Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

03 aprile 2015

A DOMANDA RISPONDO
Furio Colombo
Gli immigrati vanno e vengono
Il Fatto Quotidiano, 03-04-2015
CARO FURIO COLOMBO, ho letto con un po` di stupore questo titolo su "L`Espresso" datato 2 aprile: "Aiutiamogli immigrati a tornare nei loro Paesi". È un buon titolo per "La Padania" (anche se loro per "tornare" intendono "gettare in mare" . Ma "L`Espresso" e Saviano? Anche il testo, benché ragionato e serio, introduce una nuova idea che, se l`autore è un analista della realtà come Saviano, stupisce. I migranti dovrebbero essere accolti in corsi di formazione poi rinviati a casa perché svolgano nel loro paese il lavoro imparato. In Somalia? in Siria? Nello Yemen? Nelle fabbriche di Boko Haram?
Tommaso
SONO STATO ANCH`IO attratto dal titolo. Poi dal libro che Saviano raccomanda (Paul Collier, "Exodus", Laterza), poi dal dissenso che ho provato per alcune posizioni di Collier sull`immenso problema, infine dallo scoprire che Saviano condivide. Tutto si svolge, ovviamente, sul lato umano e solidale della storia: un numero crescente di esseri umani cerca aiuto fuggendo. L`aiuto non può essere negato, ma la fuga non può continuare all`infinito, specialmente se il peso ricade sempre sugli stessi Paesi (l`Europa del Mediterraneo e dunque, soprattutto l`Italia). Ecco allora l`idea difermarli per rimandarli a casa. Ci troviamo dunque di fronte a un punto di congiunzione fra la rozza e disumana politica di respingimento in mare o di espulsione immediata (Lega Nord, Le Pen, e fascisti assortiti d`Europa) da un lato, e accoglienza provvisoria, umana, benevola con lo scopo di formare lavoratori adatti alle nuove tecnologie ma, allo stesso modo, con obbligo di ritorno ai Paesi di origine. Propongo alcune obiezioni a questo argomento. Primo: gli esperti (e gli statistici) sono concordi nel verificare un cambiamento drastico delle popolazioni in fuga. I disperati che abbandonano il villaggio e affrontano un viaggio lungo e pericoloso per guadagnare di più o almeno guadagnare qualcosa sono stati sostituiti, quasi in massa, da gruppi etnici e familiari in fuga da guerre e persecuzioni e condizioni di vita invivibili. Come si può immaginare un mon- do ordinato nel quale un somalo, un etiope, un eritreo vengono a formarsi in Europa per tornare nel loro Paese ed essere meccanici di altra qualificazione? Con chi? Per chi? Dove? Dopo avere ascoltato, quando ero presidente del Comitato Diritti Umani della Camera, le storie delle famiglie della classe media siriana scampate alle prime vampate disumane dell`inferno siriano, non potrei immaginare come rimpatriarle, adesso, dove il dominio a macchie di leopardo del fondamentalism o folle, alternato a gradi diversi e in lotta tra loro, di organizzazioni laiche e religiose allo sbando, ha creato decine e decine di focolai di guerra e di morte. Ho incontrato in questi giorni giovani yemeniti che erano in Italia di passaggio o in breve visita, quando è esplosa la rivolta, hanno documenti personali ma nessuna autorizzazione a restare. È contano di diventare clandestini non potendo tornare. Il numero dei nuovi profughi da Paesi in cui è ormai impossibili ritornare, in tutto l`arco del Medio Oriente e dell`Africa che fronteggia l`Italia, supera di gran lunga la fuga dalla povertà, che è quasi una stagione passata, o almeno, al momento, fermata dalla prevalenza del pericolo, e dal numero crescente di disperati in fuga per la vita e per mettere in salvo i figli, non per un futuro migliore. Però un fatto ancora più grande sembra sfuggire: il problema, nelle dimensioni umane, politiche, economiche dell`esodo è molto più grande della capacità dei leader europei di fermarlo. Ma persino negli Stati Uniti, il presidente Obama ha dovuto usare il sistema del decreto presidenziale per evitare l`espulsione di cinque milioni di cittadini illegali dagli Usa, e per dar loro residenza permanente, una decisione che il Congresso non avrebbe mai approvato. Il mondo (la testa del mondo) è piccolo e il problema è grande e destinato a durare, e non accetta rimedi da tempo di pace. La drammaticità con cui ne parla Papa Bergoglio dovrebbe aiutarci a capire le dimensioni immense del dramma che stiamo vivendo.
Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.



«Nessun terrorista verrà mai in Europa con un barcone»
Vita, 03-04-2015
Giada Frana
Si chiama “Mediterranean Hope”, è un progetto della Federazione delle chiese evangeliche in Italia e ha costituito l’“Osservatorio sulle migrazioni di Lampedusa” e ha partecipato al Forum di Tunisi per costruire ponti tra nord e sud. Vita.it ha intervistato Francesco Piobbichi, operatore sociale e collaboratore del progetto
"Mediterranean Hope - Osservatorio sulle migrazioni di Lampedusa" è un progetto della Fcei, Federazione delle chiese evangeliche in Italia, nata dalla consapevolezza della drammatica situazione dei migranti del Nord Africa, Africa sub-sahariana e Medio Oriente che provano a raggiungere le coste siciliane via mare. Un'esperienza che ha partecipato anche al World Social Forum di Tunisi. Vita.it ha intervistato Francesco Piobbichi, operatore sociale e collaboratore del progetto.
Mediterranean Hope ormai opera da quasi un anno a Lampedusa, con sede fissa ed un approccio diverso. Ci può spiegare?
Siamo una delle poche associazioni che ha costruito un intervento e un approccio che tiene conto anche dei bisogni di chi vive sull`isola. Un`isola di confine infatti non ha solo i bisogni di chi arriva al confine, ma anche di chi ci vive. Questo tipo di approccio ci permette di lavorare su un terreno di ricostruzione  o di costruzione di un senso comune di identità che non parte dall`identità che viene costruita  a livello mediatico.
In che senso?
Nel senso che normalmente si parla di Lampedusa o come del paradiso dell'accoglienza o come isola dell'invasione. Invece si tratta di un'isola di persone, che vivono la contraddizione del confine e cercano rispetto a ciò di tirare avanti. Questo significa tenere in considerazione il terreno della migrazione ma anche il terreno dell'identità di un'isola che in qualche modo è attraversata da processi molto veloci, che cambiano forma anche rispetto alle retoriche.
Un esempio?
Ad esempio negli ultimi tempi Lampedusa è stata di nuovo sottoposta a una retorica per costruire  la paura dell`Isis che non aveva fondamento. Giornalisti  che stavano sull'isola a domandare ai lampedusani se avessero paura dell'Isis oppure chiedevano se avessero paura che arrivassero missili dalla Libia. C`era quindi l`utilizzo mediatico del palcoscenico dell`isola che secondo noi andrebbe invece smontato e sostituito da un terreno di relazione e di costruzione con le associazioni locali e la società civile lampedusana, per creare un`accoglienza che sia partecipata ed espressione  di una popolazione che vive e che è messa al fronte dall`incapacità dei governi di affrontare la situazione.
Perché avete deciso di partecipare al Forum Sociale Mondiale di Tunisi?
Siamo andati Tunisi proprio perché convinti che in qualche modo si possa costruire un ponte Lampedusa-Tunisi, tra l`Europa del Sud  e quella del Nord. Bisogna avere la capacità di scendere a sud, oltre il confine, con uno sguardo che lo rimuove, che abolisce il "noi" e "loro", che il concetto di confine costruisce. In questi spazi pubblici si trova il modo di connettersi alla pari con persone che in qualche modo hanno una visione uguale alla propria, ma da punti di vista differenti. Un conto è guardare da Nord a Sud, un conto viceversa.
Avete partecipato a qualche incontro sulla tematica?
Abbiamo partecipato ad un incontro con i familiari dei dispersi del Mediterraneo, molto interessante  e secondo me quello più vero: evidenzia l`elemento della sofferenza  di queste madri, genitori, fratelli, amici che chiedono la verità rispetto ad un fenomeno che sia i governi europei che quelli del Mediterraneo non hanno tenuto in considerazione per decenni. Non c`è mai una ricerca comune  e non c`è mai una responsabilità e ciò fa sì che queste stragi per mare continuino, che vengano considerate quasi come un fenomeno naturale. Invece queste stragi sono il frutto di politiche migratorie e  di politiche economiche, di destabilizzazione dei continenti.
Il Forum perciò diventa un modo per fare rete tra le diverse forze della sponda Nord e Sud del Mediterraneo?
Sì, un modo diretto per provare a scendere a Sud per costruire relazioni. Inoltre scendere qui dopo l`attentato vuol dire anche promuovere un`idea di Mediterraneo di pace e non di paura, un Mediterraneo che non ha paura di scendere qua e dialogare con una società civile che ha fatto una rivoluzione e ha bisogno del nostro sostegno per evitare in qualche modo che la questione della lotta al terrorismo chiuda in senso autoritario lo spazio che si è aperto di democrazia in Tunisia.
Ci sono alcuni partiti politici che spingono sulla paura del terrorismo per poter chiudere le frontiere, dicendo che i terroristi potrebbero raggiungere il Belpaese via mare. Che ne pensa?
Il terrorismo esiste ed i terroristi si spostano, è un dato di fatto. Secondo me un terrorista formato, con la mentalità di morire per un ideale, non lo si può creare in cinque minuti, ci vuole del tempo. Metterlo su una barca e rischiare che muoia, mi sembra un`azione stupida e insensata. Se un terrorista vuole entrare in Europa ha mille modi per farlo e l`ultimo è il barcone: rischia non solo di morire, ma anche di essere subito identificato al suo arrivo. Inoltre bisogna pensare che in uno spazio globale il terrorismo  è ovunque e ci sono stati anche ragazzi cresciuti in Europa che sono andati a combattere per il cosiddetto Stato Islamico. Il problema non è solo esterno, ma interno, dovuto al fatto che forse alcuni stati hanno determinato una ghettizzazione e un`inferiorizzazione della religione musulmana in Europa e ciò può produrre elementi di reazione che si indirizzano in quel versante.



Salvini al campo rom: «Fossi sindaco, li chiuderei tutti in sei mesi»
La replica di Majorino: «Nel ventennio da loro governato abbiamo visto il contrario». Fuori programma con il maiale che spaventa il segretario leghista
Corriere della sera, 02-04-2015
Nuova visita in un campo rom, giovedì mattina, per Matteo Salvini. Dopo la visita del 20 febbraio in via Negrotto, il segretario della Lega questa volta si è presentato, scortato da polizia e da numerose telecamere, in via della Chiesa Rossa, estrema periferia sud di Milano. «Fossi sindaco, chiuderei tutti i campi rom in sei mesi, con le buone maniere», ha detto Salvini, invocando maggiore legalità. Il leader leghista è stato anche avvicinato da un capo famiglia che ha cercato di dialogare con lui davanti a tutti i giornalisti, e ci è riuscito. «Avrei apprezzato se fosse venuto qui senza tutta questa gente, sembra che siamo in guerra, ci saremmo messi al tavolo a discutere», ha detto l’uomo, che si chiama Aldo. «Ho letto che qui vivono tutti pregiudicati», gli ha risposto Salvini. «E se le dico che io non lo sono e che tutta la mia famiglia lavora?», la contro-replica. Alla fine i due si sono salutati e il gruppo al seguito del leader della Lega ha proseguito il giro del
Majorino
«Salvini dice che con un sindaco leghista si chiudono i campi Rom in sei mesi. A dire la verità nel ventennio da loro governato abbiamo visto il contrario. Proliferazione di campi e zero politiche», ha commentato in un post su Facebook l’assessore alle Politiche sociali, Pierfrancesco Majorino.
Il maiale
Durante la visita c’è stato anche un buffo fuori programma. Salvini ha notato un grosso maiale, di colore scuro, che grufolava in un prato davanti a un capannone. Divertito, ha chiesto al compagno di partito Alessandro Morelli di scattargli una foto con l’iPad. Il maiale, però, non ha gradito le «attenzioni» del segretario leghista e gli si è girato contro. Breve fuga di Salvini, che ridendo ha chiesto a un membro del suo staff: «Ma difendimi!». L’altro però gli ha fatto notare che il maiale stava solo rientrando a casa: e infatti l’animale si è diretto trotterellando all’interno del capannone.



Aumenta il numero degli immigrati che perdono la vita
Le morti nei primi tre mesi del 2014 sono state 46, quest'anno le vittime nello stesso arco di tempo sono 468
The Post Internazionale, 03-04-2015
Fernanda Pesce Blazquez
Secondo un articolo del Guardian, nei primi tre mesi del 2015 circa cinquecento migranti sono affogati nel Mediterraneo, nel tentativo di arrivare a destinazione.
Il numero dei decessi è dieci volte più alto della cifra registrata nello stesso periodo l’anno scorso. Nel 2014, le morti nei primi tre mesi furono 46.
Secondo i dati dell’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, le persone che hanno perso la vita ammontano a 468.
I decessi sono aumentati, anche se il numero d’immigrati che arrivano in Europa via mare è rimasto più o meno lo stesso. Secondo l’Oim, non è possibile stabilire la causa dell’aumento.
Alla fine del 2015, il numero delle vittime potrebbe superare quello dell’anno scorso, pari a 3.419 in totale.
Flavio Di Giacomo, portavoce di Oim Italia, sostiene che Mare Nostrum, la missione militare umanitaria per risolvere il problema degli sbarchi nel Mediterraneo, ha salvato un gran numero d’immigrati dai naufragi nel 2014. Dei 170mila migranti soccorsi nel 2014, circa la metà sono stati salvati dalla marina italiana.
Quest’anno, invece, la Guardia Costiera italiana è spesso arrivata troppo tardi, senza riuscire ad evitare le morti per affogamento.
L’Operazione Triton, altro programma europeo per far fronte ai flussi migratori, è stata messa in atto al termine della missione italiana, ma basa i suoi interventi sul controllo delle frontiere più che sulle misure di salvataggio.
Matteo De Bellis, ricercatore sull'immigrazione europea presso Amnesty International, l’organizzazione non governativa per la difesa dei diritti umani, ha dichiarato che le misure di soccorso per i naufraghi sono effettivamente insufficienti.
L’Unione europea dovrebbe mettere in atto una revisione delle politiche sull’immigrazione agli inizi di maggio.
Intanto, un rappresentante speciale delle Nazioni Unite, ha detto che l'Europa ha bisogno di un ripensamento generale circa il suo approccio frammentario alla migrazione, definendolo "uno dei grandi problemi del nostro tempo".



Stagionali. Imprese e lavoratori ancora in attesa del nuovo decreto flussi
In ritardo gli 11 mila ingressi dall’estero promessi dal governo. Caponi (Confagricoltura): “Meno pressing rispetto al passato, intanto raccogliamo le domande”
stranieriinitalia.it, 03-04-2015
Roma – 2 aprile 2015 – La primavera è arrivata, ma il decreto flussi per i lavoratori stagionali no. Così, mentre la natura si sveglia e i campi danno i primi frutti, chi dovrebbe raccoglierli è ancora bloccato a migliaia di chilometri di distanza.
Il decreto che autorizzerà l’arrivo dei lavoratori in Italia dando il via alle domande di assunzione è pronto da tempo. Prevede 11 mila ingressi per il 2015, confermando  il calo degli ultimi anni: l’anno scorso furono 15 mila, nel 2010 addirittura 80 mila. Se non arriva in Gazzetta Ufficiale, le aziende agricole e turistiche non possono  però chiamare i lavoratori di cui hanno bisogno.
“Il decreto è in ritardo rispetto alle previsioni e diversi associati ci stanno chiedendo quando uscirà. Rispetto agli scorsi anni, però il pressing è decisamente inferiore” dice a Stranieriinitali.it Roberto Caponi, responsabile dell’area sindacale di Confragricoltura.
“Molti stagionali nei campi sono infatti cittadini comunitari e per assumerli non serve il decreto flussi, poi ci sono gli extracomunitari disoccupati già presenti regolarmente in Italia e anche gli  italiani che, complice la crisi, sono tornati a lavorare nell’agricoltura, una sorta di settore rifugio” spiega Caponi. È anche per questo motivo, del resto, che quest’anno il ministero del Lavoro è stato così avaro nel fissare il tetto dei nuovi ingressi.
Intanto, comunque, le associazioni di categoria non stanno con le mani in mano. “Presso le nostre sedi territoriali stiamo già raccogliendo le domande, che poi presenteremo appena verrà pubblicato il decreto flussi, senza perdere ulteriormente tempo”  dice il dirigente di Confagricoltura.
Da tempo le associazioni si propongono come unico canale di invio delle domande, sostenendo di poter fare da “filtro”, evitando domande “false” . Tante volte volte, infatti, dietro le domande non c’è davvero un’azienda intenzionata ad assumere uno stagionale, ma solo il tentativo di far arrivare in Italia o regolarizzare un cittadino straniero, magari in cambio di denaro.
Tutte le domande presentate gli scorsi anni attraverso Confagricoltura si sono trasformate in una vera assunzione? “In alcuni casi no, - ammette Caponi –ma sono stati casi marginali. E in genere è successo perché l’autorizzazione all’ingresso del lavoratore è arrivata così tardi che ormai alle aziende non serviva più"”.



Spagna: tornano le cure sanitarie gratuite per i migranti irregolari
Il provvedimento annunciato dal primo ministro Rajoy non prevede però il ripristino della tessera sanitaria. Soddisfatto l'ordine dei medici iberico, mentre le associazioni restano scettiche: "E' una misura insufficiente e incompleta. Gli immigrati senza la tessera sanitaria non potranno accedere a cure continuative o avere un medico curante fisso"
Redattore sociale, 03-04-15
ROMA – Negli stessi giorni in cui è stata varata la legge che permette i respingimenti sommari dei migranti a Ceuta e Melilla, in Spagna gli immigrati irregolari potranno di nuovo essere curati gratuitamente nei centri di salute pubblica. Questo è quanto ha annunciato Mariano Rajoy, primo ministro spagnolo, che ha dichiarato “E’ più sensato e più ragionevole che ciò avvenga nei centri di salute pubblica, per non saturare i pronto soccorso”. Un cambiamento di direzione rispetto al 2012, quando venne deciso il taglio della copertura sanitaria, così come la revoca della tessera sanitaria ai migranti senza permesso di soggiorno.
La revoca, decisa nel settembre del 2012, che prevedeva l’accesso alle cure solo per le emergenze, venne fortemente contestata tanto che molti medici si dichiararono obiettori e quattro regioni – l’Andalusia, le Asturie, la Navarra ed i Paesi baschi – si rifiutarono di applicare le misure decise dal governo, continuando a fornire le prestazioni sanitarie anche agli irregolari.
Tuttavia l’annuncio, confermato dal ministro della Salute Alfonso Alonso, resta ancora nebuloso. L’unica certezza è che l’accesso gratuito ai servizi sanitari non comporterà il ripristino della tessera sanitaria per i migranti irregolari. Tale misura, accettata positivamente dall’ordine dei medici lascia però scettica l’associazione Médicos del mundo. “Si tratta di una misura insufficiente e incompleta – dichiara a la Croix la portavoce Beatriz Sagrado –. Gli immigrati, senza la tessera sanitaria non potranno accedere a delle cure continuative o avere un medico curante fisso. Verranno indirizzati da degli specialisti in caso di bisogno? Avranno il diritto di fare esami specifici? Senza tessera sanitaria dovranno pagare l’integrazione per i farmaci. E sono tutte domande a cui non abbiamo avuto risposta” ma bisognerà aspettare fino a giugno per conoscere i dettagli della nuova disposizione.
In ogni caso, l’applicazione del provvedimento sarà decisiva “Dal momento che la situazione dal 2012 ci mostra come gli immigrati senza permesso di soggiorno non sono sempre stati curati, anche nei pronto soccorso che non erano oberati. A volte si chiedeva loro di firmare in anticipo un foglio perché pagassero le cure che avrebbero ricevuto. Di colpo molti immigrati non andavano più a farsi curare” conclude la portavoce,  (hélène d’angelo)




 

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