Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

13 gennaio 2012

Servizio civile agli stranieri
Corriere della sera, 13-01-2012
Agli immigrati regolari deve essere riconosciuto il diritto di svolgere il servizio civile. Con questa sentenza, il Tribunale del Lavoro di Milano ha ordinato alla Presidenza del Consiglio di riaprire il bando per il servizio civile per permettere la partecipazione anche degli stranieri regolari, accogliendo il ricorso di uno studente universitario pachistano che voleva lavorare per la Caritas Ambrosiana. Nel bando, pubblicato nel settembre scorso, infatti, veniva indicato il requisito della cittadinanza italiana per concorrere, e Syed, 26 anni di cui 15 in Italia, era stato respinto perché non cittadino italiano. Una «limitazione» che il giudice ha qualificato come «discriminatoria».



Le Acli chiedono una regolarizzazione per i lavoratori stranieri e di raddoppiare la durata dei permessi di soggiorno.
Il presidente Olivero: “le parole del ministro Riccardi esprimono sicuramente un salto di qualità”.
ImmigrazioneOggi, 13-01-2012
Un decreto per l’emersione del lavoro nero degli immigrati, a dieci anni dall’ultima regolarizzazione, il prolungamento della durata dal primo permesso di soggiorno da 1 a 2 anni e del rinnovo da 2 a 4.
Sono le proposte avanzate dalle Acli al Governo e, in particolare, al ministro Riccardi, all’indomani del suo intervento in Commissione affari costituzionali.
Il presidente delle Acli, Andrea Olivero, ha dichiarato che le parole di Riccardi “esprimono sicuramente un salto di qualità dalla parte delle istituzioni nell’approccio al tema dell’immigrazione e della cooperazione internazionale”.
Secondo Antonio Russo, responsabile immigrazione delle Acli, attualmente vi sono in Italia “circa 500mila stranieri in attesa di un decreto flussi o di altre modalità di regolarizzazione perché non esiste un sistema per entrare legalmente nel nostro Paese”. La regolarizzazione, per Russo “sarebbe un provvedimento non solo giusto, ma anche a somme positive, visto che lo Stato, tramite le tasse di regolarizzazione, incasserebbe circa 5 miliardi di euro”.
Anche per la durata del permesso di soggiorno, il responsabile delle Acli chiede che la durata sia raddoppiata sia per quanto riguarda il primo rilascio sia per il rinnovo. “Sappiamo – spiega Russo – che la procedura di rilascio riguarda complessivamente ogni anno circa 1 milione e 400 mila pratiche: un carico di lavoro enorme per gli sportelli dell’amministrazione pubblica, che quindi sarebbero alleggeriti da un eventuale prolungamento”.



Lo statuto e gli immigrati «Veneto chi paga le tasse»
Ruffato (Pdl) plaude a Zaia: apertura positiva. Gli stranieri: «Affezionati a questa terra, precedenza anche a noi»
Corriere della sera, 13-01-2012
Marco Bonet
VENEZIA — C’è chi pensa che il ravvedimento, se così lo si vuol chiamare, sia sincero. Chi dice che invece è soltanto strategia, che si tratta di evitare che lo statuto finisca impallinato dal governo. Chi teme sia stato un lapsus, magari nell’entusiasmo del momento, e chi invece si dice convinto che anche nella Lega, qualcosa sta cambiando. Tant’è, che la si guardi da un lato, oppure dall’altro, certo l’apertura del governatore Luca Zaia ai «nuovi veneti», stranieri nati qui oppure arrivati in Veneto da tempo immemore, fa discutere. Anche loro, secondo il presidente, dovrebbero sentirsi parte di quella élite che grazie al «particolare legame con il territorio» godrà d’ora in poi di un occhio di riguardo nelle future scelte della Regione. «Sono felice che anche Zaia sia approdato a queste posizioni - commenta il presidente del consiglio Valdo Ruffato - abbandonando certi slogan fin troppo facili. Veneto è chi vive qui, lavora qui, vuol crescere i suoi figli qui. E soprattutto paga le tasse qui, abitudine che purtroppo talvolta non si riscontra in certi conterranei dall’albero genealogico saldamente radicato dalle Dolomiti alla laguna». Per Ruffato si deve fare attenzione a non scivolare in contraddizione: «Non si può accusare la Ditec di voler lasciare il Veneto per la Cina dopo aver spolpato il territorio ed allo stesso tempo pretendere di spolpare lo straniero, chiamato qui perché c’era bisogno di lui, purché smetta di esistere all’uscita dalla fabbrica. E Zaia questo lo sa bene».
Si dice stupito dallo stupore padre Mauro Lazzarato, direttore dell’Ufficio migrantes della diocesi di Vicenza, «perché la stranezza non sta nell’apertura di Zaia maera semmai nella chiusura che inizialmente si leggeva all’articolo 5 dello statuto, dove in controluce traspariva l’idea di una "cittadinanza limitata". Ora si riconosce un dato di fatto, e cioé che italiane o non italiane, qui vivono e lavorano migliaia di persone che contribuiscono al benessere della comunità e come tali ha il diritto di sentirsi "venete". Assistiamo, insomma, al formarsi progressivo di un’identità "veneto-marocchina", "veneto- albanese", "veneto-brasiliana". Un po’ come accade negli Stati Uniti - chiude Lazzarato - dove si è prima di tutto americani, maciascuno con la propria declinazione ». D’accordo Abdallah Khezraji, vice presidente della consulta regionale per l’immigrazione: «Per carità, quello di Zaia è un bel riconoscimento e ce lo godiamo volentieri, perché anche il solo fatto che ci sia stato rivolto un pensiero in unmomento importante comel’approvazione del nuovo statuto, è cosa che fa riflettere. Il punto è che si dovrebbe superare questa storia del tu sei veneto, io no, lui sì, tu da quanti anni? e via di questo passo. Veneto è chi vuol bene al Veneto, una formula che va letta con la giusta elasticità. Già il solo pensare ad un articolo di legge che introduce una distinzione, è pensare una discriminazione».
Chissà. In ogni caso le parole di Zaia, che ha ribadito e precisato la sua postilla anche a margine del voto in aula, lontano dai microfoni, non fanno abbassare la guardia a Laura Puppato, che proprio durante il dibattito a Palazzo Ferro Fini aveva avvertito del rischio che quelle tre righe tre, nelle 25 pagine dello statuto, potessero finire per mettere a repentaglio tutto il testo, che ora dovrà passare al vaglio del governo: «Pur aggiustato, annacquato, decisamente depotenziato, quel passaggio resta comunque ambiguo ed equivoco. Mi pare evidente che con la lettura che ne ha dato ieri, Zaia punta a mettersi al riparo da possibili bacchettate da Roma e polemiche future». E insomma, non gli si può concedere neppure il beneficio di una sospetta buona fede al governatore, che ha azzardato un allungo così scivoloso per un leghista nostrano? «Mah, forse Zaia si accorto che ogni volta che asseconda, se non addirittura cavalca, le uscite più strampalate di Bossi e dell’ala oltranzista del partito, finisce per farsi male ed è costretto alla marcia indietro. Basta ricordare il caso dell’Unità d’Italia. E sarebbe meglio non governare sempre con i sondaggi come bussola».



Veneti ma non cittadini
Corriere della sera, 13-01-2012
Alessandro Zuin
A tutti quelli che hanno conservato un po’ di memoria - esercizio particolarmente negletto in politica, dove le dimenticanze volute o involontarie aiutano sempre - tornerà forse alla mente, parlando di (nuovo) statuto del Veneto, quello che accadde alla fine del 2004, non proprio un’epoca lontanissima. Si consumò, in quei giorni, il consapevole aborto del primo tentativo di approvare la bozza statutaria, anche allora condotta fino alle agitate acque dell’aula dall’esperto pilotaggio di Carlo Alberto Tesserin. Quel vascello troppo carico di aspettative colò a picco dopo l’inevitabile impatto con uno scoglio grande come una montagna: l’articolo 8, che conteneva un’affermazione di principio contro la quale il gruppo leghista di allora, guidato da Franco Manzato (oggi assessore della giunta Zaia), si battè fino all’effusione dell’ultimo sangue. Diceva, l’articolo 8, che la Regione Veneto promuove «la partecipazione ai processi istituzionali dei cittadini stranieri residenti nel suo territorio».
Nemmeno sotto tortura l’avrebbero votato, i leghisti, e lo statuto - l’intero statuto -morì lì, soppresso prima ancora di vedere la luce. Sono passati gli anni, lo spirito costituente della politica veneta ha conosciuto altri rovesci e fallimenti, quel richiamo alla partecipazione degli stranieri ai processi istituzionali è sparito per sempre dalle intenzioni dei legislatori. E lo statuto, al terzo tentativo in dodici anni, è finalmente stato approvato (all’unanimità), sotto la guida di una maggioranza politica che più leghista difficilmente si potrebbe. Eppure il governatore Luca Zaia - quello dello slogan elettorale «prima il Veneto», poi declinato dai suoi accoliti con un più esplicito «prima i veneti» che ha permeato anche il dibattito sullo statuto - nel giorno dell’approvazione ha detto sull’argomento alcune cose niente affatto scontate. Come questa: «Ci sono elementi di modernità nello statuto e, tra questi, anche il riferimento ai nuovi veneti. Siamo di fronte a una norma (l’articolo 5, ndr) che premia chi è legato alla nostra terra, sempre più multietnica, multireligiosa e multiculturale».
E ancora: «Non c’è alcuna allusione al sangue o alla razza, pensiamo anche a quegli stranieri che vivono qui da anni, lavorano con noi, hanno bambini che vanno alle nostre scuole. L’articolo 5 difende anche loro: anche i nuovi veneti sono veneti». Sacrosanto. Magari ci starebbe, sul piano logico prima ancora che politico, anche un’aggiunta: perché quei «bambini che vanno alle nostre scuole» e sono, nelle parole del governatore leghista, a tutti gli effetti «nuovi veneti», non possono essere anche «nuovi cittadini italiani »? Sarebbe così scandaloso dare loro la cittadinanza, non si dice al momento della nascita sul suolo italiano, ma almeno dopo il compimento di un ciclo scolastico dell’obbligo? Tutto questo non dipende dallo statuto regionale ma con il Veneto c’entra eccome.



Lavoratori stagionali pluriennali: per il 2012 è sufficiente la conferma del datore di lavoro.
Lo precisa una circolare congiunta del Ministero dell’interno e del Ministero del lavoro.
ImmigrazioneOggi, 13-01-2012
Maria Rita Porceddu
Lo scorso anno, il DPCM del 17 febbraio 2011, che consentiva l’ingresso in Italia di 60.000 lavoratori extracomunitari stagionali, conteneva una grande novità: richiedere per i lavoratori, provenienti da determinati Paesi indicati nel decreto e già entrati in Italia per prestare lavoro subordinato stagionale per almeno due anni consecutivi, un nulla osta pluriennale.
Ora la circolare congiunta del Ministero dell’interno e del Ministero del lavoro del 30 dicembre 2011 n. 2755 precisa che a partire dal 4 gennaio 2012 i datori di lavoro che hanno nuovamente bisogno del lavoratore stagionale per il quale avevano ottenuto un nulla osta pluriennale nel 2011 dovranno solo confermare la loro volontà attraverso la compilazione di un modello telematico di comunicazione (modello CSP) disponibile all’indirizzo https://nullaostalavoro.interno.it (per le associazioni di categoria https://sportellounicoimmigrazione.interno.it).
La conferma potrà essere inviata indipendentemente dalla pubblicazione del decreto flussi per lavoro stagionale, in quanto la quota risulta essere già stata assegnata sulla base del decreto flussi per lavoro stagionale del 2011.



Nadia è libera, la giovane di origine marocchina è uscita ieri dal Cie di Ponte Galeria.
Contro il padre un procedimento giudiziario per violenze in famiglia perché non le ha rinnovato il permesso di soggiorno costringendola alla clandestinità.
ImmigrazioneOggi, 13-01-2012
Si è risolta, almeno in parte, la tragica vicenda di Nadia la giovane marocchina nata in Italia, reclusa nel Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di Ponte Galeria a Roma, il cui padre, a carico del quale è in corso un procedimento giudiziario per violenze in famiglia, non le aveva rinnovato il permesso di soggiorno costringendola alla clandestinità.
A dare la notizia è stato il sito internet “al-Maghrebiya” dopo che il suo caso era stato denunciato nelle scorse settimane dal Tg2. In suo favore erano intervenuti il vice questore di Roma, Massimo Improta, e la parlamentare Souad Sbai.
Attraverso il sito internet Nadia ha dichiarato “quando sono entrata nel Cie è stato uno choc. Non capivo perché dovessi stare lì dentro, visto che sono italiana e ho problemi seri in famiglia. Io non ho rubato e non ho commesso reati, ma ho solo un padre che non mi ha rinnovato il permesso di soggiorno”. Nadia ha lanciato quindi “un appello alle istituzioni affinché evitino il verificarsi di situazioni come quella capitata a me”.



Rifugiati, in Israele li arrestano con chi li aiuta Lo dice una nuova legge appena approvata
EveryOne Group segnala le nuove norme imposte dalla Knesset che consentono di incarcerare i migranti e di non permettere loro di incontrare neanche gli uffici dell'Alto Commissariato dell'Onu per i rifugiati. Quindici anni di carcere anche per chi tenta di dar loro aiuto
la Repubblica, 12-01-2012
ROMA - La legge contro i "migranti irregolari" approvata dal parlamento israeliano "costituisce una delle più gravi violazioni istituzionali, perpetrate nell'àmbito dei paesi civili, della Convenzione di Ginevra e delle principali carte sui diritti dell'uomo. E' quanto afferma EveryOne Group 1, un'organizzazione per la difesa dei diritti umani. "L'emendamento alla legge del 1954 - si legge su un loro comunicato -  aggrava i termini di trattamento dei migranti e dei rifugiati subsahariani che entrano in Israele, anche quando fuggono da crisi umanitarie. La legge consente alle autorità di arrestare e incarcerare migranti e profughi senza alcun processo, per un periodo di detenzione fino a tre anni. Nessuna garanzia sarà concessa ai migranti detenuti: neanche la possibilità di incontrare l'Alto Commissario per i Rifugiati (UNHCR 2).
Norme di inaudita severità. "La norma colpisce con una severità che non ha uguali nella storia delle nazioni democratiche", prosegue la nota dell'Organizzazione. Ad essere colpiti saranno anche i difensori dei diritti umani, "che si prodigano per assistere i migranti e i rifugiati. Tale attività umanitaria -dice EveryOne Group -  sarà infatti colpita con pene fino a 15 anni di carcere. L'Organizzazione umanitaria, che dopo la discussione presso il Knesset (il parlamento israeliano)
avvenuta lo scorso anno, di una mozione riguardante i profughi subsahariani in Israele, elaborata dalla stessa organizzazione (discussione che induceva a credere in un miglioramento delle politiche sui profughi), ha inviato una lettera di protesta nei confronti delle istituzioni israeliane che hanno approvato il provvedimento".
"Sono come gli ebrei in fuga dall'Europa". EveryOne chiede che i più alti organismi giuridici e statali attestino con urgenza l'incostituzionalità della legge e la cancellino. La denuncia è stata inoltre trasmessa alle Nazioni Unite e alle istituzioni dell'Unione europea che tutelano i diritti umani. "Le autorità politiche israeliane sembrano insensibili di fronte all'evidenza che i rifugiati somigliano ai profughi ebrei dall'Europa durante e dopo le persecuzioni naziste," hanno commentato i co-presidenti di EveryOne Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau. "E i difensori dei diritti umani, che assistono i migranti, sono uguali ai 'Giusti fra le Nazioni', che salvarono tanti ebrei dai campi di sterminio. Come può Israele perseguitare i primi e colpire i secondi con pene fino a 15 anni di carcere? Mai avremmo pensato a una simile legge in Israele".
Le proteste a Tel Aviv. "La nostra amica Tamara Deuel, sopravvissuta alla Shoah - Scrivono ancora i membri di EveryOne Group -  ci diceva sempre che i semi del male germogliano ovunque e bisogna essere pronti e vigili per opporsi con fede, ragione, umanità e coraggio a queste cattive piante... Siamo davvero attoniti, addolorati, amareggiati. Oggi, a Tel Aviv, tanti attivisti, fra cui nostri cari amici, hanno manifestato pacificamente contro la legge e sono stati arrestati dalle forze dell'ordine. Riguardo a tale repressione dei difensori dei diritti umani, il nostro gruppo ha allertato lo Special Rapporteur delle Nazioni Unite sui Difensori dei Diritti Umani e l'organizzazione FrontLine, che difende gli attivisti nel mondo".

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