Se questo è un ghetto... «È la scuola più bella»

Luciana Cimino
l'Unità 14 settembre 2010
Ahmed, bengalese, arriva trafelata, spingendo il passeggino. Allarmata, chiede alle altre mamme in attesa davanti alla scuola: «mio figlio grande mi ha detto che vogliono chiudere l’istituto, l’ha appena sentito al telegiornale! Dicono che siamo troppi immigrati».
Potenza delle chiacchiere che scivolano di bocca in bocca o della difficoltà di comprendere appieno l’italiano, fatto sta che la notizia, qui, tra i genitori immigrati della scuola elementare Carlo Pisacane, a Roma, crea momenti di panico. «Come chiudere la scuola?». Ci pensano le maestre a spiegare che no, che è tutta una fandonia, che si è capito male. La scuola (accorpata da quest’anno alla scuola Media Pavoni e trasformata così in Istituto comprensivo Laparelli), nel popolarissimo quartiere Tor Pignattara, certo non chiude ma è al centro della cronaca di questi giorni perché le iscrizioni di bambini stranieri sfiorano il 90%. Ci sono classi composte esclusivamente da bambini stranieri. Il tetto del 30% di presenze straniere per classe fissato dal ministro Gelmini qui ha ottenuto una deroga, altrimenti l’istituto, sito in una zona multietnica come la periferia est della Capitale, avrebbe chiuso i battenti.

La stampa di proprietà dei familiari del Presidente del Consiglio da tempo ha lanciato una campagna contro questa scuola definendola “ghetto” e accusandola, in sostanza, di non fornire un adeguata preparazione ai bambini italiani a causa della zavorra cognitiva di cui sarebbero portatori i piccoli figli di migranti. «Nulla di più falso – dice Paola, mamma di una bambina che frequenta la terza elementare in una classe dove ci sono 4 italiani e il resto di origine straniera – io ho deciso di iscrivere mia figlia in questa scuola perché è ottima, le insegnanti sono eccellenti, i programmi sono all’avanguardia e fanno attività extradidattiche interessanti». Gli stranieri sono un peso nell’apprendimento? «Ma neanche per sogno, nella classe di mia figlia la più brava in italiano è Fatima, una bambina bengalese». «Per l’apprendimento è un vantaggio confrontarsi con gente di paesi diversi, il mondo oggi è globale», ricorda una nonna, Renata, 70 anni, che è venuta a prendere sua nipote Sofia, e aggiunge: «i compagni di classe di mia nipote sono tutti nati in Italia e parlano in italiano quanto lei, per quanto vogliamo ancora chiamarli stranieri?».

Ahmed annuisce e sospira, i suoi figli di 13 e 7 anni non parlano la lingua del suo paese. «Forse è meglio così – dice mentre aspetta che terminino le lezioni del primo giorno di scuola – forse saranno più integrati di noi, però un po’ mi dispiace». Seduta su una panchina circondata da madri filippine, ucraine, bengalesi, tiene banco Asma, 28 anni, badante siriana. Ha letto sui giornali che alcuni genitori italiani hanno trasferito i figli da questa scuola a causa dell’alta incidenza di stranieri, e lei che ha due figli che la frequentano, vuol dire la sua: «è un problema degli adulti non dei bambini, loro non distinguono tra stranieri e italiani, parlano la stessa lingua, giocano e studiano assieme». L’apprendimento? «guardate le pagelle a fine anno, interrogateli, non è vero che non vanno avanti con il programma, sono bravissimi».

Anche per Liliana, moldava, un ragazzino in quinta elementare, il problema sono «gli adulti italiani che non si vogliono integrare, per i bambini non c’è nessun problema, e nemmeno per noi, basta che studino e che stiano bene. Mio figlio fa calcio, ha tanti amici italiani che gli vogliono bene. Forse molti italiani non si rendono conto che chi lascia il proprio Paese lo fa con sofferenza». «Credo che debba essere garantita la libertà di scelta a tutti i genitori e ai bambini, italiani e stranieri – dice Vania, maestra della Pisacane, con un’esperienza di insegnamento ventennale alle spalle - Spero che l’anno prossimo si possano formare le classi senza limiti né tetti del 20 o del 30%. Ad insegnare l’italiano ci pensiamo noi e garantiamo la qualità dell’insegnamento. Secondo me questa è la scuola più bella del mondo».

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