A Saronno e Spoleto un modo diverso di vedere l’immigrato


l'Unità, 13-11-2010
Italia-razzismo
Due sono le modalità prevalenti di approccio al fenomeno dell’immigrazione: il rifiuto e l’accoglienza. La prima è quella che fa più notizia, perché riguarda - ahinoi! - posizioni di chiusura tipiche della maggioranza di Governo, poco incline ai mutamenti sociali inevitabilmente prodotti dall’immigrazione.
La seconda è quella che raramente raggiunge le pagine dei giornali e riguarda persone che riconoscono nell’immigrato la figura dell’emarginato cui prestare cura e assistenza. Queste due modalità hanno, in realtà, qualcosa in comune: una concezione poveraccista dell’immigrato. Nonostante si riconosca la cruciale importanza di attività assistenziali, come quelle svolte dal volontariato, in grado di dare risposta ai bisogni più urgenti, si deve sempre ricordare che l’immigrazione è un fenomeno strutturale, destinato a durare, che richiede politiche di lunga durata. Capaci cioè di superare la fase emergenziale. Ecco perché è qui utile introdurre una terza parola, che riflette una terza modalità: quella dell’integrazione. Il termine (che pure a tanti sembra ambiguo) significa rendere un individuo membro a pieno titolo di una società. Rientrano in questa voce numerosi esempi tra cui anche iniziative locali e poco appariscenti come: la creazione a Saronno (Varese) di uno sportello virtuale con l’obiettivo di informare la popolazione immigrata sui propri diritti e sulle modalità di accesso ai servizi sul territorio; la realizzazione all’ospedale di Spoleto di un sistema che, impiegando i mediatori culturali, rende maggiormente fruibili i servizi ospedalieri; il progetto sostenuto dalla fondazione Ethnoland per la consulenza a lavoratori immigrati qualificati... ebbene sì, esistono anche questi.

Share/Save/Bookmark