Morire nel Mediterraneo

 

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                         2013          1050

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

12 maggio 2014

Affonda un altro barcone Oltre quaranta morti
L’incidente vicino alle coste libiche, Tripoli avvisa l’Europa: «O ci sostiene o aiuteremo i viaggi illegali»
Altri 800 migranti sbarcano in Puglia e Sicilia
l'Unità, 12-05-14
Andrea Bonzi
Almeno 36 migranti sono morti e altri 42 dispersi nel naufragio di una imbarcazione che cercava di raggiungere l’Europa. L’ennesimo viaggio della disperazione finito in tragedia: è successo al largo della costa della Libia, di fronte ad al-Qarbouli, a circa 50 chilometri a est di Tripoli. Lo fanno sapere fonti ufficiali libiche, rilanciate su Twitter da al-Arabiya: l’incidente sarebbe accaduto martedì, ma è stato reso noto solo ieri. Sul barcone erano stipate circa 130 persone, probabilmente troppe visto che il fondo è collassato, il mezzo si è ribaltato e le acque hanno inghiottito i passeggeri. I primi soccorsi - ha spiegato il colonnello della marina libica Ayub Kassem alle agenzie - sono riusciti a salvare 52 persone, in gran parte di origine africana, ma altri 36 corpi, tra cui una donna incinta, sono già stati recuperati (di cui 24 portati a riva ieri). A causa dei suoi confini con l'Africa subsahariana e della sua prossimità rispetto a Malta e all'Italia, la Libia è diventata punto di transito per i migranti che vogliano raggiungere l'Europa. Il caos seguito alla destituzione di Gheddafi ha trasformato quel Paese nel primo punto di partenza per le decine di migliaia di migranti che, ogni anno, tentano di raggiungere le coste del continente su barconi e mezzi di fortuna. Con polizia ed esercito allo sbando, il traffico di esseri umani è diventato una redditizia industria, in cui secondo le autorità di Tripoli sono coinvolte anche le milizie.
Tanto che il ministro dell'Interno libico, Saleh Maziq, ha lanciato un vero e proprio ultimatum, quasi una minaccia, dicendo che se l'Ue non farà di più per sostenere la Libia nella gestione dei migranti che usano il Paese come punto di transito verso l'Europa, Tripoli li aiuterà nel loro viaggio illegale. L'assistenza dell'Unione europea, afferma Maziq, permetterebbe al Paese di fermare i migranti che arrivano illegalmente dalle nazioni subsahariane, diretti in Europa. Il ministro libico ha anche puntato il dito contro i migranti illegali, ritenendoli responsabili per l'aumento del crimine, la diffusione di droga e malattie nel suo Paese, e ha indirizzato una richiesta di sostegno ai Paesi meridionali. «La Libia ha già pagato un prezzo - ha tuonato Maziq - ora è il turno dell’Europa a pagare. Il mondo deve prendere una posizione seria con delle azioni, non con le sole parole».
Intanto, anche ieri sono proseguiti gli sbarchi sulle coste italiane: dall’inizio dell’anno sono più di 22mila i migranti arrivati nel nostro Paese via mare, dieci volte tanti dello stesso periodo del 2013. In mattinata a Taranto sono sbarcati circa 380 migranti siriani dalla fregata «Aliseo» della Marina Militare. I migranti, tra i quali ci sono 34 donne e 7 minori, sono stati tratti in salvo dalla Marina nei giorni scorsi nell'ambito dell'operazione «Mare Nostrum ». L'area del porto è presidiata da Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza a cui si affiancano gli operatori della Croce Rossa e della Protezione civile. Il Comune, con in prima linea il sindaco Ippazio Stefàno, sta gestendo l'assistenza: gli immigrati, trasportati nei pullman, saranno divisi tra l'ex palestra Ricciardi, l'ex scuola media Martellotta e un ex asilo nido comunale in periferia. Ma altre strutture sono state allertate, in caso di bisogno.
Dalla Puglia alla Sicilia: 423 migranti, tra cui un disabile, 65 minori e 45 donne, sono giunti nel pomeriggio al porto di Trapani, a bordo del pattugliatore «Sirio» della Marina Militare che li ha soccorsi insieme alla nave «Grecale », in tre distinte operazioni a circa 120 miglia a sud di Lampedusa. Gli immigrati, provenienti da Siria, Somalia, Eritrea e Nigeria, sono in buono stato di salute. Tra loro, diversi neonati e bambini al di sotto dei 3 anni, nonchè 6 donne incinte e un uomocon disabilità che ha affrontato la traversata in barcone sulla sua sedia a rotelle, assistito dal fratello.
Le operazioni di sbarco sono iniziate intorno alle 15 al molo Ronciglio e sono coordinate dalla Prefettura con l'ausilio di capitaneria di porto, polizia e carabinieri. I rifugiati dovrebbero essere ospitati nelle strutture di accoglienza della Provincia. Lo scorso 6 maggio, sempre a Trapani, erano approdati 887 migranti di cui circa la metà trasferita con voli charter in altre regioni italiane, dopo l'allarme lanciato dal prefetto Leopoldo Falco sulla saturazione dei centri di accoglienza del trapanese.



Tragedia sul barcone degli immigrati Oltre quaranta morti
Naufragio al largo della Libia Tripoli: l'Europa faccia la sua parte
Corriere della sera, 12-05-14  
Felice Cavallaro
POZZALLO (Ragusa) — C'è un nuovo orrore, un nuovo lutto nel cimitero del Mediterraneo, con più di 40 migranti annegati a due passi dalle coste libiche, mentre il governo di Tripoli fa tuonare un paradossale avvertimento all'Europa minacciando di eliminare ogni controllo, di lasciare salpare barconi e carrette in quantità, se non riceveranno aiuti concreti. Come in un replay al quale assistiamo da troppi anni, ancora una volta un piccolo barcone stipato da 130 disperati va in avaria e, quando le motovedette arrivano, i soccorritori riescono a salvarne solo senza potere impedire la nuova tragedia.
Come è accaduto martedi scorso al largo di al-Qarbouli, 50 chilometri a est della capitale, stando alle informazioni confermate ieri dal portavoce délia Marina libica, Ayoub Bil- qassem, parlando di donne e bambini annegati, di oggetti e bagagli che da un paio di giorni i pescherecci ritrovano. Bilancio amaro dell'ennesima traversata, appendice di una teoria senza fine, con gommoni e imbarcazioni che salpano quasi sempre dai porti libici dove organizzazioni senza scrupoli organizzano i transfert, spesso con complicità locali.
Ma stavolta è direttamente il ministro dell'Interno Salah Mazek ad alzare la voce, minaccioso, esplicito: «Relativamente al- l'immigrazione illegale, do un avvertimento al mondo, ed in particolare all'Unione Europea, perché se non si assumeranno la responsabilità con noi, lo Stato libico adotterà una posizione su questo argomento. E potremmo agevolare il rapido passaggio di questo flusso di persone attraverso la Libia, dato che Dio ha fatto di noi un punto di transito per questo flusso». Una minaccia che suona come una beffa per l'ltalia, da sempre il Paese spugna che ha dovuto assorbire l'impatto con questo esodo biblico, prima sul fronte Lampedusa, adesso da Porto Empedocle a Pozzallo, da Augusta agli altri porti della costa meridionale, da Reggio Calabria a Taranto. Eppure Mazek rilancia: «La Libia ha pagato un prezzo. Ora è il turno dell'Europa".
La beffa della minaccia echeggia dopo gli oltre trentamila migranti approdati da gennaio in Italia, quasi tutti salvati dalle navi militari e dai natanti impegni nell'operazione «Mare nostrum». Ma, dopo la prima notizia diffusa da Al Arabiya. Rami Kaal, il portavoce del ministero dell'Interno, ha dato la stura alla sorprendente reazione anti Ue. Inevitabile pensare ai discussi accordi di un tempo fra Berlusconi e Gheddafi e al magmatico assetto odierno della Libia, come negli ultimi giorni ha ricordato il premier Matteo Renzi sottolineando la difficoltà di adottare scelte comuni «con ministri spesso in carica per un mese». Di qui l'idea di «mandare in Libia un inviato speciale dell'Onu». Ed ancora: «Se Mare nostrum non è fatta solo dalla Marina italiana ma dall'Ue forse le cose andranno meglio». Considerazioni rafforzate dal quadro che a Renzi ha fatto il ministro dell'Ambiente Gianluca Galletti, per un giorno a Pozzallo: «Bisogna venire qui per rendersi davvero conto della situazione».
Intanto prosegue l'ondata di sbarchi sulle coste siciliane. Sono 423 i migranti, tra cui un disabile, 65 minori e 45 donne, giunti ieri al porto di Trapani. Soccorsi dal pattugliatore «Sirio» e dalla nave «Grecale» in tre operazioni a circa 120 miglia a sud di Lampedusa. Provengono da Siria, Somalia, Eritrea e Nigeria. Stanno tutti bene.



Libia, barcone si ribalta: 36 morti
Avvenire, 12-05-14  
Cercavano di realizzare un sogno ma hanno trovato la morte. Nuova strage della disperazione al largo delle coste orientali libiche. Un barcone carico di migranti diretti verso l'Europa è affondato martedì scorso a poche miglia dalla Libia causando la morte di almeno 36 persone tra cui donne e bambini. "Cinquantadue sono invece stati tratti in salvo", ha riferito ieri il colonnello Ayoub Kassem ai principali organi di stampa, precisando che secondo le "testimonianze dei sopravvissuti a bordo della barca viaggiavano 130 persone, e che al momento i dispersi sarebbero 42".
Secondo le autorità libiche l'imbarcazione è colata a picco martedì al largo di Garabulli, a 50 km a est di Tripoli e "ancora oggi si continuano a ritrovare sulle coste oggetti e bagagli". "Questo indica – hanno aggiunto le stesse fonti - che la barca era carica di immigrati". Per la sua vicinanza a Malta e dunque all'Europa a nord, e per i suoi confini porosi a sud, la Libia è uno dei Paesi di maggiore transito per molti immigrati che scappano dai Paesi dell'Africa subsahariana con l'obiettivo di raggiungere le coste europee. Il ministro dell'Interno di Tripoli Salah Mazek aveva minacciato di "facilitare" il flusso di immigrati clandestini verso l'Unione Europea se l'Ue non si assumerà le sue responsabilità nell'aiutare Tripoli a combattere il problema. Poi il governo libico era tornato sui suoi passi. Nei giorni scorsi il premier Matteo Renzi aveva affermato che "il 96% degli immigrati che arrivano in Italia partono dalla Libia", annunciando di aver chiesto alle Nazioni Unite di prendere "l'impegno di un inviato speciale in Libia", anche con lo scopo di "evitare che gli scafisti siano i proprietari delle coste".
Dall'inizio dell'anno - secondo i dati resi noti dal Viminale lo scorso 29 aprile - gli immigrati e i rifugiati giunti sulle coste italiane sono oltre 25mila, un dato enormemente superiore a quello del 2013. Complice le migliori condizioni meteo e l'anarchia vigente in Libia, nelle ultime settimane sono aumentati gli afflussi di clandestini.



I «senza casa» lucrano sugli immigrati. Le occupazioni ci costano 60 milioni
Gli stranieri usati per il «lavoro sporco»: provengono spesso dal Nord Africa
Il Tempo, 12-05-14
Vincenzo Bisbiglia
Sono gli immigrati la linfa vitale del Movimento per la Lotta alla Casa. Un esercito di disperati, molti dei quali inconsapevoli, che ingrossano loro malgrado le fila dei cortei, amplificando quantitativamente la portata della protesta. Provengono dal Nordafrica, dall’Est Europa, dal Sudamerica. Diversi dal Medioriente. A stento parlano italiano. Vengono invitati a sottoscrivere tessere a pagamento, a fare il «lavoro sporco» della militanza, fra affissioni e volantinaggio. E a porsi da scudo alla forze dell’ordine quando c’è uno sgombero, o a creare il caos durante gli scontri in piazza. Poi, quando i capi lo decidono, fanno il loro ingresso negli stabili occupati. Per mantenerlo dovranno versare un fondo cassa mensile e rispondere alla chiamata operativa delle «squadre di lavoro». Ma per tutti loro, il diktat principale è soltanto uno: partecipare alle manifestazioni, ai cortei e ai sit-in. E qualche volta ai comizi elettorali.
Una claque imprescindibile, necessaria ai movimenti per non farsi mai trovare deboli dal punto di vista numerico e, anzi, per farsi grandi di fronte a forze dell’ordine, opinione pubblica e politica. «Uniti fino alla vittoria», ripetono sempre i «Che Guevara all’amatriciana», a una folla di persone il cui unico obiettivo è rispettare la «regola numero uno» delle occupazioni ed evitare di essere «cacciati e poi menati». Altro che lotta politica. Era un immigrato, di origine peruviana, l’uomo a cui saltò una mano per l’esplosione di un petardo durante l’ultima manifestazione il 12 aprile scorso. Sono stranieri gran parte degli occupanti che vengono ad aprirti quando ti avvicini a chiedere informazioni. Era mediorientale la famiglia che si è ribellata ai soprusi di «Pinona» Vitale, la «signora in rosso» dell’Angelo Maj, accusata di aver trasformato il conferimento mensile nel «fondo cassa» in vere e proprie estorsioni a colpi di 100-200 euro e le «attività comunitari» in lavori forzati (e gratuiti) nel suo ristorante.
Un esercito di persone cadute nel vortice dei movimenti, distribuite lungo le 105 occupazioni presenti in città. Senza alcuna tutela e sottratte a ogni possibilità di integrazione. Un costo sociale enorme delle occupazioni a Roma. Ma anche un costo per i cittadini della Capitale. Ben 60 milioni di euro. Una stima «prudenziale» calcolata sovrapponendo i dati dettagliati forniti nell’aprile 2013 dalla Commissione capitolina alla Sicurezza, all’ultima mappa pubblicata da Il Tempo il 23 aprile scorso. Ben 105 immobili, fra pubblici (il 70%) e privati, catturati dai movimenti per la casa e dai centri sociali. Fatture alla mano, fu l’allora presidente della Commissione, Fabrizio Santori, a stilare i conti. Venivano calcolati, ad esempio, 800 euro al mese per un appartamento occupato, 50mila euro i danni per un immobile di medie dimensioni, 400mila euro la stima per i mancati introiti di uno stabile adibito a uffici. Uno stabile occupato di 7 piani da 4 appartamenti (28 alloggi) produce mancate entrate per 270mila euro l’anno.

 

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