L’assurda burocrazia del gratuito patrocinio per i richiedenti asilo

Italia-razzismo
L’assenza di un’organica, puntuale e civile legge sull’asilo in Italia, svela continue contraddizioni. Ne è un esempio quanto accaduto a un signore originario del Mali, qualche settimana fa, a Roma. Lo stesso decide di presentare ricorso al parere negativo della Commissione territoriale sulla richiesta di protezione internazionale. Non avendo risorse economiche per far fronte alle spese legali, chiede di essere ammesso al gratuito patrocinio. E qui arriva la sorpresa: ottiene risposta negativa perché sembra che la sua istanza fosse carente di motivazioni.

Mancava, infatti, il certificato riguardante il suo status economico (in cui è indicato l’eventuale possesso di immobili o il reddito percepito da precedenti lavori…) rilasciato dall’Ambasciata del suo Paese. Un documento difficile da ottenere per chi, come il signore del Mali, chiede allo Stato italiano di essere protetto dal suo Paese di origine, rappresentato all’estero dalla stessa ambasciata. Oltre a questa evidente difficoltà ce ne sono delle altre, perché la persona richiedente asilo non è detto che sia arrivata in Italia direttamente dal proprio Paese. A volte, infatti, dal momento della partenza passano anche diversi anni, e così un’eventuale attestazione dell’Ambasciata risulterebbe imprecisa. Si tratta inoltre di certificati che sono pagati fino a 50 euro. La soluzione sarebbe quella che l’avvocato accettasse un’autocertificazione dell’assistito e che, dunque, concedesse il gratuito patrocinio in maniera più semplice a quanti si presentano come richiedenti asilo. Se invece è quella attuale la linea per l’ammissione ai patrocini che seguirà l’ordine degli avvocati di Roma, molti dei richiedenti asilo non avranno più la possibilità di accedere al ricorso contro il mancato riconoscimento.
l'Unità, 14-04-2012

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