Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

23 aprile 2015

STRAGI A MARE • Con «blocchi navali» e sola «caccia» agli scafisti si cancellano i diritti dei migranti
E i profughi intanto che fine fanno?
il manifesto, 23-04-2015
Luigi Manconi
Raramente era capitato di assistere a un così sfrontato ribaltamento della realtà, quale quello realizzato a partire dalle ore immediatamente successive al naufragio di domenica scorsa. Da quattro giorni, l`intera questione dell`immigrazione è ridotta al suo atto ultimo, abietto e feroce. Owero alla responsabilità criminale di quelli che, in un crescendo melodrammatico di retorica, sono chiamati: schiavisti, negrieri, trafficanti di carne umana.
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E così, tutti si affannano intorno alla dimensione finale della tragedia, perché è la più visibile: quella che concentra la più immediata e diffusa ostilità.
E questo consente, infine, di identificare e tracciare il profilo del nuovo nemico assoluto: lo Scafista. Nessuno sembra porsi la domanda cruciale: se pure riuscissimo, d`un colpo solo, a eliminare tutti quei «mercanti di morte», avremo ridotto anche solo di qualche unità il flusso dei migranti? Avremo limitato il numero delle vittime? Avremo garantito una maggiore sicurezza a quelle disgraziate aree del mondo?
La mia risposta a questi interrogativi è un no secco. Respingere i movimenti di esseri umani al di là del Mediterraneo, «bombardando i barconi» o «sparando sugli scafisti» o attuando un «blocco navale» avrebbe il solo effetto di allontanare le vittime dal nostro sguardo. E di rimuoverle dalla nostra esperienza individuale e collettiva.
Probabilmente un sollievo per il nostro senso estetico, non più offeso da tanto orrore, e per la nostra buona coscienza, non più turbata da uno spettacolo così crudele: ma nessun vantaggio per la stabilità dell`Africa e del Medio Oriente e nemmeno per il livello di civiltà giuridica delle nostre democrazie e per la dignità della nostra identità europea. Direi, infatti, che morire nel deserto invece che nel Mediterraneo non rappresenta un passo avanti né sotto il profilo umanitario né sotto quello del controllo dei movimenti migratori e nemmeno sotto quello della normalizzazione dei rapporti con paesi così vicini alle nostre coste.
Eppure, questa elementare e inconfutabile verità sembra sfuggire a tanti, a partire da] presidente del Consiglio e dal Ministro dell`Interno. E così, quegli oltre 800 morti hanno prodotto il paradossale effetto di cancellare tutte le cause, lontane e vicine, le motivazioni antiche così come quelle congiunturali. che inducono milioni di persone a fuggire dal proprio paese d`origine. Tutto ciò sembra rimosso e l`intero discorso pubblico si focalizza sulle strategie di controllo e repressione della macchina criminale che trasforma una gigantesca tragedia umana in un affare economico.
Ora, reprimere il traffico di esseri umani è un`azione necessaria e indifferibile, da attuare con la massima severità, ma che rischia di rivelarsi clamorosamente insufficiente. Che ne sarebbe, infatti, di quelle centinaia di migliaia di persone che si rivolgono ai trafficanti per trovare una via di fuga e un`opportunità di vita, se non adottassimo strategie legali e sicure per garantire loro una via di salvezza? Quelle strategie legali e sicure sono alla nostra portata. Difficili, difficilissime, ostacolate da massicce resistenze politiche, e tuttavia le uniche ragionevoli, concrete e praticabili.
Innanzitutto va ripristinata, e nel più breve tempo possibile, la missione Mare Nostrum, con quelle stesse responsabilità e con quelle stesse competenze, come iniziativa di dimensione europea; e, dunque, con il coinvolgimento - in risorse economiche, uomini e mezzi - di tutti i paesi membri. Un`operazione che, come quella svolta in precedenza dalla Marina italiana, dovrebbe perseguire tre compiti essenziali: interventi di soccorso e salvataggio; azioni di filtro sanitario e di sicurezza, realizzate già a bordo; misure di contrasto del traffico di esseri umani, a partire dal sequestro delle navi madre, dalla distruzione dei barconi intercettati.
E' necessario, inoltre, rimuovere tutti gli ostacoli di natura esclusivamente politica che impediscono all`Europa di garantire protezione ai profughi, senza che questi siano costretti a rischiare la vita nel Mediterraneo e a ricorrere ai trafficanti di morte. In altre parole si deve realizzare, in tempi rapidi, un piano di «ammissione umanitaria», che preveda l`anticipazione della richiesta di asilo già nei paesi in cui si addensano e transitano i flussi migratori.
Si tratta di istituire in quei paesi - laddove è possibile e dove già qualcosa in. questo senso è in atto come in Giordania. Libano, Egitto e nel Maghreb - un sistema di presidi realizzato dalla rete diplomatico consolare dei paesi dell`Unione E del Servizio europeo pei l`azione estema, insieme a UNHCR e alle altre or ganizzazioni umanitarie internazionali. Qui i profughi potrebbero essere accolti temporaneamente per poi essere trasferiti con mezzi legali e sicuri nel paese europeo in cui chiedono asilo, secondo quote di accoglienza concordate tra gli stati membri. Un piano da affiancare e combinare ad altre proposte allo stesso modo concrete e praticabili, quali il reinsediamento, l`ingresso protetto e i corridoi umanitari. Tutto ciò è terribilmente arduo e richiede una vera e propria lotta politica a livello europeo. Ma è la sola alternativa a un`ecatombe senza fine.



IL CONCORSO ESTERNO DEGLI INDIFFERENTI
Panorama, 23-04-2015
Giorgio Mulè
Da oltre un anno è cresciuta e si è perfezionata una forma di mafia che nessuno ha voluto vedere. Un`organizzazione criminale basata sulla sopraffazione e l`umiliazione della persona, sulla capacità di incutere terrore, sulla abilità di fare profitti sulla vita e sul sangue dei disperati. Questi tre dati puramente esemplificativi trovano riscontro nelle immagini degli immigrati prima frustati e poi stivati sui barconi come animali, nei racconti dei migranti sulle traversate da incubo, nelle evidenze investigative che quantificano in 80 mila euro il profitto per ogni barcone salpato dall`Africa e in oltre 30 miliardi di dollari il giro d`affari annuale.
Fermiamoci a questi dati incontrovertibili mentre contiamo i morti dell`ultima ecatombe al largo delle coste libiche. Ci impressionano i numeri e la portata della tragedia, certo. Ma la verità è che nessuno può dirsi sorpreso. Non può farlo innanzitutto il nostro governo, che ha tollerato un po` di morti al giorno e si è svegliato solo perché 800 vittime in un colpo solo fanno più notizia di 1.800 morti a poco a poco in quattro mesi. Perché il presidente del Consiglio e il ministro dell`Interno dovranno prima o poi spiegare in base a quali elementi l`operazione Triton era fino a pochi giorni fa un «grande successo» mentre adesso è improvvisamente insufficiente; perché era fino a poco tempo fa da «sciacalli» invocare un intervento diretto nei Paesi dove partono i mafiosi-scafisti mentre ora è auspicabile; perché la nostra wonder woman che abbiamo spedito a rappresentarci in Europa al massimo livello, cioè l`Alto commissario per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini, non ha mai battuto i pugni sul tavolo per imporre la questione agli altri Paesi dell`Ue; perché le centinaia di scafisti arrestati (e quanti di questi sono ancora carcere, signor ministro?) erano solo e inutili «pesci piccoli», come dichiarava a luglio 2014 il titolare dell`Interno, mentre oggi i 1.002 arrestati diventano la miglior prova del nostro impegno per stroncare il traffico come va vanagloriandosi il presidente del Consiglio? Se si vuol provare a essere onesti bisognerà riconoscere che nel nome del finto buonismo c`è stata una tragica sottovalutazione del fenomeno.
Lo dimostrano ancora oggi le dissennate affermazioni attribuite a «fonti dell`Unione europea» che hanno definito l`ultima strage un «game changer», cioè un punto di svolta. Questa definizione, «game changer», si applica in economia alle aziende che rivoluzionano il loro business plan. A Bruxelles ci governano politici e burocrati che hanno questo approccio ai problemi con al centro le persone. A Roma, poi, si beano per aver portato all`attenzione europea il tema dell`immigrazione. Chiacchiere, solo chiacchiere.
Vedrete il risultato: l`invio di qualche inutile nave in più nel mar Mediterraneo e l`avvio di una «discussione» odi un «monitoraggio» per verificare in via preliminare la possibilità di un eventuale impegno militare nei Paesi dove partono i barconi. Fuffa allo stato puro. Risparmiateci almeno le lacrime di coccodrillo, perché sulla vostra indifferenza è nata ed è proliferata una nuova e pericolosissima mafia. E voi, coni vostri comportamenti, rischiate di diventare politicamente responsabili di concorso esterno



I barconi di morte e l`economia delle migrazioni
il sole 24 ore, 23-04-2015
Giorgio Barba Navaretti
Il vertice dei capi di Stato e di Governo europei convocato d`urgenza oggi per discutere dell`emergenza mediterranea dovrà invece distinguere molto chiaramente i fondamenti strutturali di un processo che anche l`analiqi più sernplice delle statistiche demografiche ed economiche avrebbe permesso di prevedere, dal contesto di instabilità politico e sociale che ha trasformato questo processo in un`operazione criminale e incontrollabile.
Tra il 195o e 112010 la quota dellapopolazione mondiale dei paesi più sviluppati è scesa dal 32 a118 per cento. Nel corso del ventesimo secolo il prodotto pro capite corretto per l`inflazione è aumentato di 6,5 volte inEuropaoccidentale e solo di 2,4 volte in Africa (che era già infinitamente più povera). La distribuzione mondiale del reddito è diventata sempre più iniqua, in gran parte per l`aumento della distanza nel reddito medio tra paesi. Di conseguenza, per quanto il tasso di migrazione della popolazione mondiale sia rimato stabile, l`aumento vertiginoso degli abitanti del pianeta ha fatto crescere il numero dei migranti internazionali da 92 a 211 milioni tra i11960 e il 2010. Gran parte di questi sono andati verso i paesi ad alto reddito, dove la popolazione straniera è passata dal 4,6 al10,9 per cento della popolazione totale.
Questi numeri ci dicono che quanto stiamo osservando oggi è l`accelerazione di un processo in atto da molto tempo che l`instabilità medio-orientale e nord africana ha accelerato e amplificato. Una bomba ad orologeria le cui lancette sono state portate avanti di molti anni.
Se anche (come pare) sitrovasse un accordo europeo che riuscisse in modo efficace a fermare i barconi della morte e a definire un`equa distribuzione dei costi del pattugliamento del Mediterraneo e dell`accoglienza dei profughi tra i paesi membri dell`Unione, forse le lancette rallenterebbero, ma certamente non si fermerebbero. Sulla sponda Sud del Mediterraneo continuerebbero ad affollarsi masse di persone in fuga dalla loro povertà e attratte dalle prospettive di reddito della sponda Nord.
Già oggi solo una parte di coloro che sale su quei barconi sta effettivamente fuggendo da contesti di guerra o di instabilità poEtica. I richiedenti asilo sono solo una parte degli immigrati che ogni anno entrano in Europa e inoltre solo ad una porzione di questi viene effettivamente riconosciuto lo status di rifugiato politico. Gli altri, la maggioranza di coloro che attraversano clandestinamente o regolarmente le frontiere europee sperando di rimanervi, lo fanno per motivi economici.
Per questo i capi di Stato e di Governo non dovrebbero limitarsi a ragionare sull`emergenza, per quantolemisure chesistanno mettendo a punto siano comunque indispensabili. Bensi dovrebbero far tesoro dell`emergenza per porre le basi di una seria politica che possa permettere di gestire in modo strutturale i processi migratori nei prossimi anni. In che modo?
In primo luogo cercando di armonizzare le politiche migratorie. Come possono convivere in uno spazio basato sulla libera circolazione delle persone regole mirate per selezionare lavoratori qualificati come in Germania, con regole casuali di sanatoria expost, come in Italia dove il matching tra domandae offerta dilavoro è affidato alla palude della clandestinità?
In secondo luogo ogni paese deve darsi regole chiare e certe. Sicuramente l`approccio casuale, per nulla orientato adun`analisi sistematica dei fabbisogni del mercato del lavoro come quello italiano è il modello peggiore di gestione dell`immigrazione, il miglior brodo di cultura per l`ottusa retorica anti-straniero.
Infine,bisogna varare una politica attiva di cooperazione economica con i paesi del Mediterraneo e dell`Africa Sub-Sahariana, dove e comunque sía possibile. Lapressione migratoria da questi paesi dipenderà in modo cruciale dalla loro traiettoria di sviluppo economico e tecnologico. Insomma, applicare la logica dell`emergenza, per quanto ora indispensabile, non sarà sufficiente. Solo un approccio costruttivo e strutturale all`immigrazione e una politica estera comune orientata allo sviluppo delle economie più arretrate permetterà digestire la pressione migratoria che inevitabilmente continuerà ad aumentare nei prossimi anni.



LA CITTÀ CHE NESSUNO VUOLE VEDERE
A Castel Volturno un abitante su due è straniero e i clandestini sono almeno 20 mila. Tra loro anche i parenti di alcune vittime del naufragio in Sicilia. Che, quando la notizia si diffonde...
Panorama, 23-04-2015
Carlo Puca
Foto di Giuseppe Carotenuto
La «Mama» Messy Bardan simboleggia l`allegria di Dio. Suona e canta e balla mentre invita il Signore «a benedire la santa domenica» degli evangelici riuniti sotto il nome di Betel, l`antica Samaria. Loro, i samaritani di Castel Volturno, ringraziano con pensieri e parole rigorosamente in inglese. E pure con gli abiti migliori, colorati e scintillanti, scelti uno a uno prima di presentarsi al cospetto dell`Onnipotente, «colui che ci protegge».
Il fatto è che alle 11 del mattino del 20 aprile i fedeli sono ancora ignari di quanto è appena avvenuto nel Mediterraneo. Succede perché il tempio di via Palermo è un ex garage abbandonato. Interrato, rigetta le onde di telefoni e wifi: niente linea, niente internet e niente notizie. Poi, però, arriva ansimante un messaggero della verità. Si avvicina all`orecchio della celebrante e mormora afflitto: «Un altro barcone, stavolta sono 900». Il tormento della Mama diventa subito il tormento di tutti. La musica è finita, la festa pure. I corpi tremano, comincia una nenia di angoscia e dolore, qualcuno arriva a manifestare una disperata trance compulsiva. Ghanesi, nigeriani, somali: quei morti sono i loro morti, fratelli e sorelle di sangue e di nazionalità. Lo confermano i gemiti di Selma («Oh, my sister>), di Jerry («Oh, my brother») e di tutti gli altri: «Oh, my God!». Adesso chiedono assieme la riservatezza del lutto e la ottengono. All`uscita capita di incrociare i credenti dell`adiacente chiesa pentecostale di via `frapani. Pure loro hanno supplicato in un sottoscala, ma respingono il fotografo ed è presumibile il perché: la presenza di alcuni clandestini. Non tra i più pericolosi, per la verità; quelli evitano le chiese cristiane. Semmai, fomentano l`Isis nei centri abusivi di cultura islamica.
Tutti i vari espulsi dall`Italia perché inneggianti al califfo Abu Bakr al-Baghdadi sono perlomeno transitati per Castel Volturno, talvolta facendo proseliti, altre unicamente per nascondersi. D`altronde è facile nascondersi su un territorio di 74 chilometri quadrati, martoriato da centinaia di costruzioni abbandonate dopo una decisione della malapolitica. Correva il 1980, il terremoto dell`Irpinia aveva colpito di striscio anche Napoli e, con la scusa degli sfollati (pochi), il governo dell`epoca tollerò che le case di Castel Volturno, le case della media borghesia, fossero occupate da balordi e disperati (moltissimi). Fu allora che cominciarono ad arrivare anche i migranti: all`inizio venivano «dal Maghreb e dall`Africa sub-sahariana», ricostruisce una storica locale, Maria Assunta Piantadosi. Poi la presenza di africani provenienti da ogni dove «è letteralmente raddoppiata nel corso degli anni Novanta ed è tutt`oggi in crescita».
Il risultato è la fine della «California di Napoli», negli anni Settanta un fenomeno turistico da 350 mila presenze l`anno alimentato da «Stasera mi butto». Non la canzone bensì il film, girato qui, con protagonisti Rocky Roberts, Lola Falana e un giovanissimo Giancarlo Giannini. Produce ancora più malinconia ricordarlo ora, questo «musicarello» di gioia e candore; oggi che l`altra città, la città dei neri, è sconvolta dal pianto e dal tormento.
«Sia fatta la volontà di Dio» ripetono i pentecostali una, dieci, 100 volte. Ma qui Dio non c`entra. Il problema, come sempre, sono gli uomini. Le responsabilità del naufragio sono molteplici e cadono anzitutto sui trafficanti di vite, i mendaci traghettatori di uomini verso la Terra promessa. Molti dei morti di Sicilia la loro Terra l`avrebbero cercata proprio a Castel Volturno, in questa casertana lingua di mare e di dune. La giudicavano un`enclave nera nel cuore dell`Europa, e non senza ragione: questa è davvero l`Africa dell`Occidente. La si coglie lungo la statale Domiziana, lo stradone che taglia in due il territorio, dove di giorno i caporali raccattano i braccianti per le vaccherie e i campi di pomodoro. La si vede soprattutto a Riva destra, Pescopagano e Parco Saraceno, i sobborghi ormai abitati quasi esclusivamente da migranti. E la si spiega con stime paraufficiali ma precise: a Castel Volturno a ogni italiano corrisponde almeno un immigrato, e fors`anche di più. A febbraio 2015 l`ufficio anagrafe municipale ha censito 25.412 residenti, dei quali 3.941 stranieri. Come dedurre, allora, le altre presenze extraitaliane? Il Comune ha semplicemente quantificato la produzione dei rifiuti urbani: corrisponde a quella di un comprensorio da 60 mila abitanti. Procedendo per (grande) difetto, significa che qui abitano almeno 20 mila clandestini. Un`intera città che nessuno vuole vedere.
Soltanto per i funerali degli irregolari il Comune spende 30 mila euro l`anno: «È un atto dovuto di compassione, quando muoiono nessuno reclama i loro corpi», spiega Dimitri Russo, il battagliero sindaco anticamorra del Pd eletto nel giugno 2014. «Però è soprattutto per i vivi che abbiamo bisogno di mezzi e fondi: ma il disinteresse è generale». Perciò «abbiamo una sola arma: fare di Castel Volturno un caso nazionale». Pur di rompere il silenzio, Russo fa di tutto: abbatte i muri costruiti lungo le battigie per liberare gli accessi al mare; filma i vigili urbani infedeli al loro lavoro; induce due consigliere comunali a fingere di essere prostitute per incastrare i clienti. E altro ancora pianifica, il primo cittadino. Come la convocazione di un consiglio comunale straordinario nella melma dei Regi lagni, che da ben due decenni lo Stato promette di bonificare. Sindaco, forse è illegale. «Fa nulla: sapevo che scegliendo questa vita una mezza dozzina dì avvisi di garanzia mi sarebbero toccati. Tanto vale riceverli per far rinascere la mia città...».
Sembra don Chisciotte, questo Russo. Tuttavia ha ben chiari i suoi mulini a vento: «Leggo e vedo che i vari Graziano Delrio, Laura Boldrini e Raffaele Cantone sono concentratissimi sulla Casal di Principe del mio amico e collega Renato Natale. Casale, però, è stata soltanto la sede legale della camorra. Mentre la vera devastazione i boss l`hanno portata soprattutto tra noi». Lo dimostrano decine di inchieste giudiziarie su falsi, droga e prostituzione, tutti business appaltati dai Casalesi alle organizzazioni criminali africane. I falsi (borse, bigiotteria, occhiali) viaggiano in treno o in pullman e finiscono sulle strade delle grandi città, da Milano a Napoli. Droga e prostituzione, invece, si praticano sulla Domiziana. Qui gli spacciatori utilizzano anzitutto la «tecnica del passaggio»: si piazzano in due a una fermata dell`autobus, uno a piedi, l`altro in bicicletta il primo sale sulla macchina del cliente, il secondo recupera la droga depositata nei pressi della fermata. L`automobile percorre pochi metri e si stoppa, il ciclista arriva e consegna, il complice scende con i soldi in tasca, l`automobilista se ne va.
Quanto alle squillo, le decine di ragazze su strada sono così giovani da risultare commoventi quando scimmiottano le pornodive. Sì Mary, ora basta però; la domanda è: «Quanto vuoi?». La risposta è spiazzante: «Siete in due, quindi 20 più 20». Silenzio imbarazzato: «Ma resto soltanto io, lui se ne va». La ragazzina ammicca disperata: «Allora fanno 15 euro perché mi piaci». Forse la Terra promessa cercata da Mary sì nasconde in un luogo dell`anima. Di sicuro il suo corpo acerbo ha soltanto trovato l`inferno. Un inferno abitato da viventi.



Accoglienza ai migranti, le Regioni che dicono no
Avvenire, 23-04-2015
Antonio Maria Mira
Sono 70.507 i migranti ospitati al 20 aprile nel sistema di accoglienza, nei Cara e negli Sprar. A questi si aggiungono circa 13mila minori non accompagnati. Lo ha comunicato ieri il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, rispondendo al question time alla Camera ad un’interrogazione della Lega. Ma ha subito aggiunto la distribuzione sul territorio, con una notevole diversità a conferma di quello che il Viminale denuncia da mesi, cioé che «alcune regioni fanno resistenza, creano problemi, mentre gran parte del peso dell’accoglienza è sulle spalle di quelle del Sud».
Per questo ora sono allo studio incentivi per i Comuni che accoglieranno i nuovi Sprar, i centri del sistema di protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Anche perché, secondo le previsioni del Viminale, il flusso di migranti sarà tra 170 e 200mila. E se l’esperienza dice che il 50% va via all’estero, per tentare il ricongiungimento con le comunità di appartenenza, quelli che resteranno saranno comunque tanti.
E proprio per questo é necessario superare le resistenze. Che non è possibile negare. I numeri forniti dai ministri parlano infatti chiaro. «È bene che gli italiani sappiano come queste persone sono distribuite: 21% in Sicilia, 12% nel Lazio, 8% in Puglia, 9% in Lombardia, 7% in Campania, 6% in Calabria, Emilia Romagna e Piemonte, 4% in Toscana e Veneto, 3% nelle Marche, 2% in Friuli Venezia Giulia, 1% in Abruzzo, Basilicata e Trentino-Alto Adige, poco più dello 0% in Val d’Aosta». Alfano assicura che «il nostro governo non ha lavorato in modo unilaterale, tant’è che il 10 luglio 2014, durante una seduta della Conferenza unificata Stato-Regioni, con la piena partecipazione decisionale degli altri livelli di governo, si è decisa una ripartizione equa tra tutte le regioni italiane».
Una ripartizione che, ricordano al Viminale, doveva essere in proporzione alla popolazione residente in ciascuna regione e ai finanziamenti del Fondo sociale europeo. «Ciascuna regione – sottolinea ancora il ministro – ha codeciso di partecipare a questo sforzo grande di accoglienza. I risultati sono quelli che vi ho appena descritto». Parole che appaiono un’esplicita critica. L’accordo di nove mesi fa evidentemente non è stato rispettato se, come denunciano al ministero, «il carico maggiore è assolutamente e eccessivamente nelle regioni del Sud». Ma non si può andare avanti così, come ha spiegato sempre ieri il prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento Libertà civili e immigrazione del ministero dell’Interno, nel corso di un’audizione in commissione Affari costituzionali del Senato. «Siamo sotto pressione perché le strutture sono piene. Bisognerà quindi pensare ad un rilancio del sistema ragionando soprattutto coi Comuni. Tutti – ha aggiunto anche lui come il ministro – dovrebbero contribuire all’accoglienza dei migranti, ma per arrivare a questo risultato vogliamo intraprendere la strada del dialogo con i governi del territorio».
Intanto i 450 migranti sbarcati ieri ad Augusta, in Sicilia, «andranno al centro e al centro-nord perché tutti devono partecipare all’accoglienza», ha annunciato Morcone aggiungendo che «non vogliamo imporre niente a nessuno, a condizione che ci sia con i territori un’interlocuzione». Sicuramente un accordo importante in questo senso è stato raggiunto ieri nell’incontro al ministero, presieduto dal sottosegretario Domenico Manzione, al quale hanno partecipato i rappresentanti dell’Anci che hanno commentato molto positivamente l’iniziativa. «Un passo avanti molto importante – ha sottolineato Matteo Biffoni, delegato Anci per l’immigrazione – con l’accoglimento e l’attivazione entro breve delle principali istanze sottolineate da Comuni e Regioni sulla questione dell’accoglienza».
L’intenzione, ha aggiunto, «è uscire dall’emergenzialità» anche attraverso la costituzione di un tavolo di coordinamento nazionale tra governo, enti locali e regioni. Anche l’Anci, infatti, riconosce la «necessità di un riequilibrio sui diversi territori, con la Sicilia o Roma che ricevono carichi molto importanti e sproporzionati rispetto ad altre parti del Paese». Anche in vista del nuovo bando per gli Sprar che farà aumentare i posti disponibili da 20 a 40mila e che, spiegano al Viminale, «prevederà misure compensative per incentivare i comuni che aderiscono».
Ma anche che chi ospita già un centro di accoglienza non ne avrà altri. Il Viminale, infine, ha assicurato un’iniziativa presso il ministero della Giustizia per abbreviare i tempi di valutazione dei ricorsi per il riconoscimento dell’asilo, che attualmente non sono mai inferiori a un anno e mezzo, che spesso si sommano ai sei mesi per la prima risposta, periodo nel quale al migrante deve essere comunque trovato un posto.



L`ipocrisia costituente
il manifesto, 23-04-2105
Alessandro Dal Lago

C'è una terribile ipocrisia in giro per l`Europa e ovviamente ín Italia. È quella dei governi che oggi tuonano contro gli scafisti da «bombardare» e i «mercanti di schiavi». Un`ipocrisia tanto più repellente, quanto più suona come la giustificazione preventiva di un intervento, militare in Libia, o in prossimità delle sue coste, travestito da azione umanitaria. D`altra parte, l`ipocrisia è la norma italiana in queste materie. Un anno fa, il governo Renzi vantava il successo di Triton, «a costo zero», come ripeteva gioiosamente Alfano. Oggi lo stesso ministro, dopo l`immane strage in mare, dichiara l`inadeguatezza dell`operazione. Con ministri del genere c`è sempre da aspettarsi il peggio.
Intendiamoci. Le organizzazioni di scafisti esistono, così come esiste una vasta documentazione degli atti di pirateria: natanti abbandonati alla deriva, migranti gettati in mare, violenze di ogni tipo. Ma prendere esclusivamente di mira i «mercanti di schiavi» signica sia falsificare agli occhi dell'opinione pubblica la natura delle migrazioni, sia gettare le premesse di nuove sciagure. CONTINUA I PAGINA 3
Infatti, gli scafisti non fanno che lucrare sulla domanda di mobilità dei migranti. Mobilità nel senso di fuga dalla guerra, di ricerca di opportunità o semplicemente di sopravvivenza. Finora l`Europa ha ignorato le migrazioni, pensando forse che un limitato numero di morti garantisse la propria tranquillità o meglio la propria abulia burocratica. Ora, di fronte alla dimensione di queste tragedie, si inventa la guerra agli "schiavisti" e il «bombardamento e/o distruzione dei barconi», criminalizzando così, insieme a loro, anche le vittime.
L`ipocrisia dilaga anche quando si vorrebbero distinguere i rifugiati dai migranti, come se, oggi, povertà e guerra non fossero realtà strettamente implicate. Si fugge da paesi devastati dalla guerra e dall`impoverimento causato dalla guerra, da paesi distrutti da stolti interventi occidentali o al centro di inestricabili grovigli geopolitici. Si fugge dall`Isis, ma anche dai droni, da Assad e dai suoi nemici, dal deserto e dalle steppe in cui scorrazzano milizie di ogni tipo. Si fugge da città invivibili e da un`indigenza resa ancora più insopportabile dal dilagare di nuove tecnologie che mostrano com`è, o finge di essere, il nostro mondo. Si fugge in Giordania, in Turchia e anche in Europa. Non c`è forse ipocrisia peggiore di quella che lamenta senza soste un`invasione dei nostri paesi, quando invece l`Europa si mostra il continente più chiuso e ottuso di fronte alla tragedia umana e sociale delle migrazioni.
Pensare di cavarsela mandando i droni a bombardare i barconi è un`idea folle, che può venire solo ai poliziotti finiti a dirigere Frontex, l`agenzia europea che ha messo in piedi Triton, con l`obiettivo di tenere lontani i migranti, infischiandosi degli annegamenti. Come distinguere i barconi vuoti da quelli pieni, i pescherecci o i piccoli mercantili dalle carrette della morte? Tutto il mondo sa che i droni di Obama polverizzano soprattutto i civili in Afghanistan. Potete immaginare un drone capace di distinguere, in un porto della Libia, tra scafisti e pescatori? A meno che, naturalmente, tutta questa enfasi guerresca, bagnata da lacrime di coccodrillo per le vittime degli schiavisti, non sia al servizio di un`ipotesi strategica molto più prosaica e molto meno umanitaria.
Un`Europa politicamente acefala, guidata da una Germania bottegaia, pensa forse di «risolvere» la questione delle migrazioni con un cordone sanitario di navi militari e magari di campi di internamento in Libia e nei paesi limitrofi? Tutto fa pensare di sì. Ma se fosse così, non si tratterebbe che di una guerra ai migranti travestita, di un umanitarismo peloso, di un neo-colonialismo mirante a tenere alla larga i poveri da un occidente in cui dilagano pulsioni xenofobe. Se fosse così, altre immani tragedie si annunciano.



Altri sbarchi, i prefetti ora chiedono le case ai privati La richiesta in Veneto si scontra col no del governatore Zaia. A Salerno ne arrivano altri 540
il Giornale, 23-04-2015
Valentina Raffa
Ancora sbarchi. Sembra un bollettino di guerra. Oltre 1500 gli immigrati soccorsi in mare in più operazioni dalle unità in forza a Triton, e il numero dei morti, oltre 1700 da inizio anno, scotta ancora. La macchina dell`accoglienza è messa senza sosta a dura prova. Tutto lo Stivale deve farci i conti. Ieri nuovi arrivi ad Augusta, Lampedusa, Pozzallo, Porto Empedocle. A Salerno sono sbarcati 540 profughi, tra cui un neonato. C`erano una ragazza in procinto di partorire, donne incinte e pure un centinaio di persone affette da scabbia. Queste ultime sono state sistemate in un tendone a parte. Un gruppo rimarrà in Campania, altri immigrati saranno trasferiti in Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, Emilia Romagna, Lazio e Calabria.
Si cerca di garantire il turn over tra chi è ospite nelle strutture di prima accoglienza da qualche giorno (anche meno) e chi ha appena messo piede in banchina. I centri scoppiano e, in previsione di nuovi arrivi, si cercano posti. Il prefetto di Venezia si è rivolto a enti privati in grado di mettere a disposizione, dietro convenzioni, edifici, appartamenti, ambienti da adibire a sistemazione provvisoria dei migranti. Ai sindaci «l`invito a collaborare nella ricerca o, quanto meno, a non ostacolarla». Il presidente della Regione Veneto Zaia lancia un allarme: «Lasciate stare le località turistiche perché, in piena fase di prenotazioni per l`estate, alla beffa si aggiungerebbe il danno».
Ma intanto la Sicilia con le sue cittàturistiche accoglie il 21% di immigrati, e un po` tutte le regioni stanno facendo posto. Nell`isola la Croce rossa hamesso a disposizioneunnumero telefonico per i familiari dei migranti che erano a bordo del barcone capovoltosi sabato, determinando lapiùgrande strage delMediterraneo. I due scafisti, il comandante tunisino di 27 anni, e il suo braccio destro, un siriano di 25 anni, inchiodati dalle testimonianze dei superstiti, hanno incontrato ieri per la primavoltailloro legale. Si sono detti sorpresi dell` accusa. Il comandante deve rispondere di naufragio colposo, omicidio colposo plurimo, favoreggiamento dell`immigrazione clandestina e si è aggiunto il sequestro di persona aggravato dalla presenza di minori. L`assistente di bor- do è accusato di favoreggiamento dell`immigrazione clandestina. La Procura diCatania sta sentendo i superstiti, alcuni dei quali hanno raccontato di tre collisioni del peschereccio, lasciato in balia di nessuno dai timonieri (forse uno sotto effetto di alcol e droga) contro il mercantile giunto in soccorso. Gli incidenti pro batori davanti al Gip si terranno domattina. La Procura ha inviato ieri al Gip la richiesta di convalida dei fermi. Entro 48 ore si provvederà all`interrogatorio di garanzia e alla valutazione della misura cautelare della custodia in carcere.
Centri di accoglienza e città sotto pressione. Un nigeriano di 35 anni che attende da un anno il permesso di soggiorno ha minacciato e rinchiuso in una stanza il responsabile della struttura Sprar di Borgetto (Palermo). I carabinieri della locale Compagnia lo hanno arrestato per sequestro di persona e minacce. Due immigrati sono stati arrestati dalla Mobile di Agrigento in quanto già gravati da decreto di espulsione. C`è trambusto. Ma «Frontex se ne sta in Polonia. È una vergogna - ha detto il presidente della Regione siciliana, Crocetta È l`esempio del distacco dell`euroburocrazia rispetto al problema dell`immigrazione».



I negrieri di oggi e la felicità negata
Avvenire, 23-04-2015
Giovanni D'Alessandro
Sulla morte in mare, provocata da esseri umani ad altri esseri umani, c’è una terribile scena nel film "Amistad" (1997) di Steven Spielberg. Ambientato nel 1839, esso narra l’ammutinamento di schiavi catturati in Africa e deportati in America dagli spagnoli in condizioni disumane sulla nave "Amistad", della quale, uccidendo i negrieri e i membri dell’equipaggio, prendono a un certo punto il controllo, senza saperla tuttavia governare, per cui vengono ricatturati dagli americani al largo delle coste statunitensi, imprigionati e processati. La terribile scena che provoca la rivolta è quella in cui il capo dei negrieri spagnoli si accorge che i viveri non bastano per tutti gli schiavi stivati sull’Amistad, per cui ne butta a mare alcune decine: quelli che hanno meno valore, i malati, le donne gravide, i feriti, i meno vendibili. Con questi atroci flash back, il film di Spielberg si svolge per tutta la sua durata come un legal thriller imperniato sul processo.
Siamo un quarto di secolo prima della guerra di secessione e dell’abolizione della schiavitù negli Usa, per cui il grido della verità, l’urlo della giustizia di questi infelici deve emergere attraverso le asfissianti pastoie processuali e l’ambiguità di una legge americana che contempla la schiavitù negli stessi Stati del Sud, legittimandone la pratica. È anche un processo di diritto internazionale, che vede contrapposta agli Stati Uniti la Corona di Spagna proprietaria della nave col suo carico; gli spagnoli producono documenti, ancorché falsificati, sul carico; protestano di aver titolo legale per reclamarlo. Gli ammutinati non hanno alcunché da produrre. Sono merce umana senza contrassegno – senza status, diremmo oggi – che li qualifichi come deprivati a forza della libertà. Il film si conclude con un colpo di scena in cui la prova d’essere stati ridotti in schiavitù è acquisita e i superstiti vengono riportati in Africa quali uomini liberi.
Richiamare un film a proposito della più grande tragedia del Mediterraneo occorsa in questi giorni, col suo spaventoso tributo in vite umane, non deve sembrare espressione di lontananza dalla tragedia. Troppo straziati e potenti sono i parallelismi e le metafore che si liberano dal confronto tra fiction e realtà, con la sola differenza che qui la realtà, due secoli dopo, si è rivelata molto più tragica della fiction. Da tempo è stato il Papa a riportare al tema della schiavitù, né diversamente potrebbe chiamarsi, la condizione di questi infelici, spinti in acqua da negrieri del XXI secolo, da scafisti criminali su carrette allontanate dalla costa in attesa di essere raccolte. Morire rappresenta dunque per gli imbarcati un rischio accettato, in questo criminale contratto, per la mera speranza della ricerca di una vita, di una libertà, di una felicità. Ed è struggente che papa Francesco abbia usato per loro, nell’Angelus di domenica, quest’ultima precisa locuzione (presente anche nella Dichiarazione d’Indipendenza statunitense del 1776), the pursuit of happiness, la ricerca della felicità: non solo della sopravvivenza.
Ha usato, Francesco, un concetto più che laico, eversivo e potentemente rivendicativo del diritto naturale di ogni creatura umana a essere felice. Perché? Perché per i credenti il Creatore stesso è il fondamento di ogni aspirazione alla felicità, nella sua più lata accezione. È il Dio che non richiede documenti e accordi tra le nazioni, per il riconoscimento dello status di uomo, e del suo inalienabile diritto alla vita, alla libertà e alla gioia. È anche il Dio di altre icone: è il Salvatore, è il Cristo che tende il braccio a Pietro, avventuratosi a camminare sulle acque, quando comincia ad affondare. Ma questa è un’altra storia, di invocazione de profundis, di esaudimento del grido di salvezza della creatura da parte del Creatore e di sua acquisizione a una definitiva felicità, che nessun film potrà mai raccontare.



Vertice Ue immigrazione, Mogherini tratterà con l'Onu per gli attacchi agli scafisti. Lontano l'accordo sui richiedenti asilo
L'Huffington Post, 23-04-2015
Pietro Salvatori
Una più severa ed efficace lotta agli scafisti, e un potenziamento dell'operazione Triton, che integri le operazioni di pattugliamento delle frontiere con una vera e propria rete di search and rescue che impedisca il verificarsi di tragedie come quella avvenuta nel canale di Sicilia non più di qualche giorno fa. Ma soprattutto il mandato a Federica Mogherini per trovare la copertura Onu agli attacchi per distruggere i barconi degli scafisti.
Sono questi i punti sui quali si cercherà ad arrivare ad un'intesa nel corso del Consiglio europeo di domani. E sono queste le azioni che il governo italiano ritiene irrinunciabili per muovere i primi passi nella lunga strada che porta verso una politica comune a livello continentale nei confronti del fenomeno dell'immigrazione. Un'asticella puntata più in basso rispetto agli interventi possibili presentati dalla Commissione europea e avallati dai ministri degli Esteri e dell'Interno al Consiglio congiunto di lunedì scorso a Lussemburgo.
Ma la necessità di rendere operativo immediatamente un pacchetto di misure efficaci e quella di non incartarsi in una discussione che conduca verso un nulla di fatto hanno consigliato alle principali capitali europee la prudenza. Un accordo come quello che si prospetta all'orizzonte sarebbe comunque visto come estremamente positivo da Palazzo Chigi, che dopo aver messo in campo tutta la propria forza diplomatica punta a portare a casa fatti concreti, e non generiche dichiarazioni d'intenti, ribadendo il proprio no alla misura, ritenuta inutile e strumentale se non dannosa, del blocco navale.
Triton viene oggi finanziato da soli 2,9 milioni di euro al mese, e ha un arco di competenza che lo spinge fino ad un massimo di 30 miglia marine dalle coste italiane, con funzioni che sono di mero controllo delle acque territoriali. "L'Ue rafforzerà le operazioni Triton e Poseidon di pattugliamento nel Mediterraneo - si legge al primo punto del documento che sarà domani sul tavolo dei primi ministri dell'Ue - gestite dall'Agenzia Frontex per la sorveglianza delle frontiere esterne, in termini finanziari, di personale e di mezzi. Sarà inoltre allargata la zona di pattugliamento marittimo". Più uomini, dunque, più soldi e un maggiore raggio d'azione.
Ma Roma punta con decisione anche a una ridefinizione delle competenze dell'operazione, includendo nei compiti delle forze armate integrate anche quello del recupero di natanti in difficoltà e di monitoraggio di quelle situazioni che mettono a rischio la vita di esseri umani. Anche su questo l'intesa sembra vicina. Proprio oggi, alla luce delle ultime tragedie, il premier britannico David Cameron ha chiesto scusa di aver spinto a ottobre per una missione europea su scala ridotta e ottenuto, col sostegno di altri governi Ue, che si passasse dalle operazioni di ricerca e soccorso dei migranti diretti verso l'Italia a un semplice pattugliamento costiero.
L'altro corno della questione riguarda la prevenzione. Si partirà da qui: "L'Ue metterà in campo sforzi sistematici per catturare e distruggere le imbarcazioni utilizzate dai trafficanti di esseri umani, sul modello della missione anti-pirateria Atalanta condotta dalla stessa Ue al largo della Somalia. Si tratterà di una missione allo stesso tempo civile e militare". Un contrasto deciso alla tratta di esseri umani, che dovrà necessariamente passare per un'intesa con i paesi d'origine, e che mira a colpire le risorse finanziarie e l'intera filiera del sistema internazionale che lucra sull'immigrazione clandestina, ma i cui dettagli sono ancora tutti in via di definizione. Toccherà alla italiana Mogherini sciogliere i nodi giuridici ed individuare la forma per la copertura delle Nazioni Unite, che sarà necessaria, dato che l'operazione sarà fatta lungo le coste della Libia.
Un'accordo "Mediterraneo", lo si potrebbe definire, che punta a dare una risposta concreta alla complicatissima situazione che si è venuta a creare tra le sponde dei due continenti, ma che per il momento non arriva a coinvolgere in prima persona quei paesi dell'Ue oggi non interessati dal gigantesco afflusso di esseri umani.
Perché nubi nerissime si sono addensate sulla possibilità di una redistribuzione a livello europeo dei richiedenti asilo, che, secondo gli accordi di Dublino, devono essere accolti e tutelati dal primo paese dell'Unione in cui mettono piede. In molti, tra cui l'Italia, vorrebbero cambiare radicalmente il meccanismo di accoglienza. Siccome è un problema europeo - è il ragionamento - tutti i membri devono farsi carico di chi arriva in suolo europeo, indipendentemente dal singolo stato in cui arrivano. E si arriva a immaginare un sistema di quote vero e proprio: "L'Ue esaminerà le diverse opzioni per predisporre un meccanismo di redistribuzione dei migranti in caso di emergenza", ha scritto la Commissione.
"Su questo un accordo, almeno domani, non ci sarà mai", fanno sapere fonti informali da Bruxelles. Paesi come l'Olanda, la Finlandia, la Polonia, l'Austria e più in generale tutti gli stati dell'Est europeo hanno manifestato forti perplessità a riguardo. Anche la Germania, pur avendo una sensibilità diversa sul tema, è restia nel concedere una deroga così forte a uno dei trattati simbolo della comunità europea. Qualche spiraglio rimane aperto su un progetto-pilota, che consenta alle varie capitali, su base volontaria, di accogliere una parte dei richiedenti asilo che pur sbarcano sulle coste italiane e, in misura minore, greche.
Così come qualche possibilità resta su un contributo fattivo in termini di fondi e personale specializzato nella prima accoglienza di chi scende dai barconi, l'altro grande tema in termini di costi e di gestione della "filiera" dell'immigrazione, che oggi grava sulle sole spalle dei paesi di prima accoglienza. "Se è un problema europeo - ragionano fonti governative - deve essere tutta l'Ue a farsene carico. Certo, è improbabile immaginare un ponte aereo da Lampedusa, per cui è lì che si deve agire, considerando l'enorme afflusso di immigrati come questione che riguarda tutto il continente, non solo l'Italia".
In vista del vertice di domani, il Parlamento europeo si è mosso compattamente. Manfred Weber (Ppe), Gianni Pittella (S&D, che proprio stamattina ha sentito Renzi) e Guy Verhofstadt (Alde), leader delle tre principali famiglie europee, hanno rivolto un appello ai capi di governo chiedendo più solidarietà tra i paesi membri dell'Ue, e spingendosi a sollecitare "meccanismi vincolanti" per la redistribuzione dei richiedenti asilo.
Una richiesta, quest'ultima, destinata con tutta probabilità a cadere nel vuoto, ma sintomo della grande aspettativa che nella capitale belga si nutre nei confronti dell'incontro di domani. La stessa aspettativa di Palazzo Chigi. Che tuttavia vola più basso per portare a casa risultati tangibili. "Perché - spiega Renzi - adesso serve la politica, non una risposta emotiva".



Migranti, Rapporto Astalli 2015: mai tante domande d'asilo, ma l'Italia resta 'corridoio' di transito
Presentato il dossier annuale del servizio dei gesuiti per rifugiati. il 2014 un anno terribile per effetto delle crisi in Medio Oriente e in Africa: 170 mila gli arrivi. Dopo l'appello del papa cresce il contributo dei conventi al sistema di accoglienza
la Repubbliva, 23-04-2015
VLADIMIRO POLCHI
ROMA  -  "Sono Tareq. Ho 27 anni. Sono siriano del Golan. Oggi sono rifugiato in Italia. Ho lasciato Damasco, dove studiavo, subito dopo la laurea per evitare l'arruolamento obbligatorio. Non voglio fare la guerra". Tareq è una voce nell'onda dei profughi: un flusso costante di migranti in viaggio da sud a nord. Per la prima volta dalla seconda guerra mondiale le persone costrette alla fuga nel mondo hanno superato quota 50 milioni (a metà del 2014 se ne registravano già 56,7). Per accoglierle l''Italia fa la sua parte: nel 2014 sono arrivati oltre 170mila migranti e, sebbene molti proseguano il viaggio verso il nord Europa, il numero delle domande d'asilo (69.204) è il più alto mai registrato. È quanto emerge dal rapporto annuale 2015 del Centro Astalli (Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati). Per capire: la sola crisi siriana dal 2011 ha costretto alla fuga più di 10 milioni di civili, il 45% della sua popolazione.
Il "corridoio" Italia - "Anche nel 2014 però  -  si legge nel rapporto  -  molti migranti forzati non si sono fermati in Italia, ma hanno proseguito il loro viaggio verso i Paesi del nord Europa. Una parte rilevante delle persone che si sono rivolte al nostro ambulatorio erano rifugiati 'in transito', che si fermano solo poche settimane a Roma, vivendo in strutture di accoglienza temporanea o in ripari di fortuna presso le stazioni ferroviarie".
Integrazione a rischio - "Nel corso del 2014 si è dovuto far fronte all'alto numero di arrivi reperendo molti posti in poco tempo, ancora una volta attraverso procedure straordinarie. È stato compiuto un importante sforzo di programmazione verso un sistema di accoglienza unitario e con una capienza proporzionata al numero di arrivi prevedibili: lo Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo, gestito da Viminale e Comuni, ndr) è stato ampliato fino a 22.000 posti, si prevede nell'anno in corso di arrivare a 40.000 e auspichiamo che possa in un prossimo futuro raggiungere la quota 60.000. Nessuna novità invece rispetto alla programmazione di misure di accompagnamento all'integrazione per i titolari di protezione internazionale".
Le vittime di tortura - "Le persone in situazioni di particolare fragilità (vittime di tortura o abusi sessuali) che nel corso dell'anno sono state seguite dal Centro Astalli sono state complessivamente 556, equamente divise tra uomini e donne (rispettivamente 52% e 48%). Il compito più difficile resta l'emersione della vulnerabilità. Il disagio di queste persone è spesso silenzioso e rischia di essere sottovalutato o ignorato del tutto. Le vittime di tortura che si sono sottoposte a una visita per il rilascio del certificato medico-legale da presentare alla Commissione territoriale sono state 189, in prevalenza uomini (75%), provenienti soprattutto da Senegal, Mali e Mauritania".
I conventi "pieni" - "Molto significativa è la disponibilità di più di 15 ordini di Roma che nel corso del 2014 si sono rivolti al Centro Astalli per pensare insieme un progetto di accoglienza per i rifugiati. "I conventi vuoti non sono nostri, sono per la carne di Cristo che sono i rifugiati. Il Signore chiama a vivere con generosità e coraggio l'accoglienza nei conventi vuoti", aveva detto Papa Francesco in occasione della visita al Centro Astalli nel settembre 2013".

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