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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

31 dicembre 2010

LA LETTERA
Presidente Napolitano, perché l'Italia è avara con i profughi?

LUIGI MANCONI
Signor Presidente,  questa mattina ho avuto modo di visitare l'edificio dell'ex ambasciata della Somalia in Italia, sito in via dei Villini numero 9. nel centro di Roma. L'edificio è privo di acqua corrente e di elettricità, gli infissi sono in gran parte divelti, le porte sono scardinate e mancano moltissimi vetri, i muri sono corrosi dall'umidità e la vecchia carta da parati è ammuffita e lacerata, ovunque rifiuti ammassati, i due servizi igienici sono precari e insufficienti, una stanza del palazzo è adibita a cucina e per accendere il fuoco si versa dell'alcool per terra, sul tetto c'è un cassone di amianto in cui scorre dell'acqua che viene utilizzata per bere e lavarsi, i topi scorrazzano numerosi per lo stabile. Qui vivono, alcuni di loro da anni, circa 150 somali.
Sono profughi: rientrano, cioè, in quella categoria solennemente riconosciuta dalla convenzione di Ginevra del 1951, che definisce tali coloro che vengono perseguitati nel proprio paese per motivi di razza, religione, cittadinanza, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le proprie opinioni politiche. L'Italia che ha firmato quella convenzione, ha riconosciuto come meritevoli di protezione umanitaria quei 150 somali e quelle altre centinaia di afghani, eritrei, etiopi, nigeriani e congolesi che hanno trovato riparo precario negli insediamenti improvvisati di Ponte Mammolo, Romanina, via Collatina e del binario 15 della stazione Ostiense. Sono circa 1500 a Roma e circa 9000 in tutta Italia e si trovano a vivere in condizioni che
non è esagerato definire subumane.
Si tratta di persone che godono dello status di rifugiati o della cosiddetta protezione sussidiaria: sono riconosciuti, cioè, come perseguitati nel proprio paese di origine e meritevoli di tutela. Ma nulla, o quasi nulla, viene fatto per garantire loro l'inserimento sociale, la ricerca di occupazione, l'accesso ai servizi e ai diritti di cittadinanza. L'Italia rivela una singolare avarizia nei loro confronti, dal momento che ne ospita meno di un decimo di quanti ne ospita la Germania, e che destina loro una quantità assai esigua di risorse. Definisco singolare tanta avarizia perché essa sembra fondarsi su un processo di rimozione di un fatto storico determinante nella nostra vicenda nazionale. Settanta, ottanta anni fa molti antifascisti italiani ripararono all'estero: si fecero clandestini, fuggiaschi, profughi in terra straniera, talvolta accolti da governi democratici, talaltra perseguitati da polizie ostili. Sandro Pertini e i fratelli Rosselli, Gaetano Salvemini e Bruno Buozzi, Leo Valiani e Giorgio Amendola e migliaia e migliaia di altri anonimi erano - per tratti culturali, politici, sociali e psicologici  -  molto diversi da chi fugge oggi dalla Somalia o dall'Afghanistan, ma per altrettanti tratti molto simili.
Signor Presidente, Lei, più giovane di quegli uomini, appartiene tuttavia a quella stessa storia e sa che in quel migrare fuggire e cercar riparo altrove si formarono donne e uomini che contribuirono a conquistare la libertà per il loro paese e a costruire una società democratica. E sa anche come quella memoria venga oggi malintesa e maltrattata: e forse questo costituisce una delle ragioni che rendono l'Italia così ingrata e così avara verso coloro che oggi sono, a loro volta, perseguitati e fuggiaschi in ragione delle loro idee o della loro identità nazionale o religiosa, etnica o politica. Converrà con me Signor Presidente che una democrazia forte e stabile come quella italiana e un Paese avanzato e progredito come il nostro debba essere in grado di accogliere alcune decine di migliaia di persone e di offrire loro una opportunità di vita dignitosa.
Cordiali saluti e Buon Anno
*L'autore della lettera è presidente dell'associazione "A Buon Diritto"



RIFUGIATI: ASSOCIAZIONI,TRAGICA SITUAZIONE IN EX AMBASCIATA SOMALA

(AGI) - Roma, 30 dic. - "Siamo qui ad illustrare una situazione di massimo allarme, che configura uno stato di emergenza umanitaria nell'ex ambasciata somala dove abitano persone con le carte in regola". E' il messaggio lanciato oggi da un gruppo di associazioni nel corso della conferenza stampa allestita nell'ex sede diplomatica della Somalia a Via dei Villini a Roma, organizzata insieme alla Federazione nazionale della stampa. Lo stabile si e' trasformato da anni in dormitorio per oltre 140 profughi somali, che vivono in condizioni disumane e disastrose, senza acqua potabile, senza riscaldamento, senza elettricita', tra i topi e la sporcizia, che per cucinare usano fazzoletti imbevuti con l'alcol, dormendo in locali quasi senza piu' finestre.
I presidi allestiti dall'associazione Medici per i Diritti Umani (Medu) testimoniano giornalmente la precaria condizioni di salute di alcuni di loro che necessitano di cure immediate.
"La situazione - ha detto Sukri Said, Presidente dell'associazione Migrare - e' paragonabile ad un'emergenza umanitaria". E' vergognoso - ha sottolineato Said - il silenzio e l'indifferenza delle autorita' in merito a questa storia".
E' stato Luigi Manconi ex-parlamentare e presidente dell'associazione Buon Diritto ad esprimersi a nome delle associazioni che si battono per sollevare il caso (Fnsi, il Cir, Medici per i diritti Umani, Migrare e Articolo 21). "E' un vero scandalo, qua non parliamo di clandestini o irregolari, ma di persone alle quali lo stato italiano ha riconosciuto lo status di Rifugiati politici, il quale prevede per il diritto italiano ed internazionale determinati interventi di protezione". Alla conferenza stampa ha partecipato l presidente del III Municipio, che ha sottolineato "il paradosso" di questa storia nella quale le associazioni si sono "sostituite alle autorita'.
Per Valeria Carlini del Consiglio Italiano per i Rifugiati (Cir), "all'Italia manca un sistema di accoglienza per i rifugiati, e una legge organica che li tuteli" .
"A Roma - ha spiegato la Carlini - vivono circa 8000 rifugiati, ma sono soltanto 1.023 i posti a disposizione e 1.039 le persone in lista di attesa che aspettano mediamente 6 mesi".
"A Roma - hanno spiegato le associazioni presenti - sono 5 i luoghi della cosiddetta 'Accoglienza Informale' dove i profughi vivono in uno stato di totale degrado: binario 15 della stazione Ostiense, le baraccopoli di Ponte Mammolo, via Arrigo Cavaglieri (Romanina), via Collatina e l'ex ambasciata somala". (AGI) Rmb



Profughi somali nell'Italia «avara»

Liberazione, 31-12-2010
Stefano Galleani
«Ogni lotta per la giustizia passa per 5 fasi: l'indifferenza, il ridicolo, la calunnia, la repressione, il rispetto». La frase di Gandhi scritta in rosso con una bomboletta di vernice scende da uno striscione appeso al secondo piano di quella che un tempo era una bella palazzina liberty nel cuore di Roma.   
Via dei Villini 9, ad un passo da Porta Pia, uri tempo era la sede dell'ambasciata somala, poi, all'inizio degli anni Novanta, dopo lo scoppio della guerra civile, è stata abbandonata. Da anni è diventato un riparo per rifugiati o cittadini somali a cui è stata riconosciuta la protezione sussidiaria. Oggi sono circa in 140 e la situazione è da almeno un anno insostenibile. Non ci sono più lu-' ce e acqua, due bagni in condizioni fa-tiscenti, immondizia e topi dappertutto, materassi accatastati zuppi d'acqua e sporchi, persone costrette a dormire in quello che un tempo era un garage. Sono rimasti nella invisibilità più totale, hanno fatto presidi, dimostrazioni, si sono rivolti alle istituzioni per recla-mare civilmente i propri diritti. In molti hanno desistito, hanno provato a cercare fortuna in altri paesi europei dove al diritto d'asilo corrisponde adeguata accoglienza, dove esistono piani capaci di portare ogni singola persona verso la propria autonomia. Ma le maglie della Convenzione di Dublino, per cui questi diritti sono esigibili solo nel paese in cui si è chiesto asilo, si sono strette su di loro. Un con¬trollo delle impronte digitali e già è pronto l'aereo che li riporta nella "prigione Italia". Sì perché l'Italia, priva di una legge organica sul diritto d'asilo, «avara e crudele», come è stata definita da Luigi Manconi, presidente di "A buon diritto", è diventata una enorme galera in cui si vive in un eterno e fallimentare presente.
"A buon diritto" insieme ad associazioni come "Articolo 21", "Migrare" e la "Fnsi" hanno tenuto ieri nei locali dell'ambasciata una affollatissima conferenza stampa per denunciare quella che è diventata una vera e propria emergenza umanitaria. Oltre ai tanti giornalisti erano presenti parlamentari, il presidente del terzo Municipio Dario Marcucci, rappresentanti del Cir, dell'Acnur, dell'Arci e di Medu (Medici per i diritti umani), esponenti del Pd e del Prc, ma sono state le parole dei ragazzi che vivono quella terribile condizione materiale, a imporsi per efficacia e drammaticità. «Dovremmo amputarci le mani - ha detto con freddezza Abdullah - così non avrebbero più le nostre impronte e potremmo viaggiare verso paesi disposti ad accoglierci. Io aedo che i nostri popoli siano amici, ma le istituzioni ci discriminano. Noi chiediamo solo di poter camminare con le nostre gambe».
Abdullah era scappato in Svezia ma lo hanno rimandato in Italia. Zachariah invece è fuggito da Mogadiscio, ha fatto tutta la traversata per paesi e deserti, è rimasto sette giorni su una barchetta per arrivare in Italia. I suoi avevano venduto le loro terre sperando ben presto .di avere un figlio al sicuro e in grado di mandare soldi a casa: «A Mogadiscio rischiavo per le pallottole; qui rischio per la mia condizione psico-fisica, per le umiliazioni quotidiane. Io credevo che l'Italia fosse un paese migliore. E pensare che mio nonno è morto per difende¬re i vostri soldati, quando eravamo una vostra colonia. Adesso sembra che tutti chiudano gli occhi e della nostra esistenza importa poco o nulla». Roberto Natale si è impegnato, a nome della Fnsi, a fare in modo che a questa vicenda si dia maggiore spazio; Vincenzo Vita (parlamentare Pd e di Art 21) ha assicurato una interrogazione parlamentare urgente ed un disegno di legge in materia; dal Municipio hanno garantito che incalzeranno le istituzioni preposte per giungere ad una soluzione. Ma ha ragione Claudio Graziano dell'Arci a dire che bisogna fare i conti con il fatto che l'accoglienza a Roma è semplicemente fallita, già con la precedente amministrazione. In una città così grande in cui si riversa la gran parte dei richiedenti asilo, ci sono 1023 posti per la prima accoglienza a fronte di altri 1039 rifugiati che hanno fatto richiesta. Vince l'accoglienza "informale", quella autogestita, magari in stabili occupati, che non costa nulla alle istituzioni, non crea responsabilità, ma lascia le persone in un limbo e in condizioni inumane. Vince una gestione da Ponzio Pilato insomma che costringe le persone nel degrado e nella solitudine. I ragazzi di via dei Villini, i loro connazionali sparsi per la città chiedono risposte in tempi brevi. Non è possibile restare nei locali dell'ambasciata; peraltro l'ambasciatore in rappresentanza del governo di transizione riconosciuto dall'Italia ha chiesto di rientrarne in possesso. Comune, prefettura e governo conoscono bene questa come le altre situazioni critiche, esistono fondi mai utilizzati o mal gestiti per elaborare progetti che aprano ad un futuro, ma ognuno si rilancia la patata bollente. Si dice che Roma non ha spazi per queste persone, che si dovrebbero distribuire sul territorio nazionale. I ragazzi sono stati censiti e sono disponibili a muoversi, ma finora non c'è stata nessuna proposta. Ci si prepara anche a ricorrere per vie legali visto che diritti sanciti dalla Costituzione non sono stati garantiti ma intanto a Via dei Villini arriva un capodanno gelido. Ieri c'erano i riflettori accesi. Riflettori che non vanno spenti.



EMERGENZA UMANITARIA
Il dramma dei profughi di via dei Villini  "Con lo status di rifugiato ma abbandonati"
Condizioni di degrado indescrivibili per i somali nella ex sede diplomatica del loro paese, senza corrente elettrica, con solo due bagni a disposizione, in un'atmosfera irrespirabile per la puzza, tra i topi che circolano in mezzo ai materassi umidi adagiati sui pavimenti. Le proposte avanzate
la Repubblica, 30-12-2010
CARLO CIAVONI
ROMA - Situazioni oltraggiose per la dignità della persona, come quelle visibili a tutti nella palazzina dell'ex ambasciata somala di via dei Villini a Roma, non sono che il risultato diretto dell'avarizia delle istituzioni italiane, rispetto al fenomeno planetario dei richiedenti asilo politico e più  in generale degli immigrati. Di questo s'è parlato nel corso della conferenza stampa nella sede della ex sede diplomatica della Somalia in via dei Villini, a Roma, dove vivono 140 persone, in condizioni di degrado indescrivibili, senza corrente elettrica, con solo due bagni a disposizione, in un'atmosfera irrespirabile per la puzza, tra i topi che circolano in mezzo ai materassi umidi adagiati sui pavimenti. Tutti fuggiti da quel paese, in preda alla furia devastatrice di una guerra civile gestita da bande armate senza alcun controllo da parte dei pubblici poteri.
"Adesso arrangiati". Una volta preso atto dalla stampa e dalle numerose reti televisive presenti dello stato indecente in cui vivono da anni i rifugiati somali, Shukri Said ha spiegato in breve il nodo del problema che li riguarda. "La questione è semplicissima  -  ha detto  -  lo Stato italiano rispetta la sua stessa Costituzione che, nell'articolo 10, prevede l'accoglienza di chiunque abbia ragione di fuggire da guerre o discriminazioni etniche, politiche o religiose. Il fatto però è che, dopo l'accoglienza non c'è più altro. Si ottiene un pezzo di carta, dove c'è scritto che sei rifugiato, ma poi a voce  ti dicono: 'adesso arrangiati'".  Un "guardare dall'altra parte" delle istituzioni dello Stato, comune persino all'ambasciatore somalo, Nur Hassan Hussen, che rappresenta attualmente un "Governo di transizione", il quale dalla sua sede provvisoria di via dei Gracchi 305, non perde tempo e chiede al ministero degli Interni di mandare i celerini per cacciare via le 140 persone e rientrare così in possesso della sede di via dei Villini. 
L'accordo di Dublino. A rendere ancor più ostile la situazione, c'è il Regolamento di Dublino II° del 2003, concepito per evitare il cosiddetto "asylum shopping", e imponendo che le richieste di asilo politico vengano trattate dallo Stato dell'UE che accoglie per primo l'immigrato. Ragione per la quale, chiunque tra i rifugiati somali decidesse di uscire dall'Italia per chiedere ospitalità e integrazione in un altro Stato europeo, verrebbe comunque rimandato in Italia, per finire in uno dei tanti "via dei Villini" che esistono.
Le proposte. C'è chi, come il senatore Vincenzo Vita (Pd) parla di un disegno di legge al quale l'opposizione tenterà di imprimere un'accelerazione, capace, appunto, di far seguire all'accoglienza dei rifugiati anche un percorso di protezione e integrazione fino a rendere autonome e in grado di badare a se stesse le persone. Ma c'è anche l'impegno del presidente del III° Municipio del Comune di Roma, Dario Marcucci, il quale si è impegnato a sollecitare l'assessore alle politiche sociali, Sveva Belviso e il sindaco Alemanno, per adottare immediatamente delle misure che attenuino quanto meno la situazione di degrado attuale.   
Le distrazioni della stampa. All'incontro di via dei Villini - fortemente voluto e organizzato da Shukri Said, somala ma cittadina italiana, segretaria e portavoce dell'Associazione Migrare - hanno partecipato, oltre che Luigi Manconi, presidente di "A Buon Diritto", Roberto Natale, presidente della Federazione della Stampa, il quale ha detto di provare vergogna per aver constatato come in questi ultimi giorni tanto si sia saputo a proposito del figlioletto di Elton John e quasi nulla su questa sulla vicenda dei profughi somali.   Inoltre, erano presenti Valeria Carlini, in rappresentanza del Cir (Consiglio Italiano Rifugiati), il coordinatore del Forum Immigrazione del Pd, Marco Paciotti; Federico Fossi, in rappresentanza di Laura Boldrini dell'UNHCR, oltre a rappresentanti dell'Arci e Rifondazione Comunista.
Ma non è l'unico caso. Un destino di abbandono, quello dei rifugiati riconosciuti come tali e quindi titolari di protezione dello Stato italiano, che riguarda anche altri quattro "galere putrescenti", nel tempo sorte nel perimetro della capitale d'Italia. Luoghi che portano il nome di via Arrigo Cavalieri, nella sede dell'ex Enasarco, alla Romanina, dove da tempo abitano in condizioni indecenti 500 persone, tutte provenienti dal Corno d'Africa (Somalia, Etiopia, Eritrea); via Collatina, con altre 500 persone, originarie anche queste dalle ex colonie italiane in Africa; il binario 15 della stazione Ostiense, da anni luogo d'approdo degli afgani in fuga verso l'Europa.



LO SGOMBRO • Maroni risponda sul blitz della polizia

il manifesto, 31-12-2010
Il 19 novembre è stata presentata alla Camera dalla deputata dei radicali Rita Bernardini  un'interrogazione al ministro dell'Interno Maroni sullo sgombero dell'ex ambasciata somala di Via dei Villini a Roma. Bernardini e altri 6 parlamentari che hanno firmato il documento chiedono chiarimenti in merito all'operazione antidroga condotta nella notte fra l'11 e il 12 novembre dalla Questura di Roma, L'azione ha portato allo sgombero dell'edificio occupato dai rifugiati somali. I fermati sono stati tutti trovati in possesso di regolare permesso di soggiorno. In particolare si interroga il ministro sulla «conformità rispetto alla legge» dell'operato degli agenti durante il blitz. Secondo le testimonianze dei somali presenti nello stabile le forze dell'ordine si sarebbero accanite con ingiurie e manganellate contro gli occupanti. Il secondo quesito chiede al ministro se il Governo ritenga opportuno sottrarre i rifugiati al degrado in cui sono costretti a vivere per offrirgli un'assistenza adeguata. Si chiede infine di chiarire lo status giuridico dell'ex ambascia¬ta somala. Il Viminale non ha ancora risposto. L'iter è ancora in corso.




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