Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

21 giugno 2012

Duemilaundici un altro lungo anno di "porte chiuse" ai diritti dei migranti e dei richiedenti asilo
l'Unità, 21-06-2012

RAPPORTO LAMPEDUSA NON è UN'ISOLA

Ieri, 20 giugno, in occasione della giornata mondiale del rifugiato promossa dalle Nazioni Unite, si è tenuta, presso la Biblioteca del Senato, la presentazione di Lampedusa non è un’isola. Profughi e migranti alle porte dell’Italia.  Si tratta di un rapporto dedicato agli immigranti e ai richiedenti asilo redatto da A Buon Diritto Onlus sotto la direzione di un comitato scientifico composto da Laura Balbo, Luigi Ferrajoli, Tamar Pitch, Giorgio Rebuffa, Eligio Resta e Stefano Rodotà. Un vero e proprio dossier dei fatti, delle cronache e degli avvenimenti istituzionali, accaduti nel 2011.
Dalla lettura di quella ricostruzione emerge che, come in un gioco di cerchi concentrici, la crisi dello scorso anno si iscrive dentro un indirizzo di politiche sull’immigrazione perseguite in maniera determinata dall’inizio della legislatura, che a sua volta riprende la torsione data nel 2002 al Testo Unico dalla “legge Bossi-Fini”. Se l’analisi è incentrata sulle vicende del 2011, dentro il quadro politico-istituzionale in cui esse sono maturate, il risultato è uno studio particolareggiato delle forme e degli effetti di una politica compiutamente definita, scientemente perseguita e conseguentemente messa in pratica. Ovvero una politica sostanzialmente xenofoba. Ne deriva che il 2011 può essere letto come uno stress-test della politica delle “porte chiuse” ai migranti e ai richiedenti asilo. Basti pensare che nel 2011, delle 25626 istanze esaminate, meno di 11mila hanno dato luogo al riconoscimento della protezione internazionale, sancendo così la relativa marginalità dell’Italia nell’accoglienza e nell’asilo in Europa. Il rapporto Lampedusa non è un’isola, è così strutturato: a un racconto sintetico degli avvenimenti del 2011, fanno seguito una circostanziata cronologia e il censimento degli atti di discriminazione e di violenza contro immigranti e richiedenti asilo avvenuti nel corso dell’anno. Il quadro politico-istituzionale entro cui tutto ciò accade è ricostruito in tre approfondimenti dedicati all’evoluzione della legislazione tra il 2008 e il 2011, alle trasformazioni dei centri per stranieri e agli stranieri in carcere. Infine, dalle richieste rivolte all’Italia dalle organizzazioni internazionali (intergovernative, giudiziarie e non governative), e dal dibattito pubblico e istituzionale in corso, sono state tratte alcune Raccomandazioni per il necessario e urgente indirizzo politico in materia. Questo dossier è un’anticipazione di LarticoloTre. Rapporto sullo stato dei diritti in Italia che, richiamando il principio di uguaglianza iscritto nella Costituzione, si propone di valutare il riconoscimento o il mancato riconoscimento, l’effettiva attuazione o l’inosservanza dei diritti e delle garanzie in tutti i campi della vita sociale e in tutte le espressioni della personalità umana: dalla libertà individuale alla libertà di movimento, dalla libertà religiosa alla libertà sessuale, alla libertà dalle discriminazioni di qualunque origine e dalle violenze comunque motivate. Ma per questo bisognerà aspettare il 2014. C’è un gran lavoro da fare.



IMMIGRATI: 61 LASCIATI SU ISOLA NEL SIRACUSANO APPRODANO A NUOTO
(AGI) - Siracusa, 21 giu. - Sbarco di migranti la scorsa notte sulle coste di Portopalo di Capo Passero (Siracusa). Sono 61 gli stranieri, 59 uomini e due donne, una delle quali in stato di gravidanza, che sono stati lasciati dagli scafisti, poi allontanatasi, sull'Isola delle Correnti, di fronte a Capo Passero. Da qui hanno raggiunto la costa a nuoto ma sono tutti in buone condizioni fisiche. Gli immigrati sono provengono in maggiornaza dalla Somalia, dall'Eritrea, ma tra loro ci sono pure curdi, bengalesi e iracheni. Tutti Sono stati trasferiti dalle forze dell'ordine nella tendopoli di Cassibile per essere identificati. (AGI) .



Arriva in Italia la marcia europea dei sans-papiers e dei migranti. Dal 25 giugno previsti 5 appuntamenti.
Partita da Bruxelles, la manifestazione itinerante approderà a Strasburgo.
Immigrazioneogggi, 21-06-2012
La marcia europea dei sans-papiers e dei migranti, partita il 2 giugno da Bruxelles, dal 25 giugno arriverà in Italia. Cinque giorni, prima di proseguire verso Strasburgo, in cui decine di migliaia di migranti manifesteranno per la libertà di circolazione e di residenza, il rispetto dei diritti dei migranti e contro le leggi repressive (arresti, detenzioni, espulsioni) che limitano i diritti dei migranti.
La prima tappa della marcia è prevista per lunedì 25 a Chiasso. Il 26 prosegue verso Bressoleno, dove si svolgerà una manifestazione insieme alle delegazioni dei sans papier e dei sindacati. Il 27 tema del dibattito sarà il diritto di asilo, visto che “in Italia manca ancora una legge organica sulla materia”, come fanno notare gli organizzatori. Il 28 da Avigliana in provincia di Torino si prosegue con una marcia di sei ore verso la Val di Susa, mentre il 29 il tema della manifestazione è sulle condizioni di lavoro in Europa. Tra coloro che hanno aderito alla marcia dei migranti anche personaggi famosi come don Luigi Ciotti, fondatore di Libera e il premio Nobel Dario Fo.



Immigrazione, Sarubbi (Pd) alla Cancellieri "Quel copia-incolla sugli accordi Italia Libia"
Il deputato del PD segnala come quell'intesa con Gheddafi firmata da Berlusconi per risolvere in mare e nelle galere libiche il problema dei migranti, senza dar loro il tempo di chiedere lo status di rifugiati in Europa, sia la maniera peggiore per celebrare la Giornata Mondiale del Rifugiato
la Repubblica, 21-06-2012
ANDREA SARUBBI *
ROMA - La notizia del nuovo accordo con la Libia - in realtà, un copia-incolla di quello con Gheddafi  (come Amnesty International 1 e Repubblica.it 2 hanno denunciato n.d.r.) - è il modo peggiore per celebrare la Giornata mondiale del rifugiato.
Chi è disonesto e ideologico? Il ministro Cancellieri, in un'intervista di oggi accusa tutti coloro che criticano i contenuti dell'accordo di disonestà e di approccio ideologico, ma a me sembra vero l'esatto contrario. Delegare la difesa dei diritti umani a un paio di vaghi accenni fra le righe o alla speranza che le imminenti elezioni in Libia portino a 'un fecondo processo di democratizzazione', può essere definito un approccio onesto? E i migranti che intanto saranno respinti indistintamente in un Paese che non riconosce la Convenzione di Ginevra per i rifugiati ed in violazione della sentenza della Corte di Strasburgo, sono ideologici anche loro?
 E l'asse Roma-Berlino-Tokio? Tra le ragioni superficiali alle quali il ministro si appiglia  merita una menzione particolare la teoria secondo cui non si possono mettere in discussione accordi firmati da governi precedenti, neppure quando entrambi sono caduti: qualcuno ci spieghi allora che fine ha fatto l'asse Roma-Berlino-Tokyo, visto che lì i governi coinvolti erano addirittura tre.
 Vanno bene gli affari, ma i diritti umani?. La verità è che l'Italia ha scelto di stringere un'intesa con un Paese che non assicura il diritto d'asilo che mantiene gli stessi lager di prima per la detenzione dei migranti irregolari, che non ha dato nessuna garanzia reale sull'abbandono delle torture e dei trattamenti disumani. Vanno bene gli appalti alle imprese italiane, ma la Giornata mondiale del rifugiato dovrebbe insegnare a tutti, governo compreso, che i diritti umani non hanno prezzo.
* Andrea Sarubbi è deputato del Partito Democratico



Giornata Mondiale del Rifugiato  "Nessuno sceglie di essere profugo"
ghgIL delegato per il Sud Europa dell'UNHCR 1 (L'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati) è intervenuto oggi alle celebrazioni dedicate alla tragedia delle 800 mila persone che nel 2011 sono state costrette a fuggire dal proprio paese per allontanare se stessi, i propri cari e le proprie cose, da guerre, violenze, torture, soprusi e minacce
la Repubblica, 20-06-2012
LAURENS JOLLES *
ROMA - Le Nazioni Unite hanno istituito la Giornata Mondiale del Rifugiato 2 per creare un momento di riflessione sulla realtà dell'asilo, spesso sconosciuta o misconosciuta. Quest'anno l'UNHCR ha scelto di focalizzare l'attenzione sui "dilemmi" a cui deve fare fronte il rifugiato ed in particolare quello che riguarda la separazione forzata dalla propria famiglia. "Nessuno sceglie di essere rifugiato" è lo slogan di questa giornata. Si tratta di un tema molto impegnativo che ci costringe tutti ad un confronto profondo con la difficile condizione del rifugiato.
Il dato di maggiore turbamento. Però, prima di entrare nel merito del tema odierno, vorrei offrirvi alcuni spunti di riflessione sulla situazione dei rifugiati nel mondo, avendo l'UNHCR appena pubblicato il rapporto statistico 2011. Il primo elemento di forte turbamento è dato dall'alto numero di persone costrette a fuggire dal proprio paese nel 2011: ben 800 mila. Si tratta del numero più alto dal 2000 ad oggi. Questa cifra è il risultato di violenti conflitti e delle crisi umanitarie in zone come il Sudan, la Somalia e la Libia.
Si conferma una tendenza. Si conferma, inoltre, il trend per cui i quattro quinti dei rifugiati che lasciano il proprio paese, lo fanno per rifugiarsi nei paesi limitrofi, in particolare nel Sud del mondo, come è accaduto ad esempio nella crisi libica, durante la quale la stragrande maggioranza delle persone si è rifugiata in Tunisia ed in Egitto. Nei paesi industrializzati il numero più alto si trova in Germania, paese che accoglie oltre 570.000 rifugiati. Nel 2011 invece il paese cha ha ricevuto il numero più alto di domande di asilo è stato il Sud Africa con 107.000.
Per quanto riguarda l'Italia. I beneficiari di protezione internazionale sono stimati in circa 58.000 residenti, quindi circa il 10% di quelli presenti in Germania. Invece, le richieste d'asilo nel 2011 sono state  poco più di 34.000. Questo dato, pur considerando l'anno particolare con gli sbarchi dovuti alla Primavera Araba ed al violento conflitto libico, colloca l'Italia al quarto posto tra i paesi industrializzati.
Il concetto di "Dilemma". Tornando al tema della giornata, vorrei condividere con voi alcune riflessioni sul concetto di dilemma. Per dilemma si intende quella condizione in cui una decisione si impone tra due o più alternative ugualmente indesiderabili. È, dunque, la condizione tipica del rifugiato costantemente posto di fronte a scelte imposte che comportano o il rischio per la vita o dolorose rinunce, ma alle quali non ci si può sottrarre, perché, come viene spesso correttamente ricordato: "nessuno sceglie di essere un rifugiato". Si è deciso di porre il tema del dilemma rivolgendolo prima di tutto a noi stessi. Riteniamo infatti che solo facendo uno sforzo di empatia e mettendosi nei panni altrui si riesca a comprendere veramente chi è un rifugiato. Il dilemma rappresenta, in sintesi, la condizione stessa del perseguitato e quindi, del rifugiato. Ne costella l'esistenza.
Rimanere o partire. Il dilemma cruciale per un rifugiato resta comunque quello legato alla scelta tra rimanere o partire. Rimanere e rischiare la vita o abbandonare tutto ciò che si è costruito negli anni e separarsi dai legami affettivi? Scegliere di mettere a repentaglio la vita dei propri familiari oppure lasciarli, facendogli affrontare un incerto futuro nella consapevolezza che forse non sarà mai più possibile ritornare in patria? Sono solo alcuni dei dilemmi che impongono risposte immediate, spesso nell'arco di poche ore, e che non si risolvono nel compimento della scelta. Sono decisioni i cui effetti dolorosi permangono anche dopo l'espatrio, condizionando la vita futura in diaspora.
Le continue scelte estreme. Anche durante la fuga il rifugiato si trova ad affrontare scelte estreme anche a costo della propria vita. I lunghi e pericolosi viaggi dei rifugiati che arrivano in Italia sono l'esempio migliore. Davanti al deserto del Sahara e sulle sponde del Mediterraneo il dilemma è sempre tra rischiare la vita verso un futuro di pace e sicurezza, oppure tornare indietro con la certezza di dover subire gli effetti delle persecuzioni.
Dilemmi con i quali occorre confrontarsi. Se provassimo a confrontarci con questi dilemmi riusciremmo a cogliere l'inevitabilità della scelta di molti rifugiati di imbarcarsi in pericolosissimi viaggi verso l'Europa, attraverso il Mar Mediterraneo, come d'altronde è magistralmente raccontato in alcuni dei film che verranno proiettati oggi pomeriggio.
Migliaia le persone partite e mai arrivate. L'anno scorso durante questi viaggi dalla Libia, sulla base di nostri riscontri, si stima che circa 1.500 persone siano partite ma mai arrivate a destinazione. E questo nonostante il forte impegno nelle operazioni di salvataggio profuso dai Corpi dello Stato e da chi opera in mare, a cui va la nostra profonda gratitudine. Il salvataggio delle vite in mare deve essere un imperativo ed è per questo che chiediamo ancora una volta che Lampedusa venga dichiarata "Porto Sicuro", certi che altrimenti le operazioni di salvataggio rischierebbero gravi rallentamenti.
La sentenza Hirsi. Non possono, invece, le autorità italiane avere dilemmi nel consentire l'accesso al territorio e alla procedura di asilo a chi arriva per chiedere protezione. Lo prevede il Diritto Internazionale ed in particolare la Convenzione di Ginevra. È in ragione di ciò che la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo con la sentenza Hirsi 3 ha confermato che gli obblighi degli Stati nei confronti dei richiedenti asilo e rifugiati vanno sempre rispettati, anche in alto mare.
 Quell'accordo con la Libia....Di questa decisione gli Stati debbono tenerne conto specialmente in occasione della stipula dei trattati di riammissione, così come l'Italia avrebbe dovuto tenerne conto nel recente accordo con la Libia, introducendo clausole di salvaguardia sulla protezione dei rifugiati. Ritengo che non avere inserito nel testo del nuovo accordo alcun riferimento alle garanzie per i richiedenti asilo sia stata un'occasione mancata. L'Italia potrebbe avere infatti un ruolo determinante nel processo di "institutional building" in Libia così come  nella promozione dei diritti umani, incluso quello di cercare e otttenere asilo dalle persecuzioni.
Si procede per modalità atipiche. Accanto alle garanzie di accesso al territorio, vi deve essere anche un adeguato sistema di prima accoglienza. In Italia lo scorso anno si è fatto molto per affrontare il flusso proveniente dal Nord Africa a seguito della rivoluzione tunisina e del conflitto libico. Si è operato affinché tutti ricevessero una sistemazione, anche se nei territori si è riscontrato una mancanza di uniformità, negli standard e nei servizi erogati, che sta causando situazioni difficilmente gestibili e alla base di crescenti tensioni. Si è proceduto ancora una volta con modalità atipiche, sfruttando lo strumento dello stato di emergenza.
Un approccio da superare. Tale approccio, alla base delle molte criticità del sistema, rappresenta una prassi ormai consolidata che, a nostro avviso, deve essere superata. È necessario strutturare il sistema di prima accoglienza dotandolo della necessaria flessibilità per affrontare arrivi numericamente più consistenti di quelli che la normale capacità è in grado di assorbire. Ritengo che la suddivisione delle persone da accogliere in quote regionali e la centralità assunta dagli Enti Locali, siano due aspetti innovativi della recente esperienza che possano essere ulteriormente esplorati in futuro.
Il Ministero di Riccardi c'è, ma non basta. Ho evidenziato prima come la condizione di incertezza, di sospensione e di vulnerabilità accompagni chi fugge dalle persecuzioni anche nella fase di arrivo e di permanenza nel luogo di rifugio. Per queste ragioni è molto importante che vengano perseguite in maniera sistematica politiche atte a favorire l'integrazione dei beneficiari di protezione internazionale. Rispetto a ciò abbiamo particolarmente apprezzato l'istituzione del nuovo Ministero per la Cooperazione Internazionale e l'Integrazione, ma riteniamo che i passi da fare in Italia siano ancora molti. Riteniamo che sia necessario intervenire sul diritto al ricongiungimento familiare, che è uno dei presupposti principali ad una piena realizzazione individuale e quindi all'integrazione nel paese di accoglienza.
L'integrazione si fa attraverso il lavoro. Inoltre, va ricordato che per mettere in atto una politica di integrazione è necessario introdurre un sistema strutturato di azioni positive dirette a favorire l'inserimento lavorativo dei rifugiati, per colmare i forti svantaggi di cui soffrono i rifugiati in rapporto ai cittadini. È auspicabile inoltre che alcuni ostacoli amministrativi all'inserimento sociale dei rifugiati siano rimossi. Mi riferisco, ad esempio, all'accesso alla residenza che in molti comuni italiani è spesso impedito o al riconoscimento dei titoli di studio, reso difficoltoso da un lungo procedimento burocratico.
Riflessione finale.  Sappiamo che quello che viviamo è un periodo di profonda crisi economica che rende incerto il futuro di molti. Si impongono a livello di governo scelte non facili tese a contenere la spesa pubblica. Sono dilemmi quotidiani a cui le autorità di governo devono fare fronte. Siamo consapevoli di queste difficoltà e siamo pronti, anche in questo contesto, a dare il nostro contributo e il nostro sostegno nella ricerca delle soluzioni più appropriate riguardanti i beneficiari di protezione internazionale e i richiedenti asilo.
Quei 28 mila fuggiti dalla Libia. In quest'ottica, ad esempio, abbiamo promosso con il Tavolo Asilo l'appello al governo con alcune proposte molto concrete e pragmatiche per trovare una soluzione alla difficile situazione di gran parte delle 28.000 persone fuggite dalla Libia nel 2011. Si tratta in maggioranza di migranti provenienti da paesi terzi che si trovavano in Libia per lavoro e che sono stati costretti a lasciare questo paese a causa della guerra. Al loro arrivo in Italia sono stati avviati alla procedura d'asilo, a volte anche non avendo timore di persecuzione nel loro paese di origine. Dunque molti di loro non hanno ottenuto nessuna forma di protezione internazionale, né sono state proposte o trovate soluzioni alternative.
Il rischio di pericolose tensioni. Attualmente 21.000 persone sono ospitate nei centri d'emergenza, che chiuderanno a fine dicembre, senza ulteriori prospettive. È ipotizzabile dunque che a fine anno queste persone si troveranno senza un alloggio e con una condizione giuridica incerta. Una situazione che già genera pericolose tensioni e che non può essere ulteriormente ignorata. Come detto prima: "nessuno sceglie di essere un rifugiato" ma, al contrario, "tutti possiamo scegliere di aiutarli". Non si tratta questa volta di un dilemma, ma di un obbligo giuridico per gli Stati e ci auguriamo di un imperativo morale per ognuno di noi.
* Laurens Jolles è Delegato UNHCR per il Sud Europa



Arrangiarsi è l'unica arte possibile Viaggio negli spazi creativi dei rifugiati
Un progetto gestito da dieci profughi africani basato sul riciclo di plastiche che si trasformano magicamente in arredamento minuto, bigiotteria, oggetti d'arte. Marichia Simcik Arese, un'ex docente di storia dell'arte rinascimentale all'Università di Los Angeles, ora in pensione, ha dato il via a quest'esperienza
la Repubblica, 20-06-2012
LUCA ATTANASIO
ROMA - Sono passati 61 anni dalla firma della Convenzione di Ginevra 1 relativa allo Status dei rifugiati, il primo trattato che vincola gli stati firmatari a concedere protezione a chi fugge da persecuzioni politiche, per motivi di religione, etnia, nazionalità. E ogni anno, il 20 giugno, la comunità internazionale torna a ricordarci di questo determinante accordo che segna il confine tra l'umanità e le barbarie. Come a ridare forza e vigore a un principio in un'era in cui  - l'Italia con l'infame vicenda dei respingimenti in mare 2009-11 ne è un pessimo esempio - i diritti umani sembrano sempre più passare in secondo piano tra fatiche economiche e crisi finanziarie.
Donne, bambini, uomini in fuga. Nel mondo si scappa da oltre 120 paesi e si fugge sia oltre i confini che all'interno. I dati più aggiornati parlano di circa 43 milioni di migranti forzati (50% donne). Il 35% circa di questi  - 15,5 milioni - sono rifugiati;  26,5 milioni sono sfollati interni a seguito di guerre, mentre 900 mila circa sono richiedenti asilo. Straziante il dato che proviene dal mondo dell'infanzia che parla di oltre 10 milioni di minori in fuga dalla propria zona, di cui 17.500 richiedenti asilo non accompagnati, in gran parte somali o afghani. Contrariamente a quanto si crede generalmente, la stragrande maggioranza dei rifugiati, il 75%, preferisce rimanere nella propria regione di origine, in paesi confinanti con il proprio. Si spiegano così le statistiche che mettono al primo posto tra i paesi ospitanti il Pakistan con circa 2 milioni di rifugiati al proprio interno, seguito da Iran, Siria. Primo paese europeo, la Germania con più di 600 mila. L'Italia, con meno di 60 mila, scende di molto nella classifica.
Insediamenti metropolitani. Da noi, come spiega molto bene uno studio recentemente presentato dal Centro Astalli 2, si ammassano in gran parte nelle grandi città convinti di andare incontro a maggiori opportunità. Si trovano, in realtà, con sempre maggiore frequenza, a sperimentare solitudine, alienazione, distanza dai servizi, insicurezza, emarginazione. Una gran bella risposta alla difficoltà di integrazione di questi migranti scappati dalla propria terra, che recepisce appieno il senso della Giornata Mondiale del Rifugiato e può forse rappresentarne virtualmente un simbolo, viene proprio dal cuore di Roma.
Si chiama Refugee ScART 3. Un progetto gestito da dieci rifugiati africani basato sul riciclo di plastiche che si trasformano magicamente in arredamento minuto, bigiotteria, oggetti d'arte. Marichia Simcik Arese, un'ex docente di storia dell'arte rinascimentale all'Università di Los Angeles, ora in pensione, ha dato il via meno di un anno fa a quest'esperienza a metà strada tra il sociale e l'artistico, il visionario e il marketing.
L'arte dei rifugiati. "Mi ha sempre affascinato - spiega tra una borsa fatta con i resti di un imballaggio Ikea e un set di bicchieri ricavati da due bottiglie di Coca Cola - la creatività che può scaturire dagli avanzi delle società opulente. Mi capitava spesso di andare io stessa a rovistare tra i rifiuti per ricavarne oggetti che diventavano pezzi di arredamento per casa mia". Con il sostegno di alcune associazioni come Laboratorio 53 e il patrocinio dell'Alto Commissariato ONU per i Rifugiati, l'ex docente d'arte raduna un gruppo di rifugiati giunti in Italia da paesi in guerra o aree di tensione dell'area sub-sahariana, attorno a un'idea geniale quanto semplice.
Nove quintali di plastica. "In pochi mesi abbiamo raccolto 9 quintali di plastica prelevandola nei luoghi in cui viviamo o da negozi e supermercati. La portiamo qui (ndr nei locali che l'AMA, Azienda Municipale Ambiente, ha messo a disposizione gratuitamente a P. zza Caduti della Montagnola, Roma, ora diventati laboratorio e showroom - per visita ogni mattina contattare 3357067879 -) e la tagliamo, laviamo, puliamo, stiriamo e pressiamo". Poi ne ricavano una stoffa trasparente e decidono cosa farne, se sottopiatti, marsupi, tappetini, collane, bracciali, segnalibri, borse, bicchieri, piatti, cinture, tutti pezzi unici di una meravigliosa collezione artigianale.
Etica, economia, ecologia. L'investimento iniziale frutto di una colletta è stato di 1.000 euro. Hanno dovuto solo acquistare l'attrezzatura, la materia prima gliela fornisce la strada. Fino a maggio 2012, il progetto ha prodotto un utile sociale di oltre 40 mila euro, distribuito nella sua interezza agli artigiani (circa 450 euro mensili a testa per una attività part-time svolta nel peno rispetto delle normative). Il tutto con un occhio bene aperto sulla preservazione dell'ambiente. "Da quando è iniziato il progetto - racconta Beng, giunto dal Senegal un anno fa - abbiamo raccolto più di 250 Kg di plastica al mese. Per noi, oltre che un lavoro, è un contributo alla pulizia della città che ci ospita".   
La parannanza di Erri De Luca. "Se io fossi uno scarto di plastica - sorride Erri De Luca grande sostenitore del progetto, presente a molte delle iniziative - vorrei diventare un grembiale, una cintura, un sottopiatto,  lavorato da questi ragazzi. Vorrei avere questa seconda vita, essere utilizzato e non incenerito per poi divenire polvere sottile che distrugge gli organismi dell'uomo". Al di là della battuta, lo scrittore, innalza il progetto al grado di modello. "È un esempio di sviluppo e impresa che funziona. Creano lavoro, reddito, ma prestano un grande servizio anche a noi: ci liberano del peggiore dei rifiuti, la plastica, con mezzi energetici ridotti al minimo". Magari li prenderanno in considerazione sindaci e governatori assediati dalla questione "monnezza".

 

Giornata mondiale del rifugiato: oltre 800mila in fuga da guerre e carestie
Il Messaggero, 20-06-2012
Vincenzo Sassu
ROMA - L’ultima imbarcazione è naufragata tra Santa Maria di Leuca e Torre Vado a sei miglia dalla punta del Salento.Si sono salvati in quattro, altri sette invece risultano ancora dispersi: non avevano neppure vent’anni. È l’epilogo dell’ultima tragedia del mare avvenuta ieri a largo delle coste italiane in quel mar Mediterraneo, lingua di confine tra speranza e disperazione, paura e desiderio, dolore e aspirazione.
In Italia cercavano un porto tranquillo, un rifugio al riparo da guerre, carestie, povertà. Come quei 4,3 milioni di persone che nel 2011, in tutto il mondo, sono stati costretti ad abbandonare il proprio Paese, 800.000 dei quali hanno chiesto e ottenuto asilo politico in altre nazioni, diventando così rifugiati. Una cifra record resa nota dall’ultimo rapporto diffuso dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) in occasione della giornata mondiale del rifugiato che si celebra oggi.
Migrazioni iniziate alla fine del 2010 in Costa D’Avorio a causa della guerra civile che ha sconvolto il Paese, e proseguite poi in tutto il nord Africa durante le rivolte della Primavera araba, in Somalia per la crisi alimentare che ha interessato il corno d’Africa e in Sudan, dovute l’emergenza umanitaria ha colpito in particolar modo il sud del Paese, indipendente dall’anno scorso.
«Il 2011 ha visto sofferenze di dimensioni memorabili», ha dichiarato l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, António Guterres, manifestando gratitudine verso «il sistema internazionale atto a proteggere queste persone» che nella maggior parte dei casi «è rimasto saldo».
Alla fine dell’anno passato, nel mondo c’erano complessivamente 42,5 milioni di persone tra rifugiati (15,2 milioni), sfollati interni (26,4 milioni) o persone in attesa di una risposta in merito alla loro domanda d'asilo (895.000). Un numero leggermente inferiore rispetto al 2010, quando i rifugiati erano 43,7 milioni.
È l'Afghanistan il Paese d'origine del maggior numero di individui che ha ottenuto l’asilo politico in altre nazioni (2,7 milioni), seguito da Iraq (1,4 milioni), Somalia (1,1 milioni), Sudan (500.000) e Repubblica Democratica del Congo (491.000). Pakistan (1,7 milioni), Iran (886.500), Kenya (566.500) e Ciad (366.500) sono invece i Paesi che ne accolgono di più. Un dato che non deve sorprendere: i 4/5 delle persone scappano verso paesi limitrofi, in aree del mondo dove gli Stati in via di sviluppo sono la stragrande maggioranza.
Con 571 mila rifugiati la Germania è il principale paese d’accoglienza tra quelli industrializzati, oltre 7 ogni 1.000 abitanti; l’Italia ne conta invece 58.000, meno di 1 ogni 1.000 abitanti. Cifre contenute quelle del nostro Paese rispetto ad altre nazioni avanzate dell’Unione Europea come Francia, Paesi Bassi e Regno Unito dove i rifugiati sono tra i 3 e i 4 ogni 1.000 abitanti, o Svezia dove arrivano ad essere oltre 9.
Con la Primavera araba e la guerra in Libia è aumentato il numero di richieste d’asilo ricevute dall’Italia: circa 34 mila nell’ultimo anno. Una cifra cresciuta notevolmente rispetto ai dodici mesi passati (10.000 domande), ma esigua se paragonata a quella del Sudafrica che nel 2011 ha avuto oltre 107.00 richieste d'asilo, e inferiore comunque a quella di Francia e Germania che ne hanno ricevuto rispettivamente 52.000 e 45.000. Dati che dimostrano il contrario di quanto si pensava nel nostro Paese un anno fa quando, come sostiene la portavoce dell’UNHCR Laura Boldrini «si aveva la sensazione di venire lasciati soli dall’Europa e di essere gli unici a farsi carico» della situazione d’emergenza.
«In momento in cui il sistema di welfare procede a tagli drammatici nel sostegno a chi più ne ha bisogno», spiega il Centro Astalli di Roma al riguardo, l’impegno «del mondo del volontariato» sarà determinante. Un’attività in cui l’associazione a sostegno dei richiedenti asilo politico e rifugiati è stata sempre in prima linea, in particolare nell’anno appena trascorso in cui ad esempio il numero di pasti da essa distribuiti sono passati dai 60.000 del 2010 a più di 115.000, con una media di oltre 400 pasti al giorno.
Quello che sarebbe auspicabile ora è certamente «una maggiore solidarietà a livello europeo – ma è anche vero che gli Stati non hanno mai voluto delegare alle istituzioni europee la loro sovranità in materia migratoria. Quindi è anche poco coerente e realistico che, in casi di flussi consistenti di persone, si chieda all’Europa la soluzione di un problema» fino ad ora affrontato unicamente «rivedendo il meccanismo relativo alla libera circolazione delle persone prevista dal trattato di Schengen», per aprire «alla possibilità di chiudere le frontiere in casi di movimenti considerevoli di persone», ha concluso Boldrini ai microfoni di Radio Tre Mondo.
La portavoce dell’UNHCR oggi alle 18 sarà in Piazza della Minerva a Roma nella biblioteca del Senato “Giovanni Spadolini” per partecipare a “Lampedusa non è un’isola. Profughi e migranti alle porte dell’Italia”, un incontro sullo stato dei diritti in Italia a cui interverranno, tra gli altri, anche Emma Bonino, vice Presidente del Senato, il sociologo Luigi Manconi, il Ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri e il giurista Stefano Rodotà

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