Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

25 ottobre 2013

OPERAZIONE «MARE NOSTRUM»
Migranti, 800 soccorsi nel Canale di Sicilia
Avvenire, 25-10-2013
Oltre 800 immigrati sono stati soccorsi la scorsa notte, in quattro distinti interventi, da unità del dispositivo "Mare nostrum" nel Canale di Sicilia. Di questi, 201 sono arrivati a Lampedusa dove il centro di prima accoglienza è nuovamente in crisi: vi si trovano 718 persone a fronte di un massimo di 300 posti.
Circa 400 migranti sono stati soccorsi da due navi della Marina militare impegnate nell'operazione Mare Nostrum. Due motovedette della Guardia costiera salpate da Lampedusa hanno preso a bordo 250 migranti che erano su un barcone in difficoltà a 25 miglia dall'isola. Un pattugliatore d'altura della Guardia Costiera ha soccorso 95 eritrei a 103 miglia a sud-est di Lampedusa; un mercantile battente bandiera panamense, dirottato nella zona dalla sala operativa del Comando generale delle Capitanerie di porto, infine, ha soccorso e preso a bordo 80 migranti che erano su un barcone in difficoltà a 110 miglia a sud dell'isola.
Gli ultimi giunti a Lampedusa sono in maggioranza siriani, tra i quali 52 bambini e 39 donne, alcune in stato di gravidanza. Tutti sono apparsi in buone condizioni di salute.
Da Lampedusa sono previsti entro oggi i primi trasferimenti verso altre strutture di accoglienza. Dovrebbero partire 85 profughi con un volo speciale predisposto dal ministero dell'Interno e 21 con il traghetto di linea.



Una bozza europea per l’immigrazione
Il tema discusso su richiesta dell’Italia, i leader promettono «solidarietà»
Corriere della sera, 25-10-2013
Luigi Offeddu
BRUXELLES — Lampedusa è «il simbolo della politica migratoria europea, che ha trasformato il Mediterraneo in un cimitero». Lo dice il presidente dell’Europarlamento, Martin Schulz. E lo dice davanti ai 28 capi di Stato e di governo dell’Unione Europea, riuniti a Bruxelles per il loro vertice d’autunno. Non è molto comune che si sentano rivolgere parole così. Ma la tragedia dei migranti nel Mediterraneo è veramente piombata — insieme con lo scandalo Datagate — nel cuore di quest’incontro solitamente raggelato in questioni di banche e finanza. È stato il governo italiano a chiedere che se ne discutesse, ma non ha dovuto insistere troppo perché non esiste un solo Paese che possa voltarsi dall’altra parte, a cominciare dalla ricca Germania: non è certo una Lampedusa sul mare ma solo nell’ultimo anno ha accolto più di 280 mila migranti. Perciò, in queste ore, Bruxelles non è un’astronave isolata, e certi drammi non sono solo europei: proprio ieri Barack Obama ha chiesto che una riforma sull’immigrazione negli Usa venga varata entro la fine dell’anno.
«Dopo i terribili eventi di Lampedusa — ha rilevato all’apertura del vertice il presidente del Consiglio dei ministri della Ue, Herman Van Rompuy — vogliamo discutere come prevenire queste tragedie. È una questione di dignità umana». Il dramma «non deve ripetersi», ha ammonito il premier italiano Enrico Letta: «Vogliamo che l’Europa cambi atteggiamento su questo argomento». Oggi si capirà meglio come intenda muoversi l’Europa, e quanto siano disposti a investire i suoi leader. Ma intanto, nella bozza provvisoria delle conclusioni del vertice — definita «incoraggiante» dalle fonti italiane — si legge già che bisogna dare al problema dell’immigrazione una risposta europea guidata dal principio di «solidarietà» e di «equa ripartizione delle responsabilità». Per ora, una mera dichiarazione di principio: dalla quale, nei prossimi mesi, si spera che germoglino le proposte di nuove direttive Ue. Il tema dell’immigrazione sarà anche al centro del prossimo vertice Ue, a dicembre, ufficialmente consacrato alle politiche di difesa. I tempi dell’Europa non sono mai stati fulminei, ma quando i leader tutti insieme accolgono un tema, e accettano di parlarne ufficialmente, il muro più alto è in qualche modo scavalcato. Un po’ come nella raccomandazione cechoviana: se nella prima scena del dramma c’è un fucile appeso alla parete, questo dovrà sparare nell’ultimo atto.
Quasi tutti i capi di Stato e di governo riuniti a Bruxelles hanno sottolineato che le parole pronunciate qui sono già una virata, un cambiamento di approccio al problema: finora, il peso delle decisioni e degli investimenti in emergenza ha pesato spesso sui singoli governi, che non sono tutti alfieri dell’altruismo. E il documento su cui si è raggiunto almeno un accordo di massima sottolinea anche «l’importanza di affrontare le cause alla base dei flussi migratori, rafforzando la cooperazione con i Paesi di origine e transito delle migrazioni illegali». La tragedia in mare dell’11 ottobre deve segnare una svolta, ha sottolineato Schulz, che in mattinata aveva ricevuto il sindaco dell’isola Giusi Nicolini e il presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta: pur critico sui contenuti della bozza, il presidente dell’Europarlamento ha ribadito la sua richiesta di «protezione e sostegno» per Lampedusa e ha chiesto che vengano aiutati «i Paesi del Mediterraneo nell’accogliere i migranti e organizzare per loro una sistemazione tra gli Stati membri». Ieri era a Bruxelles, per il pre-vertice del Partito popolare europeo, anche il vicepremier italiano Angelino Alfano, latore di un’opinione almeno apparentemente diversa: «L’Italia e l’Europa sono accoglienti, ma non possiamo accogliere tutti perché abbiamo già difficoltà, con la crisi che stiamo tentando di superare, ad assicurare un futuro dignitoso agli italiani e ai loro figli. Prima dobbiamo pensare agli italiani: l’accoglienza sì ma non si può accogliere tutti».



La Ue con l'Italia: verso il sì alla «task force»
Avvenire, 25-10-2013
Angelo Picariello
L'Unione Europea mette per la prima volta al centro la politica di accoglienza dei profughi e di contrasto al traffico di esseri umani dal Nordafrica verso il Canale di Sicilia. È un Enrico Letta fiducioso quello che arriva Bruxelles, per il Consiglio europeo, con la Ue che ora si dice pronta ad un approccio «solidale».
Assicura una posizione «molto ferma», il premier, ma non arriva a mani vuote, la parte italiana di impegno in prima linea, con l’operazione Mare Nostrum, è stata definita ieri mattina in un vertice che lo stesso Letta ha presieduto a Palazzo Chigi con la task force sull’immigrazione, insieme al vicepremier e ministro dell’Interno, Angelino Alfano, i ministri degli Esteri Emma Bonino, della Difesa Mario Mauro, delle Infrastrutture Maurizio Lupi, degli Affari europei Enzo Moavero Milanesi, dell’Integrazione Cècile Kyenge, e con il sottosegretario con delega ai Servizi Marco Minniti.
E c’è anche l’immigrazione, e con ruolo non secondario, nel lungo pre-vertice che diventa poi anche un lungo colloquio spostandosi insieme in auto, che Letta ha con il presidente francese Francois Hollande. La Francia, per ragioni geografiche e di confine, è uno di quei Paesi da cui l’Italia si attende un salto di qualità nella collaborazione. L’Europa deve «cambiare atteggiamento» per fare in modo che tragedie come quella di Lampedusa non si ripetano», dice Letta. Fra gli obiettivi del governo italiano c’è anche un sostegno europeo al piano di risarcimento che ieri il governo ha deciso di accordare per l’isola di Lampedusa per il grande impegno sopportato in prima linea al Sud del Continente. «Vogliamo che il Consiglio Europeo si concentri nel dare una risposta», aggiunge il premier chiedendo «impegni concreti», a cominciare dai versanti Eurosur e Frontex, senza «compromessi al ribasso».
Il risultato l’Italia lo ottiene già prima di sedersi al tavolo, con il sostegno delle richieste avanzate da Roma, da parte di Spagna, Francia, Malta, Grecia, Cipro e Bulgaria. Il documento sembra aprire una nuova fase, poiché vi si mette nero su bianco che occorre dare al problema dei flussi migratori una risposta europea guidata dal principio di «solidarietà» e di «un’equa ripartizione delle responsabilità».
Nella bozza che è stata sottoposta all’attenzione dei leader, in vista della discussione di oggi, si specifica che la task force costituita ad hoc (e che oggi si è riunita per la prima volta a Bruxelles come gruppo tecnico di esperti), dovrà individuare azioni concrete, in vista del Consiglio Interni Ue e del vertice di dicembre.
Intanto il vicepremier e ministro dell’Interno Angelino Alfano, a Meise, alle porte di Bruxelles, ha partecipato al pre-vertice del Ppe e a sua volta ha posto «con forza» il tema chiedendo che il partito «si batta per disegnare una vera frontiera» dei 28 perché «non esistono Stati o unioni di Stati che non difendano e proteggano la propria frontiera». Italia ed Europa «sono accoglienti - dice il ministro dell’Interno - ma non possiamo accogliere tutti perché abbiamo già difficoltà, con la crisi che tentiamo di superare, ad assicurare un futuro dignitoso agli italiani».
E l’Italia trova un forte alleato nel presidente dell’Europarlamento, che nel suo discorso in apertura del vertice, sferza i 28. Lampedusa è diventata «il simbolo della politica migratoria europea, che ha trasformato il Mediterraneo in un cimitero». Martin Schulz ricorda come siano almeno 20mila le persone morte negli ultimi 20 anni nel tentativo di raggiungere le coste europee. «Questo non può più essere permesso - tuona -. Lampedusa deve essere il punto di svolta nella politica migratoria europea». Si tratta di «sostenere i Paesi del Mediterraneo nell’accoglienza e nella sistemazione dei profughi. Questa è la solidarietà europea, che deve essere nella nostra agenda».



La lobby europea anti-Italia che ci dà lezioni sui migranti
Per una volta i nostri nemici non l'hanno spuntata. Per una volta battere i pugni sul tavolo del Consiglio d'Europa è servito a qualcosa
il Giornale, 25-10-2013
Gian Micalessin
Per una volta i nostri nemici non l'hanno spuntata. Per una volta battere i pugni sul tavolo del Consiglio d'Europa è servito a qualcosa. Nonostante le gufate di un'anti-italiana doc come Cecilia Malmström, la Commissaria Ue per gli affari interni prontissima, lunedì, a escludere qualsiasi apertura al nostro paese in materia d'immigrati. Ieri invece il Consiglio d'Europa ci ha dato ragione. Le bozze conclusive della riunione di Bruxelles parlano della «necessità di un'equa ripartizione di responsabilità di fronte ai problemi dell'immigrazione». Rispetto alla precedente bozza, la parte dedicata alle politiche migratorie passa da un solo paragrafo a ben quattro. La nuova bozza fissa inoltre le azioni prioritarie e le prime scadenze temporali. Tra queste un rapporto della Commissione ai 28 ministri dell'Interno in occasione del Consiglio Ue del 5 e 6 dicembre, e uno della presidenza di turno lituana al vertice dei capi di Stato e governo di metà dicembre.
La proposta italiana, sostenuta anche da Grecia, Bulgaria, Malta, Francia, Spagna e Cipro, sulla necessità di ripartire equamente i profughi salvati nel Mediterraneo incomincia dunque a far breccia nella diga opposta dai paesi nordici. Ovvero i paesi da cui provengono gli euroburocrati più ostili al nostro paese. Di Cecilia Malmström, la svedese pronta a rinfacciarci una cattiva gestione dei fondi per l'immigrazione nonostante l'Italia resti, con i 16 miliardi di euro versati nel 2011, uno dei grandi contribuenti europei, si è già detto. In onore della sua «lungimiranza» andrebbe ricordata la fermezza con cui il 24 febbraio 2011 - all'inizio della crisi libica - la Commissaria mise a tacere chi in Italia prevedeva un'invasione di migranti sentenziando di non «veder persone in transito dalla Libia all'Europa». Qualche mese dopo quando, in barba alle sue previsioni, l'Italia si ritrovò costretta ad «agevolare» il transito verso la Francia delle migliaia di disgraziati approdati sulle proprie coste, l'amabile Cecilia non mancò di condannarci e difendere, invece, la decisione di Parigi di bloccare treni e immigrati.
Se la svedesina non ci ama, che dire del suo grande capo belga, il presidente del consiglio europeo Herman Van Rompuy. Conosciuto come «faccia di topo» nel microcosmo di Bruxelles, ma sconosciuto ai più in Europa quel presidente «carismatico» - secondo la battuta dell'europarlamentare inglese Nigel Farage - «quanto uno straccio bagnato» non perde occasione di far la voce grossa con noi italiani. Esemplare da questo punto di vista l'uscita del novembre 2011 quando - arrivato a Fiesole per spianare la strada alla nascita del governo Monti - non esitò a spiegarci - con buona pace della democrazia - che il nostro paese non aveva bisogno di elezioni, ma di riforme.
Ma se «Herman il belga» e «Cecilia la svedese» possono sembrare quantomeno altezzosi o prevenuti, che dire del finlandese Olli Rehn. Il commissario per gli Affari economici dell'Unione europea, definito una sorta di iattura mondiale dal Fondo Monetario Internazionale e considerato un pericolo pubblico dai più illustri economisti europei, ha una propensione tutta particolare nel riservare all'Italia la più indisponente e protervia arroganza. Quando il 17 settembre in visita a Roma parlò alla Camera descrisse il nostro paese come una Ferrari impazzita pronta a sbandare e a finire fuori strada a causa dei bilanci avariati. E subito dopo superò tutti i limiti della legittima ingerenza arrivando a bocciare, a nome della Commissione Europea, la decisione del governo Letta di sospendere l'Imu.
Nonostante le aperture del Consiglio d'Europa, l'Italia non può, comunque, cantare vittoria. Quelle appena messe su carta sono solo promesse. Tra il dire il fare continua a esserci un Mediterraneo sempre più affollato. E sempre più fuori controllo.



Migranti, non criminali
Dobbiamo spingere l’Europa, Merkel in testa, a cambiare politica. Parla il presidente del  Parlamento Ue Martin Schulz
l'Espresso, 25-10-2013
Stefano Vastano
È arrivata l’ora di una politica migratoria davvero europea: solidale, pragmatica e strategica». Così Martin Schulz, il presidente (socialdemocratico) del Parlamento europeo in un’intervista esclusiva con “l’Espresso” nella quale mette a nudo le falle del sistema di richiesta d’asilo, il regolamento di Dublino e la mancanza di veri meccanismi che fronteggino i flussi migratori. «L’Europa è un continente d’immigrazione», insiste Schulz, «e mettere la testa sotto la sabbia non l’aiuterà di certo a superare l’emergenza».
Esiste una politica europea dell’emigrazione?
«Ci sono elementi di una politica europea, ma ancora troppe decisioni che i singoli Stati prendono da soli nei confronti degli immigrati».
Il Commissario agli affari interni Cecilia Malmström ha definito la politica dell’immigrazione dell’Ue affetta da «un approccio ombelicale».
«Sono d’accordo. E l’aggettivo “ombelicale” non vale solo per la politica dell’immigrazione. L’Europa non è un’isola dei beati distaccata dai problemi globali. Viviamo in un Continente molto ricco ma circondati da paesi poveri e instabili: questa è la nostra realtà politica. Bisogna gestirla, non negarla. Il Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo non ha affrontato con sufficiente serietà questo problema».
Perché?
«Per esempio riservando uno spazio assai esiguo al dibattito su questo tema nel suo ultimo incontro e posponendo il dibattito sul diritto d’asilo e immigrazione al giugno 2014, l’unico momento in cinque anni in cui il Parlamento europeo non sarà formato, limitando quindi la possibilità alla democrazia europea di farsi sentire».
Come superare miopia ed egoismo in materia d’immigrazione?
«Oggi abbiamo bisogno di quella che Habermas chiama etica dell’inclusione, e cioè di una cultura capace di accogliere gli stranieri e accettare il fatto che ci sono uomini che vogliono venire in Europa. Dobbiamo creare un sistema d’immigrazione legale. Non stiamo parlando di astratte utopie, ma di realtà storiche: la scorsa settimana ero da papa Francesco, che mi ha ricordato che lui è figlio di italiani immigrati legalmente in Argentina».
Dopo la tragedia di Lampedusa lei ha ricordato d’altra parte che le coste siciliane sono un confine d’Europa.
«Dobbiamo riuscire a trasmettere oggi due messaggi agli europei: il primo rivolto ai governi di stampo conservatore, e ricordare loro che i nostri confini non servono a rendere l’Europa impermeabile e a trasformarla in una roccaforte inespugnabile dai nuovi flussi immigratori».
E l’altro messaggio?
«L’altro è diretto alla sinistra in Europa, verso cui abbiamo il dovere di ricordare che non possiamo accettare tutti gli immigrati perché non possiamo risolvere i problemi economici o politici del mondo intero».
Non pare che la Merkel abbia ascoltato il suo appello. Il dramma dei profughi non è una vera emergenza per il cancelliere e la Cdu?
«No, io registro che anche all’interno della Cdu ci sono correnti disposte ad affrontare in modo realistico l’urgenza dell’immigrazione. Quel che è sicuro è che un nuovo governo di grande coalizione darebbe il suo contributo positivo ad affrontare i problemi più urgenti dell’immigrazione. Se dovesse davvero avere luogo, la Grosse Koalition potrebbe dare impulsi per superare i fronti divisi fra centro e sinistra in Europa e portare avanti la Germania sul problema dell’immigrazione».
Intanto però Hans-Peter Friedrich, il ministro degli Interni, insiste che la Germania già oggi accoglie più migranti di Italia, Polonia e Grecia messi insieme.
«Dopo le tragedie verificatesi nel Mediterraneo non è sicuramente questo l’approccio giusto per affrontare la drammatica situazione. Sono l’Italia e Malta a confrontarsi con i problemi immediati dell’immigrazione. È vero che la Germania accoglie molti profughi, ma è la tipologia di migrazione ad essere critica nel Mediterraneo, con le centinaia di carrette del mare che tentano di raggiungere l’Europa in condizioni disperate».
Bisognerebbe cambiare il regolamento di Dublino.
«Oggi abbiamo bisogno di più elementi. Prima di tutto dobbiamo capire che il vero senso del regolamento di Dublino e delle nostre regole europee è proteggere i richiedenti asilo. Anche se è vero che non tutti coloro che cercano aiuto nel Mediterraneo sono dei rifugiati».
Ma non si rischia di aprire le porte incondizionatamente?
«No. La mia proposta è di proteggere almeno per una certa finestra temporale tutti coloro che scappano da guerre civili e da zone colpite ad esempio da catastrofi o terremoti. Molti di questi profughi, come i siriani, ritorneranno nei loro Paesi, come è stato per i libanesi una volta finita la guerra in Libano».
E poi?
«Oltre ad accogliere chi chiede asilo politico o, per un certo tempo, chi rifugge da catastrofi, dobbiamo essere in grado di offrire il diritto a una immigrazione legale a chi vuole immigrare. Questo è il modello verso cui dobbiamo oggi orientarci, e in fretta, in Europa».
Insomma, in Europa urge tutta una nuova politica dell’immigrazione?
«Sì, dobbiamo ammettere che l’Europa è oggi un continente meta di immigrazione. Dobbiamo fissare, con regole precise e condivise ogni anno, un certo contingente di immigrati. Da ripartire ovviamente in modo equo fra i 28 Stati membri: e così ognuno in Asia o in Africa può regolarmente richiedere di immigrare qui da noi, e verrà inserito in una normale lista: prima o poi sarà il suo turno, oppure no. Così è il sistema negli Usa o in Canada e così dobbiamo fare anche noi se vogliamo evitare altre stragi e impedire ai trafficanti, i veri criminali, di sfruttare le miserie umane».
Il premier Enrico Letta vuole una missione militare italiana di pace nel Mediteraneo per proteggere i migranti. Le pare una buona idea?
«Certo, questa è una buona iniziativa e così si possono salvare molte vite umane».
Ma non sarebbe più facile creare, come molti suggeriscono, un cordone umanitario in quei Paesi entro cui consentire un flusso migratorio legale?
«Bisogna considerare se un’idea del genere sia praticabile. Come istituire, cioè quali forze internazionali possono praticamente, in Sudan o in Libia, creare un corridoio umanitario e mantenerlo davvero tale? Sono problemi di non facile soluzione».
E anche sulla legge Bossi-Fini è d’accordo con Letta che la vuole rivedere?
«Si tratta di una questione italiana su cui non spetta a me giudicare. Quel che è sicuro è che non risolviamo il problema dell’immigrazione trasformando in criminale chi cerca disperatamente aiuto. Né tantomeno chi presta soccorso ai profughi in situazioni disperate. Questi sono eroi, non criminali».
A maggio si terranno le prossime elezioni  europee: il tema immigrazione non porterà acqua al mulino di populisti d’ogni colore?
«Quel che le posso dire è che il numero di mail che mi inviano gli euroscettici e gli estremisti di destra, che mi vedono come il distruttore degli Stati-nazione, non è diminuito negli ultimi di tempi. Ma sono invece in aumento le mail di solidarietà di tutti quegli europei che non vogliono più tragedie come quelle di Lampedusa. La partita delle europee è ancora tutta da giocare e questo sarà solo uno dei temi da affrontare».
Ma i dati purtroppo dicono che, dalla Francia alla Grecia, dall’Olanda all’Italia, destre e populismi sono in aumento. Non le fa paura Schulz?
«Chi ha paura non deve fare politica. E chi fa politica, non può giocare con le paure della gente. Per questo è importante costruire un sistema legale che aiuti a risolvere i nodi legati all’immigrazione».
Anche perché, dato il calo demografico, senza stranieri, specie in Paesi forti come la Germania, si blocca l’economia, no?
«Non solo in Germania in tutta Europa è acuto il problema demografico di una società che invecchia sempre di più. E in questo senso l’immigrazione può essere una ventata d’aria fresca per la vecchia Europa».
Lo darebbe il Nobel per la Pace a Lampedusa?
«Mi fa piacere che pensiate che io sia così influente, ma purtroppo non sono io a decidere...».



Khaled in fuga dalla Siria e quella «moglie» inventata
Corriere della sera, 25-10-2013
Giusi Fasano
Ogni giorno chiede e ogni giorno spera, anche se sa bene che ormai è tutto inutile. Sua madre e suo fratello non sono né a Malta né in qualche centro di accoglienza italiano. I loro nomi non risultano nelle liste dei vivi o dei morti. «Dispersi» dunque nel naufragio dell'11 ottobre mentre assieme ad altre centinaia di disperati cercavano di raggiungere Lampedusa. È stata la seconda strage in pochi giorni. Dopo i 366 annegati del 3 ottobre davanti all'Isola dei Conigli toccò al barcone di Khaled. Furono 36 i corpi recuperati e 206 i superstiti che raccontarono di essere partiti in quattrocento dalle coste libiche. Se questi numeri sono reali (e i soccorritori non ne dubitano) vuol dire che il mare, non lontano da Lampedusa, nasconde ancora i corpi di oltre cento persone. Khaled è stato salvato ed è arrivato a Lampedusa, la terra promessa. Ogni santo giorno, da quando ha messo piede sull'isola, ha continuato a cercare notizie di sua madre e di suo fratello: ai carabinieri, alla finanza, alla polizia, ai militari...Che si fosse arreso all'idea di trovarli, i suoi interlocutori lo hanno capito da una bugia. Pochi giorni fa Khaled si è inventato un matrimonio che non è mai esistito: «Lei è mia moglie», ha giurato alle forze dell'ordine, «se dice di non esserlo è perché è un po' matta». Quella donna, siriana come lui, ripeteva in effetti di non avere con lui nessun legame e anzi di conoscerlo appena. Alla fine le hanno creduto e hanno capito perché Khaled si fosse inventato quella storia. «Mi hanno detto che i nuclei famigliari hanno la precedenza nei trasferimenti», ha spiegato lui stesso. «Quindi ho rac- contato una bugia perché voglio andarmene da qui: devo arrivare in Norvegia dove mi aspettano dei parenti».
Una moglie in realtà Khaled, che ha 31 anni, l'ha avuta, in Siria. Avevano un bimbo di due anni e tiravano avanti con un forno per il pane. Un giorno Khaled è tornato a casa e ha trovato sua moglie e il suo bambino sgozzati, il forno distrutto dalle fiamme. Cosi ha deciso di partire portando con sé la madre e il fratello. Niente poteva essere peggio di quei giorni nel suo Paese, pensava. Raccolte le poche cose che gli erano rimaste ha messo assieme la cifra che chiedevano gli scafisti e ha cominciato il viaggio verso la Libia, verso la salvezza. «Adesso sono davvero solo» ri- pete a tutti raccontando del naufragio, di tutta quella gente in mare, e di braccia che cercavano disperatamente un appiglio. Come hanno fatto fino allìultimo respiro anche sua madre e suo fratello.



Mauro: «Ho scritto alla Ashton, ora via a un piano Europa-Africa»
Avvenire, 25-10-2013
Angelo Picariello
«Dear high Representative, recalling the tragic events off the coasts of Italy...». Nel suo ufficio il ministro della Difesa Mario Mauro dà un’ultima scorsa al testo della lettera scritta a quattro mani in inglese insieme al ministro degli Esteri Emma Bonino e destinata all’alto Rappresentante dell’Unione europea per gli Affari Esteri e le politiche di sicurezza Catherine Ashton. Si è appena concluso il vertice a Palazzo Chigi con il quale il governo italiano ha fatto il punto, nell’imminenza del Consiglio europeo, sulle misure da prendere per rafforzare il pattugliamento e soprattutto il soccorso in mare. La tragedia di Lampedusa ha lasciato il segno, e non a caso la missiva parte proprio dall’evocazione di quella immane tragedia. «Oggi è un giorno importante - dice Mauro - l’unità d’intenti registrata fra i ministri stamattina diventa unità di intenti operativa e umanitaria anche in sede europea».
Ma sulla Bossi-Fini sotto accusa, il Governo non rischia nuove frizioni fra le due anime principali della coalizione?
Questo rischio non c’è, e la risoluzione assunta a Strasburgo con l’adesione anche dei parlamentari del Ppe chiarisce l’equivoco. Qui non si tratta, come ha detto anche il ministro Alfano di sconfessare alcunché, si tratta certo di rafforzare una politica di accoglienza e prevenzione delle tragedie, ma si tratta soprattutto di non perdere tutti insieme, l’Italia e l’Europa, e i due grandi filoni politici dell’Europa - che si riconoscono entrambi nel valore della solidarietà e del rispetto dei diritti umani - questa grande occasione. Vorrei ricordare che si stimano in circa 20mila i morti in mare nel canale di Sicilia. Sin troppo si è atteso per farne un problema di rilevanza europea.
Che cosa mettete in campo, da oggi?
Da oggi l’operazione Mare Nostrum diventa un’operazione di carattere europeo. Abbiamo fatto il punto su questo enorme dispiegamento di forze che abbiamo messo a disposizione per contrastare il traffico di esseri umani: parliamo - ricordo - di ben sei unità navali, parliamo di un’attività realmente Interforze con il contributo anche delle guardie Costiere, della Guardia di Finanza, oltre che del ministero dell’Interno. Con la presenza di unità operative della Polizia di Stato che saranno specificamente impegnate un’attività di investigazione preventiva già in acque internazionali al largo della Tunisia e della Libia per scovare in tempo, prima che si mimetizzino fra i disperati che trasportano, i trafficanti.
Ma l’esperienza insegna che ciò non basta.
Ed infatti l’oggetto principale della lettera che abbiamo inviato con il ministro Bonino all’Alto rappresentante per gli Affari Esteri avanza due proposte. La prima: che questa operazione che noi abbiamo lanciato diventi patrimonio dell’intera Ue, e molti segnali ci fanno capire già che così sarà. L’altra proposta è mettere a tema al primo punto, nel prossimo vertice Europa-Africa che dovrebbe tenersi entro marzo fra i 28 primi ministri europei e i 54 del continente africano, questi problemi. Quel vertice non potrà essere una grande occasione sprecata e sono fiducioso che non lo sarà. Chiediamo quindi alla Ashton che l’operazione nel Canale di Sicilia diventi a tutti gli effetti un’operazione della Ue, al pari di quelle che già l’Unione porta avanti in Libia, nel Sahel e nel Corno d’Africa.
Perché è fiducioso nel concorso dell’Europa, questa volta?
Al di là della consapevolezza comune che emerge oggi dagli incontri tenuti sia a livello di Ppe che di Pse, ci sono delle disponibilità politiche ed operative su cui possiamo già contare. Intanto la Slovenia contribuisce con una nave all’operazione, e non è cosa da poco essendo la sua flotta dotata di due unità, ed essendo questa l’unità più rilevante delle due. Ma abbiamo assicurazioni politiche anche da Spagna, Finlandia (la lontanissima Finlandia) e la vicinissima Grecia, che siamo più che fiduciosi possa tradursi al più presto in una disponibilità anche operativa in mezzi ed uomini. Alla Ashton chiediamo esplicitamente un rilancio del dialogo con questi Paesi, e un «più efficiente controllo dei confini» e una comune azione di «contrasto delle organizzazioni criminali impegnate nell’immigrazione illegale».
Su quali ministeri graverà l’onere della missione, e che durata avrà?
Graverà sui portafogli di Interno e Difesa, e la sua durata purtroppo non è possibile definirla. Naturalmente siamo convinti che questo rafforzamento dell’attività di Frontex, nel pattugliamento delle frontiere e quella che sta per essere messa in campo di Eurosur, per le attività di sicurezza, verrà certamente incontro ai nostri sforzi che sopportiamo a nome dell’Unione.
Il salto di qualità ci sarà?
Ne va della credibilità della stessa Ue. Affrontare questo tema drammatico può diventare la grande occasione di rilancio del patto europeo: dall’unione monetaria all’unità che mette al centro la dignità dell’uomo.



Viaggio tra i «musi neri» colpevoli di clandestinità
l'Unità, 25-10-2013
Luigi Manconi Federica Resta
«LA PRIGIONE DEGLI STRANIERI»: COSÃŒ CATERINA MAZZA DEFINISCE – NEL SUO LIBRO EDITO DA EDIESSE E COSÃŒ INTITOLATO i centri d’identificazione ed espulsione Rinunciando alla mistificazione lessicale che aveva indotto a qualificarli come di «permanenza temporanea» o di «permanenza temporanea e assistenza», il legislatore, quattro anni fa, ha così rinominato le strutture dove i migranti irregolari sono reclusi, oggi fino a diciotto mesi, in attesa di espulsione Tanto urgente da dover essere prevista con decretazione d’urgenza, tale modifica nominalistica non è stata però accompagnata né allora né in seguito da alcuna misura che mutasse la realtà di queste strutture, spesso ignorata anche in ragione della sostanziale inaccessibilità delle stesse, cui possono essere ammessi solo soggetti istituzionali o del privato sociale coinvolti in specifici progetti di assistenza e la stampa, sulla base, tuttavia, di specifica autorizzazione prefettiziaLa realtà effettiva dei centri mette a nudo carenze, illegittimità, persino i rischi cui di fatto sono esposti per struttura e modalità di gestione della vita in comune gli stranieri che vi sono trattenuti. E che vivono uno stato di vera e propria alienazione; di scissione, cioé, tra il proprio corpo, la propria fisicità e la propria esistenza materiale da una parte e la possibilità di riflessione dall’altraIn particolare, tutte le contraddizioni insite nella stessa disciplina di una forma di detenzione qualificata come amministrativa (e per questo priva persino delle garanzie del processo e della sanzione penali) solo perché applicata a chi nessun reato ha commesso né di nulla è imputato, salvo di essere nato altrove.
Pur non essendo meno afflittiva della sanzione penale (tanto più dopo la sua estensione fino a diciotto mesi), quella del trattenimento in questi non-luoghi destinati a non-persone è forse la misura che, più e meglio di ogni altra, rappresenta lo spirito delle politiche dell’immigrazione più recenti: la marginalizzazione, l’esclusione dalla sfera della cittadinanza e la soggezione a un sotto-sistema giuridico speciale, derogatorio delle garanzie e dei principi fondativi dello Stato di diritto. Costituito, da noi, dal reato e dall’aggravante (poi dichiarata incostituzionale) di clandestinità; da una costellazione di delitti (dall’agevolazione della permanenza illegale al reato di cessione d’immobile all’irregolare) volti a fare «terra bruciata» attorno allo straniero; dalla progressiva moltiplicazione dei casi di espulsione dall’incriminazione persino del disperato atto autolesionistico di chi arriva a bruciarsi i polpastrelli per non farsi identificare e dalla negazione al migrante irregolare di diritti fondamentali quali la possibilità di contrarre matrimonio.
Nasce così, in Italia come altrove, il «reato da muso nero», patologia e pathos, ad un tempo, dell’integrazione democratica che ha disconosciuto la necessarietà dell’interdipendenza umanaE quando la ricchezza della diversità si volge in minaccia, le comunità si definiscono non attraverso valori e progetti comuni, ma mediante ciò di cui hanno paura. Si identifica l’insicurezza, la devianza, l’oscura fonte della paura con il volto dell’estraneo, con lo sguardo dell’altro su noi stessi, che genera angoscia perché ci costringe ad interrogarci sulla nostra identitàE se questa non ha radici su cui fondarsi, non può che costruirsi contro l’alterità; l’appartenenza collettiva a un «noi» presuppone l’esclusione di tutti gli «altri», almeno finché la paura schiaccia la speranza e la fiducia in una convivenza non solo possibile, non solo necessaria, ma anche capace di arricchire sia «noi» che «loro».
Interrogarci sulle nostre contraddizioni, sulle nostre paure, sui limiti che ci impediscono di vedere nella differenza non un’insidia ma un’occasione straordinaria di crescita, può allora rappresentare un primo, timido, passo, per ripensare i nostri modelli di convivenza, la nostra idea di cittadinanza e di comunità politica; persino la nostra stessa identità.



Un sistema informativo on-line per l’accoglienza solidaristica dei minori stranieri.
Da ieri è disponibile la procedura realizzata dalla Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione - Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Immigrazioneoggi 25-10-2013
È on-line il nuovo Sistema informativo minori accolti (Sima), realizzato dalla Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione - Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
In un’ottica di informatizzazione e semplificazione – si legge in una nota – il Sistema informativo minori accolti ha l’obiettivo di consentire una gestione più efficiente ed efficace delle procedure di invio della documentazione relativa ai programmi solidaristici di accoglienza temporanea di minori stranieri.
Il Sima è, infatti, lo strumento con cui gli enti e le associazioni che intendono promuovere tali programmi invieranno la documentazione relativa ai progetti. Per chiedere l’accredito al Sistema informativo gli Enti e le associazioni possono scrivere a Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. indicando nell’oggetto “richiesta credenziali Sima” e specificando la e-mail di riferimento dell’ente o associazione stessa.
Nel Sima vengono inseriti i dati relativi ai minori accolti, ai progetti approvati, alle associazioni o enti proponenti e alle famiglie ospitanti.
Per minore accolto temporaneamente nel territorio dello Stato s’intende il minore non avente cittadinanza italiana, o di altri Stati dell’Unione europea, di età superiore a sei anni, entrato in Italia nell’ambito di programmi solidaristici di accoglienza temporanea promossi da enti, associazioni o famiglie; il singolo minore o il gruppo di cui fa parte è seguito da uno o più adulti con funzioni di sostegno, guida e accompagnamento.
Il fenomeno dei minori stranieri accolti temporaneamente in Italia ha avuto origine con l’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl, in seguito alla quale vennero promossi soggiorni terapeutici temporanei in luoghi non contaminati.

 

Share/Save/Bookmark
 


 

Perchè Italia-Razzismo 


SPORTELLO LEGALE PER RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO

 

 


 

SOS diritti.
Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
leggi tutto>

Mappamondo
>Parole
>Numeri

Microfono,
la notizia che non c'è.

leggi tutto>

Nero lavoro nero.
leggi tutto>

Leggi razziali.
leggi tutto>

Extra-
comunicare

leggi tutto>

All'ultimo
stadio

leggi tutto>

L'ombelico-
del mondo

Contatti


Links