 6 febbraio scorso, in occasione della "Giornata mondiale contro le mutilazioni femminili", che parlano di circa 135 milioni tra donne e bambine infibulate in tutto il mondo. Ogni giorno rischiano questa pratica 2 milioni di ragazze. Le mutilazioni femminili vengono praticate su donne che ancora non hanno compiuto i 15 anni di età, la maggioranza invece è composta da bambine sotto i 10 anni. La onlus "Albero della Vita 1" ha stimato che anche nel nostro Paese sono a rischio più di 90mila donne di cui 7.700 bambine. Eppure il problema non emerge in tutta la sua "forza" stimata.
Un numero verde che non è attivo. La legge del 9 gennaio 2006, che prevede la reclusione da 4 a 12 anni per chiunque pratichi l'infibulazione e che punisce anche nel caso in cui l'infibulazione sia stata eseguita all'estero,  non è servita a far emergere il problema. "Probabilmente perché le donne africane - racconta la Dottoressa Scassellati del Centro di riferimento regionale del Lazio per le Mutilazioni Sessuali Femminili del San Camillo - anche a fronte delle leggi sull'immigrazione, non denunciano e hanno paura di eventuali conseguenze". La legge del 2006 stabiliva inoltre l'istituzione di un numero verde, finalizzato a ricevere segnalazioni e denunce. Un numero, l'800 300 558 che non risulta attivo. Infine la legge non prevede dei controlli ed ecco perché, a oggi, non è possibile sapere se questa pratica sia davvero eseguita in Italia o se piuttosto sia effettuata durante i viaggi "estivi" delle bambine immigrate in Italia che tornano nei paesi di origine.



 

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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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