Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

16 febbraio 2011

 

I flussi migratori ai tempi della caduta dei tiranni
Saleh Zaghloul
OLI  martedì 15 febbraio 2011
“Lampedusa al collasso”, “Sbarchi, scontro Ue-Italia. Maroni: arriveranno in 80 mila” sono i titoli di prima pagina de La Stampa e Repubblica di oggi. Gli sbarchi di oggi sono chiaramente legati alla caduta del regime di Ben Ali ed alla nuova situazione in Tunisia. Ma provando a ragionare con uno sguardo al domani posso dire con certezza che la caduta dei regimi dittatoriali in Tunisia ed in Egitto porterà presto a diminuire i flussi migratori verso l’Italia e l’Europa dei cittadini di questi due paesi.
I giovani che si sono ribellati e hanno fatto cadere Mubarak e Ben Ali parlano di una situazione di brutale repressione, annullamento della libertà e forte umiliazione della dignità delle persone. Parlano di un sistema economico dove è dilagante la corruzione e dove le risorse del paese sono rubate dalle famiglie dei dittatori e dagli esponenti dei due regimi. Un sistema che rendeva sempre più povera la grande maggioranza dei cittadini. Due fattori che spingevano fortemente i giovani tunisini ed egiziani ad emigrare e fuggire dalla repressione e dalla povertà. D’altra parte, dopo la caduta di Mubarak, ho seguito su Al Jazeera i festeggiamenti che le comunità egiziane immigrate hanno svolto in tutto il mondo ed ho sentito molte persone piene di speranza che pensano ed invitano al ritorno nel loro paese d’origine ora che c’è la libertà e la necessità di ricostruire il paese.
Per una politica seria dei flussi migratori è meglio, per l’Italia e l’Europa, appoggiare i processi di cambiamento in questi paesi aiutando l’instaurazione della democrazia e la diffusione delle libertà, condizioni necessarie per lo sviluppo economico. Appoggiare le dittature, oltre ad essere eticamente inaccettabile per chi si proclama paese democratico e civile, porta ad aumentare i flussi migratori verso l’Europa.
I democratici negli Stati Uniti ed il loro presidente Obama hanno cambiato radicalmente la politica del loro paese: contro la guerra (di Bush in Iraq), un nuovo atteggiamento rispettoso dell’Islam e dei musulmani e la fine dell’appoggio ai dittatori. Questa nuova politica è stata fortemente confermata dalle posizioni dell’amministrazione Usa durante le crisi tunisina ed egiziana e dal grande discorso di Obama, dopo la caduta di Mubarak, nel quale ha elogiato la grande rivoluzione non violenta degli egiziani da lui indicata come esempio per i popoli che lottano per la libertà e la democrazia. L’Europa, da sempre molto sensibile a quanto proviene dagli Stati Uniti, purtroppo questa volta sembra recepire molto lentamente le novità democratiche e pacifiche di Obama. L’Italia, costretta ad occuparsi sempre più delle cose che riguardano una sola persona, fatica a capire quanto succede a Lampedusa e litiga con il nuovo governo tunisino e persino con l’Unione Europea, figuriamoci che fatica a capire quanto sta accadendo nel mondo.
 
 
 
Intervista a  ROBERTO CASTELLI
«La nostra lotta ai clandestini è prigioniera dei magistrati»
Manila Alfano
il Giornale 16 febbraio 2011
 Il principio era semplice: chi vie¬ne in Italia per restarci deve avere un lavoro e se entri da clandestino com¬metti un reato. La Bossi-Fini era la risposta all'utopia del «c'è posto per tutti». Era un modo per non creare una guerra tra poveri. Era l'idea di aprire le porte del Paese alle masse disperate degli emigranti ma con giudizio. Tenere fuori i delinquenti e dare una cittadinanza vera, reale, a chi lascia la propria terra. Non esistono leggi perfette. Ma quella svolta anti retorica era una risposta politica a un evento storico difficile da gestire. Era il 2002. Qualcosa non ha funzionato. Ecco cosa racconta il vice ministro alle Infrastrutture Roberto Castelli: «La legge non è mai piaciuta ai magistrati e hanno cercato di demolirla ogni volta». Qualche esempio? «In questi anni ne ho visti a decine. Giudici  che  non hanno   applicato la legge perché il clandestino     era troppo povero per tornare    a   casa, clandestini salvati dal loro orientamento sessuale». Ma non le sembra riduttivo dare la colpa ai magistrati? «Ma è la realtà che lo   dimostra.   C'è stato un caso in cui il magistrato ha assolto un ladro perché agiva per stato di necessità. Davanti a questa enormità è stato chiesto il parere del Csm. Risultato? "Il giudice ha giudicato secondo la propria coscienza". E quindi ecco spiegato il potere in Italia chi lo gestisce. Ripeto: se qualcosa non ha funzionato è colpa dei giudici, non della legge». Quali sono i limiti di questa legge?
«Glielo dico francamente: i decreti di espulsione dipendono dalla magistratura. Un cane che si morde la coda. È questo il grande limite costituzionale che non siamo mai riusciti a superare. La decisione torna al magistrato di turno. Insomma si torna al via, proprio come al Monopoli». Lo stesso Fini ne ha da tempo pre¬so le distanze. Come se lo spiega? «Oramai sarebbe più giusto chiamare questa legge Bossi-Bossi. È da tempo che Fini ha virato a sinistra. Le sue posizioni sono più nette dei politici di centro. Ma intendiamoci, cambiare idea è legittimo, quello che non trovo corretto è farlo a metà legislatura». Come si può risolvere quest'ulti ma emergenza? «Noi della Lega da tempo diciamo che questo dell'immigrazione non è un problema solo italiano. L'Ue deve intervenire e lo deve fare su tre piani: organizzativo, distribuendo gli immigrati tra i vari Paesi; diplomatico, cercando accordi con i governi di provenienza dei clandestini ed economico. Non dimentichiamo che ogni clandestino ci costa moltissimo al giorno».
 
 
 
Lampedusa: calcio, caffè e una parvenza di normalità
I tunisini sbarcati organizzano partite e cortei al grido di "Viva l'Italia"
FEDERICO GEREMICCA
la Stampa 16 febbraio 2011
e ultime dall'Isola oggi sono s migliori delle ultime dall'Isola ! ieri. Nessun nuovo sbarco (ed è la seconda notte che fila via liscia); due aerei decollati e 200 immigrati, dunque, portati altrove (il che significa che a Lampedusa ne restano ancora intorno a duemila, liberi di scorazzare a piacimento); arrivati un po' di rinforzi (carabinieri e militari dell'Esercito) subito sistemati a pattugliare i punti strategici e a far da deterrenza verso possibili mal intenzionati; corteo di un gruppo di giovani tunisini che hanno sfilato lungo il corso principale dietro uno striscione «Viva l'Italia, grazie Lampedusa»: una ruffianeria, forse. Ma con l'aria che tira quaggiù, anche una ruffianeria può servire. 
La sfida
Memorabile quella tra i soldati italiani abbandonati  su un'isola greca in «Mediterraneo». Meno memorabile, forse, ma vera e significativa   quella svoltasi ieri pomeriggio sul campo di calcio  nella  zona del porto: Lampedusa-Tunisia. Si sono confrontate due squadre un po' rabberciate, ma gene¬rose oltre ogni limite: l'unica rissa, per ora, la si è fiorata proprio lì. Partita sospesa a metà del secondo tempo (col Lampedusa in vantaggio...) a causa dell'arrivo di un gruppetto di carabinieri che pretendevano addirittura di riportare la squadra ospite nel centro di accoglienza. Hanno protestato pri¬ma di tutto i calciatori lampedusani. Ma non c'è stato niente da fare. In più, stava calando il sole ed era quasi pronta la cena...
L'invalido
Si chiama Tarek e tra gli sbarcati sull'Isola è quello che ha colpito di più per la sua condizione: poliomelitico, è su una sedia a rotelle da quando era bambino. In questi giorni lo hanno ripreso tutti i fotografi e le tv. Gli abbiamo parlato l'altro ieri, per sentirne la storia e capire come era arrivato fin qui. «Grazie ai miei due fratelli minori, Hassan e Youssef, 15 e 17 anni. Sono loro che mi hanno caricato e scaricato dalla barca che ci ha portato qui. Non abbiamo più i genitori, a Tunisi è tutta una guerra tra bande e noi stiamo cercando di arrivare in Francia». Tarek è stato tra i primi, assieme ai due fratelli, ad esser trasferito in un centro d'accoglienza in Puglia. Ha 22 anni, E l'unica cosa che ci ha nascosto, è il lavoro che faceva a Tunisi per mantenere i fratelli minori: il borseggiatore nel mercato principale della città. Attività, diciamo così, per la. quale ha scontato, alcuni mesi di galera. La sociologa Silvana Lucà ha 52 anni, i capelli biondi raccolti sulla nuca e gestisce il Bar Mediterraneo su via Roma, proprio di fronte al vecchio Municipio. Per il lavoro
che ha scelto di fare, nessuno lo direbbe: ma ha due lauree, in Scienze politiche e in sociologia. «Ho lavorato per anni a Milano, poi qualche alino fa ho rilevato questo bar essendo nata qui e avendo quest'isola nel cuore - dice -. Ho visto gli sbarchi passati, quelli terribili degli scafisti e dell'immigrazione clandestina. Stavolta è tutta un'altra storia. Questi fuggono davvero da una guerra civile, sono mediamente persone perbene, affollano il mio bar e pagano senza fare storie. I lampedusani all'inizio si sono spaventati, poi hanno capito. Hanno solo paura per le loro donne. Ma delle loro donne, e dei guai conseguenti, a questi migranti non importa nulla. E non importa nulla nemmeno dell'Italia: la maggior parte è diretta in Francia, qualcuno vuol raggiungere i parenti in Germania. Tra loro c'è gente colta, che sa quel che vuole e sa quel che fa».
L'imam
Tra i migranti sbarcati nottetempo sull'isola di Lampedusa, c'è anche un imam. E Simona Moscarelli, attivissima esponente dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni, ringrazia il cielo che ci sia. L'imam Al Sihary chiama i fedeli alle preghiere nell'ora stabilita e i volontari delle Ong presenti sull'Isola ne approfittano. «È l'unico momento in cui è possibile parlar loro mentre sono tutti assieme - spiega Simona - e noi naturalmente cogliamo l'occasione per spiegar loro cosa possono e cosa non possono fare. E come devono comportarsi per evitare che la situazione degeneri». Durante la preghiera l'imam impartisce ai fedeli indicazioni di comportamento. E invita loro a rispettare le regole imposte dagli italiani. «L'imam avrebbe potuto lasciare l'Isola tra i primi - racconta Simona -ma non ha voluto: dice che resterà qui, tra i suoi connazionali e fedeli, fino a quando non sarà tutto finito». Il comandante
Il capitano De Tommaso è il comandante della stazione dei carabinieri di Lampedusa. E possiamo dire tranquillamente che si tratta di una persona eccezionale. Ha la pazienza e l'umanità di un carabiniere da film di Sordi o di De Sica. E non ha mai perso la calma nemmeno quando con i suoi soli trenta uomini ha dovuto fronteggiare migliaia di tunisini. «Io sono della scuola che la durezza non porta a niente: soprattutto se gli altri sono duemila e noi nemmeno trenta...», confessava l'altra sera alla fine dell'ennesima dura giornata. L'altro ieri lo abbiamo sorpreso al telefono mentre sbraitava con uno degli albergatori dell'Isola. «Non mi far perdere la pazienza. Ti ho detto che arrivano sei carabinieri e che ho bisogno di due doppie e una tripla. Non fanno sette
posti, scimunito! Nella tripla ci devono andare due marescialli e devono stare larghi. Se gli do una doppia come agli appuntati, s'incazzano. Per la miseria, te lo devo spiegare io che i carabinieri sono sempre carabinieri». In questo delirio che è l'avamposto di Lampedusa, vorremmo rivolgere i nostri complimenti al capitano De Tommaso. Non foss'altro che per l'irresistibile senso dell'ironia.
È soltanto qualche appunto, qualche cartolina da Lampedusa. Isolani e migranti hanno trovato un punto d'equilibrio e, per ora, la convivenza tiene. E evidente a tutti, però, che non può durare a lungo. Prima o poi i soldi dei tunisini finiran-no, e allora addio cappuccini, arancine e shopping qui e là. Finiti i soldi, finita la vacanza. E allora chissà se torneranno in corteo dicendo «Viva l'Italia e forza Lampedusa»...
 
 
 
Integrazione fra identità e incontro
Carlo Costalli
Presidente nazionale Movimento cristiano lavoratori
 Avanti 16 febbraio 2011
Parlando del "fenomeno migrazioni", nelle nostre valutazioni e scelte dobbiamo partire da una chiave di lettura equilibrata: anche le migrazioni sono un fenomeno da governare. È stato questo l'argomento al centro della prima Conferenza nazionale del Mcl sull'immigrazione, svoltasi a Napoli l'11 e 12 febbraio.
Sarebbe sbagliato pensare che il fenomeno si possa impedire, sarebbe altrettanto sbagliato ritenere che la cosa migliore sia di aprire la porta a tutti. La società multireligiosa e multiculturale non è un fatto negativo in sé, né è portatrice solo di vantaggi. Molti immigrati sono in stato di necessità (e vanno aiutati), ma altri non hanno solo buone intenzioni. Cominciamo con il chiarire, noi cattolici, che per la dottrina sociale della Chiesa esiste un diritto a emigrare che deve essere garantito a tutti: ognuno deve lasciare liberamente il proprio Paese. Il diritto di emigrare ha a che fare con la libertà personale e con la possibilità di fuggire da persecuzioni o minacce per motivi-politici o religiosi. Ha anche a che fare con il diritto a cercare il proprio benessere e quello delie proprie famiglie. Ma, come scrive monsignor Crepaldi nel suo libro "Il cattolico in politica. Manuale per la ripresa", "non esiste invece un diritto assoluto a immigrare, cioè entrare in un altro Paese, questo perché ogni Paese ha diritto a proteggere se stesso e a tutelare la propria identità culturale che in caso di immigrazione massiccia potrebbe essere messa in pericolo. La disciplina delle immigrazioni è quindi in relazione alla legittima difesa e al diritto di ogni popolo a preservare condizioni di giustizia e di pace al proprio interno. In questo senso l'immigrazione clandestina va combattuta ed è lecito che uno Stato faccia valere le proprie regole davanti a chiunque voglia entrare in esso. È anche lecito che delle persone vengano espulse dal Paese se entrate illecitamente. Un Paese ha anche il diritto a selezionare gli ingressi, per motivi di sicurezza, per esempio, o di pace sociale, e a disciplinarli secondo criteri suoi propri".
Delle "barriere" di ingresso, o meglio dei "confini" ci vogliono, però esse devono anche rispondere a esigenze umanitarie di accoglienza di chi è perseguitato, e in ogni caso, davanti a un immigrato, anche clandestino, non cessano i doveri che si hanno nei confronti di ogni persona umana. Quando qualcuno "approda" illegalmente in un Paese non perde il diritto umano di essere sfamato, dissetato, vestito e curato. Questo è dovuto a tutti, anche se poi verranno applicate le norme vigenti in questa materia che tuttavia non possono essere talmente rigide da impedire un trattamento umano delle persone interessate.
Abbiamo tre livelli distinti di problemi di fronte a questo fenomeno: i diritti umani elementari vanno garantiti a tutti (anche ai clandestini); i diritti del lavoro e sociali vanno garantiti, da subito, ai regolari; i diritti politici richiedono molto tempo: non è il caso che questi (compreso il voto) siano concessi troppo presto in quanto il diritto al voto permette di contribuire alla direzione generale verso cui la società intera vuole andare. Implica un'appartenenza e un'integrazione molto solide che richiedono tempo. Non è sufficiente che si impari un po' superficialmente la Carta costituzionale o la lingua, ma che si condividano i valori di fondo della società che si pretende di contribuire a orientare. Insomma, dobbiamo evitare che si alimenti il massimalismo populista dei respingimenti da un lato e il colpevole buonismo dell'accoglienza indiscriminata dall'altro.
 
 
 
«L'Italia spinge il Frontex su posizioni militaristiche>>
Parla l'esperta Baldacchini: «Politiche inefficaci»
Nicola Flamigni
il Manifesto 16 febbraio 2011 
BRUXELLES
L' Italia vuole portare Frontex su posizioni sempre più mililaristiche, è questa l'analisi di Anneliese Baldacchini, responsabile immigrazione di Amnesty ed esperta di riferimento su Frontex. I.'Agenzia per il controllo delle frontiere esterne della Ue è sotto i bisturi in vista di una riforma che dovrebbe ampliarne le competenze con l'assunzione di «un nuovo ruolo operativo», ma senza arrivare a praticare quei respingimenti che tanto piacciono al Viminale. E così, chiusa, almeno per ora, la polemica Roma-Bruxelles con la decisione della Commissaria Ue agli interni di aiutare finanziariamente l'Italia e di lanciare una missione nel canali; di Sicilia, resta aperta la questione di cosa potranno fare i mezzi ed il personale europeo di Frontex. Oggi e nelle crisi future. Il mandato di Frontex non può essere modificato eccezionalmente senza l'accordo unanime del Consiglio europeo. Cosa ha in mente il ministro Maroni quando parla di «nuovo ruolo operativo»?
Credo parli del nuovo regolamento proposto dalla Commissione che rafforza i poteri di Frontex, ma è ancora in discussione e non sarà di cerio approvato in occasione della gestione di questa crisi. Quali misure pratiche potrebbero allora essere messe in campo dal vertice europeo sull'immigrazione invocato da Berlusconi?
Verranno solo ribaditi alcuni indirizzi politici, ma non verrà adottala nes¬suna misura concreta. Ora tocca agli Stati membri dimostrare la loro solidarietà accogliendo parte degli immigrati arrivati a Lampedusa. Ma vista la timida proposta francese (accoglienza di soli casi marginali, ndr) non sì può essere più di tanto ottimisti. Nessuna misura straordinaria dall'Europa quindi, a parte l'aiuto finanziario che non si sa ancora esattamente a quanto potrà ammontare. Front ex farà quello che ha sempre fatto: pattugliere le acque; internazionali di fronte alla Tunisia e fornirà un aiuto logistico per le identificazioni, continuando a sollevare; grandi problemi di trasparenza nel suo operalo. Le regole non sono chiare? In assenza di una clausola sul monitoraggio indipendente l'Agenzia spesso non rende conto a nessuno. Nell'Atlantico, per esempio, Fronlex opera anche in acque di stati terzi, ma le regole di ingaggio sono scritte negli accordi bilaterali tra Spagna, Mauritania e Senegal che non sono pubblici. In più l'agenzia non è perseguìbile per i respingimenti che infrangono il diritto internazionale essendo la responsabilità solo degli stati membri. Ma questi la rimbalzano a Frontex in un gioco di sotterfugi che favorisce la violazione dei diritti umani. 
Sarei curiosa di sapere da dove ha ricavato questo dato. L'approccio di Maroni riflette la visioni; miope del governo nei confronti del fenomeno immigrazione un fenomeno naturale, inarrestabile, e che ha bisogno di politiche complessi; e lungimiranti per essere gestito. L'Italia ha giocato un ruolo fondamentale nel guidare l'Ile verso una politica sull'immigrazione irregolare improntata al solo contrasto frontale. Da qui il futuro di Frontex, nata come un'agenzia per condividere le buone pratiche di frontiera, e diventata invece un corpo repressivo a sfumature militaristici»;. Se passasse il nuovo regolamento, l'agenzia acquisterebbe potere di coordinamento a fianco degli stati membri e si munirebbe di mezzi militari propri. Cosa si dovrebbe fare al vertice? Bisogna ridimensionare il problema. Rendersi conto dell'inefficacia delle politiche messe in campo finora, come per esempio i miliardi dati a Gheddafi che non hanno fatto altro che far cambiare le rotte dei migranti verso la Grecia, al prezzo di ulteriori sofferenze. li investire nei paesi d'origine, in aiuti concreti per lo sviluppo sostenibile. Che si dice sempre, ma non si fa mai abbastanza.
 
 
 
SABATO A REGGIO, CONI MIGRANTI E PER LO SCIOPERO
il Manifesto 16 febbraio 2011
Questa crisi è piena di ricatti ed ingiustizie. Certo, da sempre lo sono, ma non c'è ricatto più pericoloso in questo momento di quello che ci divide, ci separa, ognuno impegnato a risolvere da sé la sua condizione, sia essa imposta da un super-manager, dai tagli di una riforma, o dall'ingiustizia di una sanatoria truffa. Certo, ognuno di noi vive una condizione diversa, particolare, da cui liberarsi. Per anni quella dei migranti ci ha raccontato la storia di un ricatto costruito sulla vita e sulla morte di migliaia di persone, che minacciava di estendersi a tutti. Oggi, guardandoci intorno, ci accorgiamo che il ricatto della crisi e della precarietà sono già il mare in cui tutti noi (ex-garantiti e non) siamo immersi, ma soprattutto la comune sfida quotidiana da affrontare insieme: uniti.
Per questo battersi oggi con i migranti, affrontare la partita immigrazione su cui governi ed economie hanno costruito fortune finanziarie ed elettorali, riguarda noi tutti, qualunque sia la nostra provenienza: significa batterci per il nostro futuro. Perché Marchionne, la Gelmini, Maroni non ci stanno semplicemente proponendo la fine del contratto nazionale, i tagli di una riforma o leggi ingiuste e razziste, ma un altro nuovo modello di società, una nuova economia dei rapporti sociali, una nuova gerarchia dei diritti, una traiettoria di violenze rinnovate e nuovi ricatti, per disegnare nuove forme di sfruttamento.
Insieme, abbiamo bisogno di scrivere la nostra alternativa, la nostra uscita dalla cri; si: un nuovo statuto dei diritti, del welfare, della redistribuzione del reddito, della cittadinanza. Per questo crediamo sia il momento di rimetterci in cammino ancora (anche se lo abbiamo fatto altre volte); è il momento di riprovarci, in tanti ed uniti, convinti che la ricerca della trasformazione, per la condizione di vita di ognuno di noi, sia un pezzo anche della ricerca degli altri. È una sfida, almeno quanto è una sfida quella che ci viene proposta da Marchionne, dal governo, dalla crisi, e a quell'altezza dovremo provare ad affrontarla.
Il primo marzo sarà un'occasione per farlo: e noi ci saremo. Per ridare forza alle battaglie per la dignità, per il diritto di restare dove si è scelto di vivere, per il diritto a non migrare forzatamente, come dal Maghreb all'Egitto fino al cuore dell'Europa, stanno affermando milioni di persone: le migliaia di ricercatori non più disposti a fuggire, le migliaia di operai non più disposti a tacere, le migliaia di migranti che qui hanno scelto di vivere non disposti ad andarsene. Per affermare il nostro orizzonte: il diritto di scelta, di decidere del nostro futuro. I terreni su cui confrontarci sono molti, a partire dalle istanze poste con la sanatoria e per la regolarizzazione permanente, dalle contraddizioni aperte dalle direttive europee alla violenza della detenzione e dei respingimenti, dalla spinta a liberarsi dalla schiavitù e dallo sfruttamento del lavoro nero e sottopagato, alla battaglia con-" tro i nuovi ostacoli proposti dall'accordo di integrazione e dalle norme che trasformano l'apprendimento della lingua da diritto a dispositivo di esclusione. .
Vogliamo ritrovarci per cercare insieme la strada da percorrere, verso lo sciopero generale e generalizzato, per tracciare insieme un orizzonte ed il cammino per raggiungerlo. L'appuntamento è per sabato 19 febbraio prossimo a Reggio Emilia (dalle ore 10 al LabAq 16).
 
 
 
La provocazione
La soluzione? Mettere i centri vicino alla Francia
Libero 16 febbraio 2011
MATTEO ORSUCCI
Immigrazione selvaggia ed Europa latitante. Ecco, per risolvere questi due problemi il ministro Bobo Maroni dovrebbe rileggersi un caso di cronaca di una decina di anni fa. Accadeva nella democrati-ca Francia di Lionel Jospin. Un Paese di sinistra pertanto, che a Sangatte, ridente paesino di 1.500 anime a due chilometri da Calais, vide sorgere un centro di accoglienza per immigrati della Croce Rossa. Proprio là, dirimpetto al canale della Manica, a Natale 2001 fuggirono prima 130 clandestini alla volta della ancor più accogliente Inghilterra di Tony Blair, e poi - a fine gennaio 2002 - venti persone furono fermate dalla polizia mentre si accingevano a salire su un treno per passare il canale. Uno di loro fuggì ai controlli e, salito di nascosto sul tetto di un Eurostar, morì fulminato nel tentativo di arrivare alla libertà. Eurotunnel, la società che gestisce il tunnel sotto la Manica, fece causa a Sangatte.
Sull'asse Parigi-Londra calò il gelo. Blair, di sinistra, alla guida di una nazione in cui basta davvero poco per avere l'asilo chiese la chiusura del centro di accoglienza francese. Perché? Facile: i curdi d'Iraq e i tunisini che riempivano la struttura evadevano e finivano per le vie inglesi. Jospin, pure lui di sinistra, dal canto suo accusò il collega di Downing Street di non impegnarsi abbastanza per varare leggi serie e dure in materie di immigrazione Una sinistra europea, capite bene, abbastanza schizofrenica: l'immigrato è bello eva protetto solo in casa altrui. Non a caso Jean Marie Le Pen, leader del Front National, accusò Blair stigmatizzando che «lui non è meno razzista di me, non vuole alcun immigrato dal campo dei rifugiati francese di Sangatte».
L'Ue mediò il conflitto, ovviamente, su pressioni dirette di Londra. Quando si dice contare qualcosa in Europa...
Ecco perché, se proprio Maroni vuole risolvere la situazione, dovrebbe prendere il coraggio a due mani e dire: costruiamo un centro d'accoglienza a Ventimiglia. Una struttura come ce ne sono tante a ridosso della Francia, laddove non esistono più nemmeno i controlli su chi passa (basta andare in Còte d'Azur per rendersene conto) farebbe sì che alla prima sommossa e alla prima fuga di gruppo un centinaio di magrebini si riverserebbe nelle terre d'Oltralpe, spingendo Sarkozy a chiedere aiuto a chi di dovere. Ovvero alla sua amica Europa.
 
 
 
TRE GIOVANI MIGRANTI IN UN CONTAINER A GENOVA
16 FEB 2011 
(AGI) - Genova, 16 feb. - Tre giovani migranti sono stati scoperti la scorsa notte in un container a ponte Caracciolo, al terminal internazionale Grandi Navi Veloci di Genova. Il personale di banchina ha immediatamente chiamato la Polmare.
  Secondo le prime informazioni, si tratta di tre giovani, la cui nazionalita' non e' ancora stata resa nota, trovati in pessime condizioni di salute: erano disidratati e non mangiavano da giorni. Sono stati ricoverati all'ospedale Villa Scassi di Genova Sampierdarena. Intanto la polizia sta procedendo all'identificazione che precede il disbrigo delle pratiche burocratiche per il rimpatrio. (AGI) Ge1/Ral
 
 
Immigrazione, Caruso: "Piano straordinario entro 48 ore”
di BlogSicilia 16 febbraio 2011 -  
“Stiamo cercando di verificare quali e quante strutture sono disponibili per poter poi arrivare alla definizione del piano. Proprio come ha detto il ministro, entro 48 ore tutto sarà più chiaro”.
Così in un’intervista al Sole 24Ore Giuseppe Caruso, prefetto di Palermo nominato commissario straordinario per fronteggiare l’emergenza immigrazione che sta coinvolgendo il nostro Paese in questi giorni.
Il prefetto di Palermo ha ricordato che “il residence” di Mineo, in provincia di Catania, che potrebbe ospitare “fino a 7.000 persone” è “dei privati con cui bisogna stipulare un contratto. Quella di ieri – ha sottolineato – è stata intanto una visita esplorativa. Quindi, – ha aggiunto – stiamo lavorando, come ha spiegato il ministro Maroni, per trovare una soluzione”.
Secondo Caruso, “per la popolazione di Mineo il centro per i rifugiati potrebbe essere una possibilità di crescita economica, anche del territorio”.
In attesa che il progetto di Mineo possa essere realizzato, il commissario straordinario ha evidenziato che sono stati individuati “strutture murarie e anche luoghi dove è possibile allestire tendopoli” perché “l’emergenza umanitaria va fronteggiata con soluzioni di emergenza. La verifica, – ha concluso – voglio sia chiaro, viene fatta in tutta Italia e non solo in Sicilia”.
 
 
 
Immigrazione, arrivano gli aiuti dell'Europa
RaiNews 16 febbraio 2011
Mentre passa il secondo giorno senza sbarchi a Lampedusa, dall'Europa arriva la promessa di aiuti finanziari all'Italia. Il premier Berlusconi - reduce da un blitz in Sicilia con il ministro dell'Interno Maroni, per visitare un Centro che potrebbe ospitare i richiedenti asilo - ringrazia. Interviene anche il capo dello Stato Napolitano, che telefona al presidente della Commissione europea Barroso. Mentre il ministro degli Esteri Frattini, rientrato da Tunisi, ammonisce: "l'allerta resta: crediamo che un enorme flusso di migrazione potenziale possa riversarsi sulle coste europee".
  Bruxelles promette aiuti all'Italia
Dopo le incomprensioni ed i litigi dei giorni scorsi tra Maroni, la Commissione europea e Frontex, oggi e' stato il giorno del disgelo. La lettera formale con le richieste dell'Italia (100 milioni di euro come contributo iniziale "per i primi tre mesi" ed un ruolo operativo di Frontex) inviata dal ministro dell'Interno e' arrivata a Bruxelles e ci sono state le prime risposte concrete. L'emergenza immigrazione, ha spiegato la commissaria europea agli Affari interni, Cecilia Malmstrom, nel suo intervento davanti alla sessione plenaria del Parlamento europeo, e' "questione che riguarda l'intera Unione Europea, non e' solo bilaterale".
  Ed in questa ottica la Ue e' "disposta ad aiutare si' l'Italia, ma anche la Tunisia". Ha quindi annunciato "aiuti finanziari urgenti" senza indicare le cifre. Le autorita' tunisine, ha aggiunto Malmstrom, "devono essere in grado di pattugliare le proprie frontiere marittime per impedire la tratta e l'operato dei trafficanti di esseri umani. Devono anche riprendere chi e' entrato in Europa senza averne diritto. Ma - ha sottolineato dobbiamo anche mirare meglio il nostro intervento favorendo una serie di misure per promuovere la ripresa economica e l'occupazione in Tunisia".
  Missione Frontex a Lampedusa
Anche Frontex ha battuto un colpo. L'Agenzia europea per il controllo delle frontiere si e' infatti detta pronta "a lanciare una propria missione" per aiutare l'Italia a far fronte al flusso straordinario di immigrati dalla Tunisia. Parteciperanno 30-50 esperti, alcune navi e un paio di aerei, oltre ai mezzi e al personale italiani.
  Berlusconi ringrazia
Soddisfatto Berlusconi che, dopo avere sollecitato ieri il presidente del Consiglio Europeo Van Rompuy, oggi ha parlato con il presidente della Commissione Europea, Jose' Manuel Durao Barroso. Il premier ha ringraziato Barroso per aver "esaminato favorevolmente le richieste italiane e in particolare per l'annuncio dato oggi dal Commissario Malmstrom di avviare una missione dell'Agenzia Frontex nell'area e di adottare un pacchetto di misure per fronteggiare l'emergenza". Barroso ha confermato a Berlusconi "il suo impegno personale e quello della Commissione Europea per assistere l'Italia in queste circostanze eccezionali". Anche il capo dello Stato Giorgio Napolitano ha avuto un colloquio telefonico con Barroso, ha fatto sapere il Quirinale, "sull'azione che si richiede al livello europeo e da parte dei governi nazionali dinanzi alla grave emergenza".
  Villaggio solidarietà nel Catanese?
In mattinata lo stesso Berlusconi, accompagnato da Maroni, ha visitato il residence degli Aranci, una struttura a Mineo, nel catanese - finora un uso ai militari americani di stanza a Sigonella - che potrebbe diventare un 'Villaggio della solidarieta" in grado di ospitare tutti i richiedenti asilo sparsi nei Centri di tutta Italia. La capienza e' di settemila persone. Servono comunque, ha spiegato Maroni, "48 ore di tempo per fare le necessarie valutazioni". Il paese (5mila abitanti), ha avvertito il sindaco di Mineo, e' tuttavia preoccupato per i possibili arrivi di migranti.
  Frattini, rischio enorme flusso in arrivo
Due giorni senza sbarchi a Lampedusa, dunque, ma Frattini non e' ottimista. "Non ci facciamo illusioni: crediamo - ha osservato il ministro degli Esteri - che un enorme flusso di migrazione potenziale possa riversarsi sulle coste europee". La Tunisia "ha intenzioni serie", ha "schierato l'esercito lungo i porti e sta presidiando le sue coste", ma "chiede aiuto" per lo sviluppo e la crescita per fermare l'inarrestabile "flusso migratorio" verso Nord. E preoccupa anche la possibile apertura di una rotta che parta dall'Egitto, dopo che stamattina un barcone con egiziani a bordo e' sbarcato a Marina di Ragusa. "Il terremoto istituzionale che si e' verificato in Egitto - per Maroni - potrebbe provocare ingenti flussi di immigrazione".
 
 
 
IMMIGRAZIONE: IMPREPARATI ALL'EMERGENZA
QUELLO CHE IL GOVERNO (NON) FA
Livia Turco PD  Antonio Panzeri PD
l'Unità 16-02-2011 
Il massiccio flusso di immigrati, per lo più provenienti dalla Tunisia, è un problema molto serio. Proprio per questo il governo italiano, più che lamentarsi nei confronti dell'Europa, farebbe bene a collaborare attivamente con essa per affrontare, con spirito costruttivo e lungimirante, l'emergenza attuale. Soprattutto sarebbe opportuno si acquisisse velocemente un'adeguata consapevolezza di ciò che sta avvenendo sulla sponda sud del Mediterraneo. Si deve comprendere che è saltato definitivamente il compromesso, in atto tra Europa (Italia compresa) e quei Paesi, basato su un semplice scambio: sostegno alla stabilità di quei regimi in ragione della lotta a terrorismo, fondamentalismo e controllo dei flussi migratori. Questo compromesso è crollato sotto i colpi di una serie di fattori e tra questi la crisi economico-finanziaria, le difficoltà di immigrazione per tantissimi ragazzi e ragazze che non riescono a trovare lavoro e, infine, l'insostenibilità di regimi, per lo più corrotti, in carica da 20 anni e oltre che hanno privato le popolazioni delle libertà fondamentali. Tutto ciò ha generato e sta generando movimenti di popolo nei diversi Paesi, movimenti che hanno posto all'ordine del giorno la conquista della libertà e della democrazia e, nel contempo, la richiesta di un rapporto profondamente diverso con l'Europa e con i vecchi Paesi colonizzatori.
Per affrontare questa situazione servono grande senso di responsabilità, spalle larghe e una politica lungimirante. L'esigenza di avere risposte immediate ai numerosi sbarchi a Lampedusa deve collocarsi in una strategia di medio-lungo periodo verso i Paesi nord-africani. Nell'immediato l'Europa, insieme all'Italia, può operare in tre precise direzioni: messa a disposizione di mezzi finanziari supplementari per far fronte all'emergenza; un "tavolo" europeo che consenta di decidere una solidale redistribuzione degli immigrati nei diversi Paesi europei; in terzo luogo, l'apertura di un confronto con il governo provvisorio tunisino, che possa portare alla predisposizione di mezzi e strumenti, compreso Frontex, capaci di fermare questo esodo in atto.
Nel breve e medio periodo è necessario rivedere le politiche di partenariato e vicinato. Serve un radicale cambiamento di approccio e un'azione che poggi da un lato su una rinnovata politica di cooperazione economica-finanziaria e sociale, dall'altro su un'intelligente politica dell'immigrazione e, dall'altro ancora, su di un sostegno effettivo alle riforme economiche e al processo di transizione democratica in corso. Solo così si potrà essere in grado di affrontare e risolvere i problemi che l'Italia e l'Europa hanno davanti. Per fare questo non servono polemiche o, peggio ancora, contrapposizioni ideologiche, serve un grande senso di responsabilità e un po' di profondità di pensiero.*
 
 
 
 
Share/Save/Bookmark
 


 

Perchè Italia-Razzismo 


SPORTELLO LEGALE PER RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO

 

 


 

SOS diritti.
Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
leggi tutto>

Mappamondo
>Parole
>Numeri

Microfono,
la notizia che non c'è.

leggi tutto>

Nero lavoro nero.
leggi tutto>

Leggi razziali.
leggi tutto>

Extra-
comunicare

leggi tutto>

All'ultimo
stadio

leggi tutto>

L'ombelico-
del mondo

Contatti


Links