Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

30 dicembre 2011

Immigrati: sbarcano in 60 sul Gargano, rintracciati
il Giornale di Puglia, 30-12-2011
FOGGIA. Una sessantina di migranti sono stati rintracciati all'alba sul Gargano dai militari della Guardia di Finanza, dopo uno sbarco nei pressi di Pugnochiuso, a una quindicina di km da Vieste, in provincia di Foggia.
Si tratta di cittadini afghani, pachistani e somali, tutti uomini. Gli stranieri sono stati accompagnati a Vieste e rifocillati; nella tarda mattinata saranno trasferiti al Cara, centro per richiedenti asilo, di Borgo Mezzanone (Fg).
Secondo le prime informazioni, avrebbero raggiunto le coste garganiche a bordo di una piccola imbarcazione sfruttando anche le buone condizioni del mare.



Immigrati: nel 2011 arrivati in 60mila, raddoppiate domande asilo
(ASCA) - Roma, 29 dic - Il 2011 e' stato l'anno degli immigrati, l'anno degli sbarchi a Lampedusa e delle drammatiche morti nel Mediterraneo: piu' di mille, secondo i dati del Consiglio d'Europa, i naufraghi che hanno perso la vita durante le traversate dall'Africa, mentre cercavano di raggiungere l'Europa. Secondo l'ultimo rapporto dello Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), in Italia, i migranti, sono arrivati dalla Tunisia e dalla Libia, determinando un significativo aumento degli sbarchi dopo la contrazione dei numeri registrata nel biennio 2009/2010 (poco piu' di 13.900 unita' nel biennio rispetto ai 37.000 del 2008): dall'inizio dell'anno a settembre 2011, sono stati 60.656 i cittadini stranieri giunti via mare e sbarcati sulle coste italiane (in particolare 51.596 sulle isole Pelagie). E conseguentemente hanno determinato un incremento delle domande di protezione internazionale in Italia cosi' come nel resto dei Paesi industrializzati, con 10.860 domande di asilo presentate durante il primo semestre del 2011.
Secondo il rapporto dell'Unhcr ''Asylum Levels and Trends in Industrialized Countries'', nel primo semestre di quest'anno (dal 1 gennaio al 30 giugno 2011) sono state presentate 198.300 domande di asilo, +17% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
La maggior parte dei richiedenti proviene da paesi africani, segnati da crisi economiche, politiche ed ambientali che hanno generato importanti esodi verso le zone piu' industrializzate del globo. L'Europa e' il continente che ha registrato il numero piu' alto di domande di asilo pari al 73% di tutte le quelle presentate nei paesi industrializzati e secondo il recente Rapporto Eurostat (n. 48/2011) nel primo trimestre 2011 il 40% dei richiedenti asilo in Europa si trova in Germania e in Francia, rispettivamente con 12.035 e 14.335.
In particolare in Italia sono state registrate, durante il primo semestre del 2011, 10.860 domande di asilo.
L'incremento del 102% rispetto allo stesso periodo di riferimento dell'anno precedente e' dovuto all'arrivo via mare di richiedenti asilo in fuga dal Nord Africa.



Immigrati: de Magistris, governo conceda permesso soggiorno a profughi libici
la Repubblica, 30-12-2011
Napoli, 29 dic. - (Adnkronos) - Un appello al governo per accordare lo stato giuridico di profughi e il permesso di soggiorno per ragioni umanitarie ai migranti provenienti dalla Libia. Lo lancia il Comune di Napoli, che gia' ospita 900 migranti in strutture alberghiere della zona di Piazza Garibaldi ma, come spiega il sindaco Luigi de Magistris, "c'e' un flusso continuo. L'appello e' per un permesso di soggiorno per ragioni umanitarie cosi' da poter accedere a diritti e servizi cone meritano gli esseri umani". "Bisogna garantire - aggiunge - adeguati servizi socio-sanitari oltre che legali di inclusione. Come Comune stiamo facendo tanto, ma l'appello e' anche alla Regione per un tavolo congiunto, perche' da un lato e' importante garantire come facciamo noi l'assistenza ai minori e garantire l'alfabetizzazione, come sta facendo l'Assessorato all'Istruzione, ma e' importante che gli alberghi in cui vengono ospitati diventino dormitori. La questione dei migranti non va affrontata come una questione di ordine pubblico".



Italia 2065 11 Milioni di Immigrati o Cittadini?
Corriere della sera, 29-12-2011
Gian Antonio Stella
«Siete vecchi! Vecchi! Vecchi!». Il tormentone di Oliviero Toscani è ripreso nei dati Istat: l' età media degli italiani, che è già a 43,5 anni, è destinata a salire quasi a 50. E andrebbe ancora più su senza gli immigrati. Che in mezzo secolo dovrebbero triplicare. C' è chi si sentirà gelare il sangue. Ma mai come in questo caso i numeri vanno presi con le pinze. E possono aiutare a capire. Gli anziani con oltre 65 anni che sono un quinto (20,3%) della popolazione, dovrebbero nel 2043, cioè fra poco più di tre decenni (il tempo che ci separa, per dire, dal festival di Sanremo segnato dal «Wojtilaccio» di Benigni) passare il 32%. Uno su tre. Il numero dei bambini e dei ragazzi sotto i 14 anni dovrebbe scendere parallelamente nel 2037 al 12,4%: uno su otto. Mentre cresceranno i pensionati, caleranno gli italiani al lavoro per pagare quelle pensioni e accantonare le proprie: la popolazione in età lavorativa (15-64 anni) scenderà in tre lustri dal 65,7% al 62,8% per precipitare infine nel 2056 a un minimo del 54,3%. Non c' è Paese al mondo che possa reggere con numeri così. Impossibile. Men che meno un Paese industriale che tale voglia restare. Ed è in questo contesto che vanno letti i dati sull' immigrazione. Dice dunque l' Istituto di statistica che, sulla base delle tendenze attuali (da prendere con le molle perché la storia prende spesso pieghe inattese), gli arrivi dovrebbero proseguire incessanti con un aumento dei residenti con cognome estero dai 4,6 milioni di oggi a 14,1 milioni nel 2065. Per capirci: «L' incidenza della popolazione straniera passerà dall' attuale 7,5% a valori compresi tra il 22% e il 24% nel 2065». Ma qui, appunto, bisogna capirci. Partiamo dall' età media: spiega una tabella Istat che gli italiani sono mediamente, in realtà, ancora più vecchi (44,4 anni) e portano sul groppo 12 anni e mezzo in più rispetto agli stranieri, che stanno sotto i 32. Peggio ancora andrà in futuro se è vero che in quel 2065 preso a riferimento l' età media degli italiani arriverà a 51 anni e otto mesi. Contro i 43 scarsi dei nostri «ospiti». Insomma, piaccia o non piaccia saranno gli immigrati e i loro figli a pagare in modo determinante le nostre pensioni. Andassero via tutti, saremmo nei guai fino al collo. Bruno Anastasia, a capo dell' Osservatorio immigrazione di Veneto Lavoro, ha fatto due conti prendendo ad esempio la sua regione, una di quelle che tirano. La popolazione veneta aumenterà nei prossimi vent' anni di circa mezzo milione di abitanti grazie in gran parte ai nuovi arrivi: «È evidente che gli italiani rimarranno costanti solo grazie ai naturalizzati». Di più: se passeranno dal 10% di oggi al 18% fra vent' anni, gli immigrati «nelle classi di età centrali (trentenni-quarantenni) sfioreranno il 30%». Un terzo della forza lavoro. Nonostante il fatto che molti, appena possibile, torneranno a casa andando a coprire circa il 95% di quanti (5,9 milioni a livello nazionale) lasceranno l' Italia. C' è chi pensa sul serio che possiamo «prendere in affitto» milioni di persone tenendoli qui «appesi» per decenni? «Se io fossi uno xenofobo me lo chiederei», dice il demografo Massimo Livi Bacci: «Se il saldo positivo sarà davvero di 11 milioni di persone mi spaventerebbe meno avere 11 milioni di immigrati emarginati, senza casa, senza diritti, ignari della lingua, senza una famiglia che come in tutte le emigrazioni è quella che aiuta l' inserimento? Non credo proprio. L' inserimento non è solo un interesse loro: è anche interesse nostro». Giorgio Napolitano l' ha detto bene invitando le Camere ad affrontare il tema della cittadinanza ai bambini nati in Italia da immigrati: «Negarla è un' autentica follia, un' assurdità». Sia chiaro, in un' epoca in cui per il Cestim «il 16,6% degli abitanti del pianeta vive in una regione diversa da quella di nascita», passare dallo «ius sanguinis» (la cittadinanza dipende dai genitori) allo «ius soli» (chi nasce sul suolo di uno Stato è cittadino di quello Stato) impone massima cautela. Perfino gli studiosi più aperti invitano a procedere coi piedi di piombo. Come non ha senso che Leonardo DiCaprio, un americano che a dispetto del nome non sa quasi nulla dell' Italia, possa rivendicare il passaporto e votare un «suo» deputato, non ha senso che quel documento possa chiederlo il figlio di una turista nato casualmente a Capri. Del resto, spiegano Graziella Bertocchi e Chiara Strozzi nel saggio L' evoluzione delle leggi sulla cittadinanza: una prospettiva globale , proprio gli epocali esodi migratori hanno spinto nel dopoguerra molti Paesi a cambiare le loro leggi. Lo «ius soli» integrale applicato mezzo secolo fa dalla metà dei 162 Paesi studiati è integralmente conservato oggi solo da 36. Altri 31 (soprattutto colonie africane che si sono radicalizzate con l' indipendenza) sono passati allo «ius sanguinis». Ma in gran parte, sia che venissero dal primo (l' Irlanda) sia dal secondo sistema (la Germania), hanno finito per scegliere un mix. Che cerchi di tutelare insieme la maggior integrità possibile delle etnie nazionali e la maggiore integrazione possibile dei nuovi cittadini. Come può l' Italia non rivedere le leggi che hanno permesso a Mario Balotelli, nato a Palermo e cresciuto da genitori bresciani, di diventare italiano solo al compimento dei 18 anni? Anche perché la storia dimostra che il figlio di un immigrato, se accettato e inserito secondo regole chiare, può amare la Patria più di un compaesano con mille anni di «cromosomi» locali. Valga per tutti il caso di Leon Gambetta. Era figlio di un immigrato savonese e scriveva con amore della chiesa di San Michele, «diamante incastonato in una foresta d' ulivi». Ma era più francese dei francesi, e quando dopo la disfatta di Sedan Napoleone III si consegnò al kaiser Guglielmo, fu lui a dire «No, la Francia non si arrende». E restituì lui l' onore alla Patria che aveva scelto e amato. Se fosse rimasto appeso per decenni al rinnovo del permesso di soggiorno sarebbe stato lo stesso uomo?



Il paese dove danno il benvenuto agli immigrati
Giornalettismo, 29-12-2011
Il governo austriaco lancia un appello ai lavoratori qualificati stranieri. E da noi?
“Siete i benvenuti in Austria”. Questo è il messaggio che persino il governo dei nostri vicini austriaci ha lanciato ai lavoratori qualificati stranieri provenienti da paesi al di fuori dell’Unione Europea con la recente riforma delle regole che sovraintendono al loro ingresso in Austria.
CAMBIO DI STRATEGIA – Abbandonato il sistema delle quote, l’Austria ha scelto anche di abbandonare una postura difensiva tendente a limitare l’immigrazione per abbracciare un approccio più efficiente e moderno, condiviso da molti paesi avanzati, volto a favorire l’afflusso di lavoratori qualificati.  Una riforma accolta con favore un po’ da tutti, primi tra tutti i rappresentanti delle categorie produttive che da tempo avevano lanciato l’allarme per la mancanza di alcune figure professionali qualificate. L’Austria introduce così un sistema a punti che promette e permette agli immigrati qualificati un accesso più rapido e semplice al mercato del lavoro austriaco, offrendo loro anche la possibilità di ottenere il ricongiungimento parentale a condizioni molto più favorevoli di un tempo.
LE QUALIFICHE – A far premio saranno le qualifiche dei lavoratori e la loro spendibilità sul mercato austriaco, e non requisiti come la buona conoscenza del tedesco o il superamento di test introdotti al preciso scopo di limitare l’immigrazione. Introdotta da un paio di mesi, la novità è sembrata piacere soprattutto agli atleti, che all’esordio hanno rappresentato una parte significativa dei primi richiedenti, anche perché per alcune figure come atleti, musicisti e scienziati il percorso è ancora più facilitato. Così i prima ad approfittarne in massa (relativamente) sono stati i giocatori di Hockey russi e canadesi.  Un provvedimento intelligente, perché accogliendo un lavoratore immigrato qualificato, il paese ospite capitalizza immediatamente il suo percorso formativo, concluso a spese di altri, siano stati o gli stessi lavoratori. E basta un’occhiata ai costi della formazione in Europa per rendersi conto di quanto sia il vantaggio economico importare lavoratori già formati, senza considerare che a dispetto dei costi spesso si apre un baratro tra la domanda e l’offerta di alcune prestazioni professionali.
LA SITUAZIONE - Un provvedimento che non cambia però la situazione per gli immigrati extra-UE meno qualificati, che continuano ad avere grosse difficoltà per entrare in Austria, che ospita ormai un 15% di “stranieri”, ma in massima parte provenienti da altri paesi UE, segnatamente dalla Germania.  Altra musica nel nostro paese, nel quale la maggioranza di governo ha preferito blandire leghisti e razzisti preoccupati di una “invasione” straniera che non si è verificata in nessun paese al mondo. Anche in questi giorni uno studio dell’Istat ha dato la stura a commenti assurdi, sulla base dell’affermazione secondo la quale: “Gli italiani faranno sempre meno figli, mentre aumenteranno gli stranieri. Dai 4,6 milioni presenti nel 2011 si passerà agli oltre 14 milioni nel 2065″. Affermazione peraltro discutibile, perché presume che nei prossimi cinquantaquattro anni nessuno tra questi milioni di stranieri diventi italiano o che comunque sia considerato “straniero” anche se ha conquistato la cittadinanza italiana o se è nato in Italia e vi ha vissuto e lavorato per decenni.
IL CAMBIO DI GOVERNO – Difficilmente il cambio il governo porterà innovazioni del genere nel nostro paese. Esperienze come la green card statunitense o la nuova carta rosso-bianco-rossa rilasciata dagli austriaci non sono certo una novità e se il nostro parlamento ha deciso d’ignorarle significa che non che consenso politico per provvedimenti simili. In mancanza di tale consenso nemmeno il governo Monti, che pure appare molto più sensibile alle esigenze delle forze produttive di quanto non lo sia ai rantoli razzisti, potrà fare molto. L’immigrazione nel nostro paese rimane un problema discusso su basi irrazionali ed emotive, con buona parte dei media e della politica che ancora oggi campano agitando lo spauracchio dell’invasione straniera, degli stranieri che “ci rubano il lavoro” e della minaccia aliena a una cultura che, se si fonda su questi presupposti, farebbe invece bene ad evolvere e a trasformarsi radicalmente, almeno nel suo atteggiamento provinciale ed ignorante verso lo straniero. Ormai è chiaro che in tutto il mondo le economie avanzate e in concorrenza tra loro cercano d’attirare e formare disperatamente cervelli e specialisti, mentre solo nel nostro paese si procede in direzione ostinata e contraria, tagliando gli investimenti per l’istruzione e modulando il sistema delle quote sulla domanda per i raccoglitori stagionali di mele o dei pomodori.
LA FUGA DEI CERVELLI - La famosa “fuga dei cervelli” altro non è che la conseguenza scontata e inevitabile di un atteggiamento del genere, nel mondo ci sono ormai molti paesi che fanno ponti d’oro ai lavoratori qualificati, mentre nel nostro paese le condizioni offerte loro sono sempre meno allettanti e a volte giungono ad essere addirittura umilianti, non offrendo alcuna alternativa tra l’essere sfruttato in patria o accolto a braccia aperte all’estero.  Logico quindi che il nostro paese perda competenze e professionalità a vantaggio dei più diretti concorrenti e lo faccia a velocità doppia rispetto a quei paesi che invece hanno scelto politiche diverse, perché non solo l’Italia è incapace e non vuole attirare talenti, ma fa di tutto perché i già scarsi investimenti nella formazione vadano a beneficio di quei paesi che accoglieranno calorosamente i nostri giovani, che dopo una vita spesa sui libri non hanno proprio voglia di andare a raccogliere pomodori o di svernare in un call center per un’elemosina.

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