Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

15 marzo 2010


l'Unità 15-03-2010
MAURIZIO SACCONI*
A Manconi dico...
Gentile Senatore Manconi, rispondo volentieri alle sue sollecitazioni contenute nell'articolo di venerdì. Innanzitutto i dati. Come da Lei ricordato i termini di legge prescrivono 20 giorni per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno: considerato il trend degli ultimi due anni che ha visto una riduzione di 2/3 dei tempi medi di attesa confermo con decisione la promessa, fatta anche dal collega Maroni, di raggiungere i termini pre¬visti entro la fine della legislatura. Questo in virtù innanzitutto degli investimenti sostenuti, per cui ricordo le nuove 300 postazioni di lavoro e gli ulteriori 325 operatori a termine presso gli uffici immigrazione delle questure e le 70 nuove apparecchiature visa scan per la rilevazione delle impronte digitali, che ci permetteranno, inoltre, di smaltire entro il prossimo mese le domande di rinnovo arretrate in tutte le province del Paese. Nella finalità di moltiplicare i punti di contatto con la popolazione immigrata, concluderemo entro l'anno un importante accordo con Anci per rendere operativi presso gli enti locali sportelli dediti al rinnovo dei permessi, coinvolgendo anche le province laddove i comuni troppo piccoli non saranno in grado di istituirli. Infine una precisazione su un punto da Lei sollevato. Per conseguire e comprovare i diritti di soggiornante è sufficiente la ricevuta rilasciata dagli uffici postali al momento della richiesta di rinnovo del permesso, senza dover passare dalle questure come da Lei paventato. Grazie ad ogni modo per la utile sollecitazione, anche perché sono ben consapevole che i canali regolari devono saper competere con quelli illegali dimostrando quotidianamente la loro convenienza. Cordialmente.
* Ministro del Lavoro, della Salute e Politiche Sociali


Sperem, come diciamo noi migranti sardo-milanesi, ma restano aperte alcune questioni. La prima: perché non consegnare, al momento della richiesta del rinnovo, un permesso provvisorio che, successivamente, venga trasformato in definitivo? Sarebbe più rassicurante e più affidabile dell'attuale "cedolino", effettivamente poco rassicurante e poco affidabile. La seconda: perché non semplificare e velo-
cizzare, per gli stranieri residenti in Italia da 5 anni, il rilascio della Carta di Soggiorno? E accelerare la procedura del suo aggiornamento, ripristinando, la precedente scadenza decennale? Ultima considerazione: prendo sul serio l'impegno del Ministro e intendo verificare, insieme all'Unità, che tra 12 mesi la situazione (il tempo del rinnovo del permesso) sia effettivamente migliorata.
Cordiali saluti.
Luigi Manconi







«Ci hanno urlato sporchi negri Sono razzisti»
CORRIERE DELLA SERA, 15-03-2010
Francesco Di Frischia
ROMA — «Mi hanno scritto con la vernice sull'auto "sporco negro infame" la scorsa estate. Un anno fa mi hanno spaccato la porta d'ingresso del locale. A gennaio mi hanno minacciato dicendomi "ammazziamo tuo figlio e tuo fratello". Adesso mi hanno distrutto il bar. Sono sicuro che sono razzisti...». È terrorizzato Mohamed Masumia, bengalese di 51 anni, a Roma dal 1986 e cittadino italiano dal 2006. Suo fratello, Mia Maabub, 38 anni, è finito al pronto soccorso del San Camillo con la testa rotta da qualche randellata, insieme a due clienti del locale che prepara cibo asiatico in via Murlo, alla Magliana. Gli aggressori, una quindicina tra i 20 e i 30 anni, hanno risparmiato una donna bengalese incinta che aspettava di cenare.
«Sono razzisti - ripete Masumia -, sennò perché tutta questa violenza? Io sono una persona onesta, lavoro. E, come me, lavorano qui a Roma tanti bengalesi, che fanno molti sacrifici per mandare i soldi alle famiglie in Asia». In fondo al piccolo bar un estintore è ricoperto da un tricolore: «L'ho messo io lì quattro anni fa quando sono diventato cittadino italiano: sono orgoglioso di questo. Mi sono integrato. Sto bene qui anche perché sono pochi gli italiani razzisti, per fortuna...». Ma hanno gridato frasi xenofobe? «Non lo so: non sono riuscito a parlare ancora con mio fratello che è in ospedale. Però ho pochi dubbi...».
Chi invece non ne ha per niente è Shofi, 29 anni: «Sono sicuro. Qualcuno mi ha detto che gridavano "sporchi negri"». Gli aggressori hanno preso a bastonaste la porta d'ingresso: «Per spaccare la vetrata hanno usato una mazza ferrata - racconta il titolare - uguale a quelle usate per le recinzioni stradali dei cortili. La spranga è stata ritrovata dietro il bancone». I tavolini e le sedie dentro il lo-
cale sono sottosopra e una slot machine è stata gettata per terra. «È brutto fare cose del genere. Perché se la prendono con noi? Perché abbiamo la pelle scura? Dovrebbero vergognarsi».
Subito dopo l'aggressione, è partito il tam tam tra la comunità bengalese e in pochi minuti una trentina di asiatici sono arrivati davanti al locale. Ripon (25 anni), era invece nel bar al momento «dell'invasione» - come lui la definisce - parlando nella sua lingua madre a Rocco, che ne traduce paure ed emozioni: «Prima hanno provato a sfondare il vetro - racconta a bassa voce - poi, appena il fratello del titolare è uscito per vedere cosa stesse accadendo, lo hanno picchiato». A quel punto Ripon, che stava per cenare, è scappato in bagno: «Avevo paura - ricorda sorridendo -. Quelli avevano tanti bastoni in mano...». Shahin, 36 anni, Ali, 38, e Resvi, 26, provano a rincuorarlo. «Ci sentiamo isolati - racconta Rocco -. Tante volte, specie di notte, i miei amici bengalesi sono stati picchiati e derubati di portafogli e cellulare in queste stradine. Noi ci sentiamo italiani, ma quelli sono razzisti...».








Da Tor Bella Monaca al Trullo, quei blitz contro gli immigrati
Il Messaggero, 15-03-2010
ROMA - Un assalto in piena regola contro un locale gestito da bengalesi: un raid organizzato da una banda di una quindicina di italiani che con i bastoni hanno distrutto il fast-food indiano che funziona anche da internet-point. I carabinieri non escludono la pista razzista, ma lavorano anche sull'ipotesi che il raid si intrecci a situazioni di criminalità locale. Bande che vessano gli stranieri perché si trovano in una posizione di debolezza. Questo è solo l'ultimo episodio di aggressione contro gli stranieri.
Qualche mese fa, a Tor Bella Monaca, una banda di giovani devastarono un negozio gestito anche questo da bengalesi e ferirono un commesso indiano. I carabinieri scoprirono che gli autori del raid da tempo vessavano il negoziante, facevano la spesa gratis e lo minacciavano. Il giorno del raid la madre e la fidanzata di uno della banda erano andate come al solito a fare "la spesa", le donne avevano riempito le buste di ogni ben di dio, dall'olio alla frutta: al momento di andare via però il commesso si era rifiutato di farle uscire. Voleva essere pagato, e alle donne aveva detto chiaramente che se non tiravano fuori i soldi potevano pure scordarsi prendere la roba.
La vendetta arrivò puntualmente dopo poco, la banda entrò nel negozio, devastò il banco e colpì il commesso con una bastonata.
A dicembre, al Trullo, tre operai romeni sono stati presi anche loro a bastonate e colpiti con una pistola a scarica elettrica da tre romani che volevano attraversare il pezzo di strada che stavano asfaltando. Gli operai glielo avevano impedito, e dopo pochi minuti i tre erano tornati annali in via Castiglion della Pescaia. «Pensavamo che la discussione era Finita lì», hanno raccontato poi i feriti ai carabinieri, ma quelli sono tornati, ci hanno sorpresi alle spalle e ci hanno picchiati».
Circa un mese prima, nella stessa zona, alcuni romeni furono aggrediti davanti a un bar da una trentina di giovani a volto coperto.
Nel maggio del 2008 nella zona del Pigneto, un gruppo di giovani incappucciati, armato di bastoni, al grido di «Sporchi stranieri» e «Bastardi», assaltò e devastò tre negozi di immigrati asiatici nel quartiere. Un bengalese venne colpito da una bastonata, vetrine e interni di un bar, di un phon center-lavanderia e di un negozio di alimentari furono completamente devastati.





GLI STRANIERI E LE REGOLE DEL MERCATO
Il Tempo, 15-02-2010
Carla Oleandri
Aumenta dappertutto il numero degli stranieri che riescono ad ottenere sia una casa popolare, aumentano gli stranieri con licenza da venditori ambulanti e c'è un proliferare di venditori stranieri nei magazzini ortofrutticoli. Riflèttendo su questi fatti mi viene da domandare: c'è veramente carenza di lavoro, o gli italiani si sono tutti imborghesiti e snobbano i lavori o le sistemazioni abitative considerate troppo "popolari"?








«Sono entrati e urlavano: vi ammazziamo tutti»
Il Messaggero,15-03-2010
«Sono entrati e hanno cominciato a picchiare. A spaccare tutto. Hanno rovesciato le slot machine.
Mandato in frantumi le vetrate. Io ho provato a nascondermi dietro la cassa, ma è stato inutile. Mi hanno colpito con un bastone alla testa, al viso. Poi, sono andati via urlando. Urlavano "negri", urlavano "vi ammazziamo tutti",urlavano "dovete andarvene di
qua"».  Miamapo' è appena uscito dal pronto soccorso dell'ospedale San Camillo.
E' il fratello del titolare del fast food della Magliana in cui ieri sera c'è stato il raid razzista. Gli hanno messo cinque punti alla testa, due
al volto, ha perso anche due denti.   
Il tricolore e il sangue. Sul muro sono rimaste le tracce di sangue, vicino a una bandiera italiana. Quel tricolore era stato messo lì dal titolare del locale,  Mohamed Massumia, 52 anni, da 25 nel nostro Paese, il giorno in cui ha ottenuto la cittadinanza italiana. Ecco, forse bisognerebbe chiedersi chi rispetta di più quella bandiera.
«Negro vattene». Mohamed è preoccupato per le condizioni del fratello, per fortuna la prognosi è di venti giorni, non è in pericolo. Lui non era presente al momento dell'assalto ed è accorso subito dopo. «Me lo aspettavo - ripete - ormai da molti mesi hanno preso di mira noi del Bangladesh che viviamo qui alla Magliana. A me avevano già sfasciato la macchina, hanno rotto i vetri, ho trovato delle scritte "negro vattene". Riceviamo minacce continuamente». Cosa sta succedendo. la gente del quartiere vi odia? Ci sono problemi di convivenza con gli altri abitanti della Magliana? «No, non è vero - ribatte Mohamed - Io ho aperto questo ristorante di cucina indiana nel 2005. Per tre anni non ho avuto alcun problema A prendere il caffè o a mangiare da me vengono tutti, anche gli italiani. Poi da due anni a questa parte qualcosa è cambiato, c'è una banda di ragazzi italiani... quando bevono diventano pericolosi. vanno in giro a minacciarci, ad aggredirci, a derubarcii».
La banda. I 15-20 della banda del raid al fast food, secondo alcuni testimoni, dovrebbero avere un'età compresa fra i 20 e i 3 5 anni. La tesi degli immigrati del Bangladesh che abitano in quel quadrante di città è molto semplice: non ci sono problemi con la gente del quartiere, non c'è una situazione esplosiva, «noi non diamo fastidio a nessuno, siamo rispettosi e lavoriamo». Ci sono invece problemi con quei quindici-venti ragazzi che vanno in giro urlando slogan razzisti, xenofobi, di estrema destra. Un territorio al confine fra estremismo e delinquenza comune. «Se la prendono con i nostri ragazzi - racconta Bachcu, storico leader dell'Associazione Dhuumcatu - perché siamo una comunità organizzata, che lavora, rispettosa, ma che allo stesso modo chiede il rispetto dei propri diritti. Questo evidentemente deve dare fastidio a qualcuno».
Allarme aggressioni. Un italiano, però, aggiunge: «Se la prendono con loro, con quelli del Bangladesh, anche se non danno fastidio a nessuno, anche se non bevono e non fanno casino, perché sono riconoscibili facilmente. E soprattutto perché non reagiscono quasi mai». Negli ultimi mesi, da quando gli immigrati del Bangladesh nella zona della Magliana hanno cominciato a subire aggressioni e minacce, si sono sparsi la voce: non girano quasi mai da soli, provano, quando è possibile, a muoversi in gruppo. «Siamo diventati molto prudenti, ma a volte tutto questo non basta». La maggior parte di loro lavora nei bare nei ristoranti (in tutta Roma gli immigrati del Bangladesh sono 30 mila), il pericolo vero c'è alla notte quando rientrano a casa in autobus.
Il giovane massacrato. Come è successo un mese fa a un ragazzo, un cameriere, che tornava dal lavoro: una decina di questi giovani lo hanno circondato chiedendogli una sigaretta. Gli hanno anche rubato il portafoglio. Proprio come la banda che ha devastato il fast food l'altra sera: mazze, insulti razzisti, danni, ferocia e poi, quasi fosse un accessorio, ma non il prime obiettivo, anche il furto. Il cameriere aggredito un mese fa è stato massacrato di botte, senza pietà. Ed ha trascorso molti giorni in ospedale. «E' evidente che sono aggressioni razziste - racconta Foton, di un'altra associazione, Italbangla - Basta guardare cosa hanno fatto nel ristorante. Se devi fare una rapina, non spacchi tutto, non picchi senza pietà le persone con le mazze. Ora però la comunità vuole reagire, pacificamente, come abbiamo sempre fatto. Le istituzioni devono intervenire».
Sit-in e corteo. Già per oggi le associazioni dei cittadini del Bangladesh hanno organizzato un presidio davanti al ristorante in via Murlo. Martedì, invece. ci sarà un corteo e già come avvenne per altri episodi in passato è probabile che parteciperanno molti immigrati. Ricorda Bachcu: «Purtroppo a San Paolo un anno fa è successo qualcosa di molto simile, presero di mira dei negozi. A Villa Gordiani qualcuno ha devastalo le strutture che avevamo allestito per il capodanno del Bangladesh. E poi altre aggressioni a Tor Bella Monaca. Basta».








Raid di italiani incappucciati in un fast food di bengalesi
CORRIERE DELLA SERA,15-03-2010
Rinaldo Frignarli
ROMA — Sono comparsi all'improvviso, poco prima dell'orario di chiusura. Sono spuntati dal nulla in uno dei vicoli più bui della Magliana. Alcuni con i cappucci neri e le sciarpe, ma a volto scoperto. Spranghe e bastoni stretti in pugno per distruggere il fast-food di un immigrato bengalese, l'ultimo commerciante straniero preso di mira in città dopo quelli al Pigneto e al Casilino degli anni scorsi.
Quindici giovani romani, forse residenti nel quartiere, fra i 18-20 anni, hanno devastato ieri sera un locale frequentato soprattutto da cittadini stranieri in via Murlo. Sono entrati come furie, rovesciando tavolini, spaccando vetrate, mandando in mille pezzi suppellettili e arredi. Hanno usato anche un paletto stradale.
In quel momento nel negozio di Mohamed Masumia, 51 anni, già vittima di minacce e di avvertimenti scritti sulla sua auto, c'erano il fratello e due connazionali. Sono stati presi a bastonate dagli aggressori che, senza dire una parola, hanno anche strappato dal bancone il registratore di cassa con alcune centinaia di euro. L'incasso del pomeriggio del bar dove si serve anche cucina etnica. Il raid è durato una manciata di minuti. Nessuno è intervenuto in soccorso degli immigrati, ma qualcuno ha avvisato il 112. Sul posto sono giunte alcune pattuglie dell'Arma. Ma così come era arrivato, il gruppo mascherato era sparito in un attimo. A piedi, per le strade del quartiere. I tre feriti sono stati accompagnati in ambulanza all'ospedale San Camillo: per loro contusioni ed escoriazioni, prognosi di 10-15 giorni, e tanto spavento. Fino a tarda sera sono stati ascoltati dai carabinieri della compagnia Eur che indagano sulla matrice del raid. Fra le ipotesi, oltre alla spedizione punitiva e alla rapina, anche quella dell'assalto a sfondo xenofobo, una matrice razzista che è comparsa più volte in analoghi episodi. Anche Masumia è stato interrogato dai militari dell'Arma, che avrebbero acquisito i filmati di alcuni impianti di videosorveglìanza di esercizi commerciali della zona: potrebbero aver ripreso il gruppo mentre arrivava e si allontanava dal bar del bengalese. Non si esclude inoltre che qualcuno fra i componenti del commando possa avere precedenti penali e che in passato possa essere stato fotosegnalato. Per questo motivo alle vittime sono state mostrate delle fotografie. Fino a notte fonda in tutto il quartiere è scattata la caccia agli aggresssori dei bengalesi. Sono state effettuate delle perquisizioni, la squadra rilievi dell'Arma ha svolto un lungo sopralluogo nel locale alla ricerca di impronte digitali lasciate dai teppisti. Tracce che potrebbe incastrare i responsabili dell'ennesimo assalto ai danni della comunità bengalese, che a Roma è più volte scesa in piazza per protestare contro pestaggi e rapine subiti in vari quartieri. Un'altra nottata di tensione, insomma. Per il sindaco Gianni Alemanno si tratta di «un episodio estremamente grave e inquietante, sia per la violenza dell'aggressione, sia per il carattere di gruppo con cui è stata attuata. Mi auguro che gli inquirenti facciano piena luce sul movente di questi reati assicurando alla giustizia il più velocemente possibile i responsabili». Jean-Léonard Touadi, parlamentare del Pd: «Episodi del genere hanno bisogno di una risposta immediata. Mi auguro che già nelle prossime ore si possa fare chiarezza su un ennesimo episodio che, con molta probabilità, ha una matrice xenofoba e razzista».
L'ipotesi che si tratti di una banda di ragazzi che ha preso di mira gli stranieri della Magliana è un'altra delle piste seguite dagli investigatori. Una situazione simile a quella vissuta due anni fa al Pigneto quando una ventina di giovani della zona ha assalito tre negozi di bengalesi distruggendo le vetrate, e picchiando uno dei commercianti. Allora si trattò di una spedizione punitiva organizzata per il furto di un portafoglio. Ma quella di ieri sera, come le altre del 2009 al Casilino e a Tor Pignattara, non avevano alcun movente. Solo violenza contro lo straniero. E adesso si cerca un collegamento fra i vari assalti.









In arrivo il decreto flussi per 150mila immigrati
Il Sole,15-03-2010
Francesca Milano
?n C'è chi lo invoca in nome dell'imminente raccolto che aspetta braccia straniere e chi lo scongiura per far ripartire le imprese. Le preghiere sono state esaudite: il decreto flussi 2010 sta per essere emanato. Mancano gli ultimi passaggi burocratici tra il ministero dell'Interno e quello del Lavoro, ma l'iter di stesura del testo è ormai in dirittura d'arrivo. «Il decreto ricalcherà grossomodo quello del 2008» anticipano dal Viminale. Il che significa che le quote d'ingresso dovrebbero riguardare 105mila lavoratori domestici (ossia colf e badanti) e 45mila lavoratori provenienti da paesi "riservatari" che hanno sottoscritto o stanno per sottoscrivere specifici accordi di cooperazione con l'Italia in materia migratoria (per impieghi domestici 0 di altri settori produttivi). Un decreto flussi da 150 mila posti, oltre ai circa 8omila stagionali tanto attesi dalla Cia e dalla Coldiretti. Ad aprire le porte al nuovo decreto flussi è stato il millepro-
roghe che, con l'articolo io-ter, ha stabilito che «in caso di mancata pubblicazione del decreto flussi annuale, il presidente del consiglio può provvedere in via transitoria, con proprio decreto, nel limite delle quote fissate dall'ultimo decreto emanato». Il nuovo testo deve quindi obbligatoriamente ricalcare l'ultimo decreto (quello del 2008), visto che manca la programmazione triennale, scaduta nel 2009 e non ancora rinnovata.
Per le nuove quote d'ingresso si sono battuti anche gli oltre 6rnila imprenditori riuniti in As~ solombarda, che la scorsa setimana hanno anche chiesto al ministro dell'Interno Roberto Maroni di semplificare le norme e le procedure amministrative che l'ingresso e la permanenza dei lavoratori stranieri in Italia.
Mentre l'ultimo decreto ha di fatto utilizzato la graduatoria delle richieste inevase relative al 2007, il nuovo provvedimento potrebbe prevedere un nuovo clic day.
Le istanze che arriveranno per via telematica, però, andranno ad aumentare la mole di lavoro degli sportelli unici delle prefetture, ancora alle prese con la procedura di emersione per i lavoratori domestici avviata a settembre del 2009. Al momento, solo una badante su quattro è stata chiamata per firmare insieme al proprio datore di lavoro il contratto. «Da febbraio abbiamo velocizzato il vaglio delle pratiche grazie all'arrivo di 32 dipendenti interinali assunti dal ministero - spiega Antonio Luigi Quarto, dirigente della prefettura di Milano -: oggi riusciamo a convocare 300 lavoratori al giorno. In molti casi però la documentazione risulta incompleta e siamo costretti a fissare un secondo appuntamento, il che rallenta la macchina». A creare i maggiori problemi sono stati i certificati medici di chi ha richiesto l'assunzione di una badante e i certificati relativi all'alloggio del lavoratore.
«Nonostante questi piccoli intoppi - assicura Quarto - contiamo di concludere il lavoro sulla sanatoria entro fine luglio. Ma per far questo c'è bisogno che tutto funzioni anche negli altri uffici interessati, ossia l'Inps, la Dpl e la questura». A Milano lo sportello unico è ancora alle prese con il decreto flussi 2008, che gli operatori stanno portando avanti parallelamente alla procedura di emersione per i lavoratori domestici. «Abbiamo quasi concluso il vaglio delle istanze relative agli immigrati provenienti dai paesi riservatari, siamo alla metà dell'opera», afferma Quarto.
Anche a Roma la previsione è di archiviare la sanatoria entro luglio. «Abbiamo programmato il lavoro organizzando quasi 400 convocazioni al giorno», racconta il dirigente dello sportello Ferdinando Santoriello. Per ridurre al minimo le seconde convocazioni dovute agli errori nei documenti la prefettura di Roma ha pubblicato sul sito i facsimile della procura (per chi non può andare all'appuntamento di persona) e del certificato medico. Sempre attraverso il sito, nella capitale si stà sperimentando il servizio di appuntamento via sms. Chi non è ancora stato convocato può inserire online il proprio numero di cellulare l'indirizzo e-mail per essere convocato in temporale.








Voci e volti di 190 paesi, una Capitale multietnica
Il Messaggero,15-03-2010
VALENTINA ARCOVIO
ROMA - La furia razzista si è scatenata ieri, da parte di un nutrito drappello di nostri connazionali, contro un gruppo di giovani bengalesi. L'intolleranza alza il tiro, nel nostro Paese. Gli stranieri sono sempre più numerosi, in Italia, e questo infastidisce qualcuno. Negli ultimi anni, nella sola Capitale la presenza di stranieri è aumentata di oltre il 150%, secondo l'ultimo Rapporto dell'Osservatorio romano sulle migrazioni della Caritas. Sono perlopiù filippini, romeni e polacchi. Complessivamente su tutto il territorio ci sono persone che provengono da ben 190 paesi diversi. La Caritas ha censito ben 450 mila stranieri nel Lazio, di cui circa 300 mila a Roma. A questi vanno poi aggiunti circa altri 50 mila in attesa di essere iscritti presso le anagrafi e un numero ancora più alto di persone registrate nel Lazio nel corso dello scorso anni, tra le quali 36.659 colf e badanti per le quali è stata presentata la domanda di regolarizzazione nel mese di settembre 2009.
Negli ultimi anni il profilo degli stranieri è cambiato. In positivo.  Secondo il rapporto della Caritas, nonostante la presenza degli stranieri sia aumentata del 200% su tutto il territorio laziale, sono calati i reati    ed    è   cresciuta l'imprenditorialità degli immigrati.
La delinquenza, infatti, è diminuita del 15,3% a Roma e del 7,6% nel Lazio. Nonostante gli italiani si sentano insicuri e abbiano più paura, popolazioni come quella romena, considerata per eccel¬lenza la più soggetta a deliquere, registrano un calo di denunce a loro carico del 17,8 per cento.
Oltre a coprire funzioni di assistenza alle famiglie e rispondere alla domanda inevasa di lavoro come operai e personale   non   qualificato (71,6%), gli stranieri creano anche imprese proprie e ravvivano il piccolo commercio in aree in decadenza. Esemplare, a questo proposito, il processo di integrazione avvenuto in quartieri come l'Esquilino, il Pigneto e Torpignattara. Anche nel periodo di crisi, a differenza di quanto rilevato tra gli italiani, è aumentato il numero dì aziende dì loro proprietà, tanto che quelle con un titolare straniero hanno raggiunto quota 23.018. In tutto, gli immigrati occupati nella provincia di Roma sono 165.437, mentre incidono per il 9,7% sull'occupazione complessiva, rispetto a una media italiana del 7,5 per cento. Nonostante questo, il problema principale riguarda ancora il fenomeno degli infortuni sul lavoro: sono ancora loro a essere le principali vittime. In controtendenza rispetto alla
media nazionale nel 2008, i feriti stranieri sul lavoro sono passati da 5.170 a 5.594. A preoccupare sono anche gli alloggi, spesso di fortuna, inagibili o occupati abusivamente, e con carenze igienico sanitarie.
Improprio chiamarli stranieri, e difficile considerarli come tali, sono i bambini nati nel nostro paese da genitori stranieri: sono 7 su 10 e una volta raggiunta la maggiore età chiedono la cittadinanza italiana direttamente al comune di residenza. Sono oltre 61 mila i ragazzi regolarmente iscritti nelle scuole del Lazio di cui più della metà solo a Roma. Infine le università: nei tre atenei pubblici di Roma, oltre 7 mila studenti sono stranieri, il 3,5 per cento degli iscritti, a fronte del 7 per cento della media europea.









Raid di italiani armati di bastoni: distrutto un negozio bengalese
Il Messaggero,15-03-2010
di GIULIO MANCINI e PAOLA VUOLO
ROMA - Un assalto in piena regola, un raid in un locale gestito da bengalesi: una banda di 10,15 ragazzi ha devastato abastonate vetrine e tavolini, ferito 3 clienti e il fratello del proprietario del fast food indiano "Brother" di via Murlo, alla Magliana, quartiere popolare della città. Ieri sera alle 20, gli assalitori hanno fatto irruzione nel fast-food che funziona anche come internet point a volto scoperto, indossavano felpe con ì cappucci che lasciavano scoperti i visi. «Sono entrati e hanno cominciato a distruggere tutto con ì bastoni», dice uno dei feriti, «hanno anche urlato vi ammazziamo tutti, sporchi negri». La banda ha frantumato le vetrine, spaccato sedie e tavolini e ha rubato la cassa. I feriti, tra loro anche un italiano, sono tutti codice verde, sono stati medicati al pronto soccorso dell'ospedale "San Camillo".
L'allarme è scattato al 112, dove ha chiamato il tito¬lare del locale Mohamed Masumia, l'uomo ha detto che una quindicina di ragazzi avevano fatto'"' "irruzione nel fast-food e distrutto tutto con mazze e bastoni.
Mohamed ha raccontato anche che da tempo nella zona dove lui vive e lavora, la comunità bengalese è stata presa di mira. «Nel mio negozio c'è la bandiera italiana -dice - l'ho messa qui quando ho preso la cittadinanza». Accanto alla bandiera ora sono rimaste le tracce di sangue, Mohamed dice che spariranno subito, che è molto preoccupato e già qualche tempo fa, gli avevano sfasciato la macchina e aveva trovato una scritta che diceva negro vattene.
I carabinieri della compagnia Eur, pur non escludendo la matrice razzista del raid, valutano anche la probabilità che l'irruzione nel locale di Mohamed, sia opera di una banda di balordi della zona e possa innestarsi in un ambito di intolleranza misto alla criminalità. I carabinieri stanno anche appurando se il titolare del locale in passato possa aver avuto litigi o screzi con qualcuno, o se il raid era diretto a uno dei feriti, che ieri sera sono stati ascoltati per ore nella caserma della stazione dei carabinieri di Villa Bonelli.
I carabinieri stanno anche visionando le telecamere sistemate in un negozio vicino, dalle immagini dei filmati si potrebbero ricavare
indizi utili per l'identificazione degli autori del raid. I testimoni hanno   raccontato   che erano tutti giovani, dai 20 ai 35 anni, e i carabinieri ritengono di avere indizi im-portanti per arrivare in breve tempo a scoprire le loro identità. I testimoni hanno visto le loro facce, anche se al momento del raid erano impauriti, non è escluso che li possano descrivere in maniera abbastanza dettagliata, tanto da potere tracciare degli identikit.
«Sono entrati e hanno spaccato tutto - racconta uno dei feriti - hanno cominciato a picchiare, hanno rovesciato le slot machine, io ho provato a nascondermi dietro la cassa ma è stato inutile, mi hanno colpito in testa con un bastone. Noi non abbiamo problemi con la gente del quartiere,ma c'è un gruppo di estremisti che va in giro urlando slogan razzisti e di estrema destra».
Gianni Paris, il presidente del XV municipio dice che negli ultimi tempi, in zona, «c'è una banda che aggredisce i bengalesi».
E per Jean-Léonard Touadi, parlamentare del Partito Democratico, «l'assalto al locale gestito da bengalesi nel quartiere della Magliana rappresenta un segnale estremamente preoccupante. Episodi del genere necessitano di una risposta immediata. Mi auguro che già nelle prossime ore si possano assicurare i colpevoli alla giustizia e si possa fare chiarezza su un ennesimo episodio che con molta probabilità ha una matrice xenofoba e razzista».
«Quello avvenuto alla Magliana è un episodio estremamente grave - dichiara il sindaco Gianni Alemanno - ed inquietante sia per la violenza dell'aggressione, sia per il carattere di gruppo con cui è stata attuata. Mi auguro che gli inquirenti facciano piena luce sul movente di questi reati assicurando alla Giustizia il più velocemente possibile i responsabili di quanto accaduto».









Roma, raid di picchiatori contro i bengalesi
la Repubblica, 15-03-2010
ANNA RITA CILLIS GABRIELE ISMAN
ROMA — Sono entrati in venti, con i volti coperti da sciarpe, armati di bastoni di legno e hanno devastato un Internet point di un cittadino italiano di origini bengalesi. È successo ieri attorno alle 20 in via Murlo, nel quartiere romano della Magliana. Il locale è stato letteralmente devastato e tre persone, tutte del Bangladesh, tra cui Maabub Miah, 37 anni, fratello del titolare, sono finiti al pronto soccorso dell'ospedale San Camillo: per lui un taglio in testa, denti rotti e mandibola fracassata. «È stata un aggressione razzista, è non è la prima» dice Mohammed Masum Miah, 50 anni, da 25 nel nostro Paese, cittadino italiano. C'era una decina di persone ieri attorno alle venti nel locale che, oltre ai servizi Internet, vende anche cibo bengalese. Tra gli avventori, anche una donna incinta che però è stata risparmiata dalla furia che si è scatenata in pochi minuti.Il gruppo è entrato, traloro anche dei trentenni. Uno ha chiesto:«Chiè il titolare?», Maabub si è alzato: «Sono io», e giù botte, mentre venivano devastate le vetrine, i computer, e anche la cassa veniva svuotata. Nella furia, mentre qualcuno degli aggressori gridava - secondo il racconto dei testimoni - frasi razziste, altri due bengalesi sono stati picchiati. All'inizio le condizioni di almeno uno dei tre feriti sembravano molto serie, ma all'ospedale sono arrivati con codici verdi.
«Non è la prima aggressione che subiamo, ma è certamente la più grave» dice Mohammed Masum Miah. Il locale è aperto da cinque anni, ma da almeno due le aggressioni sono ripetute, sempre ai danni di cittadini bengalesi, sempre da parte di gruppi di 15-20 persone e di sera. A gennaio un ragazzo appena sceso da un autobus che lo riportava a  casa dal lavoro in un ristorante è stato picchiato ed è finito in condizioni serie all'ospedale: in cinque si sono avvicinati, gli hanno chiesto una sigaretta, e poi lo hanno picchiato assieme ad altri aggressori secondo quello che è apparso un piano preordinato. «Gridavano sporco negro, vattene. Ma ce lo dicono spesso. A me lo hanno anche scritto sulla macchina» racconta ancora Masum Miah. Ieri, subito dopo il raid, decine di bengalesi si sono radunati davanti al locale sfasciato. Oggi alla Magliana sarà decisa una manifestazione di solidarietà con la comunità bengalese per chiedere al Comune guidato da Gianni Alemanno più tutela dalle aggressioni a sfondo razzista: «È gente pacifica che non ha mai dato problemi» dice Gianni Paris, presidente del XV municipio. «Noi vogliamo soltanto lavorare» aggiunge ancora Masum Miah, vero punto di riferimento per tutta la comunità bengalese del quartiere. Alle 15 di oggi, intanto, gli stessi extra-comunitari cominceranno un presidio davanti all'Internet point devastato. Masum Miah ieri non ha voluto lasciare il suo locale, mentre i carabinieri eseguivano i rilievi. «Vorrei soltanto sapere come sta mio fratello e se domani (oggi, ndr) potrò riaprire il negozio. Io sono anche cittadino italiano. Ma adesso abbiamo davvero paura".







Cure alla colf: ogni Asl fa da sé
Il Sole,15-03-2010
Francesca Maffini
ma II dubbio è lecito: colf e badanti possono iscriversi al Servizio sanitario nazionale prima di chiudere la procedura di emersione?
Il ministero dell'Interno prima ha stabilito - con la circolare n. 8450 del 23 dicembre 2009 -che «i cittadini stranieri, per i quali sia stata presentata dichiarazione di emersione, possono essere iscritti al servizio sanitario nazionale» (una quota del contributo forfetario di 500 euro è destinata alla copertura delle spese mediche); poi ha chiarito che, fino al rilascio del codice fiscale da parte dello Sportello unico, «possono essere assistiti come stranieri temporaneamente presenti (utilizzando il codice identificativo Stp), nonostante non si trovino più nella condizione di irregolarità giuridica». Nel caso di iscrizione completa al Ssn, la copertura ospedaliera sarebbe, da subito, totale. Àl contrario, il trattamento per gli stranieri temporaneamente presenti non garantisce un'assistenza piena.
«Coloro che hanno la ricevuta della domanda di regolarizzazione devono essere iscritti al Ssn - conferma Patrizia Cadetti, responsabile dell'Osservatorio diseguaglianze salute della regione Marche e del tavolo tecnico interregionale Immigrati e Servizi sanitari -. Il problema è legato alle difficoltà dell'agenzia delle Entrate nell'assegnare un codice fiscale. Ci sono, purtroppo, tempi e modi diversi nei vari territori»,      ,
Alcune regioni, come là Toscana, stanno valutando la posizione da prendere, altre si sono mosse. In Lombardia «si dà disposizione affinché i cittadini stranieri, per i quali sia stata presentata dichiarazione di emersione in attesa della conclusione dell'iter della procedura, possano essere iscritti in via provvisoria al Ssn». L'iscrizione (servono un documento di identità, la copia della ricevuta del versamento dei contributi previdenziali e la copia della domanda di emersione) è valida dalla data di presentazione della richiesta alla Asl, ha una durata di 180 giorni ed è rinnovabile fino a conclusione dell'iter. A quel punto diventa definitiva. Per questo, a coloro che sono già iscritti come stranieri temporaneamente presenti, viene ritirato il codice Stp e rilasciato, in forma cartacea, un codice fiscale momentaneo di 11 caratteri numerici. La posizione de Piemonte è simile a quella della Lombardia. Provvisoria e con scadenza dopo sei mesi è l'iscrizione concessa in Emilia-Romagna, iscrizione che può essere prorogata fino al rilascio del permesso di soggiorno.
In Veneto e in Liguria, invece, il cittadino extracomunitario può iscriversi al Ssn solo dopo aver completato la procedura per ottenere il permesso di soggiorno. Nei mesi di attesa l'assistenza sanitaria viene erogata attraverso la tessera Stp. Lo stesso accade in Puglia, dove le aziende ospedaliere fanno riferimento alla legge 32 del 2009, e in Campania, con la legge regionale sull'immigrazione approvata il 19 febbraio 2010: fino alla completa emersione, colf e badanti potranno accedere ai servizi previsti per gli stranieri temporaneamente presenti.








Quella convivenza con stranieri di 190 Paesi
Il Messaggero,15-03-2010
di VALENTINA ARCOVIO
ROMA - La furia razzista si è scatenata ieri, da parte di un nutrito drappello di nostri connazionali, contro un gruppo di giovani bengalesi. L'intolleranza alza il tiro, nel nostro Paese. Gli stranieri sono sempre più numerosi, in Italia, e questo infastidisce qualcuno. Negli ultimi anni, nella sola Capitale la presenza di stranieri è aumentata di oltre il 150%, secondo l'ultimo Rapporto dell'Osservatorio romano sulle migrazioni della Caritas. Sono per lo più filippini, romeni e polacchi. Complessivamente su tutto il territorio ci sono persone che provengono da ben 190 paesi diversi. La Caritas ha censito ben 450 mila stranieri nel Lazio, di cui circa 300 mila a Roma. A questi vanno poi aggiunti circa altri 50 mila in attesa di essere iscritti presso le anagrafi e un numero ancora più alto di persone registrate nel Lazio nel corso dello scorso anni, tra le quali 36.659 colf e badanti per le quali è stata presentata la domanda di regolarizzazione nel mese di settembre 2009.
Negli ultimi anni il profilo degli stranieri è cambiato. In positivo.  Secondo il rapporto della Caritas, nonostante la presenza degli stranieri sia aumentata del 200% su tutto il temtorio laziale, sono calati i reati   ed    è    cresciuta l'imprenditorialità degli immigrati.
La delinquenza, infatti, è diminuita del 15,3% a Roma e del 7,6% nel Lazio. Nonostante gli italiani si sentano insicuri e abbiano più paura, popolazioni come quella romena, considerata per eccellenza la più soggetta a delinquere, registrano un calo di denunce a loro carico del 17,8 per cento.
Oltre a coprire funzioni di assistenza alle famiglie e rispondere alla domanda inevasa di lavoro come operai e personale non qualificato (71,6%), gli stranieri creano anche imprese proprie e ravvivano il piccolo commercio in aree in decadenza. Esemplare, a questo proposito, il processo di integrazione avvenuto in quartieri come l'Esquilino, il Pigneto e Torpignattara. Anche nel periodo di crisi, a differenza di quanto rilevato tra gli italiani, è aumentato il numero di aziende di loro
proprietà, tanto che quelle con un titolare straniero hanno raggiunto quota 23.018. In tutto, gli immigrati occupati nella provincia di Roma sono 165.437, mentre incidono per il 9,7% sull'occupazione complessiva, rispetto a una media italiana del 7,5 per cento. Nonostante questo, il problema principale riguarda ancora il fenomeno degli infortuni sul lavoro: sono ancora loro a essere le principali vittime. In controtendenza rispetto alla media nazionale nel 2008, i feriti stranieri sul lavoro sono passati da 5.170 a 5.594. A preoccupare sono anche gli alloggi, spesso di fortuna, inagibili o occupati abusivamente, e con carenze igienico sanitarie.
Improprio chiamarli stranieri, e difficile considerarli come tali, sono i bambini nati nel nostro paese da genitori stranieri: sono 7 su 10 e una volta raggiunta la maggiore età chiedono la cittadinanza italiana direttamente al comune di residenza. Sono oltre 61 mila i ragazzi regolarmente iscritti nelle scuole del Lazio di cui più della metà solo a Roma. Infine le università: nei tre atenei pubblici di Roma, oltre 7 mila studenti sono stranieri, il 3,5 per cento degli iscritti, a fronte del 7 per cento della media europea.
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