Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

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                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

28 marzo 2011

Quando razzista è il farmaco: e se poi l’iperteso è «meticcio»?
Mauro Valeri
l'Unità 26-03-2011
L’altro giorno, un mio amico figlio di madre etiope e padre italiano, mi ha telefonato piuttosto preoccupato. A causa di un’ipertensione arteriosa il medico gli aveva prescritto un determinato farmaco. L’ha comprato e ha letto il foglietto illustrativo. Ad un certo punto della lettura, si è trovato di fronte la seguente frase: «In particolare, essi sono risultati meno favorevoli nelle donne e nei soggetti non di razza bianca». E più avanti: «Sono apparentemente meno efficaci nel diminuire la pressione arteriosa nei pazienti neri rispetto a quelli non neri, probabilmente a causa di una più alta prevalenza di condizioni a bassa renina nella popolazione ipertesa di razza nera». La presunta appartenenza razziale era ripetuta in altri passaggi. Allora il mio amico mi ha chiesto: «E io di che razza sono?». Una domanda che potrei pormi anch’io, nonostante i miei genitori siano entrambi bianchi. L’impressione è che la “razza”, cacciata dalla porta della scienza, stia rientrando dalla finestra. Accade, per esempio, nelle assicurazioni mediche che, affidandosi a grossolane statistiche razziali, offrono i loro pacchetti assicurativi a seconda della presunta “razza” dei clienti. Nel 2001 l’organismo di controllo federale degli Usa su alimentazione e farmaci, aveva finanziato gli studi su un “farmaco etnico”, il BiDil. «Etnico» perché, secondo quella ricerca, sarebbe particolarmente indicato per la popolazione nera più soggetta a insufficienza epatica, ipertrofia cardiaca e diabete. Così dal 2004 il BiDIl è in vendita, con l’indicazione di essere particolarmente (se non esclusivamente) utile per neri con problemi di cuore. Ma come la mettiamo con i «meticci»?



Immigrazione, Maroni: Tunisia collabori o rimpatri forzosi
Reuters Italia, 28-03-2011
ROMA (Reuters) - Se la Tunisia non manderà segnali concreti, mantenendo la promessa di un impegno per fermare i flussi migratori, l'Italia procederà con i rimpatri forzosi. Lo ha detto oggi il ministro dell'Interno Roberto Maroni, in un'intervista al Corriere della Sera.
"La Tunisia aveva promesso un impegno immediato per fermare i flussi migratori, ma le barche continuano ad arrivare. Se non ci sarà un segnale concreto entro i prossimi giorni, procederemo con i rimpatri forzosi", ha detto Maroni, che ha spiegato come, rispetto a venerdì, siano arrivate a Lampedusa altre mille persone "che dicono di essere tunisine", oltre a "mille tra somali ed eritrei a bordo di due barconi provenienti dalla Libia".
"Mercoledì mattina si riunisce l'unità di crisi a palazzo Chigi. Io confido che il governo tunisino faccia quello che ha annunciato, però se non ci sarà un intervento vero per fermare le partenze chiederò al governo di attuare la proposta di Bossi e di procedere ai rimpatri forzosi. Siamo attrezzati per farlo. Li mettiamo sulle navi e li riportiamo a casa", ha continuato il ministro dell'Interno.
Maroni, che ha anche predisposto con le Regioni un piano per accogliere migliaia di possibili profughi dalla Libia in guerra, ha avvertito gli amministratori locali che, se non accoglieranno i migranti, il governo agirà d'imperio.
"L'unica regione esclusa sarà l'Abruzzo. Altrove si procederà secondo il piano che ho sottoposto alle regioni, che prevede un tetto massimo di 1.000 profughi ogni milione di abitanti".
In caso di rifiuti, ha fatto presente Maroni, "allora saremo noi a individuare le aree. Io sono un fautore della condivisione di queste scelte impegnative, ma se questo non è possibile - e soprattutto di fronte a una situazione di emergenza che riguarda profughi che scappano dalla guerra in Libia - saremo costretti ad agire d'imperio".



Immigrazione 2011 : Accordo con Tunisi e la Situazione Italiana
iJobs, 28-03-2011
Antonio Coppola
Incontro del Ministro degli Esteri Frattini e del Ministro dell’Interno Roberto Maroni con il premier Tunisino Caid Essebsi ed i ministri corrispondenti, sul tema dell’arginamento dell’immigrazione dalle sponde nord africane. L’Italia si impegna per fornire cambio mezzi, 150 milioni di euro di credito ed addestramento all’esercito tunisino affinché il governo sia in grado di contrastare in maniera efficace la massiccia migrazione verso le rive italiane. Finora, in due mesi e mezzo, sono 15700 i tunisini partiti alla volta di Lampedusa. Sulla politica italiana esprime dubbi Massimo D’Alema del PD, affermando, in riferimento alla migrazione, che ‘Berlusconi e l’Italia appaiono piuttosto isolati perché’ hanno poco peso e sono poco credibili‘.
La Regione Sicilia ha scritto una lettera al Ministro dell’Economia Giulio Tremonti, per chiedere una serie di interventi volti a tutelare i cittadini di Lampedusa. Si chiede l’interruzione dei versamenti dei contributi previdenziali; dei premi assicurativi contro gli infortuni e le malattie professionali; dei versamenti delle imposte; dei mutui e dei prestiti così da agevolare i residenti già sotto stress per l’incontrollato afflusso migratorio. La Regione Sicilia adduce la motivazione a tali richieste asserendo che non tutto il peso del flusso migratorio può cadere solamente sulla popolazione di Lampedusa e sulle strutture amministrative della Sicilia. Igiene pubblica, smaltimento dei rifiuti, approvvigionamento idrico sono delle emergenze per le quali è stato chiesto al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, un intervento forte e rapido, chiedendo l’intervento della Protezione Civile per misure atte a contenere la ormai insostenibile situazione.
Dei 420 migranti tunisini, trasferiti da Lampedusa a Mineo (CT) per mezzo della nave S. Marco, 408 hanno richiesto l’asilo politico. I rimanenti, riferisce il Viminale, non potranno rimanere.
La Regione Liguria si organizza per l’acoglienza dei profughi, stimando l’arrivo di 2000 persone.
In Sardegna e nell’isola di Pantelleria si rafforza lo schieramento aereo per il pattugliamento delle zone marittime.
A Manduria (TA) sono arrivate le tende messe a disposizione dalla prefettura di Potenza, in numero di 120 da 6 posti ciascuna. Qui sorgerà una tendopoli, in allestimento grazie allo sforzo di centinaia di vigili del fuoco, per ospitare l’esubero di persone dalle isole siciliane e i rifigiati politici.



immigrazione: sono 5.534 i migranti presenti a Lampedusa
Solo nelle ultime 24 ore ne sono sbarcati poco meno di 2 mila
(ANSA) - LAMPEDUSA (AGRIGENTO), 28 MAR - Sono attualmente 5.534 i migranti presenti sull'isola di Lampedusa
Il dato ufficiale e' stato rilevato dall'ufficio della Regione Sicilia sull'isola, coordinato dall'assessore Gianmaria Sparma, che stamattina, con il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, ha partecipato all'88/o anniversario della nascita dell'Aeronautica militare. Lombardo, da ieri, si trova sull'isola. Solo nelle ultime 24 ore a Lampedusa sono arrivati 1.933 migranti. Impressionante anche il dato degli ultimi tre giorni: da venerdi' sull'isola sono sbarcati in 3.721. (ANSA)



POL - Lampedusa, continua afflusso immigrati. Cav: Presto Cdm su emergenza
Il Velino, 28-03-2011
Lampedusa, continua afflusso immigrati. Cav: Presto Cdm su emergenza
Roma, 28 mar (Il Velino) - A Lampedusa è emergenza immigrati. Sull'isola, nelle ultime ore, sono approdati 1200 migranti per un totale di oltre 5 mila: un numero superiore agli stessi residenti. Oggi dovrebbe approdare anche una nave passeggeri, messa a disposizione dalla Grimaldi, capace di imbarcare circa 850 persone. Milleduecento sono stati trasferiti ieri con ponti navali e aerei. Da gennaio sono sbarcati a Lampedusa 18.500 migranti, mentre nello stesso periodo del 2010 erano stati 27. “Le tendopoli si possono fare anche in Val Padana. Lampedusa paga per la gestione inadeguata e indecorosa dell’emergenza”. Così il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, che ha usato parole di fuoco nei confronti del governo. “Il governo si attrezzi – ha aggiunto -. Perché se anziché 20 mila fossero 50 mila, come ho sentito mercoledì al ministero degli Interni, non possono approdare sull’isola che è già in ginocchio, è distrutta. Le gente non esce di casa. I bambini non vanno a scuola”. Davanti a una delegazione di lampedusani, Lombardo ha telefonato ieri al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, mettendolo al corrente delle difficoltà. Il premier ha promesso che l’emergenza sarà all’ordine del giorno del prossimo Consiglio dei ministri al quale parteciperà anche il governatore.
Sull’emergenza immigrazione è muro contro muro tra maggioranza e opposizione. Il governo ribadisce che l’Europa non può lasciare l’Italia da sola. Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ha dichiarato che "l'Italia è pronta ai 'rimpatri forzosi', se non ci saranno nei prossimi giorni segnali di impegno da parte di Tunisi". Per il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, la ricetta è aiutare i popoli in difficoltà a casa loro. La Lega chiede il blocco navale per fermare i clandestini. Il Pd, invece, rilancia la politica dell’accoglienza, accusa l’esecutivo di non avere l’autorità per farsi rispettare e boccia l’idea del ministro degli Esteri, Franco Frattini, di dare 1.500 euro a ogni sbarcato che volesse rientrare in patria.



In difficoltà barcone con 300 nordafricani. Di un gommone si sono invece perse le tracce
In 24 ore 2000 arrivi a Lampedusa Napolitano: «No a reazioni sbrigative»
Il presidente della Repubblica:«Governare gli arrivi senza dimenticare il nostro passato di emigranti»
Corriere della Sera, 28-03-2011
MILANO - Di fronte alle nuove ondate di immigrati, in Italia «ci sono ogni tanto delle posizioni, delle reazioni un po' sbrigative a livello di opinione pubblica» alle quali non bisogna indulgere». Così il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, rispondendo a una domanda a margine della inaugurazione dello spazio espositivo «Industria Gallery» a New York. Piuttosto bisogna ricordare il nostro - ha aggiunto Napolitano - passato di paese numero uno in Europa per numero di emigranti e «governare» la nuova situazione che si è creata, anche se «non è semplice». «Proprio perché c'è stata un'accelerazione, che - ha detto il presidente - nel giro di vent'anni ci ha fatto passare da una quota minima di immigrati ad una presenza pari al 7 per cento della popolazione, e quindi ci sono state delle scosse dal punto di vista sociale e psicologico, bisogna governarle». Quali sono gli elementi in comune fra quella emigrazione storica italiana e questa oggi in arrivo in Italia? «C'è la stessa ricerca talvolta disperata di lavoro e di vita decente» ha risposto Napolitano invitando a considerare che «nel frattempo è cambiato il contesto mondiale». «Oggi - ha spiegato - c'è un incrocio fra l'Italia e l'Africa che prima non c'era. E l'Italia è in Europa uno degli ultimi paesi che dopo essere stati paese di emigrazione, e l'Italia in passato è stato il numero uno, sono diventati luogo di immigrazione». «È importante - ha aggiunto - che in Italia non si dimentichi di essere stati un paese di emigranti. Il modo di considerare chi arriva non può prescindere dall'esperienza dolorosa che abbiamo fatto, che alla fine si è rivelata gratificante, perchè in un paese come gli Stati Uniti, ad esempio, gli italiani siano riusciti a farsi strada». Ci sono tanti problemi, ma non sono più i tempi durissimi di una volta. Qualcosa è migliorato. «Adesso, tutto sommato, - ricorda il capo dello Stato - ci sono dei meccanismi di accoglienza soprattutto in sede europea. Una volta non c'erano e chi partiva dall'Italia e sbarcava in Australia viveva un periodo iniziale durissimo, più duro di quello riservato oggi gli immigrati che arrivano in Europa e in Italia».
LAMPEDUSA - Intanto non si ferma l'ondata di immigrati sull'isola di Lampedusa. E le notizie diventano drammatiche: un gommone partito dalla Libia con 68 migranti a bordo, tra i quali numerose donne e bambini, che domenica sera aveva lanciato l'Sos perché si trovava in difficoltà e di cui non si hanno più notizie. La richiesta di aiuto, attraverso un telefono satellitare, era stata raccolta da Don Mosè Zerai, il presidente dell'agenzia Habeshia che si occupa di rifugiati e richiedenti asilo. L'ultimo contatto con l'imbarcazione risale a domenica sera: gli immigrati avevano raccontato di trovarsi a circa 60 miglia dalle coste libiche, con poco carburante e senza viveri. Un altro barcone partito sempre dalla Libia sabato sera, con circa 180 profughi a bordo, è stato invece segnalato da un peschereccio in navigazione verso le coste siciliane.
Un barcone con circa 300 persone a bordo è invece ormai a circa 7 miglia al largo dell'isola, ma è in difficoltà perché imbarca acqua rischiando così di affondare. Le motovedette della Guardia costiera si stanno avvicinando all'ennesima imbarcazione. Sono 1.933 i migranti sbarcati in 24 ore sull'isola di Lampedusa, il numero di più alto da quando è iniziata la nuova emergenza. Sono così quasi settemila gli immigrati nordafricani presenti sull'isola su un numero di abitanti che sfiora i 5.000. Il numero più alto di migranti da quando è iniziata la nuova emergenza. Ormai gli extracomunitari si sistemano ovunque, fatta eccezione per i duemila che si trovano nel Centro d'accoglienza, che a sua volta ne può accogliere circa 800.
SCIOPERO DELLA FAME - «Prima ancora del cibo vogliamo rispetto». È uno dei cartelli mostrati da una ventina di tunisini, sbarcati nei giorni scorsi, che in questo momento stanno inscenando una manifestazione di protesta sul molo dell'isola, proprio mentre stavano arrivando in banchina gli ultimi migranti soccorsi dalle motovedette. Gli immigrati, che sono seduti per terra, hanno annunciato di voler attuare lo sciopero della fame. I tunisini, che fanno parte di un folto gruppo accampato con ricoveri di fortuna sulla collina che domina il porto, lamentano le condizioni di degrado in cui si trovano, con mancanza di acqua e servizi igienici, e sollecitano il loro trasferimento in tempi rapidi sulla terra ferma. Già nelle settimane scorsi alcuni migranti avevano minacciato lo sciopero della fame, in segno di protesta contro la permanenza prolungata sull'isola.
MARONI - Le Regioni devono accogliere i profughi in arrivo a Lampedusa, ovvero le persone che hanno diritto di chiedere asilo, «altrimenti agiremo d'imperio»: lo ha detto il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, in una intervista al Corriere della Sera. Per i migranti a Lampedusa, il ministro pensa ad «alcune aree dove allestiremo i campi temporanei per l'identificazione e l'espulsione che potranno ospitare fino a 500 persone ciascuna. Si tratta di tende e moduli abitativi gestiti dal Viminale perché destinati a chi è clandestino e deve essere tenuto sotto controllo prima di essere rimandato a casa».


 
Napolitano nel suo viaggio negli Usa invita a seguire l'esempio americano con i nostri concittadini
"Accoglienza e integrazione, il modello giusto"
la Repubblica, 28-03-2011  
UMBERTO ROSSO
NEW YORK — Quest'America, che accolse  4 milioni di figli dell'Italia povera e lontana, è il modello giusto anche per noi, alle prese con gli sbarchi degli immigrati e le polemiche della Lega. E ce la possiamo fare. «We shall overcome»: chiude, un po' a sorpresa, citando JoanBaez e Martin Luther King, Giorgio Napolitano il suo primo incontro a New York. Con questo omaggio, commosso, il presidente della Repubblica ha voluto aprire i suoi tre giorni di visita americana. «L'Italia è grata agli Stati Uniti—dice il capo dello Stato —per le opportunità che ha saputo offrire ai nostri Cittadini». Parla davanti agli italiani che contano nella Grande Mela, quasi 200 fra imprenditori, uomini di cultura, professionisti accorsi a celebrare anche qui i 150 anni dell'Unita. E non a caso riapre l'album di storia (domani sara anche ad Ellis Island). Perché mentre in Italia le contestazioni leghiste contro gli sbarchi spaccano il Paese, il capo dello Stato vuol ricordare come ha funzionato invece il modello a stelle e strisce. L' America è stata capace di «premiare» il duro lavoro e l'impegno. Rispedire tutti a casa non è propriamente la via che hanno seguito negli Usa. Certo, i prossimi anni non saranno facili per nessuno, e in particolare perl'Italia,ricorda Napolitano. Che però, sulla scia dell'«entusiastica partecipazione» e del «rinnovato spirito nazionale» che hanno segnato i festeggiamenti per l'Unità, è venuto a portare un messaggio di ottimismo. Con un grazie speciale anche ad Obama, che alle celebrazioni italiane ha reso omaggio. Se rinascono orgoglio e fiducia, unità e coesione nazionale, è sicuro Napolitano, «ci sono le condizioni per superare le difficoltà». Stamattina, l'intervento all'Assemblea generale dell'Onu, in difesa della missione anti-Gheddafi in Libia. Poi, faccia a faccia con il segretario



«Soldi agli immigrati per tornare a casa» Polemica su Frattini
il Sole, 28-03-2011
ROMA -Le differenti "sensibilità" all'interno del Governo sul conflitto libico e sulla gestione dell'emergenza immigrati tornano a manifestarsi in modo evidente di fronte alla proposta del ministro degli Esteri Franco Frattini di mettere a disposizione una "dote" di 2mila–2.500 dollari per ogni immigrato arrivato in Italia con i barconi provenienti dalla Tunisia che accetti volontariamente di rientrare nel suo paese. Un'ipotesi immediatamente contestata dalla Lega, ma criticata, seppure per ragioni differenti, anche dall'opposizione. «Ma che pagare, io non gli darei niente, li caricherei e li porterei indietro», attacca Umberto Bossi, sottolineando che non solo bisogna trattare gli immigrati da clandestini, ma che, se dovessero tornare, bisognerebbe rispedirli nuovamente nel loro Paese. «Un'idea assurda, non so a chi possa essere venuta, tornerebbero tutti indietro per prendere altri 2.500 dollari e sarebbe un continuo ping pong pagato da noi...», rincara la dose Roberto Calderoli.
Sul fronte degli immigrati tunisini, la linea "dura" della Lega trova comunque un inaspettato sostegno nell'opposizione. «Abbiamo sempre detto - ricorda il leader dell'Udc Pierferdinando Casini - che i rifugiati, quelli che scappano dai Paesi in guerra, vanno accolti. I tunisini non mi pare invece siano a rischio e vanno rispediti al mittente». E anche per Francesco Rutelli, leader dell'Api, «è giusto accogliere i rifugiati, chi chiede asilo politico, ma è giusto rimandare indietro coloro che hanno una migrazione per motivi economici all'origine del loro viaggio». I centristi fanno poi notare l'inutilità della dote di 2.500 dollari ipotizzata da Frattini, quando per essere traghettati in Italia dai trafficanti di persone gli immigrati «sono disposti a pagare tre volte tanto...». L'idea di favorire i rimpatri attraverso una somma del genere è duramente criticata dal presidente del Pd Rosy Bindi, che la considera «un obolo insufficiente e, oltretutto, anche offensivo».
Bossi ha bocciato anche la proposta del Pd di un ministero dell'Immigrazione: «Macchè ministero. Ci penso io all'immigrazione e vedete che va tutto a posto», avverte. Come spesso è accaduto, la posizione intransigente del leader della Lega sembra destinata a garantire al suo elettorato che il Carroccio non intende mollare su questo fronte. E, in particolare, che le migliaia di immigrati che anche in queste ore stanno sbarcando a Lampedusa non andranno nelle Regioni del Nord. Prima di Bossi, il nervosismo della Lega era già emerso dalle parole del vice presidente dei senatori Sandro Mazzatorta: il rimpatrio volontario assistito, aveva detto, è «un obiettivo da noi condiviso ma a condizione che per la realizzazione di questo progetto siano utilizzati esclusivamente i soldi del fondo dell'Unione europea». Una condizione che solo poco prima era stata confermata da un comunicato congiunto Farnesina-Viminale: i costi per l'operazione rimpatrio, precisava la nota, non sarebbero ricaduti sulle finanze italiane.
L'offerta dell'Italia per fermare l'ondata di migranti non riguarda solo i rimpatri assistiti. Nell'incontro di venerdì a Tunisi, Frattini e Maroni hanno infatti messo sul piatto un consistenze pacchetto di aiuti. «Da un lato - spiega il ministro degli Esteri - abbiamo offerto un sostegno per il bilancio del Paese, con una linea di credito da 95 milioni di euro. E dall'altro abbiamo predisposto un pacchetto di aiuti che incida sui settori che hanno un valore aggiunto, a cominciare dalle piccole e medie imprese». L'Italia è anche pronta a fornire «fuoristrada, motovedette e radar», per un aiuto complessivo di ulteriori 70 milioni. L'opposizione, però, contesta l'intera azione del Governo. «Abbiamo una politica dell'immigrazione che, ostruendo i canali di quella legale, genera clandestinità e produce insicurezza. Serve perciò una profonda rivoluzione delle politiche con cui si decide chi può rimanere in Italia», sottolinea Massimo D'Alema, proponendo di considerare «tutti rifugiati» i 20mila arrivati in questi primi mesi dell'anno dal Nord Africa e avanzando il sospetto che «la visione indegna di un Paese civile di tutta quella gente ammassata a Lampedusa non dispiaccia per ragioni propagandistiche».
A Lampedusa proseguono intanto gli sbarchi e molti altri sono annunciati per le prossime ore. L'isola è sempre più in emergenza: ieri sono giunte circa mille persone, soccorse a bordo di una decina di "carrette", a fronte di 400 trasferimenti con ponti aerei a Bari, Foggia e Crotone. L'unità di crisi ha così deciso di condurre a Linosa i 350 migranti a bordo del primo barcone partito dalla Libia dopo lo scoppio del conflitto. A bordo del natante ormai alla deriva è stato partorito un bimbo, salvato assieme alla madre da un elicottero della Marina militare. Il neonato e la donna sono stati condotti nel poliambulatorio che la Regione ha attivato nell'isola, in serata saranno trasferiti nel Policlinico di Palermo. Un'altra donna incinta di tre mesi, salvata da un elicottoro della Marina, ha poi abortito.



Dote agli immigrati E la Lega s'infuria
È polemica sull’accordo tra Italia e Tunisia Frattini: "I rimpatri saranno pagati dall’Ue". Rutelli: "È giusto accogliere i rifugiati e rimandare gli altri" .
Il Tempo,27-03-2011
Alessandro Bertasi
«Ma che pagare? Io non gli darei niente. Li caricherei e li porterei indietro. E se tornano li riportiamo ancora a casa». Il problema immigrazione torna a far infuriare l'Umberto. E così, proprio nei giorni in cui la Lega Nord è in fermento per l'assedio di Lampedusa da parte dei profughi tunisini, il leader del Carroccio si sfoga e, da Varese, boccia la proposta dell'Italia alla Tunisia che prevede di pagare gli immigrati clandestini perché tornino nel loro Paese. Poco importa, quindi, se il patto è stato siglato, oltre che dal ministro degli Esteri, Franco Frattini, anche dal responsabile del Viminale, il leghista Roberto Maroni.
I vertici del partito del Sole delle Alpi non hanno perso l'occasione per ribadire il loro deciso «no» a tutto ciò che riguarda l'esborso economico per rimpatriare o accogliere chi non proviene da zone di guerra. Una posizione ribadita nei giorni scorsi da molti sindaci del Nord e che ieri ha visto scendere in campo anche Roberto Calderoli che ha definito l'idea di pagare i clandestini «un nonsenso». «Dire infatti che si danno soldi a uno se torna a casa - ha detto il ministro della Semplificazione - mi sembra che provochi esattamente il risultato contrario, ossia farlo partire per riuscire a prenderli per tornare a casa. Sempre che - ha aggiunto - non faccia il ping-pong e vada avanti e indietro a 1500 euro al colpo». La «dote» agli immigrati scatena così una dura polemica nell'agone politico italiano causando anche la spaccatura delle opposizioni. Il primo a tentare di abbassare i toni dello scontro è proprio il ministro Frattini che, parlando ai miscofoni di SkyTg24, ha ribadito: «Quei soldi messi a disposizione di ogni clandestino che accetterà volontariamente di tornare nel suo Paese (circa 1.700 euro) arriveranno da fondi dell'Ue, che al massimo l'Italia si limiterà ad anticipare».
Questione economica a parte, è proprio il dilemma che riguarda l'accogliere o meno i migranti che segna una netta spaccatura tra il Terzo polo e il resto della sinistra. Pier Ferdinando Casini non ha dubbi e, dato che «i tunisini non sono a rischio, vanno rispediti al mittente». A fargli eco il leader dell'Api Francesco Rutelli per il quale «è giusto accogliere i rifugiati ma non gli immigrati per motivi economici». Fino ad arrivare ad Adolfo Urso, deputato di Fli, che, dopo aver elogiato l'operato di Maroni («nonostante la sua appartenenza alla Lega ha agito bene dimostrando senso dello Stato»), ha sottolineato che «occorre giustamente accogliere i rifugiati non i clandestini che approfittando della confusione sbarcano nel nostro Paese». Di tutt'altro parere invece Idv e Pd che hanno approfittato dell'attuale situazione di emergenza per additare il governo. «Gli immigrati risultano sgraditi alla Lega Nord, che ha costruito immagine e consenso sulla demagogia, ma non sono pacchi postali». È il duro colpo del dipietrista Felice Belisario che «senza voler fare alcuna morale a nessuno» conclude ricordando «che la Chiesa su questi temi ha una posizione del tutto diversa, e parla, non a caso, di solidarietà e di cultura dell'accoglienza, soprattutto quando, come in questo caso, chi va via dal proprio paese lo fa perché c'è una guerra in corso».
Dal fronte Pd il coro di proteste al governo è ancora più deciso. Il primo ad attaccare è il presidente del Copasir, Massimo D'Alema, che vede in Italia il prevalere di «politiche securitarie» basate sulla paura dell'immigrato. A ruota segue il capogruppo Pd alla Camera, Dario Franceschini, che invita il governo ad abbandonare ogni pretesa di respingimenti in mare». Per concludere con la presidente del partito Rosy Bindi che definisce «offensiva» l'idea di pagare i clandestini sostenendo che in questo momento «il governo oscilla tra la strumentalizzazione politica e l'improvvisazione». La soluzione a tutti questi problemi? Facile. Il Pd l'ha già trovata e sarebbe l'istituzione di un ministero ad hoc per l'Immigrazione. Una proposta che ha trovato, guardacaso, il favore del Senatùr che proprio ieri sera ha ribattuto: «Ci penso io a quel ministero e vedete che va tutto a posto».



Mineo, protesta contro il villaggio "Da qui ogni giorno fughe di massa"
Manifestazione organizzata dai sindaci della zona. "Il governo non ha gestito al meglio la situazione: è impensabile volere tenere 1.500 persone dentro un recinto"
la Repubblica, 27-03-2011
MINEO (CATANIA) - "C'è stata una previsione troppo ottimistica da parte del governo" che "non ha gestito al meglio la situazione: è impensabile volere tenere 1.500 persone dentro un recinto". Lo ha affermato il sindaco di Mineo, Giuseppe Castania, partecipando alla manifestazione indetta da primi cittadini del Calatino contro la realizzazione del Villaggio della solidarietà nel Residence degli aranci, nella Piana di Catania.
"Non sappiamo se questa struttura è un Cara o altro - ha aggiunto Castania - non sappiamo se arriveranno altri extracomunitari. Ma sappiamo che ci sono fughe di gruppi, di massa. Li vediamo andarsene verso Catania, ma anche girare nei nostri paesi, dove ci sono state già delle prime tensioni, anche se, per fortuna, per il momento, non è accaduto alcunché di grave".
Alla manifestazione hanno preso parte il segretario del Pd della Sicilia, Giuseppe Lupo, il responsabile Sicurezza del Partito democratico, Emanuele Fiano, e il deputato democratico Giuseppe Berretta.
"Noi crediamo - ha osservato il sindaco di Mineo - che ci sarebbe voluta, e ci vuole ancora, una grande prudenza nella gestione dell'emergenza, per garantire solidarietà ma anche sicurezza. Fin'ora hanno sbagliato strategia e previsioni".
Domani è previsto un incontro dei sindaci del Calatino a Palermo con il prefetto Giuseppe Caruso, che è commissario per l'emergenza immigrazione.



Manduria, 100 immigrati fuggono dalla tendopoli: protestano gli abitanti
il Messaggero, 28-03-2011
ROMA - Un centinaio di immigrati dei circa 500 giunti a Manduria, dopo essere stati sbarcati a Taranto dalla nave San Marco proveniente da Lampedusa, sono fuggiti dalla tendopoli allestita per accoglierli.
Alcuni abitanti della zona hanno visto gli immigrati fuggire nei campi ed entrare anche nelle loro proprietà. Hanno così raggiunto l'ingresso della tendopoli per protestare contro le autorità bloccando il traffico automobilistico lungo la strada che da Manduria porta ad Oria. La protesta è rientrata in un'oretta, ma rimane l'allarme lanciato dal sindaco di Manduria, Paolo Tommasino, che parla di una situazione fuori controllo e della «mancanza assoluta di sicurezza».
«Ci troviamo di fronte a un cantiere ancora aperto - ha detto il sindaco riferendosi ai lavori di allargamento che potrebbero portare la tendopoli a ospitare oltre 3.000 persone - e i cittadini hanno ragione a chiedere garanzie sulla loro sicurezza personale e anche garanzie di tipo sanitario. Noi chiediamo che non siano trasferiti ulteriori immigrati in questa tendopoli e chiederemo anche un ristoro per i danni di immagine subiti da questa terra che è una meta turistica per il mare meraviglioso che ha e della quale si sta parlando in questi giorni solo per l'emergenza immigrazione».



Bimbo etiope nato sul barcone, i genitori: «Spaventati ma felici»
Alemu, 26 anni, ha partorito durante la traversata dalla Libia. Ora è Palermo: lei e il piccolo stanno bene
I due genitori del piccolo nato durante la traversata dalla Libia
Corriere del Mezzogiorno, 28-03-2011
Monica Panzica
PALERMO - Un amore nato due anni e mezzo fa, sfociato presto nel matrimonio e adesso, nella nascita del loro primo figlio: Yeabsera, letteralmente, «Dio lavora». Per Alemu e Asfaw – entrambi etiopi - Dio era su quel barcone, lo stesso che dall’inferno della Libia li stava portando a Lampedusa. Alemu ha partorito lì, nel bel mezzo del canale di Sicilia ed è stato proprio il suo giovane marito ad aiutarla a dare alla luce il piccolo, che adesso si trova nel reparto di Neonatologia dell’ospedale Cervello di Palermo. È al quarto piano. Due piani sotto c’è la neo mamma: 26 anni, occhi che ridono. Questa è per lei la pace.
Asfaw, 27 anni, la raggiunge insieme alla polizia che lo ha identificato intorno alle 13 di domenica. Le dà un bacio in fronte e la stringe forte su quel lettino del reparto di Ginecologia. Un amore nato nel paese della guerra, dove bombe e morte adesso, devastano la vita degli immigrati, come Asfaw stesso racconta: «Non ne potevamo più. La vita in Libia era già difficile prima della guerra, e ora la situazione non poteva che peggiorare. Gli immigrati come noi vengono perseguitati, la propria casa non è più sicura ed io stesso sono stato in carcere per sei mesi». Il giovane africano, con una felpa rossa addosso e un paio di jeans, descrive con uno sguardo stanco il viaggio che l’ha portato in Sicilia: «Per quattro giorni siamo stati su quel barcone, insieme ad altre trecento persone, senza poterci muovere. Abbiamo portato con noi soltanto un po’ d’acqua e qualche biscotto, poi, ci siamo affidati alla provvidenza». Una provvidenza che ha salvato anche il loro bimbo, trasportato con la mamma da Lampedusa all’ospedale Cervello tramite l’elisoccorso.
«I’m afraid, but I’m happy», dice il ragazzo con un’inglese stentato, ma la sua felicità è tangibile. Sembra avere dimenticato quei mesi dietro le sbarre, quel viaggio infernale, il lavoro faticoso in Africa. Asfaw Beloy faceva il muratore, mentre Alemu Fekerte, in Libia, era una badante. Il loro amore è nato così: lavoravano per la stessa persona e dopo essersi scambiati i numeri di telefono, le loro vite si sono prima incrociate, poi unite. «Non ci siamo separati più», racconta il giovane. E non l’hanno fatto nemmeno di fronte alla scelta più complicata e ad un costo elevato: Asfaw, infatti, dice di avere sborsato mille e duecento euro in tutto per la traversata della speranza. «Abbiamo conosciuto lo scafista tramite il passaparola – precisa – e nonostante mia moglie fosse nella fase finale della gravidanza abbiamo deciso di andare via. Ho visto morire troppa gente, ho visto uccidere, ho visto i bombardamenti aerei. Durante il tragitto per il mare – ricorda con gli occhi quasi lucidi – alcuni soldati canadesi ci hanno offerto il loro aiuto, ma in realtà siamo poi stati abbandonati. Il mare era agitato e la paura immensa. Ma per fortuna adesso siamo qui».
Ad attenderli adesso ci sono due famiglie che li ospiteranno. Fanno parte dell’associazione laica “La Zattera” di via Giovanni Battista, dove i due ragazzi potranno iniziare una vita normale insieme al loro piccolo Yeabsera. Nel frattempo, c’è anche chi vuole aiutare il nuovo nucleo familiare economicamente: all’ospedale Cervello sono infatti arrivate offerte da parte di chi è rimasto colpito dalla storia dei due giovani e innamorati profughi, che entro martedì potrebbero già essere insieme al loro bambino e sotto lo stesso tetto.



Gara di solidarietà con raccolta di abiti e coperte. «E' un lampedusano a tutti gli effetti»
Lampedusa adotta il bimbo nato in mare
Il piccolo Yaeb Saba, «Dono di Dio», accolto con tutti gli onori dalle donne dell'isola dove nessuno nasce più
Corriere della sera, 28-03-2011
Elvira Pollina
LAMPEDUSA - Il tam tam tra le mamme di Lampedusa é partito non appena si é diffusa la notizia che una delle migranti in arrivo su un barcone dalle coste africane aveva dato alla luce suo figlio, in mare. Hanno preparato borse con tutine, coperte, bavaglini e tutto l'occorrente per il piccolo Yeab Saba. Un ospite da accogliere con i dovuti onori. Sono anni ormai, infatti, che un bambino non vede la luce a Lampedusa: non c'e' l' ospedale e le donne in gravidanza sono costrette, un mese prima del parto, a trasferirsi a Trapani o a Palermo, a loro spese.
«LAMPEDUSANO A TUTTI GLI EFFETTI» - Yeab Saba - «dono di Dio» - é nato a largo ma sull'isola non hanno dubbi. «E' un lampedusano a tutti gli effetti» dice Cinzia Gritti, maestra elementare. Cinzia, insieme al marito e ad alcune sue amiche, era tra la piccola folla che era presente all'arrivo di mamma e figlio al poliambulatorio e che ha voluto ribattezzare il neonato con un nome italiano: Angelo. Domenica mattina, per condividere con tutta la comunità «un fatto storico», Cinzia ha postato su Facebook le foto scattate dal marito alla donna etiope e al suo bambino, così dolce da «manciarisillo», come scrive qualcuno nei commenti.
«UN SEGNO DI SPERANZA» - «Vogliamo considerarlo un segno di speranza in mezzo a una situazione che continua ad essere difficile, anche se qualcosa si sta muovendo» riconosce Cinzia. Il suo pensiero va al bimbo in grembo a un'altra donna sul barcone, che invece non ce l'ha fatta. Sua madre lo aspettava da appena tre mesi ma ha scelto lo stesso d'imbarcarsi. «Ecco perché - sospira - il contributo economico per farli tornare a casa serve a poco: per venire pagano il doppio e rischiano la loro vita».


 
UNA PICCOLA SPERANZA
La Stampa, 28-03-2011
ELENA LOEWENTHAL
"bambini nascono quando vogliono loro, non quando .decidiamo noi. E sanno il perché, anche se non ce lo dicono. Yeabsera, ad esempio, ha deciso di fare capolino al mondo non in quel trágico luogo di transito che è la Libia in questi giorni.
Non in un punto imprecisato di quelle migliaia di chilometri fatti di steppe, deserti, montagne, fame e sete e paura, che separa l'Etiopia dalle coste dei Mediterrâneo e che suo padre e sua madre hanno percorso in una fuga inimmaginabile, eppure vera. Macché: Yeabsera ha deciso di nascere sul barcone che trasportava quei due giovani profughi verso una specie di salvezza, una chimera lontana eppure, forse, vera quanto il loro quasi impensabile cammino. E cosi, il primo pezzo di terra che Yeabsera ha incontrato nella vita è stata l'isola di Lampedusa: un congestionato puntino nel mare.
Eppure, in quel caos che è l'isola di questi giorni, in quell'emergenza cronica di barche, stranieri e ordinanze, malgrado i lampedusiani non si sentano comprensibilmente in vena di accogliere gli immigrati con danze e cocktail di benvenuto (smairiti gli uni, smarriti gli altri), malgrado il crescente sovraffollamento, ad accogliere Yeabsera sul moio c'erano le donne del paese con vestitini, panni e biberon.
E cosi, anche se Lampedusa in questi giorni assomiglia più a un campo profughi che a una chimera come quella che papà e mamma inseguivano sin dal Corno d'Africa, per Yeabsera l'isola dev'essere sembratauna specie di paradiso terre¬stre, pieno di regali e sguardi per lui. A ben pensarei, lui ha fatto quello che tutti i bambini sanno fare, ciascuno a suo modo: ha deciso di nascere al momento giusto, anche se a noi adulti non sembra tale e crediamo che un moderno ospedale sia meglio di un barcone. Ma aveva ragione lui, perché contava su qualcosa che noi adulti ci siamo un po' dimenticati. E cioè che ogni nascita è qualcosa di grande e meravigliosamente incomprensibile. Perché al di là della solidarietà e di un salutare appello al bene dicui (talvolta) l'uomo (soprattutto nel senso di donna) è capace, un bambino che nasce muove dentro di noi (uomini e donne) qualcosa che non sappiamo bene dove stia, a mezza strada fra il cuore é le viscere. E questa cosa che si muove li dentro, risvegliando meccanismi magari arrugginiti, mettendo da parte per un attimo tutti gli altri sentimenti - e risentimenti -, ci spinge a fare cose. Come aprire un armadio e tirare fuori un bavaglino, magari ingiallito dal tempo e da vecchie macchie di latte. E correre a portarlo a una giovane donna che chissà come ha vissuto sino ad oggi, anzi ieri quando ha partorito in mezzo al Canale di Sicilia, a bordo di un barcone pieno di gente. Buona vita a te, Yeabsera, e a chi te l'ha data, questa vita strana e bella cui le donne di Lampedusa hanno dato il benvenuto.



Polverini: «Profughi, il Lazio fará la sua parte Ma serve chiarezza»
Il Messaggero, 28-03-2011
«Il Lazio fará la sua parte per l'accoglienza ai profughi, ma bisogna mettere dei paletti e bisogna farlo in modo chiaro», ha detto ieri la presidente della Regione, Renata Polverini, a Sky Tg 24. Cosa significa? La Polverini è andata oltre: «Ci sono delle Regioni, come ad esempio la Toscana e la Campania, che non hanno dei centri di accoglienza. Penso che, prima di andare laddove come nel Lazio ci sono dei centri già pieni, si debba cominciare proprio guardando a quelle regioni dove non ce ne sono». Va anche tenuto conto che Roma e il Lazio, il primo maggio, saranno interessati da un grande evento, con l'arrivo di moltissimi visitatori: la beatificazione di papa Giovanni Paolo II. Il numero dei profughi che saranno destinati ai diversi territori, comunque, è in un documento che domani il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, consegnerà alpresidente della Conferenza delle Regioni; Vasco Errani. Regio- ni Province e Çomuni ne discuteranno giovedi.
Nei giorni scorsi il sindaco Gianni Alemanno ha spiegato: «Il piano profughi riguarderà il lazio e non l'area metropolitana di Roma; già troppo sotto pressione». E anche la Caritas della Capitale aveva ribadito: «In città non c'è piü posto, peririfugiatic'ègià una lunga lista d'attesa». Quanti potrebbero essere dunque i profughi dal Ndrdafrica destinati a Roma? Il prefetto Giuseppe Pecoraro aveva fatto una stima: «Nell'immediato - aveva ipotizzato - siamo pronti ad accogliere nel Lazio circa mille persone».
Proprio in Prefettura, domani, si svolgerà un vértice con i diciassette sindaci della Valle del Tevere, sul caso di Castelnuovo di Porto, dove c'è la sede dei Cara (centro accoglienza richiedenti asilo). E' stata chiesta anche la presenza dei sindaco Gianni Alemanno, e si parlerà dei trasferimento al Cara di Castelnuovo di Porto dei nomadi sgomberati dai micro accampamenti abusivi di Roma.
Infatti, nella struttura formata da piü edifici ce ne sarebbe uno già pronto a ospitare trecento rom che saranno sgomberati a breve. Contro questa ipotesi si è già alzato un no perentorio da parte della conferenza dei sindaci dei territorio.



Don Mosè, il sacerdote eritreo che ha salvato 285 immigrati
Il Messaggero ,28-03-2011
PALERMO - È solo grazie a lui se 285 profughi in fuga dalla guerra civile in Libia e dalle persecuzioni nei loro Paesi d'origine sono riusciti ad approdare in Italia dopo una drammatica traversata nel Mediterraneo durata quattro giorni. Anzi, i profughi sono 286, visto che sul barcone che li trasportava è nato Yeabsera, il bimbo chiamato "Dono di Dio" dai suoi genitori, una giovane etiope e il suo compagno eritreo. A dare, 1'allarme, dopo avere raccolto l'Sos lanciato con un satellitare dai migranti alla deriva, è stato Don Mosè Zerai, 36 anni, anche lui eritreo, responsabile dell'agenzia Habeshia, che da cinque anni si occupa di rifugiati e richiedenti asilo.
«Mi hanno chiamato sabato sera - racconta - erano disperati. Mi hanno detto che una nave della Nato, con bandiera canadese, si era limitata a rifornirli di acqua e carburante e poi li aveva abbandonati al loro destino». Don Mosè ha subito difiuso la notizia. Poi ha commciato a teropestare di telefonatela Guardia Costiera, fornendo le coordinate del barcone, fino a quando la macchina dei soccorsi non si è jnessa in moto. Solo quando il barcone è stato "agganciato" dalle motovedette ha tirato un sospiro di sollievo.



Regolarizzazioni, parte la fase due ci sarà posto per 8.175 immigrati
In prefettura cominciano le convocazioni dei datori di lavoro con gli stranieri che hanno
chiesto il permesso di soggiorno nel click day dello scorso gennaio. Erano stati 51mila
la Repubblica, 28-03-2011
ZITA DAZZI
Decreto flussi fase due. La prefettura di Milano comincia la convocazione dei primi immigrati fra i 51mila che il 30 gennaio, il primo e il due febbraio scorsi hanno presentato la domanda online per avere il permesso di soggiorno. Il ministero del Lavoro, consultate anche le parti sociali milanesi, ha deciso che in provincia di Milano saranno assegnati 8.751 permessi di soggiorno, fra colf e badanti, lavoratori che vengono dai Paesi che hanno convenzioni speciali con l'Italia e conversioni di precedenti permessi particolari. Quindi, a conti fatti, arriverà ad avere i documenti solo il 17 per cento di quelli che a gennaio hanno tentato la lotteria della regolarizzazione.
I sindacati avevano sperato che si arrivasse al 25 per cento, ma nella ripartizione nazionale dei 98mila permessi totali previsti, di fronte a 411mila domande, il capoluogo lombardo ha dovuto rinunciare a una parte delle quote a favore di altre province. "Purtroppo anche questa volta si conferma che il decreto flussi non è uno strumento adatto per consentire a tutti quelli che hanno un lavoro di mettersi in regola - commenta Maurizio Bove della Cisl - È una sanatoria mascherata che "premia", come fosse una lotteria, solo una parte di chi avrebbe in teoria diritto al permesso di soggiorno".
Ora, comunque, in corso Monforte, comincia il lavoro duro. Mesi di convocazioni dei datori di lavoro che hanno chiesto di mettere in regola il dipendente straniero. La selezione degli 8.751 "fortunati" fra le 51mila richieste è avvenuta in ordine rigorosamente cronologico, secondo l'orario di arrivo delle pratiche immesse via Internet sul cervellone del ministero degli Interni. Nessuna previsione sui tempi che saranno necessari per smaltire tutte le pratiche, anche se i dirigenti dello Sportello unico per l'immigrazione di Palazzo Diotti, nell'incontro avuto pochi giorni fa con i sindacati confederali, hanno garantito che "le procedure questa volta saranno accelerate dal momento che si sono velocizzati molto i tempi per il rilascio dei pareri da parte delle autorità di pubblica sicurezza".
Negli uffici della prefettura sono stati confermati gli impiegati interinali che devono mettere assieme i documenti necessari e completare le operazioni già avviate. Si chiude in questi giorni infatti i decreti flussi del 2007 e del 2008, come sono quasi finite anche le procedure per l'"emersione" dal lavoro nero per le badanti fatta nel 2009. "Rimangono aperti invece i casi problematici, come quelli degli immigrati che sono stati truffati: consegneremo un dossier alla procura sui molti casi accertati. E sono già avviate numerose vertenze contro i datori di lavoro che hanno licenziato il lavoratore dopo aver presentato la richiesta di regolarizzazione", continua Bove.

 

La tragedia albanese monito per tutti
“Corriere del Mezzogiorno”, 24 marzo 2011

Alessandro Leogrande

Proprio nello stesso periodo in cui si ricorda il ventennale dei primi sbarchi albanesi lungo le coste pugliesi, e si assiste agli sbarchi di altri profughi, questa volta provenienti dal Nord Africa, a Lampedusa, alla Corte d’Appello di Lecce si celebrano le ultime udienze del processo di secondo grado per l’affondamento della Kater I Rades.
La Kater I Rades era una piccola motovedetta, stracarica di uomini, donne e bambini, partita dal porto di Valona durante la crisi del marzo 1997. Precisamente era il 28 marzo del 1997, era il pomeriggio del Venerdì Santo. L’Albania era sconvolta dalla guerra civile, seguita alla rivolta contro il crollo delle finanziarie e la presidenza Berisha che in parte le aveva sostenute. A imbarcarsi sulla Kater erano quindi potenziali profughi, non semplicemente migranti per motivi economici. Ma il governo italiano (allora c’era Prodi a Palazzo Chigi), per scongiurare la fobia dell’invasione (tasto su cui battevano la Lega dall’opposizione e molti mass media) varò misure che si avvicinavano molto a un vero e proprio blocco navale.
In pratica fu consentito alle fregate e alle corvette della nostra Marina Militare di attuare i respingimenti in alto mare, e di eseguire operazioni di “harrassment” contro le piccole imbarcazioni che intendevano procedere contro le nostre coste. “Harrassment” vuol dire, in gergo militare, “azione cinematica di disturbo o di interdizione”. Quindi,  sbarrare ripetutamente la strada a un altro natante, e intimargli di tornare indietro.
Nel corso di una di queste operazioni, di fatto un inseguimento di una piccola caretta da parte di una corvetta, la Kater venne speronata dalla nostra Sibilla. Affondò rapidamente. I morti furono 58. I superstiti 34. 24 corpi non sono mai stati ritrovati.
La nave fu recuperata dal fondo del Canale d’Otranto solo molti mesi dopo. È all’interno della piccola stiva che furono recuperate la maggior parte delle vittime: donne e bambini abbracciati tra loro. Il processo di primo grado si è concluso nel marzo 2005 con la condanna del comandante della Sibilla Fabrizio Laudadio a 3 anni, e di Namik Xhaferi, colui che conduceva la Kater, a 4 anni.  Per il 28 giugno è attesa la sentenza d’appello.
Ma c’è un’ulteriore vicenda nella vicenda. In questi 14 anni, il relitto della Kater I Rades è stato conservato, sotto il controllo del Comando Marina, in un angolo di Forte a Mare a Brindisi. Nella sentenza di primo grado, si ordinava il dissequestro e la restituzione allo Stato albanese della nave. Ma il provvedimento è stato sospeso negli ultimi sei anni, a causa del processo di appello.
Ora gli avvocati di parte civile, che difendono i famigliari delle vittime, si sono visti recapitare una nota da parte della Corte d’appello in cui si dice che “considerato che il processo è ormai in fase avanzata di discussione e che in base ai prevedibili sviluppi, sembra esclusa la necessità di disporre materialmente della motonave albanese, (...) si dispone darsi corso alla restituzione della motonave. A tale fine si invita il rappresentante della Repubblica di Albania a concordare le modalità di restituzione entro il 31 marzo, altrimenti si provvederà alla rottamazione”.
Il 31 marzo è una data vicinissima, fanno notare il Comitato dei famigliari delle vittime che ha sede a Valona e l’Osservatorio sui Balcani di Brindisi. C’è il rischio che non venga trovato un accordo tra i due stati, e che la Kater – nel silenzio più totale – venga rottamata. Per questo hanno chiesto tramite alcuni degli avvocati di parte civile una proroga.
Il Comando della Marina dice che la piccola imbarcazione, rimasta sul fondo del mare per mesi, è ormai quasi distrutta, e rischia di essere un pericolo per chi vi si avvicina. Ma perché quel catorcio è tanto importante per i sopravvissuti e per i parenti delle vittime? Perché vorrebbero portarlo a Valona, magari restaurarlo, e farne un monumento per le vittime del Canale d’Otranto. Per tutte le vittime, non solo per i propri cari che hanno perso la vita il 28 marzo 1997.
La memoria si nutre di luoghi e oggetti. Il ricordo ne ha bisogno. E la Kater I Rades, che è stata una tomba per decine di donne e bambini, un guscio che ha raccolto al suo interno un immenso dolore, può diventare oggi il fulcro di un luogo della memoria. Non solo per gli albanesi, non solo per ricordare una delle più grandi tragedie dell’immigrazione dal loro paese, il loro passato prossimo. Ma anche per gli italiani. Quel relitto dovrebbe far riflettere, almeno per qualche minuto, chiunque ancora oggi – nel 2011 – contro l’arrivo di profughi ha il coraggio di pronunciare a cuor leggero le parole “blocco navale”.
Che cosa vuol dire operare un blocco navale in alto mare? Farlo nel cuore del Mediterraneo, davanti alle coste tunisine o libiche?
Ripensate alla Kater, voi che avete il coraggio di pronunciarle quelle parole, “blocco navale”, ripensate a quello che è già accaduto nel marzo del ’97, quando furono baldamente pronunciate…
Per tutti questi motivi, è opportuno che la giunta regionale e i parlamentari pugliesi si facciano garanti di quella proroga, e agevolino il raggiungimento di accordo tra lo Stato italiano e lo Stato albanese per la restituzione, e non la rottamazione, della Kater. Di quel monumento, fortemente voluto dai parenti delle vittime, ne abbiamo tutti bisogno.



Solo Amsa e mense assumono operai stranieri
Immigrati esclusi dall'Atm in base a un regio decreto
Corriere della Sera, 28-03-2011
Andrea Senesi

Una piccola e silenziosa colonia. Nelle aziende comunali i lavoratori stranieri rimangono una piccolissima minoranza.
Si parte da Atm. I tram milanesi, si sa, li può guidare solo personale con cittadinanza italiana in tasca. «Colpa» dei reggio decreto numero 31, sempre contestato ma mai del tutto abrogato. In Foro Buonaparte oggi c'è un solo dipendente extracomunitario. Come racconta l'azienda: di recente «è stato inserito in organico di Atm servizi un Cittadino di origine albanese». Dagli autobus ad Expo. Anche la società presieduta da Diana Bracco conta in orgânico un solo «extracomunitario». È un dipendente di nazionalità statunitense. Autarchia assoluta invece per altre due società pubbliche: la Sogemi (l'azienda che gestisce l'Ortomercato) e l'Amat (Agenzia Mobilità Ambiente e Territorio)-
Le uniche due aziende che possono vantare un consistente numero di lavoratori stranieri rimangono allora Amsa e Milano Ristorazione. Spazzini e scodellatrici, in massima parte. Settantacinque dipendenti nell'azienda di servizi ambientali e trentacinque in quella che fornisce pasti alle mense scolastiche délia città. Si tratta di una goccia nel mare in rapporta alle dimensioni delle due aziende. Una goccia che si allarga con estrema lentezza. Pochi stranieri? «Colpa anche della crisi», dice il presidente di Amsa. Un esempio sono gli spalatori: «Fino a qualche anno fa si iscriveva- no alle liste invernali solo gli stranieri, da un paio d'anni abbiamo notato l'inversione di tendenza». Gli extracomunita- ri non bussano per chiedere lavoro nelle società pubbliche? «In effetti anche da noi la maggioranza lavora nelle cooperative», dice Roberto Predolin di Sogemi. Trentacinque su duemila e rotti. «Sono lavoratori seri, integrati mol- to bene. In maggioranza sudamericani, ma anche qualche nordafricano». E in futuro? «Difficile che la percentuale possa salire di molto nei prossimi anni, non abbiamo piani d'assunzione».
Aldo Ugliano è il consigliere comunale (dei Pd) che si è occupato di raccogliere i dati.
«È evidente che queste persone sono utili e che anche nelle aziende del Comune svolgono quelle mansioni che diffi- cilmente un italiano accetterebbe. Detto questo, credo che ci voglia giudizio e moderazione. Non si può oscillare tra chi dice no a tutti i costi agli stranieri come la Lega e chi invece come Vendola vorrebbe porte aperte per tutti». Ma il dato importante per Ugliano è contenuto in un'altra relazione, quella diffusa pochi giorni fa dallo stesso ministro dei Lavoro, Maurizio Sacconi. «Lo scenario più probabile», secondo lo studio, è quello che prevede per i prossimi dieci anni un fabbisogno di manodopera straniera superiore a quota due milioni. «A quel punto anche il "muro" della aziende pubbliche non starà più in piedi. E non potra più essere sorretto né da regi decreti né da altre norme assolutamente fuori dal tempo e dalla storia».

 

 

Dal Partito Democratico un documento con 10 obiettivi per l’integrazione ed un nuovo sistema per gli ingressi
28 marzo 2011 ImmigrazioneOggi
Il Forum Immigrazione del maggior partito di opposizione approva una piattaforma programmatica su integrazione e nuovi ingressi. Superamento del click day con criteri selettivi legati al mercato del lavoro e all’integrazione. Coinvolgimento dei nuovi italiani nelle liste elettorali, ammissione al servizio civile per i figli degli immigrati, riconoscimento dei mediatori.
10 chiavi della nuova città è il titolo del documento che contiene i dieci obiettivi strategici approvati dal Partito Democratico nel Forum Immigrazione che si è concluso sabato scorso.
Nel documento, al primo posto, vi è la proposta di inserire “i nuovi italiani” nelle liste elettorali, giunte comunali e commissioni di lavoro, “per una partecipazione più incisiva dei nuovi italiani nella comunità locale”, ma non solo.
Il documento del Forum Pd Immigrazione, approvato dall’assemblea nazionale del Pd, vede anche l’estensione del Servizio civile volontario ai giovani figli di immigrati, e la promozione di “finestre di comunicazione interculturale” sui media locali, il riconoscimento delle professionalità con l’albo comunale dei mediatori socio-culturali. Tra le proposte anche una consulta cittadina degli immigrati, “un coordinamento tra associazioni di immigrati per favorire il dialogo con l’amministrazione comunale”. Tra i nodi cruciali che le istituzioni dovranno affrontare, anche il potenziamento delle proposte di formazione diretta ai cittadini stranieri sia per quel che riguarda la lingua italiana, ma anche per quel che riguarda l’educazione civica. Tra gli altri punti, infine, anche una Casa delle Culture e una lettera di benvenuto al nuovo cittadino italiano che il Sindaco dovrà inviare a tutti i nati nel Comune da genitori stranieri al compimento del loro diciottesimo anno di età per comunicare l’opportunità di richiedere la cittadinanza italiana per chi fosse interessato.
Durante i lavori, il Forum ha inoltre proposto un sistema di ingressi che superi le “sanatorie di fatto” del click-day e regoli gli ingressi con criteri selettivi, tra i quali l’ingresso a punti, in modo da giungere ad un sistema flessibile che assicuri l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.
A presentare la proposta del Pd è stato il senatore Massimo Livi Bacci, che ha parlato della necessità di arrivare “alla programmazione dei flussi, con una seria analisi tecnica della potenziale domanda del mercato del lavoro, delle capacità di accoglienza, delle risorse disponibili per le politiche di formazione e integrazione”. La programmazione dovrebbe essere affidata ad un’agenzia indipendente (Organo di programmazione dell’immigrazione, OPI) le cui proposte sono sottoposte al Governo per l’adozione, previo parere del Parlamento e della Conferenza Stato-Regioni e autonomie locali.
Le OPI dovrebbero anche sezionare le richieste in base a “profili individuali ritenuti più adatti a sostenere lo sviluppo e preservare la coesione sociale”. “La determinazione dei profili – ha detto il Senatore – specie per alcune fasce di immigrati, deve tener conto anche di qualità personali non necessariamente legate alla immediata capacità di lavoro”.
(Red.)
 
 
 
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