Avevamo già scritto in questa rubrica che i centri di identificazione ed espulsione (Cie) sono in contrasto con un moderno stato di diritto. Le norme dell’ultimo pacchetto sicurezza prevedono la possibilità di trattenere gli stranieri nei Cie fino a 180 giorni. Un periodo eccessivamente lungo e in conflitto con il più elementare senso di umanità.
Sono luoghi in cui gli stranieri vengono trattenuti, per poi essere espulsi, poiché sprovvisti di un regolare titolo di soggiorno. Si tratta di una situazione detentiva, oltre che anomala, disagiata: infatti non sono assicurate neppure le più semplici garanzie che  il carcere, sottoposto a maggiore vigilanza, permette.
Lo scorso 11 gennaio è intervenuto su questo tema il Comitato sulle migrazioni e i rifugiati dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa, pubblicando un rapporto sulla detenzione dei richiedenti asilo e dei migranti irregolari.
In particolare, nella relazione predisposta dalla parlamentare socialista portoghese Ana Catarina Mendonca, viene fortemente criticata la criminalizzazione dei fenomeni migratori e, quindi, le nuove legislazioni che assimilano l’immigrazione irregolare a fattispecie penalmente rilevanti.
Inoltre, è stata prevista una bozza di risoluzione che impegna gli Stati membri a rispettare delle regole minime comuni per la permanenza dei migranti irregolari e dei richiedenti asilo nei centri predisposti, in analogia con le Regole comuni europee in materia di detenzione carceraria (European Prison Rules).
Ma di quali regole si tratta? Ad esempio quella per cui la detenzione dei migranti irregolari deve essere eccezionale, la più breve possibile, in un luogo e a delle condizioni che rispettino i basilari diritti umani. Queste le parole: per i fatti, si vedrà.
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