Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

26 settembre 2011

L’esempio della scuola Mazzini di Roma. Integrazione fra i banchi
l'Unità, 24-09-2011
Maria Rosaria Calderone
Alla diffusa tendenza a “fuggire dallo straniero” si sottraggono molte iniziative di singoli e di gruppo. Tra esse la decisione di alcune mamme che hanno scelto, anche per quest’anno scolastico, di iscrivere i figli nelle sezioni sperimentali A e B, della Scuola Media “Giuseppe Mazzini” di Roma: due sezioni dove la presenza di alunni stranieri è superiore a quella prevista nelle altre scuole. La qual cosa mi ha incuriosito, così ho raccolto la testimonianza diretta di una mamma che, docente a sua volta in una scuola media del centro di Roma, impiega parecchio tempo la mattina pur di far frequentare al proprio figlio la Mazzini. Laura mi dice che, da insegnante, vuole che il proprio figlio cresca e si formi in una scuola che sia lo specchio della realtà in cui viviamo; e che il proprio figlio abbia il privilegio di vedere la propria cultura arricchita dalle culture (originarie di altri paesi), che si ritroveranno in quella classe per i tre anni del ciclo scolastico. Lei sa che alla fine si interseca e si intreccia tutto, nel bene e nel male, e si diventa amici al di là delle barriere razziali che esistono fuori. Questa scuola fa della presenza straniera un valore aggiunto e non la considera un “problema” da gestire con l’equa suddivisione tra le classi o con la ghettizzazione degli alunni stranieri nelle ormai poche sezioni del tempo pieno nelle scuole medie. Naturalmente questa realtà scolastica rimane rara, ma rincuora pensare che alcuni genitori la scelgono proprio per la politica di integrazione che lì viene attuata. Proprio dalla scuola può arrivare una spinta all’accoglienza e questo, seppur piccolo esempio, ci fa ben sperare

 

Immigrati: Forum antirazzista annuncia nuovo presidio al porto di Palermo
Palermo, 26 set. - (Adnkronos) - Un nuovo presidio davanti all'ingresso del porto di Palermo e' stato organizzato dal Forum antirazzista e dal centro sociale 'Anomalia' dopo la manifestazione di ieri per protestare contro i "Centri d'accoglienza galleggianti", cioe' le due navi che ospitano oltre 340 immigrati tunisini arrivati da Lampedusa.
L'appuntamento e' per questo pomeriggio alle 17 davanti all'ingresso del molo Santa Lucia, dove sono state ormeggiate le due navi 'Moby Vincent' e 'Audacia'. Gli organizzatori stanno chiamando i palermitani a raccolta anche via Twitter e Facebook.


 
Ponte Galeria Da agosto è la terza fuga di massa. Agenti feriti
Trasferiti da Lampedusa, scappano 80 clandestini
Corriere della Sera, 26-09-2011 
Hanno approfittato del fatto che di domenica il personale di sorveglianza è ridotto e hanno sfondato una porta metallica, approfittando del cantiere per la ristrutturazione del complesso aperto dopo i tafferugli di fine agosto. Poi un'ottantina diimmigrati, soprattutto tunisini trasferiti cinque giorni fa da Lampedusa (su 179 ospiti) sono fuggiti dal Cie di Ponte Galeria nelle campagne fra Roma e Fiumicino. Una fuga di massa nel primo pomeriggio dal Centro di identificazione ed espulsione, la terza in meno di un mese dopo quelle del 27 agosto e del 9 settembre scorsi, che ha consentito di scappare a oltre 100 stranieri.
In entrambi gli episodi c'erano state aggressioni a poliziotti, carabinieri e militari dell'Esercito con materassi incendiati, lanci di sassi e bottiglie. E anche ieri 3 dei 9 operatori in servizio sono rimasti feriti: un ispettore è stato colpito al volto da una testata. La polizia ha organizzato una vasta battuta su via Portuense, sul greto dei Tevere, vicino alla nuova Fiera di Roma e nelle campagne attorno all'autostrada Roma-Fiumicino per rintracciare i fuggiaschi: molti di loro si sono nascosti nei casolari abbandonati, altri si sono diretti a Malagrotta e sul litorale, altri ancora si sono incamminati a gruppi su via Portuense.
Fino a tarda sera gli agenti (fra volanti e personale del Reparto mobile) sono riusciti a individuare e bloccare una ventina di clandestini, che sono stati ricondotti al Cie. E ora gli investigatori indagano per risalire a chi ha ferito gli agenti. «Quello che è accaduto ieri è soltanto l'ultimo episodio che conferma la situazione d'emergenza che c'è nel centro di Ponte Galeria - sottolinea Massimo D'Anastasio, portavoce del sindacato di polizia Consap -. Purtroppo, poliziotti e carabinieri si trovano a dover contrastare persone pericolose, già responsabili degli incidenti scoppiati a Lampedusa, e non certo donne e bambini». Proprio la Consap, con il segretario generale Giorgio Innocenzi, aveva segnalato pochi giorni fa il trasferimento di 50 tunisini da Lampedusa «portando cosi gli stranieri trattenuti a un numero quasi doppio rispetto alla capienza della struttura. Per decongestionare l'isola - aggiunge il sindacato - si trasferiscono gli stranieri in strutture dove non si possono garantire le condizioni minime di sicurezza, tanto che non si è neppure atteso che fi- nissero i lavori in corso a Ponte Galeria, creando cosi i presupposti per una nuova rivolta di stranieri, che per di più utilizzano i materiali del cantiere per aggredire e colpire i poliziotti e tentare la fuga».

 


Un Cie nell'ex base Usaf di Brindisi
la Regione: "Ci opporremo con forza"Gli assessori Fratoianni e Amati: "Favorevoli solo a un hub umanitario gestito dalla Protezione civile da restituire al territorio a fine emergenza"
la Repubblica, 25-09-2011
MARZIA PARINI
"Tenteremo in ogni modo di fulminare e asfaltare l'ipotesi": così, in una dichiarazione congiunta, gli assessori regionali della Puglia alle Politiche per l'immigrazione, Nicola Fratoianni, e alla Protezione civile, Fabiano Amati, bocciano l'ipotesi di realizzare un Centro di identificazione ed espulsione (Cie) per immigrati nell'ex base Usaf di San Vito dei Normanni (Brindisi). La notizia della realizzazione di un nuovo Cie è stata diffusa nelle ultime ore dai sindacati di polizia che lo avrebbero appreso dal ministero dell'Interno.
"In termini di credibilità  - proseguono gli assessori regionali - avevamo in passato dato la disponibilità in quel sito solo a un hub umanitario gestito dalla Protezione civile, con l'impegno a restituire al territorio la struttura con la fine dell'emergenza. Oggi salta fuori questa ipotesi che, a prescindere dalla verifiche che faremo nei prossimi giorni, è ipotesi insostenibile e insopportabile perché rappresenta, come al solito, la via alla gestione di una emergenza umanitaria come se fosse una questione di ordine pubblico". Amati e Fratoianni concludono sottolineando che la posizione della Regione Puglia si attesta "sul ragionevole punto di vista del Dipartimento nazionale di Protezione civile e del Prefetto Gabrielli, che più di una volta ha sostenuto solo la via umanitaria per la gestione di questa emergenza".
La notizia è trapelata dal ministero dell'Interno:, l'ex base Usaf di San Vito dei Normanni sarà il Cie cui verranno destinati i disperati di Lampedusa. A rilanciare la notizia è stato poi uno dei sindacati di polizia, il Silp Cgil di Brindisi, che in una nota avverte: "Ora siamo sicuri che oltre al Centro di identificazione ed espulsione di Restinco, il Centro di accoglienza richiedenti asilo sempre di Restinco e la tendopoli di Manduria avremo a breve un nuovo Cie nell'ex Base Usaf di San Vito dei Normanni".
La trasformazione dell'ex base Usaf, da anni in stato di totale abbandono, in un centro di accoglienza per immigrati è ipotesi lanciata a luglio scorso dal capo della Protezione civile Franco Gabrielli. Il presidente della Regione Nichi Vendola scrisse immediatamente al prefetto manifestando la disponibilità della Puglia a vagliare la proposta, non senza avere consultato gli enti locali e i sindaci dei Comuni brindisini coinvolti più strettamente dal progetto.
Dopo il sopralluogo delle scorse settimane da parte degli enti locali, Regione, Comune e Provincia di Brindisi oltre che tecnici della Protezione civile, un tavolo tecnico composto da tutti i soggetti interessati avrebbe dovuto pronunciarsi sulla fattibilità della ipotesi lanciata da Gabrielli. Secondo quello che riferisce il Silp Cgil, il governo ha bruciato le tappe. "Siamo seriamente preoccupati per la sicurezza dei cittadini di questa provincia  -  dichiara il sindacato di polizia -. Senza voler innescare sterili polemiche sull'inadeguatezza del sito per ovvie e facilmente riscontrabili problematiche legate alla mancanza di strutture di sicurezza ovvero sulla assoluta necessità di operare le previste bonifiche delle aree individuate, riteniamo che il comune denominatore che unisce le tre strutture è senza dubbio alcuno l'inadeguatezza numerica del personale attualmente presente a Brindisi per poter far fronte a questo ulteriore impegno connesso al fenomeno dell'immigrazione".
"Senza incrementi di personale e di investimenti sulla sicurezza la Polizia di Stato è in ginocchio", conclude il Silp, e aggiunge: "I cittadini di questo territorio hanno diritto ad essere rappresentati con serietà e con atti concreti e non con abili giochi da illusionismo, nessuno vuole più mistificanti prodotti venduti da imbonitori. Sono quanto mai urgenti i rinforzi di uomini, mezzi e tecnologie nella Polizia di Stato. I rappresentanti amministrativi dell'intera provincia dovranno essere incisivi e imperiosi e dovranno esigere e pretendere a tutti i livelli lo stanziamento e l'istituzione presso gli enti preposti di fondi da destinare esclusivamente ai bisogni della sicurezza".

 

" Immigrati. Fini: "Non possono esserci persone di serie A e B" .
"Favorire l'integrazione e combattere ogni forma di discriminazione nell'accesso ai diritti sociali e politici"
Stranieri in Italia, 26-09-2011
L'Aquila, 26 settembre 2011 - "Voglio indicare chiaramente quello che per me e' il dato piu' precipuamente politico, un dato che deve farci riflettere soprattutto davanti all'emersione, in una parte della societa' italiana ed europea, di pulsioni regressive dettate dalla paura e dal pregiudizio".
Cosi' il presidente della Camera, Gianfranco Fini, intervenendo all'Aquila ad una manifestazione nell'ambito dei festeggiamenti del 150esimo anniversario dell'Unita' d'Italia.
Riferendosi al fenomeno dell'immigrazione, Fini ha richiamato "la necessita' di favorire l'integrazione e di combattere ogni forma di discriminazione nell'accesso ai diritti sociali e politici". "Un rapporto tra pari all'interno della societa' riconosce uguali diritti ed uguali poteri - ha continuato Fini  -  non possono esserci persone di serie A e di serie B. E' una sostanziale eguaglianza codificata dalla nostra Costituzione e basata su quel profondo sentimento di solidarieta' che ci proviene da duemila anni di Cristianesimo e ce lo ricorda anche la nostra storia recente: una storia di emigrazione".


 
IL REPORTAGE
Nel paese dei bebé venuti da lontano "Qui nascono più stranieri che italiani" 
la Repubblica, 26-09-2011
JENNER MELETTI
Sorpasso in culla, il record di Novi di Modena. Per la prima volta in un Comune i figli di extracomunitari superano il 50% del totale. È il melting pot all'emiliana. Il sindaco: "I bimbi per noi sono bimbi, non hanno colore". E la Lega protesta
NOVI DI MODENA - Corrono sui larghi marciapiedi di piazza 1° Maggio, Ratil, Said, Floresita, Karanjiot e Aayan. Le loro mamme li controllano e li sgridano se si allontanano troppo. Su un muro, sopra la sala civica comunale, c'è un grande poster con decine di fotografie: il caporeparto italiano che insegna al pakistano come si usa il tornio.
Bimbi di tutti i colori alla scuola elementare, una famiglia indiana con nonna al centro, altri indiani in una stalla... Sotto, una scritta con l'articolo 3 della Costituzione: "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione...".
Sembra l'istantanea di un paese felice. Ma le voci che si sentono al bar Commercio, di fronte al municipio, raccontano un altro paese. "Questi qui, ormai, in dapertot, sono dappertutto. A sem pin 'd furaster, siamo pieni di forestieri".
"Questi qui" sono gli stranieri, che hanno cominciato ad arrivare agli inizi degli anni '90 e adesso sono 2.081, il 18,1% di una popolazione di 11.473 abitanti. E adesso, questi forestieri arrivati a Novi hanno conquistato un nuovo record: per la prima volta in un paese italiano - secondo gli studi della fondazione Leone Moressa di Venezia - le nascite di bambini figli di stranieri superano quelle dei figli di italiani, con il 51,4% del totale.
Entri all'anagrafe e capisci subito che il paese che pensava che Mantova e Reggio Emilia fossero all'estero è ormai un ricordo lontano. "Register office, bureau d'etat civil", dicono le targhe. In fila, cinesi e pachistani, una famiglia moldava e poi un'anziana di Novi, con badante romena. Il sindaco, Luisa Turci, del Pd - in giunta c'è anche Rifondazione - è stata per decenni dirigente della Cna ed è abituata a giocare a carte scoperte. "Anche questa notizia - dice - creerà polemiche. Novi piena di immigrati, il Comune che pensa solo agli stranieri, questi che arrivano per sfruttare i servizi e le risorse accumulate per decenni da noi novesi... Mi sembra già di sentire l'opposizione Pdl e Lega nel prossimo consiglio comunale. Bambini stranieri più numerosi degli italiani? Secondo me il fatto positivo è questo: nascono bambini, e i bambini sono bambini. Divento una iena, quando si cerca di discriminare un neonato o un ragazzino per il colore della sua pelle. Gli adulti stranieri, anche se più deboli, si possono difendere. I bimbi no. E noi dobbiamo imparare da questi piccoli. In prima elementare, dove ci sono cinesi, pachistani e tanti altri, ho chiesto a una bimba italiana: ci sono stranieri, nella tua classe? Lei mi ha guardato stupita e mi ha risposto: no, non ce ne sono. Per lei ci sono Lin, Said, Hajar, compagni di classe, non stranieri".
Alla Lega Nord il boom di nascite "extracomunitarie" è gradito come la grandine sull'uva. "Era prevedibile - dice Federica Boccaletti, capogruppo dell'opposizione - e con una politica come quella fatta dal Comune, inevitabile. Novi ha la più alta percentuale di stranieri della provincia di Modena, e il boom delle nascite è una conseguenza. Io non ho mai detto: via gli stranieri. Io dico: non basta dire venite da noi, bisogna fare una politica di integrazione. E per questa non servono i pranzi multietnici ma è necessaria un'opera di alfabetizzazione. Gli stranieri debbono conoscere le nostre leggi e le nostre tradizioni, e rispettarle. L'anno scorso c'è stato un drammatico campanello d'allarme ma non è servito a nulla".
Il 3 ottobre 2010 Hamad Khan Butt, pachistano, assieme al figlio Humair uccise con spranghe e pietre la moglie Begm Shnez, che difendeva la figlia Nosheen, perché non accettava un matrimonio combinato dai maschi di famiglia. Anche la ragazza fu ferita gravemente.
"Adesso che c'è la crisi - dice la capogruppo leghista - bisogna stare attenti con le risorse. Gli stranieri sono sempre in cima alle graduatorie per l'asilo, la materna e altri servizi. Hanno anche le case e i servizi, costruiti però dalle famiglie novesi che da secoli lavorano qui e producono reddito".
Il vicesindaco Italo Malagola e l'assessore Vania Pederzoli non si scompongono. Mostrano dati e tabelle. "Guardi la lista per i nidi e le materne. In testa ci sono gli italiani. Questo perché primo requisito per entrare in graduatoria è il lavoro di entrambi i genitori. Nelle famiglie straniere la donna è quasi sempre a casa e così non ottiene punti. E poi ci sono le rette per loro troppo alte, da 75 a 425 euro al nido, da 90 a 160 alla materna. E così i bambini stranieri nei nidi - noi diciamo purtroppo - sono 7 in tutto su 58. Le case comunali? Su 46 appartamenti solo 8 sono affittati ad extracomunitari. Nomi e cognomi di tutti coloro che hanno le case, sono in graduatoria per l'asilo o ricevono sussidi dal Comune, sono nostro sito internet e affissi nel'albo comunale. Anche con la crisi, riusciamo a ospitare nei nidi il 36,8% dei bimbi, contro il 27% della Regione e il 12% nazionale. Le polemiche comunque continuano, contro gli stranieri che rubano il pane agli italiani. Con tanta gente che non arriva a fine mese, chi arriva da lontano è il capro espiatorio ideale".
"Storie già vissute", dice Elvio Vezzani, che fu sindaco dal 1980 al 1995. "Allora il problema erano i meridionali, che venivano a fare gli intonacatori e i pavimentisti e secondo i novesi facevano prezzi stracciati rovinando il mercato".
Daniela Malavasi è stata sindaco dal 1997 al 2007. "Durante i miei mandati gli stranieri sono aumentati dal 4 al 15%, ma non c'erano ancora tensioni. Il loro numero è infatti cresciuto con i ricongiungimenti familiari, e in paese non si incontravano più maschi soli e senza relazioni".
Altri arrivi, nuove tensioni. Gli albanesi che furono i primi a cercare casa e lavoro ora sono 18 in tutto, i pachistani sono 432, i cinesi 788. "Si viveva di agricoltura, un tempo - dice il sindaco Luisa Turci - poi è arrivata l'industria, con la costruzione di scale. Ma con il blocco dell'edilizia ora tutto è fermo, l'industria è sparita". Le ultime donne che furono mondine nel Vercellese ora cantano in un bellissimo coro che fa tournée a New York, a Chicago e in Irlanda. In piazza 1° Maggio restano le donne del Pakistan, che con i loro figli che vanno a scuola parlano in italiano. "Vieni, è ormai ora di cena". 

 


Movimento chiede anche che vengano realizzate le opere di urbanizzazione
"La De Carolis va svuotata"
Il Messaggero, 26-09-2011
Il Polo civico: per evitare problemi nel centro mai più di 300 ospiti 
«L'amministrazione deve pretendera che alla De Carolis non si superi mai il numero di 300 ospiti. Solo cosi si potranno evitare problemi di xenofobia». È la tesi del Polo civico, che interviene nel dibattito apertosi in città negli ultimi tempi sui problemi creati dalla presenza dei migranti accolti nell'ex caserma sulla Braccia- nese. Il movimento afferma che il numero degli ospiti deve essere dimezzato rispetto a quelle attuale e sottolinea che gli immigrati «devono fermarsi il tempo strettamente necessario per gli adempimenti con- nessi al trasferimento in luoghi più congeniali», poiché una città «con un'economia traballante non può permettersi la presenza di centinaia di persone in cerca di lavoro». Il Polo civico propone anche che i 300.000 euro promessi dalla Polverini come premio alla città e destinati al restyling di piazzetta S. Maria, andrebbe- ro invece utilizzati per realizzare le opere di urbanizzazione alla De Carolis.

 

Braccianti e operai fantasma: nuova legge ma il carcere non ferma i «caporali»
Immigrati sottopagati nelle campagne. Carcere fino a 8 anni e 2 mila euro di multa per ogni «schiavo» sfruttato, eppure l'arruolamento illegale continua
Corriere della Sera, 26-09-2011
Michele Marangon

LATINA - Caporalato: il reato è nuovo, ma i problemi restano sempre gli stessi. A sei mesi dalla proposta di legge, la Finanziaria bis ha introdotto pene più severe - il reato diventa penale - prevedendo anche l'arresto per chi sfrutta i lavoratori in maniera sistematica e violenta. Ma basta visitare le campagne della provincia pontina, le coltivazioni ortofrutticole, i frutteti, le immense serre ed i vigneti, per rendersi conto che il comparto continua a reggersi sul lavoro di braccianti - per la maggior parte indiani, 4mila quelli stimati nel 2010 - senza contratto, senza diritti, sconosciuti allo Stato perché clandestini. Così come accade per gli operai-fantasama arruolati dai kapì alla periferia di Roma per centinaia di cantieri edili.
MANETTE SPAURACCHIO - La prospettiva di multe e manette, è evidente, non spaventa gli imprenditori che pur stanno subendo qualche controllo in più. Si scopre così che il nuovo reato è difficile da configurare e dunque da punire. I primi moti di soddisfazione da parte dei sindacati, in particolare la Cgil dei comparti edili ed agricoli - che nel maggio 2010 aveva organizzato da Latina a Viterbo proteste in piazza degli immigrati -, si stanno trasformando in una ennesima denuncia verso un Paese che vive di buoni propositi ma ha le armi spuntate per fermare l'illegalità. 
LEGGE MONCA - Il bilancio ad una decina di giorni dall'entrata in vigore del Ddl contro il caporalato non è esaltante. «In provincia il 16% del Pil proviene dall'agricoltura - dice Giovanni Gioia della Flai Cgil - e non possiamo lasciarlo in mano alle organizzazioni criminali». I sindacalisti sono convinti che dietro al caporalato e a quel 90% di lavoratori extracomunitari ci sia qualcosa di ben più articolato e temibile, un'organizzazione che la nuova legge non riesce a identificare e colpire. «Servono decreti attuativi che stabiliscano chi debba fare i controlli dotando le forze dell'ordine dei giusti strumenti - dice Gioia - e soprattutto occorre che si definisca meglio la figura del caporale».
IL NUOVO REATO - Basta scorrere l'articolo 12 del decreto legge 138/2011 per capire che - fatte salve le premesse sufficientemente ancorate alla realtà - di fatto manca qualcosa. Vi si legge che «chiunque svolga un'attività organizzata di intermediazione, reclutando manodopera o organizzandone l'attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento, mediante violenza, minaccia o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori, è punito con la reclusione da cinque a otto anni e con la multa da 1000 a 2000 euro per ciascun lavoratore reclutato». Inoltre costituisce indice di sfruttamento «la sistematica retribuzione dei lavoratori in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato…».
ARMI SPUNTATE E 3 EURO L'ORA - Ma se il ritratto dello sfruttatore appare ben definito, il legislatore ha dimenticato che nella maggior parte dei casi i lavoratori sono dei veri e propri invisibili, fantasmi che denunciando le condizioni di vita disumane verrebbero espulsi senza possibilità di recuperare le migliaia di euro spesi per il viaggio della speranza in Italia, spesso intascati da mercanti di uomini senza scrupoli.
In provincia di Latina lavorano migliaia di cittadini del Punjab, localizzati tra Aprilia, il capoluogo, Sabaudia, San Felice, Terracina e Fondi. Tengono in piedi il settore dell'ortofrutta (ed anche quello zootecnico ) locale al pari dei «colleghi» del Nord Italia dai quali dipendono allevamenti bovini e produzioni tipiche come il Grana Padano. In questi giorni le campagne sono colme di braccianti sfruttati dall'alba al tramonto per 3 euro l'ora: gli unici controlli di cui si è avuto notizia sono quelli dei carabinieri e dell'ispettorato del lavoro. In alcuni casi si usa l'elicottero per sorvolare i vigneti e coltivazioni per indirizzare le pattuglie. Il bilancio è di una manciata di ammende, ma di arresti neanche uno.
PALESI ANOMALIE - «Servirebbe una task force che si dedichi a controlli sistematici - dice ancora Giovanni Gioia - mentre è completamente assente quell'analisi, quell'incrocio di dati ufficiali che già da solo fa comprendere le anomalie del sistema produttivo locale. Alla Camera di commercio sono registrate 11mila tra aziende agricole e florovivaistiche, mentre di lavoratori agricoli al collocamento ce ne contano 9mila, neanche uno per azienda». Così come è assurdo, prosegue Gioia, «che non via sia nemmeno una denuncia di infortunio nelle campagne. In questo panorama il reato di caporalato è difficilmente contestabile».
BATTAGLIA PER I DIRITTI - La nuova legge viene vista solo come un punto di partenza. Prosegue Giovanni Gioia insieme al responsabile del settore edile della Cgil Ezio Giorgi: «Avere un quadro normativo più puntuale e certo (ricordiamo che in precedenza il caporalato era un reato civile con un’ammenda prevista di 50 euro a lavoratore sfruttato) ci consente di rivendicare e rilanciare con qualche strumento in più la battaglia per la difesa dei diritti e della dignità dei lavoratori e del lavoro e, ci auguriamo possa essere anche un sistema disincentivante per tutti quei malfattori che fanno dello sfruttamento il loro business».
Intanto, ogni mattina all'alba, centinaia di Sikh con le loro biciclette scassate si recano dalle miriadi di «Little India» pontine verso i campi, per guadagnarsi il pane: qualcuno è vittima dello sfruttamento ad opera dei propri concittadini, altri di organizzazioni criminali nostrane. Molti di più quelli che debbono sottostare alla logica di un profitto che gli imprenditori locali mandano a memoria: «Con questa crisi se dovessi prendere un bracciante in regola non andrei avanti...».

 

È Baranzate il paese più multietnico d’Italia
Avvenire, 24-09-2011
Paolo Lambruschi
Babele alle porte di Milano, a dieci chilometri dal Duomo. Appena usciti dalla metropoli, appoggiato alle mura del grande ospedale Sacco, c’è il quartiere con più residenti stranieri d’Italia. Secondo uno studio della Fondazione «Leone Moressa», Baranzate - comune nato nel 2005 dalla scissione da Bollate - è al primo posto in graduatoria nazionale con Pioltello, altro municipio del Milanese. Ma a Baranzate, dove quasi un abitante ogni cinque è straniero (il 26,5% di 11.144 abitanti, suppergiù tremila persone), l’immigrazione è concentrata in un’area, quella di via Gorizia, poche strade di casermoni tirati su in fretta 40 anni fa e capannoni ormai dismessi.
Qui l’immigrazione è un nastro trasportatore che scorre verso Nord, lungo la direttrice della Varesina. Chi ce la fa, trasloca a Bollate e in media resta pochi anni. Prima sono arrivati i meridionali, che fino agli anni 80 trovavano posto subito in una zona che aveva 40mila posti di lavoro nel settore manifatturo. Poi è stata la volta degli albanesi. Oggi, con la crisi che ha tolto l’80% dei posti, ci vivono 70 etnie attirate dai prezzi bassi degli appartamenti - 120mila euro per un trilocale. Più della metà degli abitanti non è nata in Italia e la tripartizione è perfetta: un terzo europei dell’Est (romeni, moldavi e albanesi), un terzo africani (senegalesi e maghrebini) e un terzo asiatici (cinesi e filippini).
Anche sul totale delle nascite Baranzate è nelle prime tre posizioni nel Belpaese con metà delle culle occupata dalle seconde generazioni.
«Attorno all’altare – spiega il parroco di Sant’Arialdo don Paolo Steffano, 46 anni, motore dell’integrazione con progetti per donne, adulti e bambini – alla messa domenicale vedi chierichetti da tutto il mondo. E la prima lettura è sempre in spagnolo o in cingalese». Nell’anagrafe parrocchiale delle abitazioni compare spesso la scritta «unica famiglia italiana».
La povertà è diffusa, la Caritas aiuta parecchie famiglie ad arrivare a fine mese, italiani compresi. In alcuni condomini per la morosità di pochi viene tagliato il gas a tutti, anche a chi è in regola, e questa è la principale causa di tensione interetnica.
Ma è sbagliato chiamarlo ghetto. Basta girare via Gorizia, lunga e stretta, con i negozi degli italiani e degli immigrati che si alternano, guardare colori ed etnie del quartiere più multietnico del Belpaese: il bar dei cinesi, il kebab-pizzeria dei senegalesi, la lavanderia a secco con le sedie per sedersi a chiacchierare. Immagini da periferia londinese, ma non è Brixton pronta ad esplodere: grazie anche ai progetti di integrazione della parrocchia il tessuto tiene. Un pensionato del Sud racconta lo spettacolo della mattina alle sette, quando la via-babele brulica di persone in partenza per Milano a lavorare o con la speranza di trovare lavoro. «Come facevamo noi – chiosa – e chi lavora e ha famiglia non ruba, non vuole problemi».
A metà via la Caritas della parrocchia offre servizi di ricerca lavoro, la scuola di italiano alle donne di pomeriggio mentre quella per i lavoratori è serale, con punte di 70 allievi. E mette a disposizione di un quartiere di giovani famiglie con figli piccoli e senza nonni, pensionati i cui nipoti sono in altre città. Poi ci sono le nuove associazioni etniche e molte coppie miste a provare, a dare un’identità a quest’angolo di periferia sul quale è fiorita una letteratura.
La strada e i suoi variopinti abitanti sono infatti finiti in un mensile di geografia, mentre su questa «frontiera dell’immigrazione» ha pubblicato una ricerca l’Ismu della Fondazione Cariplo con il docente della Cattolica Guido Lucarno. L’edicola del signor Lombino espone la vetrofania della «Jeune Afrique», rivista per africani francofoni.
«Non ci sono grossi problemi di integrazione – conferma il titolare – al massimo sono i ragazzini rom del campo di via Monte Bisbino a creare problemi». Altro caso da studiare, quello del campo di proprietà rom cui Milano ha chiuso gli accessi e che ha l’unico sbocco su Baranzate.
Giuseppe Corbari è il primo sindaco del neo comune. Ha 70 anni ed e arrivato a Baranzate nel 1952, quando contava 812 abitanti. «L’integrazione non è facile. Pensi solo cosa significa spiegare la raccolta differenziata in tutte le lingue. Poi purtroppo ci sono famiglie italiane che tolgono i bambini da scuola perché la vista degli immigrati dà una percezione di insicurezza anche in strada. Posso capirli, ma le nostre scuole stanno facendo un lavoro eccezionale».
Intanto i tagli hanno decurtato del 70% le risorse sociali destinate in prevalenza all’immigrazione,  l’anno prossimo si rischia di non avere più soldi per l’integrazione in un pezzo di città dove le identità vengono a frantumarsi per poi ricomporsi.


 

 

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