Il PD studia una proposta per realizzare la “immigrazione selettiva” dividendosi sul meccanismo da attuare se per “quote” o “a punti”.
All’Assemblea nazionale viene criticato il documento proposto da Livia Turco e l’ala veltroniana con gli ex Margherita propongono a sorpresa un meccanismo “a punti”.
11 ottobre 2010 ImmigrazioneOggi

“Immigrazione selettiva” che dovrà poi tradursi in un meccanismo da definire: a “quote” oppure a “punti”. È la proposta emersa dal gruppo di lavoro sull’immigrazione del Partito Democratico e successivamente approvata dall’Assemblea nazionale.
Un testo che segna però un’ulteriore spaccatura all’interno del maggiore partito di opposizione, consumatasi nel corso del gruppo di lavoro sull’immigrazione di sabato scorso a cui hanno partecipato oltre cento delegati.
Il documento base redatto da Livia Turco proponeva criteri selettivi per l’immigrazione lasciando al dibattito l’identificazione del meccanismo attuativo. A proporre il criterio dell’ingresso a punti è stato Alessandro Maran, a nome del gruppo dei 75 di Veltroni-Gentiloni-Fioroni. Una proposta – studiata dal demografo e senatore Livi Bacci – che non è piaciuta al resto del partito che, per voce di Livia Turco, ha detto che esiste già il meccanismo delle quote nelle legge che porta il suo nome.
Una spaccatura che non si è sanata nel corso della riunione e che ha portato all’approvazione di un “verbale” da portare in Assemblea nazionale. In esso – successivamente approvato – si afferma che si è d’accordo sull’immigrazione selettiva e che il documento Maran propone l’ingresso a punti su cui “il Forum lavorerà in vista di una Conferenza nazionale sull’immigrazione, che dovrà definire il meccanismo di selezione”.
La proposta degli ingressi “a punti” è stata oggetto di critiche anche da parte del Governo che, con un articolo del sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano su Il Giornale l’ha definita “un modo di fare politica che consiste nel proporre norme che, fra legge già varata e regolamento in fase di varo, sono state appena approvate. Norme che il medesimo partito, senza incertezze e all’unisono, aveva bocciato quando se ne era discusso in Parlamento”.
La spaccatura sull’immigrazione all’interno dell’Assemblea nazionale di Varese riguarda anche altri aspetti e non si tratta di una divaricazione maggioranza-minoranza interna, visto che i testi proposti, tre in tutto, hanno raccolto firme “trasversali”. A non essere piaciuta a molti è l’impostazione generale del documento Turco. Per esempio, si legge nel testo firmato tra gli altri da Maria Letizia De Torre, “c’è una logica rovesciata”: si parla “soprattutto ai 4-5 milioni di immigrati” mentre si “parla poco ai 56 milioni di italiani”. Dunque c’è bisogno di chiarire cosa il Partito Democratico dice “agli italiani sul futuro dell’immigrazione”, a “quali politiche di ammissione” pensa, “come si intende contrastare l’irregolarità”. Ancora più duro è il tono del testo firmato, tra gli altri, da Giorgio Merlo. “Il documento ha un tono pedagogico”, si dice, “come se lo scopo del partito fosse quello di far cambiare idea ai cittadini riottosi” anziché comprendere “cosa c’è nella testa e nella pancia degli elettori”.
Il comunicato finale del PD ha ricordato che “i documenti presentati non configurano linee alternative ma sottolineano la necessità di prendere in carico le paure degli italiani, di selezionare l’immigrazione secondo criteri di qualità, introducendo anche in Italia il sistema della selezione a punti”.
(Red.)
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