Scarica barili e confusione, governo in tilt sui profughi

Stefano Galieni

“Li rimpatriamo, anzi no li sistemiamo temporaneamente in altre due aree militari dismesse entro mercoledì” Il ministro Maroni non sembra assolutamente in grado di gestire una situazione complessa ma affrontabile senza ricorrere a soluzioni estreme.

 Venerdì scorso il colloqui con le autorità tunisine non sembra aver prodotto l’effetto voluto, dai porti del Paese, anche se con intensità leggermente minore, si continua a partire, destinazione obbligata Lampedusa o al massimo la ancor più piccola Linosa. Volutamente non si accompagnano le imbarcazioni nei porti della Sicilia meridionale, si preferisce prefigurare tragitti spola dalle Pelagie ai luoghi di accoglienza e di trattenimento. Ora a fuggire non sono più solo i tunisini, sono arrivate già domenica le prime imbarcazioni provenienti da Bengasi e da Misurata, a bordo soprattutto somali ed eritrei, molte le donne e i bambini. Sono quelli rimasti fra tre fuochi, quello dei rivoluzionari, che li scambiano per mercenari, quello dei governativi che se ne vogliono liberare e in più i missili che piovono dal cielo e che non  distinguono. Arrivano sfiniti dal viaggio, molte donne raccontano di aver subito violenza in Libia, da datori di lavoro o da poliziotti, numerose sono in avanzato stato di gravidanza, per una che è riuscita a partorire in mare chiamando il figlio “Dono di dio”, altre non ce l’hanno fatta. E arrivano anche notizie ancora non verificabili di una nave di cui si sarebbe persa ogni traccia da giorni, a bordo si dice almeno 150 persone.  Circa 540 di coloro che sono giunti dalla Libia, prevalentemente a Linosa, sono già stati trasferiti a Mineo, nei pressi di Catania, durante la notte fra domenica e lunedì. Un viaggio infernale, prima il trasferimento a Porto Empedocle poi in pulman senza mangiare, bere  né potersi togliere i vestiti bagnati, solo per alcuni, in evidente stato di spossatezza si sono aperte le porte di una struttura sanitaria ad Agrigento. Gli operatori di “Borderline Sicilia” hanno seguiti nella notte tutta la trafila senza poter intervenire.  La struttura di Mineo è tarata per 2000 persone, ne porta già 2500. Alla fine di una controversia che ha portato una parte della popolazione dei paesi del Calatino a manifestare domenica, Maroni ha firmato un patto di sicurezza che definisce finalmente in maniera chiara lo status giuridico del centro. Sarà un CARA, (accoglienza centro per richiedenti asilo), si dovrebbe insediare a breve una commissione per verificare le richieste e verificarne la fondatezza. Dei 420 cittadini tunisini presenti ieri a Mineo, in 408 hanno fatto richiesta di asilo, difficilmente la potranno ottenere dati i rapporti fra i due governi. Maroni sembra ignorare  la possibilità di ricorrere all’articolo 20 del Testo Unico sull’immigrazione che permette la protezione temporanea per chi proviene da zone ad altro rischio – la stessa norma che venne applicata per i profughi del Kosovo – e minaccia apertamente il governo tunisino.:«O controllano le coste e si riprendono con velocità quelli che sono fuggiti o li rimandiamo direttamente noi, con navi civili e con un rimpatrio coatto e collettivo». Saltano anche le direttive europee che del resto l’Italia non ha ancora ratificato. Il ministro è riuscito a scontrarsi con il presidente della Regione Sicilia, in uno scaricabarile di responsabilità e non riesce a utilizzare la disponibilità dell’Anci, (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani) che potrebbe mettere in moto in maniera duratura il sistema di asilo. Ma non è solo a Mineo il problema: a Manduria, paese in provincia di Taranto, una zona militare è stata adibita a tendopoli:«Si tratta di una spianata – racconta Gianluca Nigro, di Finis Terrae – che per ora è occupata solo per un quarto da tende». Dovevano restarci soltanto 700 persone ma sono già più del doppio e sembra si stiano facendo i lavori per portare a 5000 posti la capienza della tendopoli. Secondo il sottosegretario Alfredo Mantovano, intervenuto per calmare l’amministrazione locale, “Si tratta di una estensione (?) di Lampedusa” e la permanenza in quel posto che non può diventare un Cie è soltanto temporanea. A pretendere invece di sapere lo status giuridico della tendopoli sono oltre a Finis Terrae, il Prc, la Cgil e la stessa amministrazione regionale. Nichi Vendola ha per l’ennesima volta chiesto che ai tunisini venga accordato un permesso temporaneo, non ricevendo risposta. «La situazione nella tendopoli, gestita dal consorzio Connecting People, per ora è calma – continua Nigro – il problema è fuori fra la gente di Manduria, di Aria e di Francavilla Fontana. Nonostante un immenso dispiegamento di forze, dai vigili del fuoco alla guardia di finanza ai carabinieri alla polizia, almeno in 150 sono già fuggiti scavalcando la recinzione di 2 metri. Quanto basta per scatenare la caccia all’uomo e la paura. Qui si è innescata una vera e propria bomba ad orologeria». Alcuni comitati cittadini hanno messo in piedi vere e proprie ronde per riprendere i fuggitivi. Maroni e La Russa hanno garantito che , anche se gli enti locali non collaboreranno, entro stanotte saranno pronti gli insediamenti militari per svuotare , forse, Lampedusa. Dove saranno questi posti e che funzione svolgeranno non è dato saperlo, serviranno per rimpatriare o per assistere e selezionare chi può ottenere protezione? Sta di fatto che in Puglia ci sono ancora posti nei Cara, che molti fra coloro che sono a Manduria abbiano già fatto richiesta di asilo ma che nessuno ancora abbia ottenuto il trasferimento. 

Liberazione 29 marzo 2011

 

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