Primavera antirazzista

Il primo marzo degli immigrati rientrava nell’iniziativa “primavera antirazzista” sostenuta da diverse organizzazioni: Acli, Arci, Cgil, SoS razzismo e Uil, tra le  altre. La promozione e la tutela dei diritti dei migranti sono l’obiettivo delle manifestazioni che si svolgeranno in molte città d’Italia fino al 21 marzo. Tra queste lo sciopero nazionale del 12 di quel mese,  indetto dalla Cgil, in cui si chiederà: l’abolizione del reato di clandestinità;  la sospensione della Bossi-Fini per i migranti in cerca di una nuova occupazione  (il tempo concesso oggi  è di appena 6 mesi); l’estensione dell’articolo 18 del Testo Unico sull’Immigrazione, affinché il reato di caporalato sia equiparato a quello della tratta degli esseri umani; la regolarizzazione degli immigrati che lavorano. Una manifestazione all’insegna dell’emersione di vite condotte nell’invisibilità, private, in questo modo, della possibilità di godere di diritti e di assumersi i doveri di ogni persona giuridica. L’effetto di tale invisibilità è dannoso non solo per chi ne è vittima (lo straniero, appunto), ma anche per chi, non “vedendo” l’altro (non conoscendolo), è indotto ad averne diffidenza e paura. D’altra parte, “emergere” come soggetto collettivo e come persona, come individuo e come cittadino, ha molte altre conseguenze: si diventa percettori di reddito e dunque titolari di una posizione fiscale, destinatari di tutela previdenziale e contribuenti del sistema del welfare. In prospettiva, elettori ed eletti. Meno folla minacciosa, più interlocutori e compagni di lavoro, di scuola, e, magari, di vita.
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