Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

Le amnesie delle politiche migratorie

Valerio Onida
La prima impressione, di fronte alle norme del “pacchetto sicurezza” dedicate agli immigrati, e alla successiva proposta di “regolarizzazione” di badanti e collaboratori familiari, è quella di un atteggiamento schizofrenico del legislatore.

Il 15 luglio viene promulgata la legge che, fra l’altro, introduce il nuovo reato di “ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato”, “criminalizzando” tutti gli stranieri non in regola con il permesso di soggiorno. Non è passato nemmeno un giorno, ed ecco il Governo promuovere in Parlamento un emendamento che sospende di fatto l’applicazione del nuovo reato nei confronti di badanti e colf, fino al 30 settembre o fino all’eventuale rigetto della domanda di regolarizzazione (salvo però tornare ad applicarlo in caso di mancata regolarizzazione: col che potrebbe profilarsi una sorta di autodenuncia per coloro le cui domande saranno respinte). Ce ne sarebbe dunque abbastanza per constatare quanto siano fondati i rilievi sull’improprio modo di legiferare del Parlamento, mossi dal Capo dello Stato (senza però effetti giuridici di sorta) nella lettera al Presidente del Consiglio che ha accompagnato la promulgazione del “pacchetto”.
Ma è forse più interessante domandarsi quali siano, e se siano da condividere, gli indirizzi del Governo e della maggioranza in tema di politiche migratorie. I movimenti migratori sono, come è noto, un fenomeno di massa non evitabile, collegato a fattori e realtà propri del nostro tempo e del nostro mondo globalizzato. La Costituzione (scritta in un’epoca in cui erano gli italiani a emigrare) si limita a stabilire che la Repubblica “riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell’interesse generale, e tutela il lavoro italiano all’estero” (articolo 35). Quanto agli stranieri, si limita a riconoscere il diritto di asilo a coloro cui sia impedito nel loro paese l’esercizio delle libertà democratiche (articolo 10). Ma la libertà di emigrazione è espressamente riconosciuta a “ogni individuo” dall’articolo 13 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, e riguarda dunque anche chi nel nostro paese viene o vuole venire, non solo chi vuole andarsene. 
Qual’è dunque la politica dell’Italia riguardo a questo fenomeno, quando la investe come destinataria e non più come origine di flussi migratori? In realtà il nostro paese non si è mai data una seria ed efficace politica dell’immigrazione. Consideriamo un solo elemento: chi entra in Italia (legalmente o illegalmente), salva la ristretta minoranza che lo fa per darsi ad attività magari lucrose ma illecite, è alla ricerca di un lavoro per assicurare a sé e alla famiglia mezzi di sostentamento, e delle correlative condizioni  di vita (alloggio, servizi). E’ dunque determinante, tanto più per un paese come il nostro in cui vi è un’offerta di lavoro che rimarrebbe altrimenti insoddisfatta (non solo per badanti e colf), consentire e favorire l’accesso degli immigrati al lavoro. Ma la nostra legislazione richiede, per consentire tale accesso, che lo straniero sia munito di un permesso di soggiorno  che abiliti al lavoro medesimo; tuttavia la concessione di un tale permesso è a sua volta subordinata alla dimostrazione della disponibilità del lavoro. E’ un serpente che si morde la coda: ed ecco l’ipocrisia di “quote” annuali di ingresso per gli stranieri, formalmente destinate a soddisfare richieste di persone residenti all’estero che vogliono immigrare, e che di fatto  vengono usate invece per persone che già si trovano nel nostro territorio, regolarmente o irregolarmente. D’altra parte, qual è il datore di lavoro (famiglia o imprenditore) che assume il lavoratore a 5000 chilometri di distanza, senza conoscerlo? Eppure la nostra legge non prevede la possibilità di soggiornare legalmente alla ricerca di un lavoro: l’istituto dell’ingresso garantito da uno sponsor, per inserimento nel mercato del lavoro,  introdotto nel 1998, venne abolito dalla legge Bossi-Fini del 2002. E sarebbe interessante sapere quante e quali siano (temo ben poche) le attività di formazione professionale nei paesi di origine, finalizzate all’”inserimento mirato” nei settori produttivi italiani, effettivamente realizzate secondo la previsione di legge che ha sostituito quella degli sponsor. 
Per converso, le frequenti modifiche legislative degli ultimi anni sono state tutte volte, come quelle del “pacchetto sicurezza”, a “indurire” il trattamento riservato agli stranieri, in un’ottica che vede nell’immigrato quasi solo un pericolo per la sicurezza pubblica. E se ora si regolarizzano badanti e colf, non è per una resipiscenza, ma solo per l’egoistico timore di privare le famiglie di un sostegno ad esse necessario. A loro volta le politiche locali assai spesso sono andate nella direzione di discriminare, non di rado illegittimamente, nell’accesso ai servizi pubblici e alle prestazioni sociali, e nell’esercizio di diritti elementari come la libertà religiosa, gli stessi immigrati regolari, visti come sgraditi “concorrenti” degli italiani o come minaccia per la nostra “identità”.
Non ultima, c’è la questione della partecipazione degli stranieri alla vita pubblica. Fin dal 1992 esiste una convenzione del Consiglio d’Europa in base alla quale gli Stati aderenti si impegnano, fra l’altro, a riconoscere agli stranieri regolarmente residenti da cinque anni l’elettorato attivo e passivo nelle elezioni locali: ebbene, l’Italia non  aderisce a questa parte della convenzione, e dunque nelle nostre città centinaia di migliaia di stranieri che vivono, lavorano, pagano le tasse e usano i servizi locali sono esclusi dall’esercizio dell’elementare diritto di partecipare alla scelta degli amministratori: con buona pace dell’idea stessa di democrazia.


da Il Sole 24 Ore, 20 luglio 2009

Share/Save/Bookmark
 


 

Perchè Italia-Razzismo 


SPORTELLO LEGALE PER RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO

 

 


 

SOS diritti.
Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
leggi tutto>

Mappamondo
>Parole
>Numeri

Microfono,
la notizia che non c'è.

leggi tutto>

Nero lavoro nero.
leggi tutto>

Leggi razziali.
leggi tutto>

Extra-
comunicare

leggi tutto>

All'ultimo
stadio

leggi tutto>

L'ombelico-
del mondo

Contatti


Links