Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

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                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

17 febbraio 2011

Campi nomadi, oggi il vertice
Alemanno incontra questore e prefetto: «Entro l'anno via tutti gli accampamenti abusivi»
Il Messaggero, 17-02-2011
ELENA PANARELLA
Mentre si stanno cercando soluzioni alternative alle tendopoli, come le caserme, casolari oppure stabili simili all'ex cartiera di via Salaria, dal Campidoglio arriva il «no definitivo» al progetto di un insediamento temporaneo di rom a Villa Troili. Le ruspe erano già state fermate lunedì mattina, dopo le proteste non solo del minisindaco di centrosinistra Fabio Bellini, ma anche da parte del presidente della commissione sicurezza Fabrizio Santori e dei residenti. «Ho incontrato il presidente del XVI Bellini, la Giunta Municipale e i consiglieri del Pdl dello   stesso municipio - ha spiegato Alemanno - Al termine dell'incontro ho chiamato il prefetto Pecoraro, commissario straordinario per l'Emergenza Nomadi nel Lazio, e gli ho espresso il parere negativo definitivo alla realizzazione della tendopoli a Villa Troili.
 Il luogo scelto è troppo vicino alle abitazioni e l'impegno preso con i cittadini deve essere salvaguardato».
E così si riparte da zero, una volta per tutte. Il Campidoglio pensa a soluzioni    alternative agli accampamenti temporanei per accogliere i nomadi che attualmente vivono negli insediamenti abusivi. Una soluzione potrebbe essere quella di sistemare queste persone non solo in aree attrezzate ma anche in caserme dismesse. «Ho sentito il ministro e mi ha spiegato quali sono le prospettive, che sono molte e interessanti», prosegue il sindaco. Allo studio l'ipotesi di utilizzare militari della Croce Rossa italiana all'interno dei campi, ma anche ripristinare l'attività di ausilio degli uomini dell'esercito per sgomberare le aree occupate. Tra i progetti immediati anche quella di un'ordinanza del sindaco con la quale obbligare i proprietari di aree private, appena sgomberate, dì recintarle per impedire nuove occupazioni.
Oggi l'incontro decisivo, ma soprattutto operativo, tra Alemanno, il Prefetto e il Questore: «Stiamo mettendo a punto un piano molto significativo e positivo sia sul versante della sicurezza che della solidarietà». Quanto ai nuovi stanziamenti, «stiamo trattando; però la possibilità di completare il piano nomadi ci sarà, per dare una svolta entro l'anno sgomberando tutti gli accampamenti abusivi e tollerati». Il primo intervento? «A breve - risponde il sindaco - sulla collina di Monte Mario, ma la lista dei siti pericolosi è lunga». In merito alle lamentele nei confronti dei campi autorizzati, il sindaco ha tranquillizzato tutti dicendo che «sono campi che non devono e non possono creare problemi per i territori anche se ovviamente saranno insediati in luoghi lontani dai centri abitati». Critiche forti dal Pd: «È ormai evidente come è accaduto anche in questi tre anni che sul piano Rom vige una situazione di costante confusione a danno della città e delle comunità rom che sta a testimoniare in realtà l'assenza del piano».



La cittadella di 60 famiglie rom nell'ex fabbrica Mira Lanza tra baracche di legno e rifiuti
Il Messaggero, 17-02-2011
Nell'ex saponificio Mira Lanza, una serie di spazi e capannoni pericolanti, nascosti tra i palazzoni di viale Marconi (a pochi passi da piazzale della Radio), ci sono solo degrado, miseria, abbandono. Nel 2008 un grosso incendio avvolse una serie di baracche (fortunatamente la tragedia fu solo sfiorata) ma a distanza di tre anni l'area è nuovamente occupata. Oggi ci vivono sessanta nuclei familiari. Per l'esattezza: duecento adulti e 40 minori (tra questi anche bambini di pochi mesi).
«Sono quasi tutti di nazionalità romena, con una piccola comunità di cittadini nordafricani», spiegano gli uomini del Nae (nucleo assistenza emarginati) del XV Gruppo della polizia municipale, diretti dal comandante Maurizio Maggi, che quotidianamente cercano di assistere queste persone e mantenere l'area sicura.
L'ex saponificio è una specie di cittadella, con una serie dì labirinti, costruita all'interno di grossi edifici risalenti all'inizio del secolo scorso. Nel 1918, infatti, la Fabbrica di candele di Mira S. A. (successivamente Società Mira Lanza S.A.) acquistò lo stabilimento della "Società Colla e Concimi" sull'Ostiense e in parte riutilizzando le strutture già edificate (queste attualmente occupate), insediò una attività industriale che, sempre partendo dall'impiego di scarti della macellazione, produceva candele e saponi.
Oggi, in quello stesso luogo che costeggia il Teatro India (un grande insediamento industriale sulle rive del Tevere, ben recuperato), c'è solo un grosso accampamento di disperati, totalmente privo di misure igjenico-sanitarie e circondato da montagne di rifiuti e carcasse di topi morti. Accanto al villag¬gio, c'è un altro stabile, molto più basso (ma con un grande spazio a disposizione) che dovrebbe ospitare la nuova sede dell'Accademia     Nazionale d'Arte   drammatica   "Silvio D'Amico", pronta a traslocare ormai da diverso tempo. Seimila metri quadri destinati a sale, laboratori, teatri di posa ma che, in realtà, sono ancora soltanto uno spazio semi-abbandonato.
«Dopo una serie di riunioni (l'ultima il 24 giugno scorso, tenutasi presso il Coordinamento politiche per la Sicurezza, in via San Marco) - scrive in una   nota    (n.    protocollo A/2886 dell' 11/10/20 IO) il presidente dell'Accademia, Mino-li - si era ribadita la necessità di procedere al completamento della procedura amministrativa di assegnazione definitiva a titolo gratuito, del manu-fatto appartenente al Complesso ex Mira Lanza, già peraltro assegnato all'Ac-cademia, con la procedura dell'immissione in possesso avvenuta nel 2008».
E proprio a seguito di questa immissione, l'Accademia si è fatta carico della totale messa in sicurezza dello spazio del manufatto, bonificato e recintato da un grosso cancello. Il Miur (ministero dell'Istruzione dell'università e della ricerca) ha già assegnato all'Accademia due milioni di euro, per i primi lavori di ristrutturazione, fondi che però non possono essere utilizzati prima che si concluda il definitivo procedimento di assegnazione. Il presidente della Commissione Sicurezza, Fabrizio Santori, ha fatto un sopralluogo per rendersi conto della situazione attuale in cui versa l'area, dopo le decine e decine di segnalazioni arrivate in Commissione: «La situazione è esplosiva, pericolosa per gli occupanti del complesso Mira Lanza e per gli abitanti
del quartiere. Senza dimenticare le attività commerciali adiacenti, gli alberghi e il teatro. Insomma bisogna pensare a una soluzione immediata, così come per altre realtà simili a questa, ma una volta sgomberate queste aree bisogna recintarle per evitare nuove occupazioni».



L'ex prefetto ammette di aver fallito ai tempi di Veltroni e attacca Alemanno: sbagliata l'abitudine di fare annunci
Serra: "Ora decisioni politiche e scelte impopolari' '
la Repubblica, 17-02-2011
BISOGNA dar atto ad Alemanno di aver spostato il Casilino 900, ma non è così che si risolve la questione». Achille Serra, ex prefetto di Roma, eletto con il Pd al Senato e da poco responsabile nazionale dell'Udc per la sicurezza e i rapporti con la pubblica amministrazione .
Senatore, come si risolve la questione rom?
«È doveroso tornare ai Patti della solidarietà firmati con Veltroni che prevedevano casette fabbricate, viali illuminati, piccoli uffici che avviassero al lavoro donne e uomini, lo scuolabus per i bimbi, un fondo riempito da Regione, Provincia, Comune e ministero dell'Interno. Fondo che doveva essere gestito dal prefetto. Si doveva poi creare una commissione tecnica per individuare i siti. Noi non ci siamo riusciti».
Perché avete fallito?
«Appena individuavamo un'area qualcuno fomentava le popolazione. L'opposizione dell'epoca sbagliò: il quartiere dove arriva il villaggio della solidarietà diventa molto più sicuro perché le forze dell'ordine devono controllarlo 24 ore al giorno. Lo prevedeva il patto».
Lei provò anche a spalmare i rom in tutta la Regione.
«Ebbi un no deciso di tutti, alla faccia della solidarietà e dell'accoglienza. Credo ci abbia provato ancora Pecoraro».
E nella commissione tecnica chi dovrebbe entrare?
«Tutte le forze politiche: se sono maggioranza, non ti metto il villaggio dove c' è un bacino elettorale per me, eco sì l'opposizione. Occorre una scelta politica».
E i rappresentanti di rom suiti?
«Vanno coinvolti nella commissione, con i capi dei campi, molto ascoltati tra la loro gente. Chi si vuole integrare va nel villaggio,malaparola integrazione non suona bene: se aspettiamo che siano rom a venirci incontro non otterremo nulla. Siamo noi che dobbiamo andare incontro a loro»
Come giudica la politica del sindaco Alemanno su immigrazione e integrazione?
«Totalmente sbagliata: tanti annunci, dicevamo "arriviamo noi e cacciamo i rom". Hai voglia a dire che la stragrande maggioran-za sono italiani e gli altri sono romeni. È giunto il tempo di dire anche cose impopolari, che sono la realtà: se vogliamo che i bimbi rom vadano a scuola, non possiamo mettere i villaggi lontani da tutto. Se continuiamo con gli spot elettorali non concluderemo nulla».
Da ex prefetto, come giudica il lavoro del commissario Pecoraro?
«Bravissimo, ma se non si attua quanto avevamo previsto, non c'è prefetto che tenga».



Immigrazione: sale tensione a Lampedusa, verso sciopero fame
1814 migranti sull'isola preoccupati per paura rimpatrio coatto
(ANSA) - PALERMO, 17 FEB - I 1814 immigrati che si trovano ancora a Lampedusa minacciano di attuare uno sciopero della fame se non verranno trasferiti in tempi brevi dall'isola. Tra gli extracomunitari, in gran parte tunisini, comincia infatti a serpeggiare la paura che possano essere rimpatriati. Alcuni di loro sostengono di avere raccolto queste ''voci'', che non hanno pero' alcuna conferma ufficiale, dai loro parenti in Tunisia.
I migranti sono attualmente suddivisi tra il centro di accoglienza, riaperto domenica scorsa, e i locali dell'area marina protetta, in precarie condizioni igieniche. (ANSA).



Immigrazione: quarta notte senza sbarchi a Lampedusa
Sospese ricerche barcone, forse rientrato o falso allarme
(ANSA) - LAMPEDUSA (AGRIGENTO), 17 FEB - Per la quarta notte consecutiva non si sono sono registrati sbarchi di migranti a Lampedusa, anche a causa delle cattive condizioni del mare. La centrale operativa della Capitaneria di Porto di Palermo che coordina le operazioni di soccorso, ha intanto comunicato che sono state sospese le ricerche di un barcone segnalato ieri nel Canale di Sicilia. L'imbarcazione, che secondo le segnalazioni trasportava centinaia di migranti, potrebbe essere rientrata a causa delle avverse condizioni del mare, anche se la Guardia Costiera non esclude che si sia trattato di un falso allarme.



Lampedusa, si cerca un barcone scomparso  Maroni: «Emergenza umanitaria»
Avvenire, 17-02-2011
Sono stati sospesi i voli di trasferimento degli immigrati previsti oggi da Lampedusa e il sindaco dell'isola lancia l'allarme: "sono preoccupato, l'isola è al collasso", dice. Il motivo della sospensione dei 4 voli previsti oggi non è chiaro, anche se é presumibile che il problema riguardi l'individuazione di centri dove ospitare i migranti.  A Lampedusa per il terzo giorno consecutivo non si sono registrati sbarchi ma un aereo della guardia costiera di Lampedusa sta perlustrando il canale di Sicilia alla ricerca di un barcone di 45 metri, carico di immigrati che sarebbe partito ieri dalla Tunisia di cui non si hanno più notizie.
Gli sbarchi di questi giorni (3mila arrivi tra l'11 ed il 13 febbraio 'rappresentano "una vera e propria emergenza umanitaria che il Governo ha affrontato con soluzioni concrete ed immediate". Lo ha detto il ministro dell'interno, Roberto Maroni, nel corso del question time alla Camera, spiegando che ad oggi sono ospitati nel Centro di Lampedusa 1.923 maschi adulti, più 30 donne in una struttura del Comune.
Gli sbarchi a Lampedusa sono il sintomo di una "situazione grave. Noi abbiamo lanciato l'allarme alla Ue, non solo per gestire l'emergenza umanitaria ma per un intervento politico nel Maghreb: è impensabile che di fronte a questa crisi le istituzione europee stiano solo a guardare".
Ha detto continuato il ministro dell'interno. "Dopo il mio intervento, quello del premier Berlusconi e del presidente della Repubblica Napolitano - ha aggiunto -  le nostre richieste sono state accolte e dalla prossima settimana ci saranno azioni specifiche da parte delle istituzioni europee, in primis la riunione del Consiglio Gai".
 


Lampedusa, barcone disperso: si teme strage
Maroni insiste: per giorni Ue immobile. Sei immigrati passano la notte nella villa di Baglioni. L'emergenza sbarchi entra nell'agenda del prossimo vertice europeo
la Repubblica, 17-02-2011
CATERINA PASOLINI
Niente sbarchi, per il terzo giorno consecutivo, a Lampedusa dove però restano 1500 degli oltre cinquemila tunisini giunti nei giorni scorsi. Sono stipati nel centro di accoglienza nato per ospitarne la metà, mentre sei di loro l'altra notte hanno invaso la casa del cantante Claudio Baglioni senza fare danni ma approfittando delle scorte alimentari e della cantina. Il sindaco di Lampedusa denuncia che l'isola "è ormai al collasso", e si dice seriamente preoccupato che la situazione sino ad ora pacifica possa degenerare. Oggi incontrerà a Roma il ministro dell'Interno Maroni che ieri, al question time alla Camera, ha ribadito le critiche già mosse nei giorni scorsi verso l'Unione europea: "È incredibile che di fronte a questa crisi le istituzioni europee siano rimaste a guardare". Salvo poi esprimere apprezzamento per il commissario europeo agli Affari interni, Cecilia Malmstrom ("Nessuna polemica contro di lei che anzi è stata un esempio di collaborazione") e prendere atto che, dopo le forti pressioni dell'Italia, il tema dell'immigrazione è stato inserito nell'agenda del vertice Ue del 24-25 marzo prossimi.
Sciacallaggio, aperta un'inchiesta Il mare in tempesta rende comunque difficili gli sbarchi in queste ore mentre restano frammentate e confuse le informazioni dalla Tunisia. Così cresce la preoccupazione per un barcone di 45 metri che sarebbe partito martedì dall'Africa e poi improvvisamente scomparso. Sono partite le ricerche della grossa imbarcazione che sarebbe stata avvistata per l'ultima volta a 80 miglia dall'isola. Si teme una nuova tragedia, ma si spera che, viste le condizioni del mare, sia tornata nel porto di partenza anche perché non ne è stata trovata traccia: un velivolo ha perlustrato per tutto il giorno inutilmente il canale di Sicilia.
E su quelle imbarcazioni di fortuna, e soprattutto contro i predoni di Lampedusa che hanno rubato eliche, timoni e benzina dalle barche attraccate, la procura di Agrigento ha aperto un'inchiesta. I magistrati hanno acquisito agli atti il video di Repubblica che denuncia e mostra il cimitero delle carrette del mare con le quali i migranti arrivano in Sicilia. Imbarcazioni solo teoricamente sotto sequestro perché oggetto di indagine e invece spogliate di ogni pezzo usato poi come souvenir nelle case degli isolani o rivenduto al miglior offerente.
Il corteo: "Grazie Lampedusa"
Sono otto, ha ricordato ieri Maroni, le richieste che il nostro governo ha presentato alle autorità europee: dal coinvolgimento dell'agenzia Frontex al pattugliamento congiunto delle coste tunisine all'introduzione del principio della suddivisione tra i paesi degli oneri per rifugiati e richiedenti asilo e immigrati. A proposito di immigrati, l'80 per cento dei tunisini vorrebbe trasferirsi in Francia ma Parigi ha fatto sapere che accoglierà solo quelli col visto.



VERE EMERGENZE SOLITE FRASI
ACCUSE ALL'EUROPA ~ E PIANO MARSHALLL
l'Unita, 17-02-2011
Emma Bonino
VICEPRESIDENTE DEL SENATO
Di fronte agli ultimi sbarchi dei tunisini sulle nostre coste il governo ricorre ad un evergreen, quello di chiamare in cau¬sa l'Europa facendo fìnta di non sapere che se una politica comune in materia di immigrazione non esiste ciò è dovuto alle resistenze degli Stati membri. Ma cosa si chiede esattamente all'Europa? A parte soldi e pattugliamenti dell'agenzia europea Frontex, su cui Bruxelles si è resa disponibile, anche una condivisione dei rifugiati? In questo caso occorre capire di che parliamo: nel 2010 l'Italia ha accolto meno di 7 mila richieste di asilo, mentre Germania e Francia ne hanno accolte 40 mila ciascuno, Svezia 30 mila, Belgio 20 mila. Anche di fronte all'emergenza umanitaria di questi giorni si continua ad ignorare questo diritto fondamentale, che non permetterebbe di trattare i profughi tunisini come semplici clandestini. Ma anche volendo considerare questi profughi come normali immigrati irregolari, si dovrebbe applicare lo stesso la legge europea. Infatti la direttiva rimpatri, che non è stata per ora recepita nelle Legge comunitaria a causa di un blitz della maggioranza al Senato, prevede - come riconosciuto dalla circolare del ministero dell'Interno del 17 dicembre 2010 - una serie di garanzie che vedono la reclusione nei Cie come una extrema ratio. Invece i primi provvedimenti per molti degli arrivati sono stati proprio il trasferimento nei Cie.
In tale difficilissimo frangente è irrinunciabile un ritorno alla legalità delle nostre istituzioni. Per questo i Radicale hanno lanciato un appello al Parlamento, che in questi giorni continua a discutere della Legge comunitaria alla Camera, perché venga recepita la direttiva rimpatri e quella altrettanto importante sul lavoro nero degli immigrati. All'appello, firmato da numerose associazioni di immigrati, è possibile aderire scrivendo a: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. .
Infine, poiché i sommovimenti nati dalla "rivoluzione dei gelsomini" in Tunisia avranno ripercussioni sull'intera regione, il ministro Frattini ha evocato un altro evergreen, quello di un Piano Marshall. A parte chiedersi da chi finanziato, siamo sicuri che questo approccio all'insegna della triade crescita-sviluppo-stabilità sia la risposta adeguata? Da parte nostra ripetiamo quello che sosteniamo da anni: la gamba economica deve essere abbinata a quella istituzionale, vale a dire ad un progetto - questo sì europeo - a sostegno della libertà, della democrazia e dello stato di diritto. Senza i quali non si capisce come si possa parlare di una visione a medio e lungo termine.*
 


Un summit europeo a marzo
Corriere della Sera, 17-02-2011
ROMA — Dopo le forti pressioni dell'Italia,  il tema dell'immigrazione è stato inserito nell'agenda del vertice Ue del 24-25 marzo prossimi. Un primo confronto tra i 27 sull'emergenza sbarchi si terrà comunque il 24 febbraio al Consiglio affari interni e giustizia (Gai) dell'Unione, a Bruxelles. Il giorno prima, a Roma, si riuniranno invece i ministri dell'Interno di Italia, Francia, Cipro, Grecia, Malta e Spagna, per affermare una linea comune in vista del Gai. Era stato il premier Silvio Berlusconi a sollecitare, nel corso di una telefonata con il presidente europeo Herman Van Rompuy, di dedicare un vertice alla Questione dell'immigrazione sulla base della convinzione che si tratta di una questione europea e non solo italiana. Soddisfatto dell'intervento di Bruxelles il ministro dell'Interno Roberto Maroni, secondo cui è «impensabile che di fronte a questa crisi le istituzioni europee stiano solo a guardare». Francia e Germania, però, mettono le mani avanti ed escludono di accogliere i tunisini sbarcati in questi ultimi giorni sulle coste italiane.



EMERGENZA • Il primo vertice sarà a fine marzo
L'Europa non abbocca
il manifsto, 17-02-2011
Alberto D'Argenzio
BRUXELLES
Cinquemila cinquecento ventisei. E' questa la cifra dei migranti approdati sulle coste italiane dal primo gennaio al 13 febbraio. Gran parte, 5.031, a Linosa e Lampedusa, gli altri sparsi tra Sicilia, Calabria, Sardegna e Puglia. A dare i numeri di quello che Maroni chiama, molto in prospettiva, «un esodo biblico» è Frontex, l'Agenzia per il controllo esterno delle frontiere della Ue. Gli sbarchi da domenica si sono arrestati, vuoi per le bizze del mare e vuoi per il controllo che l'esercito e la polizia tunisina hanno ripristinato nei porti del paese, e non sono nemmeno attese a breve partenze in massa dall'Egitto, paese in cui lo Stato non è collassato come invece è successo in Tunisia.
I numeri sono quindi questi, almeno per ora, e sono tali da non dare certo il peso di un'emergenza, come inve-ce vuol far credere l'Italia all'Europa. L'Ue - che peraltro è solitamente lentuccia nel reagire a qualsiasi emergenza - non abbocca, non ha fretta. Lo si capisce perfettamente dal fatto che del tema si parlerà sì in un vertice di capi di Stato e di governo, proprio come aveva chiesto Berlusconi lunedì sera via telefono al presidente del consiglio Ue Herman Van Rompuy, ma solo a quello del 24-25 marzo. Non prima. «Si sta valutando positivamente la richiesta proveniente dall'Italia ed anche da Malta - afferma una fonte vicina al presidente - e se ne parlerà molto probabilmente al Consiglio del 24-25». Per oggi o domani è attesa una lettera di Van Rompuy ai 27 in cui scioglierà il nodo indicando, afferma sempre la fonte, «come il tema verrà trattato, nel quadro del dibattito sui cambiamenti che stanno avvenendo nei paesi del nord Africa. Senza dimenticare che il successivo vertice di giugno sarà dedicato al tema dell'immigrazione".
Berlusconi aveva chiesto un Consiglio straordinario ad hoc, dovrà accontentarsi di discuterne a fine marzo. Prima toccherà invece ai ministri dell'interno che il 24 febbraio si riuniscono a Bruxelles. «La presidenza ungherese -spiega il portavoce Gergely Polner - fa il suo meglio per aiutare l'Italia a mettere il soggetto nell'agenda nella maniera più efficace possibile: se ne discuterà probabilmente a pranzo». Da parte sua la Commissione Ue ripeteva ancora ieri che è pronta a fare quanto richiesto da Roma, ossia fornire sostegno economico e preparare il lancio di una missione di pattugliamento di Frontex nel Canale di Sicilia.
Insomma, il problema esiste per l'Europa, ma non è un'emergenza. Lo dicono anche le parole che giungono da Berlino. Ieri il ministro degli interni Thomas de Maiziere ha fatto notare che «l'Italia è sotto pressione ma non è affatto sovraccarica», chiudendo la porta all'accoglienza di una parte dei richiedenti asilo giunti dalla Tunisia sulle coste italiane. Il tema della ripartizione dei richiedenti asilo tra i 27 è uno di quelli cari a Maroni, ma non esiste al momento nessun meccanismo comunitario per procedere alla suddivisione, sono gli Stati membri che, se ben intenzionati, devono fare un passo avanti. E la Germania dice no, mentre la Francia si è detta disposta ad accoglierne, ma pochissimi.
 


Italia, il biblico fallimento
il manifesto, 1702-2011
Alessandro Dal Lago
Il panico che ha in questi giorni ha visibilmente afferrato alla gola Maroni e Berlusconi - quest'ultimo nel bel mezzo di quella che speriamo essere l'ultima puntata della sua saga politica - non si spiega evidentemente solo con gli sbarchi dei giovani tunisini. Né con quello che l'ineffabile Fratóni ha definito un possibile «esodo» biblico dal mondo musulmano. Per cominciare, c'è il fallimento visibile della politica della porta chiusa che l'attuale governo, non diversamente da quelli che l'hanno preceduto, ha spacciato nell'opinione pubblica come la sola possibile risposta alle migrazioni.
Nessuna frontiera è impermeabile, e tanto meno una marina. Quando Frattini dice che bisognerebbe pattugliare le coste tunisine come quelle albanesi nel 1997, dimostra quanto sia angusta l'immaginazione di questi nostri governanti. A parte le tragedie, come quella della Kater i Rades, evidentemente provocate da qualsiasi risposta militare e paramilitare alle fughe in mare, c'è un evidente problèma politico, e cioè il ruolo del nostro governo nel puntellare i regimi oggi traballanti dell'Africa del nord.
Non c'è un solo governo oggi scosso dalle contestazioni di massa che non sia stato appoggiato e foraggiato dall'Occidente in chiave di «sicurezza», e cioè del mantenimento dello status quo in Palestina, dell'appoggio diretto o indiretto alle guerre e del mantenimento della pax petrolifera. Ne) caso dell'Italia, la questione si aggrava con i patti che Amato, Pisanu e Frattini hanno stipulato con Tunisia e Libia (per citare i casi più noti), e cioè Ben Ali e Gheddafi, perché bloccassero i migranti, loro e dell'Africa sub-sahariana. In barba a qualsiasi retorica etica o umanitaria, i nostri governi hanno lasciato, a suon di quattrini, che simili regimi gestissero i loro lager e le loro cinture di protezione dai migranti in nostro nome, lì non sorprende affatto che i nostri nuovi alleati, divenuti da un giorno all'altro democratici e affidabili, sfruttassero a modo loro questi miserabili accordi, allargando le maglie, secondo convenienza, per incassare di più.
Kd ecco che dall'Egitto alla Libia, dall'Albania alla Tunisia, la gioventù si ribella, proprio in nome di quei principi democratici che sarebbero il vanto della superiore civiltà politica della Riva nord del Mediterraneo. Una bella sfida a un'Europa incarognita dalla crisi e depressa dal pugno di ferro dei custodi delle finanze. Ma anche uno schiaffo politico e morale al nostro paese, che pensava di cavarsela con la politica degli occhi chiusi e delle elargizioni di milioni di Euro ai tirannelli. Perché le rivolte di questi giorni sono anche una protesta contro l'ordine internazionale che ha coccolato o coccola Sali Berisha, Ben Ali, Mubarak o il re del Marocco perché tengano i loro giovani buoni buoni e soprattutto lontani dalle nostre coste.
Il mondo cambia con una velocità che né Trattini, né Berlusconi, né le ingessate autorità europee, ahimé per loro, sanno prevedere. Fino all'altri ieri, sembrava che il pericolo islamico fosse alle porte. Oggi sono le aspirazioni democratiche, la voglia di libertà, l'insofferenza per la corruzione e la repressione di questa gioventù che sfila per le strade delle metropoli nordafricane. Una gioventù laica così simile alla nostra, così vicina, e non solo perché manifesta a poche centinaia di chilometri dalla Sicilia e dalla Grecia.
Se la risposta fosse solo quella delle motovedette e dei dragami¬ne non sarebbe solo un misero ripiego, foriero di ulteriori tragedie in mare. Sarebbe un insulto a questa democrazia in movimento che oggi fa respirare una nuova aria nel mondo mediterraneo e non solo in quello.



Intervista a Laura Boldrini
«Non tirino la corda Lampedusa è una polveriera»
Subito ì trasferimenti chiede la portavoce dell'Unhcr. «Ma portare a Mineo chi è già in un percorso di protezione è sbagliato»
Chi è
Una vita dalla parte di migranti e rifugiati
LAURA BOLDRINI
49 ANNÌ PORTAVOCE UNHCR
Dal 1998 lavora come Portavoce dell'Alto Commissariato per i Rifugiati (UNHCR). In questi anni si è in particolare occupata dei flussi di migranti e rifugiati nel Mediterraneo.
l'Unità,17-02-2011
MARIAGRAZIA GERINA
ROMA
Non si può tirare la corda, ci sono ancora 2mila tunisini sull'isola, se non si provvede a trasferirli, qui si rischia la polveriera», avverte da Lampedusa Lau¬ra Boldrini, portavoce dell'Alto commissario Onu per i rifugiati, che, da Lampedusa, pur molto preoccupata di non «creare polemiche, in questo momento è l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno», lancia l'allarme.
Quale è la situazione in questo momento? «Tutti finora hanno dato prova di grande senso di responsabilità, sia i giovani tunisini che i lampedusani. Ma non si può tirare troppo la corda, la situazione è oggettivamente difficile: Lampedusa in questo momento è una polveriera, o si danno segnali reali di trasferire persone o si rischia il caos. Fin qui è andata bene è perché abbiamo fatto molto lavoro di mediazione, anche grazie all'imam che è con loro. Svolgiamo una funzione di cuscinetto, abbiamo la loro fiducia ma quello che stiamo dicendo è che verranno velocemente trasferiti tutti. Però poi oggi nessuno è stato trasferito. Dovevano partire quattro voli, non ne è partito nessuno. E i migranti sono venuti a chiederci perché. Hanno l'ansia che verranno rimandati indietro».
Quanti sono adesso a Lampedusa? «Circa duemila. L'unicità di questa situazione è che in tre giorni sono arrivate circa 4500 persone e visto che non c'era più il centro di accoglienza, sono stati alloggiati un po' ovunque: nella riserva marina, allo stadio, nel centro di emodialisi».
Perché il centro era stato chiuso? «Il centro di accoglienza funzionava bene, tanto che si parlava di modello Lampedusa. Ma il governo ha deciso che non ce ne era più bisogno, senza considerare che, anche se gli accordi con la Libia hanno ridotto gli sbarchi, in futuro nuovi flussi sarebbero potuti arrivare dagli altri paesi dell'Africa del Nord».
È stato un errore? «Lampedusa si trova in una posizione geografica esposta, anche alla luce di quello che è accaduto è opportuno considerare che vi sia sempre una postazione aperta». Ora il centro è stato riaperto. «Sì però si tratta di una struttura per 850 persone e non può tenere con più di 1800, perciò bisogna trasferirne il più possibile».
Perché oggi non sono partiti i voli? «I funzionari dell'immigazione ci dicono che gli altri centri sono tutti pieni».
Il rischio allora è che restino bloccati anche nei prossimi giorni? «Certo, urge trovare una soluzione per chi sta qui adesso. La maggior parte sono ragazzi giovani che appena hanno avuto l'opportunità di lasciare il loro paese sono venuti via in cerca di lavoro, solo una minoranza sono potenziali richiedenti asilo. Perciò bisogna cercare strutture dove mettere queste persone, senza mettere in discussione il sistema dell'asilo.
Cosa intende? «Che è assolutamente sconsiglilabile trasferire a Mineo richiedenti asilo e persone che sono già inserite in un programma di protezione, come intende fare il governo. Questo significherebbe per risolvere un problema, l'alloggio dei tunisini, andarne a creare molti altri».
Cosa bisogna fare quindi? «Individuare strutture dove potere alloggiare i tunisini sbarcati in queste ore che in gran parte sono migranti economici. Ci sono tante caserme in disuso, scuole, palazzi del demanio».
Ci saranno altri arrivi? «È difficile dirlo, bisogna essere pronti a tutte le evenienze, senza creare l'ansia da assedio. Quando un paese esce da una situazione in cui le libertà sono compresse e arriva a una situtazione di ambita democratizzazione è possibile che questo crei una fuga delle persone. L'Italia non è la prima volta che fa i conti con flussi così importanti, all'inizio degli anni '90 arrivarono sulle nostre coste decine di migliaia di albanesi in guga, nel '99 dal Kos-sovo arrivarono 36mila persone».
Si poteva fare qualcosa per evitare l'emergenza? «Avvisaglie ce ne erano state da metà gennaio, quando 950 tunisini in piccoli gruppi avevano cominciato a sbarcare sulle nostre coste, forse questo è stato sottovalutato. Ora bisognerà guardare con sempre più attenzione al Nord Africa, sostenendo le conseguenze dei cambiamenti che si stanno verificando in quei paesi.*



L’Italia spinge il Frontex su posizioni militaristiche
Melting Pot, 17-02-2011
Nicola Flamigni
da Il Manifesto del 16 febbraio 2011
La denuncia dell’Agenzia per il controllo delle frontiere: «L’approccio di Maroni riflette la visione miope del governo in materia di immigrazione, e l’Italia ha giocato un ruolo fondamentale nel guidare l’Ue verso una politica improntata al solo contrasto» Parla l’esperta Baldacchini: «Politiche inefficaci»
L’Italia vuole portare Frontex su posizioni sempre più militaristiche, è questa l’analisi di Anneliese Baldacchini, responsabile immigrazione di Amnesty ed esperta di riferimento su Frontex. L’Agenzia per il controllo delle frontiere esterne della Ue è sotto i bisturi in vista di una riforma che dovrebbe ampliarne le competenze con l’assunzione di «un nuovo ruolo operativo», ma senza arrivare a praticare quei respingimenti che tanto piacciono al Viminale. E così, chiusa, almeno per ora, la polemica Roma-Bruxelles con la decisione della Commissaria Ue agli interni di aiutare finanziariamente l’Italia e di lanciare una missione nel canale di Sicilia, resta aperta la questione di cosa potranno fare i mezzi ed il personale europeo di Frontex. Oggi e nelle crisi future.
Il mandato di Frontex non può essere modificato eccezionalmente senza l’accordo unanime del Consiglio europeo. Cosa ha in mente il ministro Maroni quando parla di «nuovo ruolo operativo»? Credo parli del nuovo regolamento proposto dalla Commissione che rafforza i poteri di Frontex, ma è ancora in discussione e non sarà di certo approvato in occasione della gestione di questa crisi.
Quali misure pratiche potrebbero allora essere messe in campo dal vertice europeo sull’immigrazione invocato da Berlusconi? Verranno solo ribaditi alcuni indirizzi politici, ma non verrà adottata nessuna misura concreta. Ora tocca agli Stati membri dimostrare la loro solidarietà accogliendo parte degli immigrati arrivati a Lampedusa. Ma vista la timida proposta francese (accoglienza di soli casi marginali, ndr) non si può essere più di tanto ottimisti.
Nessuna misura straordinaria dall’Europa quindi, a parte l’aiuto finanziario che non si sa ancora esattamente a quanto potrà ammontare. Frontex farà quello che ha sempre fatto: pattuglierà le acque internazionali di fronte alla Tunisia e fornirà un aiuto logistico per le identificazioni, continuando a sollevare grandi problemi di trasparenza nel suo operato.
Le regole non sono chiare? In assenza di una clausola sul monitoraggio indipendente l’Agenzia spesso non rende conto a nessuno. Nell’Atlantico, peresempio, Frontex opera anche in acque di stati terzi, ma le regole di ingaggio sono scritte negli accordi bilaterali tra Spagna, Mauritania e Senegal che non sono pubblici. In più l’agenzia non è perseguibile per i respingimenti che infrangono il diritto internazionale essendo la responsabilità solo degli stati membri. Ma questi la rimbalzano a Frontex in un gioco di sotterfugi che favorisce la violazione dei diritti umani.
Maroni ha parlato di «esodo biblico», di 80 mila potenziali migrati pronti a riversarsi in Italia quando cominceranno le partenze anche dall’Egitto. Quanto c’è di allarmistico in queste parole? Sarei curiosa di sapere da dove ha ricavato questo dato. L’approccio di Maroni riflette la visione miope del governo nei confronti del fenomeno immigrazione, un fenomeno naturale, inarrestabile, e che ha bisogno di politiche complesse e lungimiranti per essere gestito. L’Italia ha giocato un ruolo fondamentale nel guidare l’Ue verso una politica sull’immigrazione irregolare improntata al solo contrasto frontale. Da qui il futuro di Frontex, nata come un’agenzia per condividere le buone pratiche di frontiera, e diventata invece un corpo repressivo a sfumature militaristiche. Se passasse il nuovo regolamento, l’agenzia acquisterebbe potere di coordinamento a fianco degli stati membri e si munirebbe di mezzi militari propri. Cosa si dovrebbe fare al vertice? Bisogna ridimensionare il problema. Rendersi conto dell’inefficacia delle politiche messe in campo finora, come per esempio i miliardi dati a Gheddafi che non hanno fatto altro che far cambiare le rotte dei migranti verso la Grecia, al prezzo di ulteriori sofferenze. E investire nei paesi d’origine, in aiuti concreti per lo sviluppo sostenibile. Che si dice sempre, ma non si fa mai abbastanza.



Immigrazione: serve più collaborazione tra Paesi dell'UE
Apiceuropa, 17-02-2011
«Il principio di solidarietà dovrebbe spingere gli Stati membri a offrire assistenza immediata al governo italiano e agli altri Paesi colpiti da un flusso straordinario d’immigrati, dovuto alla situazione politicamente instabile in Africa settentrionale» ha affermato all’Europarlamento la commissaria europea agli Affari interni, Cecilia Malmström.
La commissaria europea ha inoltre offerto all’Italia assistenza finanziaria eccezionale e proposto di organizzare un’azione comune con l’agenzia per il controllo delle frontiere esterne Frontex, criticata da numerosi eurodeputati perché ritenuta «inefficace». I deputati europei hanno anche sottolineato la necessità di offrire assistenza alla Tunisia per assicurarne lo sviluppo economico, sociale e politico.
In seguito alle forti pressioni del governo italiano, la questione dei flussi migratori provenienti dalla Tunisia sulle coste italiane è così giunta velocemente all’Europarlamento, mentre il Consiglio dell’UE ha stabilito che il problema sarà affrontato prima al Consiglio Affari Interni e Giustizia (GAI) dell’UE il 24 febbraio prossimo e poi durante il Consiglio Europeo del 24-25 marzo.
Intanto il governo italiano rende noto che dalla metà di gennaio sono arrivati sulle coste italiane e soprattutto a Lampedusa più di 5200 migranti, la stragrande maggioranza dei quali (4400) solo negli ultimi giorni. I migranti sono in gran parte uomini di giovane età, ma vi sono almeno 20 donne e oltre 200 minori, per la maggior parte non accompagnati.
L’arrivo di questo ampio numero di migranti in un tempo così breve sta però mettendo a dura prova la capacità ricettiva di Lampedusa: attualmente oltre 2000 persone sono alloggiate nel Centro di accoglienza che è progettato per ospitarne 800. Al fine di alleviare la pressione sull’isola sono stati organizzati diversi trasferimenti di migranti per via aerea, ma sembra che anche gli altri Centri di accoglienza italiani stiano raggiungendo la loro piena capienza.
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR-UNHCR) ha espresso apprezzamento per «gli sforzi sostenuti dal governo italiano per dare alloggio e assistenza ai nuovi arrivati e spera che si possa presto trovare una soluzione per alleggerire la pressione su Lampedusa». Il governo italiano ha inoltre garantito il proprio impegno nel permettere ai migranti in cerca di protezione internazionale di avere accesso alle procedure di asilo: «L’UNHCR apprezza questo impegno e chiede solidarietà nei confronti dell’Italia che si trova ad affrontare un nuovo capitolo nella gestione dei movimenti migratori misti. L’UNHCR si augura che gli strumenti previsti per il controllo dell’immigrazione irregolare continuino a garantire l’accesso alla procedura di asilo per coloro che hanno bisogno di protezione» dichiarano i responsabili dell’Alto Commissariato.



LEGHISTI  XENOFOBI E LA POLITICA ESTERA
il Fatto Quotidiano, 17-02-201
Caro Colombo, da qualche giorno mi interrogo: mentre i giovani tunisini ed egiziani festeggiano la libertà ritrovata, noi qui lottiamo per un po' di dignità e per un minimo senso morale di un regime allo sbando. Ma allora perché da giorni arrivano dalla Tunisia e dall'Egitto barche strapiene di immigrati? Vedono l'Italia come un paradiso? Sono riusciti a liberare il loro Paese e vengono in un altro Paese senza libertà?
Anne
LA CONFUSIONE di Anne ci dice due cose diverse. La prima è quanto poco sappiamo dei nostri vicini del Mediterraneo. Per esempio le tante notizie dalla Tunisia e dall'Egitto ci hanno detto molto della loro politica e poco della loro economia, della massa di giovani che non hanno e non avranno mai (questa è la percezione ) alcun lavoro. Dunque ci troviamo di fronte a un problema che ha già dimensioni pericolosamente grandi e che crescerà senza che alcun governo europeo (o l'Unione europea) si siano assunti il compito di partecipare alla soluzione. Più grave e colpevole è la situazione dell'Italia, dove un cattivo governo privo di visione e di orientamento ha affidato tutto il problema dei Paesi che si affacciano al Mediterraneo a un partito locale e xenofobo detto Lega Nord. La cecità del governo Berlusconi, l'interesse esclusivo, gretto e immediato alla politica interna, e anzi a misere questioni di sostegno personale al premier, ha affidato tutta la politica sulla immigrazione e dunque tutta politica estera italiana, al ministro leghista dell'Interno. Questo ministro, incompetente e privo di cultura internazionale, da solo, mettendo le mani non solo su tutte le polizie ma anche sulle forze armate, ha deciso che l'Italia si poteva chiudere in un contenitore stagno. A tale scopo l'Italia mal governata da Berlusconi, e disgraziatamente sostenuta anche dal Pd in questa brutta avventura, ha firmato un patto di stretta ed esclusiva collaborazione politica, economica e militare con la Libia, Paese privo di vincoli e di impegni sui diritti umani e i trattali internazionali e rivale ricco degli altri Paesi del Nord Africa. Il vero compito della Libia è stato di intercettare con qualunque metodo i migranti diretti in Italia con la tecnica dei macabri "respingimenti in mare" vantati dalla Lega e mai documentati quanto al destino degli "intercettati". Nessuno ha mai spiegato a nessuno in che modo i respingimenti potevano funzionare senza violazioni gravissime e forse estreme dei diritti umani. Resta il fatto che le due rivoluzioni, tunisina ed egiziana (forse l'inizio di una catena di rivolgimenti ben più lunga) hanno immediatamente prodotto un "esodo biblico" (parole del ministro dell'Interno Maroni) di giovani migranti che si sono riversati, migliaia al giorno, su Lampedusa, per cercare vita e lavoro in Europa. A Lampedusa hanno trovato che non c'era alcuna elementare struttura di assistenza, segno che Maroni aveva interpretato il trattato con la Libia come "la soluzione finale" della immigrazione  in Italia da Sud. Il fenomeno è apparso subito gigantesco ma anche una catena di equivoci, di disinformazione e di grave inettitudine politica, mostrando l'Italia come un Paese senza governo in cui il primo ministro ha altro da fare, il ministro degli Esteri si muove solo per ragioni di politica interna e dunque, nel caso della nuova ondata migratoria, agli ordini del leghista Maroni. E tutta la politica italiana dipende da Varese, da Ponte di Legno, dalle ansietà elettorali della Lega Nord per l'Indipendenza della Padania. Difficile adesso dire se sia più grave e urgente da risolvere il problema degli sbarchi di senza speranza in Italia, o la mancanza, in Italia, di un minimo di governo.



Immigrati Lampedusa. Parigi e Berlino non accoglieranno clandestini
Immigrazione Oggi, 17-02-2011
Linea dura di Francia e Germania rispetto all'accoglienza degli immigrati clandestini giunti a Lampedusa dalla Tunisia. Parigi e Berlino mettono le mani avanti ed escludono particolari concessioni ai tunisini sbarcati in questi ultimi giorni sulle coste italiane. 'La Francia non accoglierà sul suo territorio tunisini sprovvisti di visto', ha avvertito nel corso del consiglio dei ministri a Parigi il presidente francese Nicolas Sarkozy, secondo quanto riferito dal portavoce del governo Francois Baroin, aggiungendo: 'Escludiamo di accogliere ulteriori migranti che non rispettano le regole sul visto'.
Una linea molti simile a quella adottata da Berlino, che non intende accogliere un maggior numero di immigrati tunisini, come chiede l'opposizione, e ritiene che l'Italia possa gestire la situazione senza l'aiuto della Germania, ha detto ieri sera il ministro dell'Interno tedesco, Thomas de Maiziere (Cdu). "Noi non possiamo risolvere i problemi di tutto il mondo", ha aggiunto il ministro, ricordando che l'anno scorso la Germania ha accolto circa 40mila rifugiati politici, mentre l'Italia non ne ha accolti nemmeno 7mila. "L'Italia è sotto pressione, ma non è affatto sovraccarica", ha tagliato corto De Maiziere. Molti dei tunisini sbarcati a Lampedusa hanno dichiarato di volersi recare in Francia. La prefettura delle Alpes-Maritimes, il dipartimento francese alla frontiera con l'Italia, ha annunciato che il numero di tunisini provenienti dall'Italia verso il sud Francia e' 'fortemente aumentato' in questi ultimi giorni. Nei primi quindici giorni di febbraio 86 tunisini in situazione irregolare sono stati fermati nel dipartimento francese, contro 35 nello stesso periodo del 2010. Una trentina di essi sono stati ricondotti sia in Italia sia in Tunisia, per via aerea, e poco meno di trenta si trovano in centri di detenzione amministrativa, in attesa di essere riportati alla frontiera.
Inoltre, il dipartimento francese ha deciso di aumentare la sorveglianza sulla rete stradale, ma anche sulle vie ferroviarie e marittime. Ieri, il ministro francese degli affari europei Laurent Wauquiez aveva detto che la Francia accogliera' un numero "molto limitato" di tunisini "per non incoraggiare l'immigrazione clandestina". Sempre ieri, lo stesso Wauquiez aveva tuttavia sottolineato che quello degli sbarchi a Lamopedusa 'non e' un problema italiano', ma europeo.'Non possiamo ragionare in termini di spazio Schengen, che e' totalmente europeo, e avere una visione delle frontiere in cui diciamo ad ogni Paese: 'sbrigatevela da soli'.



Da sponda a sponda
L'Unione europea ha bisogno di una strategia per il Mediterraneo
il Foglio, 17-02-2011
La polemica con Bruxelles sugli sbarchi tunisini a Lampedusa si è calmata, dopo che la Commissione ha promesso "aiuti concreti" per l'emergenza (un po' di soldi e una missione Frontex), Ma, come dimostrano le mani bia, Algeria e Bahrein, l'esigenza di convocare un Vertice europeo straordinario affinché i capi di stato e di governo, discutano del "1989 arabo", non è venuta meno. Il Cav. lo ha chiesto lunedì, in una telefonata al presidente del Consiglio europeo Van Rompuy, senza ottenere risposta. Il problema non è (solo) l'mmigrazione.  L'Ue deve dotarsi di una strategia politica per legare il futuro delle due sponde del Mediterraneo, un'evoluzione del Piano Marshall proposto ieri dal ministro degli Esteri Frattini.
I tentativi passati sono stati fallimentari. Il processo euromediterraneo di Barcellona si è arenato per i conflitti regionali. La politica di vicinato della Commissione Prodi, incentrata sulle relazioni bilaterali, ha riempito le tasche dei regimi. Con la caduta di Mubarak, l'Unione per il Mediterraneo di Sarkozy ha perso il suo cofondatore e opi credibilità. Le timide promesse di questi giorni dell'Alto rappresentante per la politica estera, Catherine Ashton, sono insignificanti. Le resistenze delle altre capitali europee sono forti. Berlino preferisce guardare a est. Parigi è ancora scossa per la perdita di due alleati storici. Ma è proprio ai paesi del nord che ci si può ispirare per dare forma a una "Unione del Mare Nostrum". La Germania e la Polonia hanno avuto la Partnership orientale per proiettare l'influenza europea fino ai confini russi. Il britannico Cameron in gennaio ha riunito un "Nordic Summit" - con paesi non-Ue come Norvegia e Islanda - per creare "un'alleanza di interessi comuni" e "un'avanguardia" del libero mercato. Il sud dell'Europa dovrebbe attivarsi nello stesso modo. Affinché una nuova Unione funzioni, è necessario abbattere le frontiere economiche e del sapere, offrire cooperazione militare e di sicurezza e - perché no - immaginare un futuro di sovranità condivisa nel Mare Nostrum. Potrebbe essere una formula per agganciare il sud del Mediterraneo alla modernità occidentale e sventare il pericolo islamista.



Radar, muri e pattuglie Così l'Europa frena la marea dei clandestini
Da Atene a Madrid, alla base ci sono accordi diplomatici con i Paesi d'origine. E poi tecnologie e respingimenti
il Giornale, 17-02-2011
Manila Alfano
"? Si alzano le barriere, si inventano tecnologie. Gli Stati dell'Unione Europea hanno una parola d'ordine che li accomuna: tenere il ponte levatoio alzato. E respingere gli immigrati clandestini. Non possono entrare in Spagna, in Italia, in Grecia, a Malta. Non si scandalizzi quindi quella parte di Europa buonista, che abita su, al Nord. Giù al sud, la linea comune è difendersi dalle incursioni. È così che è nato Eurosur, un sofisticatissimo sistema di rilevamento satellitare voluto dall'Unione Europea. Fuori il mar Mediterraneo. Le zattere dei disperati senza terra e senza documenti arrivano da lì. Occorre prevenire e respin-gere.
Il segnale corre lungo tutta l'autostrada verso Gibilterra. Le voci in arabo dei program-mi radiofonici si moltiplicano. Il Marocco è a un passo. Uno stretto separa la Spagna dalle coste africane. La traversata è facile, come per arrivare a Lampedusa. Per questo ai trafficanti è sempre venuto naturale scegliere Tenerife o la Sicilia. Eppure i traffici in Spagna si sono stoppati. La situazione è tornata sotto controllo. Radar, dispositivi tecnologici, muri hi-tech. E poi accordi e interventi di cooperazione. È la risposta anticlandestino di Zapatero. È la sua tolleranza zero che si concretizza, che dà risultati, che sostiene la stessalinea americana, quella che ha deciso di costruire un muro lungo 1200 chilometri per separare dal Messico, da dove arrivano gli immigrati, quella del governo maltese che all'arrivo di carrette del mare inviano guardie costiere per allontanare ospiti indesiderati. Zapatero, il leader progressista, il socialista, quello laico, che difende e appoggia le minoranze, è diventato il nemico più grande, che tra i primi ha detto no ai flussi di immigrati incontrollabili. È dal 2006 che la Spagna mette a segno respingimenti su respingimenti.
Nel 2007 la Guardia civile spagnola ha diretto l'operazione Indalo. Nella missione c'erano uomini e mezzi italiani, portoghesi, francesi, maltesi, tedeschi, ciprioti e rumeni. Anni prima però - era il 1994 -nasce Frontex, l'agenzia per prevenire l'immigrazione clandestina lungo le frontiere. C'era Frontex anche nel 2006, quando la Guardia civil spagnola si era spinta fino alle coste della Mauritania e del Senegal per intercettare e bloccare 371 immigrati. Sono ormai cinque anni che il Paese è tra i più attivi in fatto di prevenire l'immigrazione clandestina. I risultati sono arrivati subito. In gran parte si devono al Sive, il Servizio Integrato di Vigilanza Esterna, un muro elettronico unico al mondo fatto installare dall'ex premier popolare Aznar nel 2002 che grazie a radar e telecamere a raggi infrarossi e sensori termici blindale Canarie, lo stretto di Gibilterra e la costa mediterranea. Ma dietro ai successi anche gli accordi con i paesi d'origine.
Come ha fatto l'Italia con la Libia. Per questo il nostro Paese durante l'ultima estate ha potuto tirare un sospiro di sollievo.
Sono bastate tre settimane di respingimenti per non vedere più i duecento, trecento clandestini riversati ogni giorno sulle coste, stremati, affamati e assetati raccattati, carrette ferme tra Malta e l'Italia, corpi gettati in mare. Dispera-zione contrabbandata. Ma dietro al successo c'erano questa volta soprattutto gli accordi diplomatici. La sinistra gridava alla «vergogna internazionale». Sempre la stessa la risposta di Maroni: «I respingimenti continueranno, sono in linea con le norme internazionali».
Oggi a tremare è la Grecia, do ve i flussi sono aumentati del 70 per cento. È Atene la meta più ambita dagli illegali, complice l'inerzia della Turchia, con una rotta che parte dall'Afghanistan per attraversare l'Irak e tutto il Caucaso. Per questo la soluzione sembra essere una barriera lungo 12,5 chilometri del confine conia Turchia. Creare un muro lungo il corso del fiume Evro che segna il confine tra i due Paesi. Un altro ponte levatoio che si alza.

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