Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

02 febbraio 2015

Quei guerrieri che arrivano con le carrette del mare 
È una vergogna che l`Europa non abbia mai affrontato il problema degli immigrati 
il Giornale, 02-02-2015
Francesco Alberoni
Il grande sociologo francese Gaston Bouthoul nel suo libro Le guerre ci dice che è sbagliata la nostra idea secondo cui la società 
è normalmente in pace ed entra in guerra a causa di pericoli e minacce. Le guerre ci sono perché ci sono molti maschi giovani aggressivi a cui piace la lotta e sono pronti a seguire demagoghi e capi che danno luogo a rivolte, guerre e rivoluzioni. 
Oggi in Cina e in Russia i giovani sono pacifici perché rigorosamente inquadrati. In Europa perché organizzati in scuole e imprese, negli Stati Uniti perché hanno uno sfogo nell`esercito. Mavi sono zone, in Africa ed in Asia, in cui vivono trecento milioni di giovani senza uno Stato forte e disciplinato che li educhi alla pace. È da lì che sono usciti gli islamisti del Boko Haram e quelli che fanno massacri nelle Filippine, nel Pakistan, in Afghanístan, in Somalia, in Irak, nelloYemen, in Egitto, in Libia, nel Maghreb. 
In Italia, negli ultimi anni, sono arrivati duecentomila giovani maschi provenienti da quelle aree. Li vediamo scendere dalle  carrette del mare: sono alti, forti robusti, orgogliosi. Non credo che fra di loro ci siano combattenti dell`Isis, ma si vede che sono potenzialmente dei guerrieri. Dovrebbero essere messi subito allavoro, istruiti, inseriti in un sistema disciplinato e autorevole. Ma il nostro Paese è debole, in recessione. Perciò molti restano senza lavoro, ai confini della legalità. Non parlano la nostra lingua, non leggono i nostri libri, non conoscono 
la nostra storia, disprezzano la nostra cultura, non ci stimano, non ci amano, diffidano di noi e alla fine si organizzano attorno 
alla moschea dove creano una «patria islamica». E qualcuno va col califfo delle bandiere nere. 
È una vergogna che le nazioni europee non abbiano mai affrontato il problema delle migrazioni mediterranee. La Libia e la Turchia ne hanno addirittura fatto uno sporco affare. Gli Stati europei e quelli mediterranei dovevano accordarsi per vigilare le coste, esaminare chi arriva e stabilire delle quote per sesso, religione, età, gruppo etnico. E poi organizzare l`accoglienza. Invece niente, inerzia totale. 
 
 
 
Il nuovo business dell`immigrazione: diamo la cittadinanza a chi sborsa i soldi
Avvocati senza scrupoli, funzionari corrotti e datori di lavoro disonesti hanno creato un vero e proprio mercato dei documenti 
E così si alimenta la clandestinità 
il Giornale, 02-02-2015
Stefano Filippi 
inviato a Bergamo 
I nomi sono di fantasia, la storia no. Adam e Sonja, marito e moglie, arrivano in Italia nel 1997 con le prime ondate di sbarchi dall`Albania. Ottengono il permesso di soggiorno, trovano un lavoro. Nel 2008 presentano la domanda di cittadinanza: vivono qui da oltre 10 anni e hanno la fedina penale immacolata. La legge dice che lo Stato deve rispondere entro 730 giorni. Ma i due anni passano invano. Istanze, solleciti, raccomandate per posta certificata sbattono su un muro di silenzio. 
Il 15 febbraio 2013 depositano una diffida. «Avremmo fatto ricorso al Tar del Lazio, ma l`avvocato chiese 1.500 euro che non avevamo», raccontano. Ancora nulla. Un giorno a Sonia arriva la voce che un certo avvocato sa come fare: in cambio di alcuni biglietti da 100 euro (in nero) va in questura, estrae il fascicolo e lo mette in cima alla pila di carte. In 5 anni la pratica non aveva lasciato gli uffici di polizia, ma la manina magica compie il miracolo. Dopo un mese il fascicolo vola al Viminale e dopo altri sei mesi giunge la cittadinanza. Il fascicolo del marito, invece, è sempre fermo. 
Ecco come si diventa cittadini italiani: pagando in nero avvocati senza scrupoli. Ahmed (altro nome inventato) sbarca in Italia nel 1994. Dopo aver fatto mille lavori, ora gestisce un negozio di kebab. Nel 2008 chiede la cittadinanza. Trascorrono cinque anni prima di sapere che ancora «mancano elementi informativi essenziali per la definizione dell`istanza». Le mail certificate tornano indietro perché la casella del Viminale è piena. Altro giro, altro avvocato specializzato a rastrellare pratiche di disperati a tariffa variabile: si va dai 400 ai 1.200 euro. Il legale è di Roma ma lo si incontra sovente nei tribunali del Nord. Vanta agganci sicuri al ministero. E anche Ahmed paga per avere ciò che gli spetterebbe per legge. 
«Anziché dare opportunità reali, importiamo disperazione», scuote la testa Mimma Pelleriti, responsabile delle politiche d`integrazione alla Cisl di Bergamo, in prima fila nel denunciare le scorciatoie utilizzate per diventare italiani. «Il mercato  della cittadinanza è indecente. Chi la chiede dovrebbe essere ben noto alle autorità di pubblica sicurezza: ci vogliono 10 anni di residenza effettiva e regolare in Italia, con permesso di soggiorno, lavoro, nemmeno una multa, dimostrando di essere integrati nel contesto sociale. È gente inserita che non ha mai dato problemi. Due anni per raccogliere i pareri delle forze dell`ordine di zona e valutare le istanze è un periodo congruo. Invece i ritardi burocratici aprono lo spazio al commercio clandestino delle pratiche. Ormai ottiene la cittadinanza in tempi brevi soltanto chi paga: in modo lecito (i ricorsi al Tar) o illecito (gli avvocati senza scrupoli)». 
L`Anolf di Bergamo (Associazione nazionale oltre le frontiere), ente legato alla Cisl, ha denunciato il fenomeno alla questura orobica facendo il nome di un professionista romano che naviga nel torbido. Nella segnalazione silegge che l`avvocato è a conoscenza, non si sa come né a che titolo, di nomi e telefoni di chi ha chiesto la cittadinanza, e che si propone «dietro compenso di farsi carico della pratica, riuscendo a ottenerla in breve tempo senza la necessità di rivolgersi alla giustizia  amministrativa in quanto vantava importanti amicizie tra il personale del ministero». 
Una denuncia grave: al Viminale ci sarebbero impiegati o funzionari compiacenti che, approfittando delle lentezze amministrative (o addirittura favorendole), alimentano il bazar delle concessioni, vergognoso e illegale, gestito da avvocati senza scrupoli. «La gran parte degli immigrati sono abituati a mercanteggiare su tutto - dice Adriano Allieri, responsabile di Anolf Bergamo  -, a pagare anche ciò cui hanno diritto, ma noi dovremmo dare un segnale che qui le cose funzionano diversamente». 
Ma le scappatoie per diventare italiani comprendono altri tipi di complicità, oltre a quelle delle amministrazioni pubbliche. Ci sono anche i datori di lavoro disonesti che firmano contratti di soggiorno per manovalanza stagionale che invece non viene mai assunta. Il racket dei clandestini gira a questi imprenditori-truffatori una parte dei soldi estorti ai disperati. Gli stranieri  pagano per avere un permesso temporaneo, che può andare da tre a 9 mesi, per lavorare nelle campagne, come colf o badanti, o nel turismo, in ristoranti e alberghi durante la stagione delle vacanze. 
La realtà è diversa. Sbarcano con contratti di lavoro simulati e poi restano come clandestini. Non lavorano nemmeno un giorno, ma riescono comunque a mettere piede in Italia in modo apparentemente regolare affidando sip oi all`immortale arte di arrangiarsi. La catena delle illegalità è lunga fino ad arrivare alla richiesta della cittadinanza, dove subentrano le lungaggini e le connivenze di avvocati che millantano agganci al ministero e oliano  le pratiche in cambio di soldi. 
«L`assenza di controlli in questo campo è uno scandalo - protestano Pelleriti e Allieri -. Da noi si presentano tantissimi immigrati con i contratti di soggiorno ma nessuna posizione aperta all`Inps. Basterebbe incrociare i dati delle questure e della previdenza per scoprire questo tipo di truffe e combattere la clandestinità. Perché non lo fanno? 
E perché l`Unione europea non applica controlli maggiori? In fondo, conla cittadinanzaun extracomunitario acquisisce la libera  circolazione. Ilbuonismo dilagante copre molte situazioni fuorilegge. Non è giusto e non è dignitoso per queste persone. Noi nonvogliamo essere complici di un sistema che promuove l`illegalità, ma condividere buone prassi». 
 
 
 
Lega: "Più sicurezza con legge regionale della Lombardia sui luoghi di culto"
L'assessore Simona Bordonali "Regolamentare un fenomeno significa creare una situazione di chiarezza e di legalità"
stranieriinitalia.it, 02-02-2015
Milano, 2 febbraio 2015 - Con la nuova legge regionale sui luoghi di culto "abbiamo fatto un passo in avanti in materia di sicurezza urbana".
Queste le parole dell'assessore alla Sicurezza e Immigrazione della Regione Lombardia, Simona Bordonali, in merito alla nuova legge regionale sui luoghi di culto. "Regolamentare un fenomeno significa creare una situazione di chiarezza e di legalita' - ha aggiunto Bordonali - a vantaggio di tutti i cittadini. Dispiace che per far propaganda politica ci si inventino scenari apocalittici e sviluppi surreali. Cosi' come incuriosisce notare come per l'occasione si siano tutti trasformati in costituzionalisti di spicco".
Secondo Bordonali fino a oggi le moschee di fortuna erano presenti in tutte le zone della Lombardia, magari ricavate in scantinati, senza che sussistessero basilari norme urbanistiche e di sicurezza. "Questo creava problemi enormi per la vivibilita' delle citta'. Ora invece - ha quindi fatto presente l'assessore - viene stabilito che prima di realizzare un luogo di culto ci debbano essere una valutazione ambientale sull'impatto acustico, parcheggi adeguati per non intasare la viabilita' dei quartieri e un impianto di videosorveglianza collegato con le Forze dell'ordine".
"Mi sembrano regole di buon senso che non impediscono una liberta' di culto gia' ampiamente garantita nella nostra regione - ha concluso l'assessore -. Ricordo inoltre che questa legge prevede la possibilita' di indire un referendum sulla realizzazione di nuovi luoghi di culto".
 
 
 
Carta di soggiorno. I titolari di protezione internazionale non devono versare i 200 euro
Esonerato dal contributo per il "permesso Ue per soggiornanti di lungo periodo" chi ha lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria. Rimborso a chi ha già pagato. La circolare
stranieriinitalia.it, 30-01-2015
Roma Р30 gennaio 2015 РArriva una buona notizia per i cittadini stranieri fuggiti dai loro Paesi ai quali ̬ stato riconosciuto l'asilo politico o la protezione sussidiaria in Italia.
Quelli che dopo cinque anni di residenza regolare in Italia chiedono il permesso Ue per soggiornanti di lungo periodo (la cosiddetta carta di soggiorno) non sono infatti tenuti a effettuare un versamento di 200 euro. Lo ha chiarito il ministero dell'Economia, rispondendo a un quesito posto dalla direzione centrale dell'immigrazione del ministero dell'Interno.
“Nello specifico – spiega una circolare diffusa il 27 gennaio dal Viminale – è stato chiarito che quel contributo non è dovuto nei casi di istanza di permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo richiesto dai titolari di protezione internazionale (asilo e protezione sussidiaria) atteso che gli stessi sono già in possesso di un permesso di soggiorno esente da tale obbligo”. Gli uffici immigrazione delle Questure che esaminano le domande non dovranno quindi più accertare il versamento.
L'esonero ha anche effetto retroattivo. “Gli stranieri titolari di protezione internazionale che hanno già provveduto al versamento del predetto contributo – si legge ancora nella circolare – hanno diritto a chiedere il rimborso delle somme non dovute”. Il rimborso uò essere chiesto all'Ufficio stranieri della Questura, compilando un modulo e allegando un “nulla osta al rimborso” rilasciato dallo stesso ufficio oltre alla ricevuta del versamento.
 
 
 
Immigrazione, 28 i profughi senza tetto
Continua ad aumentare il numero di richiedenti-asilo non coperti da convenzione. E le strutture d’accoglienza “scoppiano”
Il Piccolo, 01-02-2015
Francesco Fain
Siamo punto e a capo. E, francamente, non serviva essere dei maghi infallibili per prevedere che le cose si sarebbero (ri)messe così. Parliamo dei richiedenti-asilo. Il loro arrivo in città è incessante: solo che, rispetto al passato, non arrivano più gruppi da 50/60 persone in un colpo solo ma uno, al massimo due profughi al giorno. E così, con il passare dei giorni, aumenta il numero di migranti senza convenzione, senza un tetto.
Illuminante la lettura della tabella fornita dalla questura di Gorizia che riproduciamo nel grafico a fianco. Contiene i dati dell’Ufficio immigrazione che “disegnano” un quadro aggiornatissimo della situazione. Il numero saliente è 28: 28, infatti, sono i richiedenti-asilo attualmente privi di alloggio. Sono persone che dormono chissà dove: forse in riva all’Isonzo, forse in qualche area verde della città. Probabilmente, anzi quasi certamente, inizierà a risuonare il campanellino d’allarme quando si raggiungerà la cifra fatidica di cinquanta: allòra, ne siamo certi, ricominceranno le riunioni in Prefettura, gli appelli a concretizzare la famosa accoglienza diffusa, gli inviti a trovare strutture “perché quelle persone non possono dormire all’addiaccio”. Insomma, un film già visto, assai poco appassionante perché si sa già come va a finire.
Ma leggiamo attentamente il resto del grafico che si presta ad altre interessanti considerazioni. Oggi, in provincia di Gorizia, risultano esserci 507 immigrati, di cui 369 (vale a dire il 72,8%) che avevano già presentato istanza di asilo politico in un altro Paese europeo e se l’erano vista respingere. Sono quelli che il prefetto Zappalorto, un paio di mesi fa, definì “furbetti” e che, invece, l’assessore Ilaria Cecot definisce profughi a tutti gli effetti. Ebbene: 232 di questi risultano essere “alloggiati” a Gorizia. Centocinquanta sono al Nazareno che dopo la recente convenzione ha raddoppiato tout court la sua capienza per l’insoddisfazione palese del sindaco Ettore Romoli. Poi, ci sono i 40 migranti che risiedono pressoché in pianta stabile all’hotel Internazionale in via Trieste. Proseguendo nell’analisi statistica, ci sono venti persone che hanno ricevuto un letto al dormitorio Faidutti di piazza Tommaseo (Piazzutta) mentre cinque sono ospitati in un’abitazione privata. A questi vanno aggiunti, appunto, i 28 che figurano essere privi di alloggio e i 15 che il Comune di San Canzian d’Isonzo ha ospitato in località Terranova.
A Gradisca d’Isonzo c’è il Cara che oggi offre accoglienza a 247 persone: anche in questo caso la capienza è stata ampliata, nonostante le resistenze e le forti perplessità del sindaco Linda Tomasinsig. Sullo sfondo le parole di don Paolo Zuttion, il quale è pienamente consapevole che per concretizzare il progetto di accoglienza diffusa (da molti, se non da tutti indicato come la soluzione di tutti i problemi) ci vorrà tempo. «Si, stiamo lavorando perché tutti i Comuni si facciano carico di piccoli gruppi di richiedenti-asilo ma è chiaro che tutto ciò non si concretizzerà in pochi giorni». Intanto, dicevamo, il Cara “allargato” continua ad essere, appunto, allargato: quella che doveva essere un’esperienza che doveva durare l’arco di tre/quattro giorni sta continuando e non ci sono notizie nuove riguardo le trattative con l’albergo di Grado che doveva “assorbire” dai 40 ai 50 stranieri...
 
 
 
"L’arte dei rifugiati", in mostra a Roma le opere realizzate con materiale di riciclo
Le opere in mostra a Roma sono state create con materiali riciclati e realizzate da rifugiati politici di area sub-sahariana. Dieci tonnellate di plastica trasformate in oggetti d'arte funzionali, colorati e allegri. In beneficenza una parte del ricavato della vendita degli oggetti
Redattore sociale, 01-02-2015
ROMA - Il Museo Carlo Bilotti di Roma ospiterà fino al 22 febbraio 2015 la mostra “L'Arte dei Rifugiati. Un contributo di Refugee ScArt alla città eterna”. Gli oggetti ed i grandi teli creati con materiali di riciclo, sono stati realizzati da un gruppo di rifugiati politici di area sub-sahariana, arrivati nella capitale in cerca di protezione. Lo scopo dell’esposizione è principalmente quello di “dare visibilità ad un progetto che si distingue, oltre che per l'impegno civico e l’aspetto umanitario, anche per la qualità ed originalità estetica delle realizzazioni, in cui la perizia artigianale diventa capacità progettuale, design ed espressione artistica”.
Plastica trasformata ad arte. Le opere sono state create con i rifiuti raccolti proprio nelle vie e nelle piazze su cui si affacciano i monumenti ritratti, i rifugiati hanno trasformato la plastica “in materia culturale altrimenti apprezzabile e usufruibile nel tempo”. In poco più di tre anni, con il progetto “Refugee ScArt” della Spiral Foundation, 10 tonnellate di “plasticaccia” romana, sono state trasformate in oggetti d'arte funzionali, colorati ed allegri “che sorprendono e commuovono per la cura e la fantasia della loro esecuzione”. L'intero ricavato di tutte le iniziative promosse dal 2011 ad oggi torna ai rifugiati, che a loro volta, aiutano altre persone che ne hanno bisogno, devolvendone una parte al Poliambulatorio mobile di Castel Volturno.
“Contribuire al bene comune”. Su di loro lo scrittore Erri De Luca ha detto: "arrivati da lontano, spaesati e senza conoscere la nostra società, essi riescono a dare scopo e dignità alle loro mani buone a tutto ricavando valore dall'ultimo stadio della merce. Essi sanno scoprire immediatamente un nostro punto debole in cui può essere prezioso il loro aiuto, e si inventano un modo per trasformare una nostra debolezza, i nostri scarti, in un reddito per loro ed un aiuto per noi. Grazie a Refugee ScArt i vuoti a perdere diventano pieni a rendere".  I rifugiati che arrivano in Italia in cerca di protezione, si legge nel progetto, possono “contribuire al bene comune, supportare se stessi e le loro famiglie in Africa e aiutare altri e creare bellezza ringraziando la città che li ha accolti”. (slup)
 
 
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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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