Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

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                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

23 febbraio 2011

Mercoledì 23 febbraio ore 15.00 

Sala Stampa della Camera dei deputati via della Missione 4 
 
QUATTRO BAMBINI ROM E UN SINDACO
Un’azione giudiziaria per il rogo di via Appia Nuova
 
Intervengono
Luigi Manconi presidente di A Buon Diritto
Alessandro Gamberini avvocato
Partecipano
Susi Fantino Presidente del IX Municipio, Sandro Medici Presidente del X Municipio, Daniele Ozzimo Vicepresidente Commissione Politiche Sociali di Roma Capitale, Nazareno Guarnieri Presidente della Federazione Romanì, Claudio Graziano Responsabile nazionale Arci per Rom e Sinti, Silvio Di Francia Segreteria romana del Pd
E i parlamentari
Ileana Argentin, Rita Bernardini, Rosa Villecco Calipari, Gianni Cuperlo, Guido Melis, Roberto Morassut, Andrea Sarubbi, Walter Tocci, Livia Turco, Luigi Zanda
 
 
Immigrati: Pd, Lampedusa non e' attrezzata per accoglienza duratura
23 febbraio 2011
(Adnkronos) - ''Un altro aspetto a cui va posto rimedio, in tempi rapidi, e' quello dello smaltimento delle grosse imbarcazioni, sulle quali viaggiano i clandestini, parcheggiate al molo - prosegue Di Benedetto - Ovviamente rubano spazio e arrecano danni ai pescatori e all'immagine turistica dell'isola. Sul fronte igienico sanitario e su quello dell'assistenza, attraverso l'elisoccorso, la situazione va potenziata e migliorata. E in questa direzione il governo regionale, in collaborazione con l'Asp di competenza, e' chiamata a dare delle risposte immediate''. ''E a proposito di risposte - evidenzia il deputato dell'Ars - la Regione ha previsto un aiuto finanziario, nell'ordine di 400 mila euro, a beneficio dei pescatori per l'abbattimento dei costi relativi all'acquisto del carburante. Occorrerebbero evidentemente ulteriori misure per indennizzare questo territorio, sensibilmente penalizzato dagli sbarchi. E tra queste ipotizzo la fiscalita' di vantaggio di cui dovrebbe farsi carico il governo nazionale''. ''Il fenomeno dell'immigrazione e' un problema che interessa anche l'Europa. E il nostro capogruppo David Sassoli ha assicurato tutto il suo impegno per investire di questa delicata vicenda la Comunita' Europea. Mentre, a livello romano, fara' la sua parte Livia Turco, parlamentare nazionale, responsabile alle politiche sociali e immigrazione. Oggi incontrera' il Ministro dell'Interno Roberto Maroni'', conclude Di Benedetto.
 
 
 
caos Libia, Fratini: "1000 morti? Stima verosimile"
Libero-news 23 febbraio 2011
La stima di mille morti nelle rivolte in Libia è piuttosto verosimile.  E' quanto ha detto oggi il ministro Franco Frattini, che ha riferito delle rivolte nel nord Africa alla Camera dei Deputati. In quest'occasione il ministro ha aggiunto che "Il tragico bilancio sarà in ogni caso un bagno di sangue" e che in Libia è in corso una vera e propria guerra civile. Il ministro ha sottolineato che "la Cirenaica  non è più sotto il controllo del governo libico e che vi sono degli scontri nel resto del paese". Non è mancata una risposta alle accuse lanciate ieri da Gheddafi all'Italia:  "Abbiamo ascoltato accuse di una retorica che pensavamo fosse ormai abbandonata, come quella di aver  fornito razzi ai rivoltosi della Cirenaica. L’Italia non produce quei razzi nè li ha mai venduti in quella regione. Quelle frasi sono false dalla prima all’ultima parola".
300 MILA IMMIGRATI IN ARRIVO - Frattini già ieri sera aveva parlato della Libia, dicendo  che le rivolte potrebbero avere come conseguenza l'arrivo di 200-300 mila immigrati sulle coste europee. Il ministro ha specificato che le cifre sono il risultato di una stima, per giunta al ribasso. Oggi pomeriggio sarà invece il turno di nuovo summit, questa volta del ministro dell'Interno Roberto Maroni con i colleghi di Cipro, Francia, Grecia, Malta e Spagna, sulla crisi del Mediterraneo e le sue conseguenze sul fronte dell'immigrazione.
LA RUSSA: "SIAMO PREOCCUPATI" - Riguardo al problema libico ha parlato anche il ministro della Difesa Ignazio La Russa: "Siamo molto preoccupati. Il presidente del Consiglio è molto preoccupato. Bisogna essere pronti a ogni sviluppo della situazione che naturalmente non si presenta tranquillizzante". Riguardo alle previsioni di 200-300mila clandestini, il ministro ha fatto però notare che "si tratta di una stima del tutto empirica". Per La Russa quella degli immigrati in arrivo dal Nordafrica è comunque una questione europea: "Sarebbe inimmaginabile pensare che tocchi solo a noi arginare questa emergenza", ha detto.
NUOVI SBARCHI A LAMPEDUSA - Mentre l'Europa e l'Italia si preoccupano per i rischi dell'immigrazione, a Lampedusa ci sono nuovi sbarchi. Poco dopo le  sette di questa mattina al porto dell'isola sono arrivati 38 immigrati tunisini salvati in alto mare dal peschereccio di Mazara del Vallo (Trapani)  "Chiaraluna" dal mare in tempesta. Il peschereccio è rimasto per quasi quattro ore in banchina perchè il mare molto agitato ha rallentato le operazioni di attracco. Al momento salgono così quasi a mille gli ospiti del Centro d’accoglienza di Lampedusa dopo la partenza di oltre trecento extracomunitari avvenuta ieri.
 
 
 
La Lega il Cie e lo sgarbo a Venezia
 Riccardo Bottazzo
Terra 23 febbraio 2011
Girava di qua e girava di là. La prima ipotesi era nel veronese. Ma come si fa? Con l'amico Tosi sindaco di Verona? Poi è toccato a Rovigo. Qui andava già meglio. Il sindaco appartiene al centro sinistra, la Provincia pure, ma già c'è la centrale a carbone di Porto Tolle e si ventila l'ipotesi di costruirci il primo impianto nucleare del nordest. Forse Padova? Il sindaco Flavio Zanonato è del centro sinistra ma la provincia è tutta della lega. Meglio di no. Ma che ragioniamo a fare? La soluzione era davanti agli occhi di tutti: Venezia. Città dove il Carroccio non ha mai attecchito e ci ha pure messo del suo a silurare il candidato sindaco del Pdl, Renato Brunetta, alle ultime amministrative. Non si può quindi dire che l'annuncio del ministro Roberto Maroni, dato la scorsa settimana, di costruire il primo Centro di identificazione e di espulsione del Veneto proprio a Venezia abbia stupito qualcuno. Era solo una questione di come e di quando. «Che sia uno sgarbo a Venezia non c'è dubbio alcuno - ha commentato Beppe Caccia, consigliere della lista "In Comune con Bet-tin" -. Da un lato c'è la voglia di un governo in piena crisi di farsi auto propaganda rilanciando, come al solito, una politica che fa leva su paure ingiustificate e, dall'altro lato, la scelta strategica di colpire un Comune, come quello di Venezia, che si sforza di portare avanti politiche di integrazione e di accoglienza». La dichiarazione di Maroni ha suscitato una immediata risposta tanto dalle istituzioni quanto dai movimenti. Il Consiglio comunale, scavalcato senza neppure una consul¬tazione preventiva da un ministro che si riempie tutti i giorni la bocca con la parola federalismo, ha espresso un parere fortemente negativo votato a grande maggioranza anche dal Pdl. Solo i consiglieri della Lega, a parte un astenuto, hanno abbandonando l'aula prima della votazione adducendo pretesti originali ma comunque improrogabili. Sul fronte cittadino, associazioni e movimenti si sono riuniti in assemblea a Mestre, giovedì 17, nell'ampio salone di Santa Maria delle Grazie, per organizzarsi e sottoscrivere l'appello contro il Cie che ha avuto come primo fir-matario l'assessore all'ambiente Gianfranco Bettin. La prima iniziativa si è svolta sabato proprio a Campalto, il quartiere sulla sponda lagunare in cui Maroni vorrebbe realizzare la struttura. Millecinquecento persone tra cui molti residenti ma anche studenti, attivisti dei centri sociali o di associazioni antirazziste, militanti del Pd e del Pdl (questi ultimi col distinguo che a volere il Cie a Venezia non sarebbe, secondo loro, il Governo ma il centrosinistra bugiardo che governa la città), hanno dato via ad un lungo e pacifico corteo sostenendo striscioni con scritto "Il futuro è ambiente e accoglienza. No al Cie" e "No al Cie, né a Venezia né altrove". I Centri identificazione ed espulsione, si legge nell'appello lanciato dai manifestanti, «sono crudeli e inefficaci [...]. Le pesanti e illegittime sofferenze generate da queste strutture si sono rivelate del tutto inutili nella gestione del fenomeno migratorio nel nostro Paese, con un numero irrisorio di espulsioni realmente effettuate, a fronte delle ingenti risorse pubbliche investite in un vero e proprio business della negazione dei diritti. La scelta del ministro Maroni appare, inoltre, per il suo carattere di imposizione autoritaria come un atto carico di violenza antidemocratica nei confronti della nostra Città e della sua tradizione cosmopolita, come un gesto di arroganza centralistica nei confronti della nostra comunità locale, da sempre attivamente impegnata nell'accoglienza del migrante e nella costruzione solidale di un futuro meticcio». ?
 
 
 
LA LIBIA BRUCIA
La carica dei 300mila pronti a invadere le nostre spiagge
il Giornale 23 fennraio 2011
Emanuela Fontana
 II più grande esodo via mare degli ultimi vent'anni potrebbe scattare a brevissimo e far sbarcare in Italia dalle coste nordafricane fino a 300mila immigrati. È lo scenario estremo delineato nel vertice sull'emergenza Libia convocato ieri sera da Silvio Berlusconi a palazzo Chigi con i ministri dell'Interno Maroni, degli esteri Frattini e della Difesa La Russa. E' questa adesso la prima emergenza, anche se si lavora su altri due fronti: forniture di petrolio a rischio e piano di evacuazione per i connazionali, in particolare dalla regione meno accessibile della Cirenaica. Da ieri è costituito presso il governo un comitato per-manente sulla crisi, che si occuperà soprattutto del controllo dei flussi di immigrati. «Siamo molto preoccupati. Il presidente del Consiglio è molto preoccupato. Il comitato permanente permetterà di essere «pronti ad ogni tipo di situazione, che certamente 
non è tranquillizzante». Berlusconi ieri ha chiamato personalmente Muammar Gheddafi, la linea del governo è precisa: «L'Italia è impegnata affinché cessino le violenze in Libia, con una moral suasion» e nella tutela massima «dei nostri connazionali», ha chiarito La Russa in tarda serata, a conclusione del vertice.
Tutti i ministeri a Roma devono comunque lavorare adesso sull'emergenza, al di là dell'impegno della diplomazia: la stima fatta ieri parla di possibili sbarchi nel numero di «200-300mila persone». Non è un caso se La Russa e Frattini, in arrivo il primo da una visita ufficiale negli Emirati Arabi, il secondo dal Cairo, non abbiano avuto nemmeno tempo di rispondere a un'opposizione concentrata sulle accuse di «inadeguatezza». Dall'unità di crisi della Farnesina parlano di un lavoro «molto difficile».
In un Paese senza più regole né autorità, si teme che i moltissimi stranieri che alloggiano nei precari centri per clandestini delle coste libiche possano partire alla volta dell'Italia. Cifre ufficiose parlano di oltre un milione di potenziali profughi, tra libici e innesti dall'Africa subsahariana. Il vertice interministeriale è stato già operativo: ogni ministro si è presentato con una cartellina sotto il braccio. Sono state individuate le prime aree per l'accoglienza. Ma la situazione non è sostenibile dalla sola Italia, e già da oggi Maroni presiederà una riunione a sei, a Roma, con i ministri omologhi di Cipro, Francia, Grecia, Malta e Spagna. «Se arrivano li mandiamo in Francia e in Europa», ha chiarito il leader della Lega Umberto   Bossi.   Comunque «aspettiamo ordini dall'Unione Europea», ha aggiunto. La vera partita infatti si giocherà adesso aBruxelles. L'esodo potrebbe scatenare un'apocalisse umanitaria, oltre che risultare insostenibile da gestire nelle sole strutture italiane.
Il Viminale ha incaricato il ministero della Difesa di trovare una serie di aree adatte. «Ne abbiamo già individuate tre -ha spiegato La Russa - aree della Difesa dismesse, con terreni e fabbricati». L'impiego di militari potrebbe essere reso possibile per la «vigilanza di alcuni nuovi centri, come Mineo, nel catanese». Il governatore siciliano Raffaele Lombardo già si è impuntato contro questa soluzione. L'alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) per ora si limita a chiedere che l'Italia «non respinga i rifugiati». Ma se saranno trecentomila? Nella giornata di ieri è salpato da Taranto il cacciatorpediniere Mimbelli in direzione dell'area sud del Mediterraneo con un equipaggio di quattrocento uomini. Sarà la piatta-forma area a presidio delle acque internazionali.
 
 
 
Sbarchi la rete bucata
Europa quotidiano 23 febbraio 2011
MASSIMO LIVI BACCI
Gli sbarchi sulle coste italiane sono ripresi ai ritmi del 2008, l'anno di massima affluenza. Dopo il 2008, l'attuazione delle intese con la Libia li ha ridotti, anche al prezzo di una sostanziale violazione del diritto d'asilo.
E adesso che il mondo arabo è in rivolta, che il regime di Gheddafi è in bilico, cosa potrebbe accadere? Naturalmente, nessuno è in grado di dirlo, come nessuno aveva previsto gli eventi delle ultime settimane. Ma qualche considerazione può farsi. Anzitutto, l'esodo dalla Tunisia è, paradossalmente, l'evento che preoccupa meno. La Tunisia è un paese con un reddito procapite doppio di quello dell'Egitto (4000 dollari pro-capite nel 2008, contro 2000) e assai più alto del Marocco ($ 2700); con una crescita demografica in frenata, con disuguaglianze minori che non in altri paesi del nord-Africa.
Inoltre non è, come è la Libia, un terminale dell'immigrazione sub-sahariana. È presumibile che quando un nuovo regime sarà consolidato, la Tunisia possa dar corso a quegli accordi di riammissione e cooperazione che hanno permesso, negli ultimi anni, di tenere sotto controllo i flussi migratori. Infine, gran parte dei 5000 e passa tunisini arrivati in Italia hanno per mèta la Francia, dove vive la parte più numerosa della diaspora. Solo in modesta misura questi giovani immigrati potranno dimostrare di aver titolo a qualche forma di protezione ed evitare il rimpatrio.
Assai diverso è il caso della Li-bia, e non solo per l'incertezza di un eventuale dopo-Gheddafi, o anche della (maggiore) incertezza di un dopo-rivolta, con Gheddafi an¬cora al comando. Ma anche perché la Libia è il punto di arrivo delle migrazioni continentali sud-nord, attratte - in un recente passato -
più dalle possibilità d'impiego che non dal miraggio della traversata mediterranea verso l'Europa. Comunque sia, si pensa che in Libia vivano - in condizioni di subalter¬nità e di precarietà legale - un mi¬lione e mezzo o più di immigrati. Come tutti i paesi che sopravvivo¬no, o prosperano (secondo i casi), con la rendita petrolifera, l'attività economica è affidata in larga parte al lavoro straniero: nelle opere pubbliche, nelle costruzioni, manuten-zioni e molte altre attività generi¬che. E così sarà nel futuro, a meno del permanente seccarsi dei pozzi. La rivolta interna e la repressione che la accompagna può scaricarsi su questa minoranza fragile e diversa e indurla a tornare indietro, o a rischiare la traversata. A tentare questa carta potrebbero essere non i libici, ma gli immigrati di Libia. E la maggioranza di questi avrà titolo per fare domanda di asilo.
Lasciamo per ora da parte l'Egitto, un gigante demografico che è sperabile voglia mantenere il suo posto nel gioco delle regole internazionali. E mandiamoci: cosa deve fare l'Italia? La prima cosa che deve fare è quella di non dire - come l'ineffabile Maroni ama ripetere - che «l'Europa ci lascia soli», dimenticandosi di dire che l'Europa siamo anche noi. Credo che, nell'ordine, si debba 1) prepararsi a gestire altre emergenze, come la protezione civile fa, o deve fare, di fronte a imprevedibili cala¬mità; 2) rafforzare la capacità delle commissioni territoriali preposte all'esame delle domande di asilo, che funzionano bene ma per le quali non dobbiamo lesinare risorse; 3) negoziare con i paesi di proenienza, nell'immediato, quote legali di immigrazione, per un pe¬riodo transitorio; 4) negoziare con l'Europa un piano di condivisione dell'onere dell'accoglienza dei profughi-immigrati, per tutto il periodo di durata di una eventuale nuova emergenza; 5) proporre un piano di controllo integrato delle migrazioni trans-mediterranee nel pieno rispetto della Convenzione di Ginevra, potenziando l'azione di Frontex, e soprattutto integrando l'azione degli altri paesi interessati (Spagna, Francia, Malta, Grecia,
Cipro... e magari Turchia, che già rimpiangiamo di avere tenuto alla larga dall'Unione).
La Spagna ha un sistema efficiente di osservazione e controllo delle acque, mediterranee e atlantiche; l'Italia ce l'ha (per ora, e con scarso rispetto della Convenzione di Ginevra) con la Libia. Ma una rete con i buchi non trattiene i pesci: le rotte cambiano, i natanti si specializzano, i gestori dei traffici ne inventano di nuove ogni giorno, le coste sono lunghe. E tutto questo non serve a niente se non si potenziano gli accordi di riammissione e di cooperazione, mettendo qualche soldo sul piatto.
Per tutto questo occorrerebbe anche un leader meno amico di Gheddafi e più presente a Bruxelles, Madrid, La Valletta ed Atene. Non dovrebbe essere impossibile trovarlo.
 
 
 
Ancora tunisini in Sicilia "mandateli al Nord"
Susan Dabbous
Terra 23 febbraio 2011
Preoccupato per un flusso   migratorio   di   «dimensioni assolutamente epocali» il ministro degli Esteri Franco Frattini si è recato ieri mattina nell'Egitto liberato per parlare della questione libica. Una scelta dettata da una necessità pratica, perché nonostante il governo di transizione retto dall'esercito, con il Cairo sono ancora attivi gli accordi bilaterali che prevedono i rimpatri immediati per i cittadini egiziani che travalicano i nostri
confini. Così è stato ad esempio per i 40 fuggiaschi arrivati il 16 febbraio scorso a Marina di Ragusa e imbarcati su un charter il giorno dopo. Il discorso delirio di ieri del colonnello Gheddafi ha reso ancora più concreti gli incubi del governo. Un esecutivo tenuto insieme solo dal federalismo e dalla lotta all'immigrazione, con la Lega Nord che punta il dito contro l'Unione europea che non vuole prendersi una quota di migranti e la Regione Sicilia che accusa il governo di inerzia. Due i nodi fondamentali: il primo è un accordo, che al momento non c'è, per ripartire gli oneri degli sbarchi in ambito comunitario, non solo sul piano economico (sono stati stanziati 100 milioni di euro per far fronte all'emergenza) ma manche per il trasferimento fisico. Nel caso dei tunisini, ad esempio, la loro meta è la Francia, non certo l'Italia. Il secondo motivo di malumore, più territoriale, è stato esternato ieri dal governa-tore della Regione Sicilia, Raffaele Lombardo: «Perché non ve li prendete al Nord?». I ponti aerei che nelle ultime settimane trasferiscono i migranti da Lampedusa ai centri di identificazione, infatti, fanno rotta solo su Sicilia, Puglia e Calabria. Lombardo ha quindi fatto esplicito riferimento al rischio «ghetto» nel caso in cui vengano trasferiti i tunisini nel Villaggio degli Aranci di Mineo (Catania). È qui che i il governo vorrebbe trasferire i richiedenti asilo, fino a 7mila persone in 400 appartamenti. Ma a dire il vero, in piena emergenza, non si conoscono ancora i numeri di quan¬ti vogliano veramente godere di una protezione umanitaria che li legherebbe legalmente al nostro Paese. In Sicilia nei centri d'accoglienza regna il caos. A Rosolini, in provincia di Siracusa, ne sono già fuggiti una cinquantina. A Lampedusa, invece, per far fronte all'emergenza sbarchi, si è già bloccata l'attività di identificazione dei migranti che continuano ad arrivare sfidando il mare forza 5. Uno sbarco insolito all'alba di ieri fa inoltre sospettare che stiano cambiando le rotte dei tunisini. «Sono arrivati da Nord Est e non da Sud Ovest», racconta il comandante della guardia costiera Antonio Morana. 147 migranti giunti sulla costa, intorno alle sei del mattino, si sono avvicinati il più possibile, ma non essendo stati intercettati dalle autorità non hanno saputo attraccare e se la sono fatta a nuoto. Poi sono andati a piedi in paese e hanno bussato alla porta dei Carabinieri. «Possiamo supporre - continua Morana - che siano scesi da un peschereccio autorizzato che li ha poi calati su due piccole imbarcazioni». Per le indagini però c'è poco tempo, in serata la guardia costiera ha dovuto assistere ad altri due sbarchi. Di Frontex, l'Agenzia europea per le frontiere, ancora nessuna traccia.
 
 
 
Sbarchi senza sosta. E la Sicilia "si ribella"
Avvenire 23 febbraio 2011
ALESSANDRA TURRISI
Il mare in condizioni proibitive non ferma gli africani pronti a tutto pur di approdare in Europa. Ancora ieri a Lampedusa è stato un susseguirsi di sbarchi, allarmi e avvistamenti di barconi alla deriva. In tarda serata sono arrivati sull'isola 197 tunisini: tutti uomini e in buone condizioni di salute. Un altro barcone, con 37 immigrati a bordo, è stato invece soccorso a poche miglia dalla costa ed è arrivato sull'isola nella notte. Nel pomeriggio una motovedetta della Guardia costiera era partita dall'isola per soccorrere uno dei due barconi intercettati in mattinata nel Canale di Sicilia: l'imbarcazione, con alcune decine di migranti a bordo, si trovava alla deriva a circa 60 miglia a Sud dell'isola, in acque di competenza maltese. Un secondo barcone avvistato, invece, si trovava ancora in acque tunisine e continuava a navigare regolarmente.
Ma è stato il dibattito politico, dai toni spesso duri, a tenere banco per tutta la giornata di ieri, mentre si è appreso che la missione congiunta a Lampedusa tra Frontex, l'Agenzia europea delle frontiere, e Italia, si concluderà il 31 marzo, con la possibilità di prolungarla oltre il termine previsto, se necessario. C'è un fronte ampio in Sicilia che si oppone al trasferimento al residence Nato di Mineo di migliaia di migranti. Il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, affida le sue perplessità al suo blog: «Gli immigrati? Sistemiamoli in Lombardia e Veneto» affer¬ma provocatoriamente. Per Lombardo i richiedenti asilo politico vanno ospitati «in un territorio e in un ambiente nel quale ci sono opportunità di lavoro». E subito arriva la risposta del governatore leghista Luca Zaia: «A Lombardo dico che in Veneto non ci sono posti di lavoro per eventuali profughi dalla Libia o da altri Paesi del nord Africa, da noi non ci sono le condizioni per integrare chi scappa dal sud Mediterraneo». Più diplomatico l'approccio del governatore della Lombardia, Roberto Formigoni: «Preparia-moci insieme ad affrontare questa emergenza- ha detto -. Non dividiamoci in polemiche». Ma gli interrogativi di Lombardo sono andati oltre: «Come si può pensare di portare 5 o 6mila persone a Mineo, in un posto dove vivevano 1.400 americani? Grandi condizioni di disagio, ammassamento di persone, ricerca di una integrazione che il territorio non offre». Il presidente ha poi avuto un lungo colloquio te-lefonico con Maroni: «Mi ha parzialmente rassicurato -ha detto Lombardo - e mi ha confermato che al villaggio di Mineo non saranno destinati gli immigrati giunti nelle ultime settimane sulle sponde siciliane. Si prevede, invece, di ospitare i richiedenti asilo, per il tempo necessario alla valutazione dell'istruttoria. Nel residence non ci saranno militari, ma volontari della Caritas e della Croce Rossa». Poi la richiesta a Berlusconi di convocare subito «un Consiglio dei ministri al più presto possibile, al quale il presidente della Regione Sicilia partecipi per sapere il da farsi» Maroni, intanto, lunedì sarà a Catania per illustrare il piano di conversione del residence. Ma sul territorio c'è grande fermento. Due esponenti del terzo polo, Giuseppe Arena dell'Mpa e Puccio La Rosa di Fli, si sono incatenati per protesta davanti al Residence degli aranci mentre le forze di maggioranza all'Assemblea regionale siciliana (Pd, Udc, Api, Mpa, Fli) avvertono: «La nostra isola non può essere trasformata in un megacentro d'accoglienza».
 
 
 
IMMIGRATI: SPAGNA OFFRE AEREI PER MISSIONE FRONTEX
la Repubblica.it 23 febbraio 2011
La Spagna si e' offerta di contribuire con l'invio di esperti e anche di aerei ad hoc alla missione di assistenza 'Hermes 2001' della Frontex, destinata ad aiutare l'Italia nel fare fronte all'incessante flusso verso Lampedusa di clandestini provenienti dal Nord-Africa in fiamme: lo rende noto con un comunicato la stessa Agenzia Europea per la Gestione delle Cooperazione Internazionale alle Frontiere Esterne degli Stati membri dell'Ue, appunto Frontex, precisando che se necessario le operazioni, iniziate domenica scorsa e destinate a protrarsi almeno fino al 31 marzo prossimo, potranno essere prorogate .
 
 
 
A Napoli un centro di ospitalità per immigrati e rom finanziato dal Ministero dell’interno.
La struttura sorgerà a Ponticelli e verrà dedicata ai quattro bambini deceduti nella Capitale.
ImmigrazioneOggi 23 febbraio 2011
Sarà intitolato a Raul, Fernando, Sabatino e Patrizia, i bambini rom deceduti nel rogo di Roma lo scorso 6 febbraio, il nuovo complesso residenziale di Ponticelli a Napoli dedicato agli immigrati ed ai rom, prima struttura d’Italia realizzata con fondi del Ministero dell’interno.
Il centro, che sarà pronto tra 18 mesi, sorgerà nell’ex Amnil, in via delle Industrie, e sarà destinato a soddisfare le necessità di accoglienza di immigrati rom presenti in città. L’intervento di demolizione e ricostruzione rientra nelle politiche per il superamento dell’emergenza abitativa degli immigrati promosse dal Comune di Napoli. Il sindaco Rosa Iervolino e il prefetto Andrea De Martino, con l’assessore Giulio Riccio, hanno dato oggi il via ai lavori di demolizione della struttura che sorgerà con tutti i servizi necessari alla salvaguardia della qualità della vita ed anche ad ospitare in modo temporaneo gli stessi immigrati. “Siamo la prima città che si appresta a fornire alloggi ai cittadini comunitari, – ha detto Iervolino – anche loro come noi hanno scritto sul passaporto Unione europea, noi Repubblica Italiana, loro Repubblica Rumena, siamo tenuti ad offrire anche strutture che scongiurino episodi come quelli di Roma”.
 
 
 
Test di italiano: in 120 oggi sosterranno la prova a Brescia.
Tra un mese, il 23 marzo, la prova verrà svolta in 8 centri della provincia.
23 febbraio 2011 Immigrazione Oggi 
Sono 120 i cittadini stranieri che sosterranno oggi a Brescia le prove di conoscenza di lingua italiana per ottenere il permesso di lungo periodo CE. I test verranno effettuati presso l’Istituto Tito Speri centro 2 di Brescia, l’Istituto scolastico Toscanini di Chiari e l’Istituto scolastico Vittorio Bachelet di Lumezzane.
Tra un mese esatto, il 23 marzo, la prova si svolgerà in otto sedi nella provincia. L’interessato dovrà presentarsi munito del documento di identità (passaporto o carta di identità o permesso di soggiorno e della lettera di convocazione ove è indicata la sede e l’ora di ingresso ), il risultato del test sarà consultabile dall’interessato all’indirizzo: http://testitaliano.interno.it.
(Red.)
 
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