Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

16 dicembre 2010

Sì del Senato al decreto sicurezza
Arrivano i "sindaci sceriffi"
la repubblica 16 dicembre 2010
Approvata defitivamente la conversione in legge della normativa, così come trasmessa dalla Camera. Attribuiti più poteri agli steward che operano negli stadi. Rafforzata l'Agenzia per i beni confiscati alle mafie
Il ministro dell'Interno Maroni
ROMA - Il Senato ha approvato definitivamente la conversione in legge del decreto sicurezza del governo, così come trasmesso dalla Camera. Il decreto legge sarebbe decaduto il prossimo 11 gennaio. I voti favorevoli sono stati 162, i contrari 1, gli astenuti 97. Il provvedimento è ora convertito in legge dello Stato. Tra le disposizioni principali contiene la norma definita dei "sindaci sceriffi" in una versione edulcorata rispetto alla formulazione iniziale. Nel provvedimento è presente anche la norma sugli steward negli stadi. Il testo, già approvato dalla Camera, non è stato modificato. Hanno votato a favore Pdl, Lega, Fli, Udc, Api e Idv, si è astenuto il Pd.
Nel provvedimento è previsto il ripristino della possibilità di arresto in flagranza differita fino a 48 ore per combattere più efficacemente il fenomeno della violenza in occasione di manifestazioni sportive. Agli steward degli stadi saranno attribuiti più poteri, con compiti ausiliari delle forze di polizia e l'estensione di una serie di tutele già previste per i pubblici ufficiali.
Il provvedimento punta a favorire l'efficacia dell'azione dei sindaci in tema di sicurezza attraverso il loro potere di ordinanza. Infatti, il prefetto dispone ("ove ritenga necessario", precisa il provvedimento) il concorso delle Forze di polizia per assicurare l'attuazione delle ordinanze in materia di sicurezza urbana. Sarà poi rafforzata l'Agenzia per i beni confiscati alle mafie, che potrà autofinanziarsi mettendo a reddito una parte dei beni confiscati. E' prevista la confisca di cantieri o strumenti di lavoro "in presenza di violazioni gravi o reiterate" delle norme di igiene e sicurezza sul lavoro.



PROFUGHI ERITREI: PER L'EGITTO SONO "INVENZIONI"

CNR Media 15 dicembre 2010
"Le notizie circolate sulla detenzione di 250 cittadini eritrei nella penisola egiziana del Sinai da parte di un gruppo criminale sarebbero sono false e solo una "campagna mediatica per istigare l'opinione pubblica". Lo dice il ministro degli esteri egiziano in merito alla vicenda che da settimane vede protagonisti un centinaio di cittadini eritrei finiti nelle mani di alcuni trafficanti di uomini che li tengono prigionieri nel deserto egiziano. Ai microfoni di CNRmedia risponde Don Mussiè Zeraì dell'agenzia Habeshia, che ha reso pubblica la vicenda: "O ci hanno mentito quelli che ci hanno detto di aver riferito alle autorità egiziane le informazioni che noi stessi abbiamo passato sia alla Farnesina  che alla Unhcr o mente il governo egiziano, perché altrimenti non si capisce che interesse abbia l'Egitto a negare quando noi siamo continuamente in contatto con queste persone. Li abbiamo chiamati in diretta televisiva e radio, abbiamo fornito il nome del capobanda che li tiene in catene, Abbiamo fornito il luogo dove sono tenuti, c'è scritto quasi 'siamo qui veniteci a salvare'. Non vogliamo nulla se non la loro liberazione e non cerchiamo nulla se non questo".



MIGRANTI. Profughi eritrei: preoccupazione della Papa Giovanni XXIII

Vita 16 dicembre 2010
Appello all'Unione Europea dalla Comunità fondata da don Benzi per i profughi ostaggio di bande di predoni
La Comunità Papa Giovanni XXIII  rinnova il proprio sconcerto e la profonda e accorata preoccupazione per il destino dei profughi  eritrei ostaggio di  bande di predoni nel deserto del Sinai.
«Uomini, donne e bambini stanno subendo ogni tipo di tortura e violenza. Sono persone vittime del traffico di esseri umani che è ormai diventato una vera emergenza internazionale, i profughi ed i rifugiati sono la preda privilegiata in mano ai  trafficanti. Auspichiamo che l'Unione Europea con la risoluzione in ordine del giorno nei lavori del Parlamento Europeo di giovedì 16 dicembre, dica una parola forte e decisiva affinché  cessino  le gravissime  violazioni dei diritti umani che continuano a consumarsi alle soglie del terzo millennio  di fronte all'indifferenza degli Stati».
Inoltre, continua la nota della Comunità Papa Giovanni XXIII «chiediamo che l'Unione Europea non si  limiti solo a dichiarazioni politiche o note diplomatiche ma attivi vere e proprie iniziative concrete  volte alla liberazione dei tanti profughi tenuti prigionieri nel Sinai e si adoperi per una risoluzione e il  rispetto dei loro diritti» e conclude: «La Comunità Papa Giovanni XXIII rinnova la propria disponibilità ad accogliere i fratelli eritrei».



Libia e Malta, l'inferno dei migranti in fuga da guerre e disperazione

Il libro nero di Amnesty sui profughi intercettati e mandati nelle prigioni La somala Farah Anam: meglio morire in mare che tornare in quelle celle
l'Unità, 16-12-2010
UMBERTO DE GIOVANNANGELI

ROMA - Le sue parole valgono più di mille trattati nel mettere in luce una tragedia annunciata. E da molti, troppi, colpevolmente dimenticata: «È meglio morire in mare che tornare in Libia». A pronunciarle è Farah Anam, una donna somala arrivata a Malta nel luglio 2010 attraverso la Libia. I migranti, i rifugiati e i richiedenti asilo in fuga dalla persecuzione e dai conflitti armati vanno incontro alla tortura e al carcere a tempo indeterminato nel loro tentativo di arrivare in Europa attraverso la Libia. A denunciarlo è Amnesty International in un nuovo rapporto dal titolo «Cercare salvezza, trovare paura: rifugiati, richiedenti asilo e migranti in Libia e a Malta». Il rapporto mette in luce la sofferenza di quanti cercano di raggiungere l'Unione europea, molti in cerca di asilo e protezione, e le violazioni dei diritti umani che subiscono in Libia e a Malta. «In Libia i cittadini stranieri, compresi i rifugiati, i richiedenti asilo e i migranti, si trovano in una condizione di particolare vulnerabilità e vivono nella costante paura di essere arrestati e detenuti per lunghi periodo di tempo, torturati e sottoposti a ulteriori violazioni» - rimarca Malcolm Smart, direttore del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International. «Inoltre, molti di essi temono di essere espulsi verso i Paesi di origine, senza alcuna considerazione per il concreto rischio di subire persecuzioni una volta fatti rientrare».
Per le autorità di Tripoli, vi sono oltre tre milioni di «migranti irregolari» in Libia. Molti provengono da altre parti dell'Africa eppure le autorità locali continuano a dire che nessuno di essi sia un rifugiato. Decine di migliaia di persone lasciano la Somalia ogni anno per iniziare un lungo e pericoloso viaggio attraverso nazioni quali la Libia per fuggire al conflitto che sta devastando il loro Paese dal 1991. Molte spendono tutti i loro risparmi per intraprendere una pericolosa traversata del Mediterraneo. I rifugiati e i richiedenti asilo in Libia vivono in un limbo legale che non tiene conto del loro bisogno di protezione. La Libia non ha firmato la Convenzione Onu sullo status di rifugiato del 1951 e non ha un sistema d'asilo in vigore. Quest'anno a novembre il governo ha pubblicamente respinto la raccomandazione di ratificare la Convenzione e sottoscrivere un memorandum d'intesa con l'agenzia dell'Orni per i rifugiati, l'Unhcr, per consentire a quest'ultima di assistere i rifugiati e i richiedenti asilo in Libia. «I richiedenti asilo e i rifugiati in Libia non hanno nessuno cui chiedere aiuto e sono diventati ancora più vulnerabili da quando, a giugno, le autorità di Tripoli hanno ordinato all'Unhcr di sospendere le attività. Il minimo che il governo libico dovrebbe fare invece è proteggere dagli arresti, dalla violenza e dagli abusi coloro che fuggono da persecuzione e conflitti e garantire che non siano rinviati in luoghi dove potranno correre il rischio concreto di subire gravi danni e persecuzione», afferma Smart. È l'odissea di Ahmed Mahmoud e Miriam Hussein, una coppia somala fuggita dal loro Paese in Libia: hanno vissuto nel costante pericolo di essere arrestati, non hanno potuto trovare un lavoro e sono stati rapinati ripetutamente, fino a quando hanno deciso di tentare di raggiungere l'Europa via mare. Miriam era incinta di sette mesi. Il 17 luglio di quest'anno i due, facenti parte di un gruppo di 55 somali a bordo di un'imbarcazione in avaria, sono stati intercettati e soccorsi da vascelli libici e maltesi. Miriam Hussein e altre 26 persone sono state immediatamente riportate in Libia mentre le altre 28, compreso Ahmed Mahmoud, sono state condotte a Malta. In Libia, il gruppo di cui faceva parte Miriam Hussein è stato immediatamente portato in carcere. Gli uomini hanno fatto sapere di essere stati picchiati e torturati con scosse elettriche. Due mesi dopo, Miriam Hussein ha partorito un feto morto. Torture e altre violazioni ai danni di rifugiati, richiedenti asilo e migranti sono un fatto sistematico in Libia. I guardiani delle carceri prendono spesso a pugni i detenuti o li colpiscono con tubi di metallo o bastoni. Chi osa protestare per le condizioni di detenzione o chiede assistenza medica rischia di subire ulteriori aggressioni o punizioni. Ciò nonostante, a ottobre, la Commissione europea ha sottoscritto con le autorità libiche una «agenda per la cooperazione» sulla «gestione dei flussi migratori» e sul «controllo allefrontiere», valida fino al 2013 e in base alla quale l'Ue metterà a disposizione della Libia 50 milioni di euro. Nel frattempo, Unione europea e Libia stanno negoziando un più ampio «Accordo quadro» che consentirebbe, tra l'altro, la «riammissione' in Libia di cittadini provenienti da "Paesi terzi" entrati in Europa dopo aver transitato in Libia. «La cooperazione tra Ue e Libia deve avere al centro i diritti umani e la condivisione delle responsabilità, ovvero i principi fondamentali della protezione internazionale. Mentre cercano la cooperazione con la Libia per contrastare l'arrivo di persone dall'Africa, l'Unione europea e i suoi Stati membri non devono chiudere gli occhi di fronte alle costanti violazioni dei diritti umani in Libia», ammonisce Smart. Tra il 2002 e il 2009 si stima che 13.000 persone siano arrivate a Malta dalla Libia. Malta, tuttavia, non si è rivelata il rifugio sicuro che speravano di raggiungere. Sulla base delle leggi maltese, ogni persona che arriva per la prima volta sul territorio, compresi i richiedenti asilo, viene considerata «migrante proibito» e rischia la detenzione obbligatoria a tempo indeterminato, in pratica fino a 18 mesi. I rimedi legali esistenti per opporsi alla detenzione sono stati giudicati «inefficaci» dalla Corte europea dei diritti umani. «Le autorità maltesi devono garantire che le operazioni d'intercettazione e di soccorso in mare non determinino il rinvio forzato o l'espulsione di persone già in condizioni di vulnerabilità verso la Libia o verso altri Stati dove si troverebbero nel rischio concreto di subire gravi violazioni dei diritti umani», rileva Smart. Amnesty ha lanciato un appello alla Commissione europea e all'Italia chiedendo che i diritti umani e le garanzie per i rifugiati, richiedenti asilo e migranti siano al centro della cooperazione con la Libia. Farlo vorrebbe dire entrare in rotta di collisione con il Rais di Tripoli, Muammar Gheddafi. Il grande amico di Silvio Berlusconi.



Le tre “colpe”

Marco Pacciotti
l'Unità 16 dicembre 2010
Se sei nero di pelle, disoccupato per via della crisi e malato , oggi in Italia rischi molto.  Un paradosso, una forzatura? Forse si, ma non tanto guardando a quanto è avvenuto a Brescia. Un uomo di 36 anni che camminava tranquillamente per la città in cui viveva da circa 15 , e che forse riteneva la sua città adottiva, viene fermato per accertamenti senza una ragione, l’unica plausibile  è il colore della sua pelle, è nero. Evidentemente un indizio di reato per alcuni, quasi una colpa .  La seconda colpa, ancora più incredibile in una Repubblica fondata sul lavoro,  è quella di aver perso la propria occupazione per la crisi economica e di non aver trovato lavoro entro i sei mesi previsti dalla Bossi – Fini. Scaduto questo termine infatti, a rigor di legge, lo straniero perde il diritto di soggiornare in Italia. Una  irregolarità che in base al successivo famigerato pacchetto sicurezza Maroni del 2009, diventa un crimine e come tale perseguibile penalmente. Tant’è che il nero disoccupato viene portato alla stazione dei carabinieri e qui trattenuto per le procedure previste . A queste due colpe, si aggiunge la terza, quella di essere anche malato, un banale asma che diventa  crisi respiratoria. Il ricovero, forse tardivo, risulta inutile.  Elhdy Seyou Gadiaga non ce la fa, muore. E solo con la sua morte questo storia,  comune per il resto a quella di decine di migliaia di stranieri ,  arriva ad ottenere l’attenzione dei mezzi di informazione. Quello che altrimenti sarebbe rimasto un “normale” caso di controllo di documenti da relegare in qualche anonima statistica, diviene invece un tema che deve interrogarci su cosa è accaduto nel paese di quella che forse è la più bella costituzione al mondo.  Quale deriva ha reso possibile che le  persone divenissero per il legislatore  solo braccia da lavoro e criminali in assenza di occupazione? La tragedia di una morte assurda e vergognosa, e la giusta indignazione che ne segue,  non deve impedirci però di vedere una cosa ancor più grave.  L’aberrazione di un meccanismo che stritola  la dignità della persona e la rende vulnerabile, in balia degli eventi e perseguibile senza che abbia commesso reati contro persone,o  il patrimonio o la pubblica morale.  Questa è l’ideologia di matrice leghista  che ispira la Bossi-Fini e il pacchetto sicurezza,  leggi dello Stato che stravolgono la filosofia e lo spirito  alla base della nostra Costituzione,  che instillano la cultura della paura e della divisione, che vogliono i cittadini stranieri invisibili e silenti. Una idea di società chiusa, impaurita,   a compartimenti stagni.
Non so quanto durerà l’attuale maggioranza, spero non molto. Sono invece certo che quando  il PD tornerà a governare, fra le prime cose, dovrà cancellare le due vergognose leggi qui citate; sanando finalmente la ferita aperta nella Costituzione e restituendo dignità e serenità perdute alle centinaia di migliaia di nuovi cittadini che hanno scelto l’Italia come seconda patria, contribuendo al suo arricchimento culturale ed economico.



Decreto  flussi Pronto alla pubblicazione il testo che consentirà l'ingresso dei lavoratori stranieri. Atteso da oltre due anni, privilegia ancora colf e badanti. Con qualche contraddizione
Entrano i primi lOOmila
Terra, 16-12-2010
Dina Galano
C' è la firma del presidente Silvio Berlusconi in calce al cosiddetto decreto flussi 2010. Prossimo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il documento era atteso dal 2007 e, dopo due anni di serrata delle frontiere, iniziera a produrre qual¬che effetto a partire da febbraio 2011. Gli interessati, vale a dire gli stranieri extracomunitari che vogliono entrare in Italia per motivi di lavoro non stagionale, saranno probabilmente molto più numerosi dei 98.080 posti disponibili (a cui vanno aggiunti altri 6.000 disposti ad aprile di quest'anno). Nel 2007, infatti, su 170mila quote, le richieste   d'assunzione   presen-
tate hanno superato le 740mila. Per ottenere il titolo di soggiorno, inoltre, potrebbe essere determinante per il lavoratore straniero godere del favore della dea bendata. Velocità della compilazione della procedura online e il viaggio di andata e ritorno dal Paese d'origine, sono variabili ingestibili. Il lavoratore che vive e lavora in condizioni di irregolarità nel nostro Paese dovrà tornare in patria per poi rientrare, attraverso il decreto flussi, come dipendente dell'impresa italiana. Il suo datore di lavoro, dall'altro lato, dovrà affrettarsi a compilare la richiesta informatizzata perché le pratiche saranno accol¬te secondo un ordine di precedenza esclusivamente cronologico. Chi sarà pronto all'aperture delle tre finestre (i cosiddetti "click day") avrà maggiori chance di successo. Meglio ancora se si tratta di lavoro domestico e di assistenza personale. Questo perché a essere privilegiati, dopo la sanatoria del 2009, sono ancora colf e badanti. Dei circa lOOmila ingressi previsti nel decreto, infatti, 30mila unità sono specificatamente riservate alla categoria, ma altri potranno aggiungersi rientrando nelle poco più di 52 unità destinate genericamente ai cittadini dei Paesi cosiddetti privilegiati. Se si proviene da Stati come Filippine, Nigeria, Albania, Bangladesh, Ghana, Ucraina e altri con cui il nostro Paese ha sottoscritto accordi di cooperazione, si applica l'articolo 2 del decreto flussi. Per le nazionalità residuali, invece, l'entrata regolare sarà possibile solo grazie a una norma ad hoc (articolo 3). Ma oltre al favore, la disciplina mo¬stra le sue contraddizioni. Secondo Sergio Briguglio, esperto dell'Enea in politiche immigratorie, «non è chiaro il perché si siano destinate 30mila quote a Paesi da cui normalmente non provengono colf e badanti». In base ai trend registrati nel 2009 in sede di sanatoria, sono soprattutto ucraine, moldave e filippine le donne che svolgono assistenza alle famiglie italiane. «Se si intendeva favorire questa tipologia di lavoro - ha aggiunto Briguglio - forse è stato fatto un errore, a meno di non volervi leggere tutte le caratteristiche di una norma destinata a false colf e badanti».



IMMIGRAZIONE – SOLDINI (CGIL): “FENOMENO NON GOVERNATO E CONTRADDITTORIO. SERVE RIFORMA CON POLITICHE INNOVATIVE MIRATE A INTEGRAZIONE. NUOVO DECRETO FLUSSI FIGLIO NECESSITÀ MANODOPERA”
(2010-12-15) http://www.italiannetwork.it
“La realtà odierna dell’immigrazione è quella di un fenomeno non governato che da una parte sedimenta esperienze e situazioni diverse tipiche di un processo vivido, dall’altro fatalmente degenera in una dinamica di azioni sociali, politiche e lavorative caratterizzate in termini conflittuali”. Lo ha affermato il Responsabile immigrazione della CGIL, Piero Soldini, intervenendo alla presentazione a Roma del volume di Massimiliano Bagaglini dal titolo “Tra integrazione e subalternità: la mobilità lavorativa degli immigrati” (Edizioni Ediesse).
“In Italia – ha proseguito Soldini - abbiamo una legislazione sull’immigrazione d'ispirazione proibizionista già a partire dal Testo Unico, che si accentua fortemente nel passaggio alla Bossi-Fini per poi conoscere un’ulteriore restrizione in mancanza di una vera e propria riforma delle norme sull’immigrazione. Una mancata riforma che è causa di un fenomeno di accelerazione relativo all’interpretazione restrittiva delle norme”.
“Ad una realtà già di per sé complessa, si aggiunge una situazione di crisi economica profonda, nella quale le condizioni di vita degli immigrati si sono pesantemente aggravate: 1 milione di posti di lavoro persi, di cui 100.000 riguardano gli immigrati. Una situazione di crisi che colpisce indiscriminatamente tutti i lavoratori, ma in modo maggiore i lavoratori immigrati: un immigrato che perde il lavoro, dopo 6 mesi perde anche il permesso di soggiorno e il diritto agli ammortizzatori sociali. Questo è uno dei punti sui quali abbiamo interpellato il Governo: al momento ci sono in Parlamento diverse proposte che si misurano su questo tema ma non c’è mai stata una vera e propria azione legislativa”.
Secondo Soldini “quella in cui viviamo è una realtà fortemente contraddittoria, che da una parte vede il blocco dei flussi motivato dalla crisi con un gran numero di lavoratori immigrati che non possono regolarizzarsi ma che allo stesso tempo non possono essere espulsi, dall’altra vive dell’annuncio odierno da parte del Governo di un nuovo decreto flussi che prevede l’ingresso di  100.000 persone (http://www.italiannetwork.it/news.aspx?ln=it&id=23110). Alla base di un simile annuncio del Governo  la previsione, fondata su uno studio di Unioncamere, secondo la quale, nonostante la crisi, c’è ancora bisogno di manodopera straniera”.
“Il nostro ruolo come sindacato è quello di assumere il punto di vista degli immigrati e convincere che l’ottenimento di una serie di diritti per i lavoratori immigrati non è un traguardo unicamente per gli immigrati ma per tutti i lavoratori. Il ruolo di chi ci governa, invece, la necessità di affrontare un tema così complessa con politiche innovative che puntino innanzitutto all’integrazione” ha concluso Soldini.
Secondo il Presidente del Comitato europeo per la prevenzione alla tortura, Mauro palme “è arrivato ormai il momento in cui l’Italia deve affrontare il tema dell’immigrazione non soltanto come Paese di transito, ma come vero e proprio Paese di destinazione. Questo significa non liquidare il tema alla semplice alternativa tra respingimento o non respingimento, ma affrontare una serie di aspetti ben più complessi: dalla dispersione degli immigrati al fenomeno delle periferie, dalla falsa integrazione discriminante alle forme di lavoro più servili. C’è l’urgenza, quindi, di un’analisi che dia il giusto spazio al contesto in cui viviamo, quello mediterraneo, e la giusta spinta all’elemento della formazione, di un’analisi più attenta e specifica che possa aiutarci a capire meglio il fenomeno dell’immigrazione e a capire meglio noi stessi”. 
“Un fenomeno quello dell’immigrazione che vive di  luci ed ombre – secondo Enrico Pugliese, docente ordinario della Sapienza di Roma - un’infinità di difficoltà, peggiorate da un contesto politico di grande avversione, in cui sono diversi gli immigrati che ce la fanno. Certo, spesso riescono solo gli immigrati che vivono in Italia da diversi anni, ma se c’è un tratto caratteristico delle forme più recenti dell’immigrazione nostrana è quello dello spreco di risorse, della sottoutilizzazione della preparazione culturale e professionale degli immigrati che giungono in Italia“. (15/12/2010 –A.G.- ITL/ITNET)



Australia, barcone contro gli scogli: muoiono 50 immigrati, 33 i feriti

il Giornale 16 dicembre 2010
Sidney - Terrore e disperazione in Australia. Un barcone di legno con a bordo un'ottantina di migranti è naufragato, restando per circa un'ora in balìa della tempesta per poi schiantarsi contro gli scogli di Christmas Island, al largo delle coste occidentali australiane. Almeno 50 persone sono morte mentre 33 sono rimaste ferite. I residenti, svegliati dalle urla delle persone che tentavano di salvarsi a nuoto, hanno assistito inorriditi alla tragedia, senza riuscire a salvare coloro che si dibattevano tra le rocce e i detriti dell’imbarcazione. Troppo mosso il mare. "C’erano bambini in acqua: uno molto piccolo in un giubbotto di salvataggio è rimasto a testa in giù per molto tempo, chiaramente morto", ha raccontato un testimone. Un mezzo della Marina australiana e una nave doganale hanno cercato di prestare soccorso, ma i naufraghi erano pericolosamente vicini alla scogliera.
Il racconto dei testimoni "Il motore era fuori uso e la barca faceva avanti e indietro vicino a questi scogli, molto frastagliati e molto pericolosi", ha raccontato un altro testimone. "Quando la barca ha colpito lo scoglio si è sentito un rumore da far star male. Tutte le persone a bordo si sono precipitate verso la terraferma, che è la cosa peggiore da fare, ma non credo che sapessero nuotare. Forse c’erano solo due scialuppe è stato orribile. Gente schiacciata. Corpi, bambini morti, è stato terribile".
Provenienza dei migranti Non è nota la nazionalità dei migranti che si trovavano sull’imbarcazione: ogni anno migliaia di richiedenti asilo dall’Iraq, dall'Iran, Afghanistan e Sri Lanka sfidano la sorte per raggiungere le coste australiane a bordo di imbarcazioni di fortuna. L’Isola di Natale (Christmas Island), territorio australiano situato ad appena 300 chilometri dalle coste indonesiane, ospita un centro di accoglienza per migranti e richiedenti asilo.



WIKILEAKS: GOVERNO AUSTRALIA SPECULO' SU IMMIGRATI ILLEGALI

(AGI) Sydney - Il governo australiano del premier Kevin Rudd cerco' di trarre vantaggio politico dagli immigrati illegali che ogni anno raggiungono il Paese. E' quanto emerge da un documento di Wikileaks secondo cui Rudd, tra il 2007 e il 2010, ingiganti' il problema per recuperare voti ai conservatori.
Dalle conversazioni dei diplomatici Usa emerge che Peter Khalil, consigliere del primo ministro, raccomando' a Rudd di dire in pubblico che ogni anno entrano nel Paese 60mila clandestini, la maggioranza dei quali pero' arriva in aereo e con regolare visto, scaduto il quale torna indietro.



Immigrazione, la nuova sfida Ue

Il Messaggero, 16-12-2010
CECILIA MALMSTRÓM* e LÀSZLÓ ANDOR**

MOLTI Paesi europei sono ancora nella morsa della crisi economica e finanziaria e negli ultimi anni un gran numero di cittadini e imprese dell'Ue hanno subito le dure conseguenze della flessione dell'economia. In questi tempi difficili di disoccupazione e tagli alla spesa pubblica, la necessità di immettere un maggior numero di persone nel mercato del lavoro europeo può essere difficile da comprendere. Ma la verità è che; già oggi, molti Stati membri accusano gravi carenze di forza lavoro in settori come la scienza, la sanità, la tecnologia, l'ingegneria, la matematica, il turismo e l'agricoltura. Data la gravità dei problemi demografici dell'Unione, queste carenze sono destinate ad aumentare e a diffondersi rapidamente in altri settori. Già nel 2013, o nel 2014,  la popolazione attiva dell'Unione inizierà a calare.
Secondo Eurostat, nei prossimi 50 anni la popolazione totale dell'Ue aumenterà di 10 milioni, mentre la forza lavoro diminuirà di 50 milioni di persone. Nel calcolo, Eurostat ha tenuto già conto del fatto che, nello stesso periodo, l'Ue accoglierà 58 milioni di immigrati: presto l'immigrazione sarà l'unico contributo alla crescita netta della popolazione in Europa. Ciò non significa necessariamente che l'Europa abbia bisogno di 50 milioni di immigrati in più, poiché è chiaro che dovrà continuare a combattere la disoccupazione interna: un compito, questo, assolutamente prioritario. Per affrontare le sfide del mercato del lavoro, la Commissione presenterà a breve una serie di iniziative conerete volte a ridurre i rischi connessi a una disoccupazione strutturale elevata, a potenziare le politiche di "flessicurezza" e a investire di più nei sistemi di istruzione e formazione.
Al tempo stesso, però, il fabbisogno di manodopera raggiungerà nel prossimo futuro dimensioni allarmanti. Secondo relazioni recenti, ad esempio, l'economia dell'Ue sarà presto gravemente danneggiata dalla penuria di lavoratori nel settore delle tecnologie informatiche: entro il 2015 potrebbero restare vacanti tra i 380 mila e i 700 mila posti di lavoro. Il settore sanitario, da parte sua, dovrebbe registrare nel 2020 una carenza di 1-2 milioni di professionisti, che corrisponde al 15% del fabbisogno di cure sanitarie nell'Ue. Pur mettendo in atto le migliori politiche, è estremamente improbabile che si riescano a reperire queste risorse all'interno dell'Unione.
Contemporaneamente, aumenterà la concorrenza mondiale per la manodopera. Se l'Europa vuole mantenersi forte e conservare la posizione che occupa sul mercato globale in mezzo a economie in rapida crescita come Cina e India deve fare in modo che il suo mercato del lavoro risulti più attraente per i futuri immigrati. Nella strategia "Europa 2020" la migrazione dei lavoratori è citata tra le questioni cruciali. Pochi mesi fa la Commissione ha presentato due proposte in materia di migrazione legale, l'una diretta a migliorare le procedure di ammissione per i lavoratori stagionali, l'altra a facilitare alle società multinazionali i trasferimenti di personale attraverso i confini dell'Unione. Sono passi importanti, ma occorre defi-nire politiche più innovative. Per fare solo qualche esempio, bisogna collaborare più strettamente con i Paesi terzi, migliorare il riconoscimento delle qualifiche e dei diplomi, dif-fondere informazioni sulle opportunità di lavoro in Europa e dedicarsi maggiormente all'integrazione.
Parallelamente, dobbiamo combattere più a fondo l'immigrazione irregolare e migliorare le capacita di controllo su chi entra nel territorio europeo. Ogni Stato membro resterà ovviamente libero di definire il suo fabbisogno di lavoratori immigrati, materia in cui l'Ue non può né intende prendere decisioni; ma è importante poter contare su un quadro comune.   Dobbiamo anche comprendere che per molte persone la migrazione è un modo per migliorare le condizioni di vita. D'altronde, la migrazione e anche un mezzo per aumentare gli scambi commerciali e di investire in qualifiche e competenze che non solo restano in Europa, ma spesso procurano vantaggi ai Paesi di origine di molti immigrati giunti nell'Ue per lavorare. Studi recenti mostrano la relazione tra l'aumento dell'immigrazione e quello delle esportazioni verso i Paesi di origine degli immigrati. In altri termini, sia per le persone che per le società su più ampia scala, c'è molto da guadagnare da politiche che facilitano l'attraversamento delle frontiere e l'accesso al mercato del lavoro europeo.
Se è chiara l'importanza degli aspetti economici dell'immigrazione dei lavoratori, non dobbiamo dimenticare i vantaggi sociali e culturali che ne derivano. Le migrazioni sono una caratteristica costante della storia dell'umanità e si sono generalmente rivelate positive. Solo restando aperta al resto del mondo l'Ue può evitare di cadere nell'intolleranza, nell'immobilismo o nell'autoesaltazione. Solo un mercato del lavoro europeo aperto e competitivo può tenere testa alle sfide demografiche ed economiche che si preparano.
*Commissaria Ue per gli affari interni. **Commissario Ue per occupazione, affari so¬ciali e integrazione



Calo delle rimesse degli immigrati nell’Ue, ma non in Italia.

16 dicembre 2010 ImmigrazioneOggi
Nel 2009 calate del 7% le rimesse originate nei Paesi Ue. Nel complesso inviati 30,3 miliardi di euro, 22 miliardi verso Paesi terzi. In Spagna e Germania il calo maggiore, solo in Italia sono aumentate.
Diminuite di oltre 2 miliardi di euro le rimesse che gli immigrati interni alla Ue hanno inviato nei rispettivi Paesi nel corso del 2009.
A darne notizia è Eurostat, l’istituto statistico della Ue, che spiega come nel 2009 si sia “interrotto un trend crescente che durava da diversi anni”.
Il totale degli invii è passato complessivamente dai 32,6 miliardi di euro del 2008 ai 30,3 miliardi dello scorso anno, con una diminuzione del 7%. Complessivamente, i flussi si sono indirizzati per 8,3 miliardi all’interno della Ue e per 22 miliardi in Paesi terzi.
I Paesi dai quali esce il “grosso del denaro” sono la Spagna con 7,1 miliardi (22% del totale), Italia con 6,8 miliardi (21% del totale), Germania 3 miliardi (9% del totale), Francia 2,8 miliardi (9% del totale), Olanda 1,5 miliardi (5% del totale). Dalla Francia e Spagna si sono registrati i maggiori cali nelle rimesse degli immigrati verso i loro Paesi d’origine. In Spagna si è scesi da 7,9 a 7,1 miliardi, in Francia da 3,4 a 2,8 miliardi. Dall’Italia, al contrario, si è registrato l’aumento delle rimesse, passate da 6,4 a 6,8 miliardi.



Immigrati, assunzioni-truffa da datori lavoro anche defunti

Per ottenere permessi soggiorno. Nell'astigiano 163 denunce
16 dicembre
(ANSA) - ASTI, 16 DIC - Immigrati clandestini assunti anche da persone decedute: e' una delle scoperte dei carabinieri di Asti che hanno denunciato 163 datori di lavoro accusati di assunzioni-truffa finalizzate al permesso di soggiorno.
Attraverso false dichiarazioni contributive, buste paga fasulle ed assunzioni inesistenti, hanno agevolato la regolamentazione sul territorio nazionale di 209 clandestini. Tra i datori di lavoro anche un' anziana signora astigiana, gia' morta al momento della presentazione delle domanda per l'assunzione di tre marocchini come collaboratori domestici.



LAZIO/IMMIGRATI: CARITAS, FENOMENO IN EVOLUZIONE E CRESCITA

Asca - 16-12-2010
(ASCA) - Roma, 16 dic - Il Lazio, con 497.940 residenti stranieri, resta fra le regioni piu' interessate dall'immigrazione (secondo solo alla Lombardia). Vi risiede l'11,8% dell'immigrazione nazionale e la presenza e' cresciuta del 10,6% rispetto al 2008 (aumento medio nazionale +8,8%). Il numero complessivo di cittadini stranieri regolari puo' essere, pero', stimato pari a 565.900, 67.960 persone in piu' rispetto ai residenti registrati dall'Istat.
Emerge dal VII Rapporto dell'Osservatorio Romano sulle Migrazioni promosso dalla Caritas diocesana di Roma, Camera di Commercio di Roma e dalla Provincia di Roma. Si riscontra la tendenza a un certo riequilibrio tra la Provincia di Roma e le altre. Se attualmente Roma polarizza l'81,5% dell'immigrazione regionale, nel 2000 la quota era del 90,6%.
Nel frattempo e' cresciuto il protagonismo delle Province minori: a Latina risiedono 34.306 stranieri (+11,0% rispetto al 2008), a Viterbo 26.253 (+10,1%), a Frosinone 20.823 (+8,8%) e a Rieti 10.901 (+10,0%). L'incidenza degli immigrati sulla popolazione complessiva e' dell'8,8%, quasi due punti in piu' rispetto alla media italiana (7%). Quanto alle provenienze, anche quello laziale da policentrico sta diventando un modello ''satellitare'', al cui centro si colloca la collettivita' romena, che incide per oltre un terzo sul totale delle presenze (36% nel Lazio, con punte del 45% nelle Province di Latina e di Viterbo, a fronte del 21% registrato nella media italiana). Piu' in generale, i primi cinque gruppi nazionali di residenti stranieri - romeni, filippini, polacchi, albanesi e ucraini - rappresentano da soli il 54,7% della popolazione straniera residente in regione.
L'incidenza dei minori sulla popolazione straniera e' del 17,4%, quella dei nati in Italia dell'11,1%, ma i minori raggiungono il 21,3% dei residenti stranieri a Frosinone, il 20% a Latina, il 19,7% a Viterbo e il 19% a Rieti. E' indubbia la rilevanza della seconda generazione. In regione vi sono 55.452 residenti stranieri nati in Italia (a livello nazionale 572.720), l'11,1% degli stranieri iscritti all'anagrafe. Tra gli studenti di cittadinanza estera iscritti nelle scuole del Lazio, il 35,7% e' nato in Italia (39,1% a livello nazionale), valore medio tra il 37,9% della Provincia di Roma, il 30,9% di quella di Viterbo e il 26-27% delle Province di Frosinone, Rieti e Latina. Roma, nel Lazio, e' invece il polo accademico di gran lunga piu' attrattivo per gli universitari stranieri, 9.037 nelle sole tre universita' statali (a.a. 2009-2010).



SCIOPERO PRECARI MINISTERO DELL'INTERNO, SINDACATI CHIEDONO PROROGA DEI CONTRATTI

(AGENPARL) - Roma, 13 dic - "I lavoratori delle Prefettura e della Questure impiegati nei servizi all'immigrazione sono oggi in sciopero in tutta Italia, con manifestazione a Roma in Piazza Santi Apostoli, per chiedere l'immediata proroga dei contratti e la futura stabilizzazione". Lo comunica una nota della Fp-Cgil.
"Il 31 dicembre 2010 i lavoratori precari del Ministero dell'Interno saranno licenziati di fatto e quindi non potrà più essere garantito il servizio agli immigrati che chiedono permessi, carte di soggiorno, ricongiungimenti familiari e cittadinanza. Questi lavoratori sono da oltre 7 anni impiegati in un servizio fondamentale come quello offerto dagli sportelli unici e gli uffici per l'immigrazione, chiedono la conferma del posto di lavoro e le risorse idonee per il rinnovo dei contratti. La professionalità acquisita in questi anni non si può disperdere, ma deve essere il fondamento di un servizio di qualità pubblico fornito a immigrati e cittadini italiani. Fp-Cgil, Cisl-Fp e Uil-Pa e i lavoratori chiedono una risposta immediata, che arrivi entro il 31 dicembre, per il mantenimento in servizio".
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