Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

22 setembre 2014

Gommone affonda al largo della Libia Dieci vittime, almeno trenta i dispersi
L`allarme lanciato da un satellitare: 55 migranti raccolti da un mercantile
Corriere della sera, 22-09-14
Alessio Ribaudo
Continua a salire il bilancio delle vittime dei viaggi della disperazione nel Mediterraneo che hanno come porto di sbarco l`Italia.. Ieri, si è consumata l`ennesima tragedia con un gommone che si è capovolto a circa 30 miglia dalle coste libiche dopo aver iniziato la sua traversata verso la Sicilia.
Il bilancio provvisorio parla di almeno dieci morti e una trentina di dispersi. Altri 55 migranti sono riusciti a non farsi inghiottire dalle onde grazie all`intervento dell`equipaggio di una nave mercantile che batteva bandiera di Singapore.
L`imbarcazione è stata la prima a raggiungere lo specchio di mare dopo l`allarme lanciato dal Comando generale del Corpo delle Capitanerie di Porto di Roma.
La richiesta di soccorsi era arrivato da un telefono satellitare Thuraya. L`equipaggio del mercantile ha confermato il naufragio e ha allenato le autorità italiane dicendo che molte persone erano in acqua. Per questo, la Guardia Costiera ha ordinato a tutti i mercantili in navigazione nell`area di raggiungere subito la zona del naufragio.
La scena che si è presentata ai soccorritori è stata impressionante: almeno dieci cadaveri galleggiavano a pelo d`acqua. Le immediate operazioni di salvataggio hanno consentito di recuperare almeno 55 persone che oramai nuotavano stremate dalla fatica. I sopravvissuti, dopo aver ricevuto i primi soccorsi, hanno raccontato che a bordo del gommone erano almeno in un centinaio. Altri mercantili si sono messi alla ricerca di almeno una trentina di dispersi.
Con il passare delle ore e l`arrivo della notte, però, diminuiscono sensibilmente le speranze dei soccorritori di trovare salvi altri naufraghi.
Con questa tragedia, si allunga l`ormai lunghissimo elenco di vittime inghiottite dal mare negli ultimi mesi nel Canale di Sicilia. Il 2014, in particolare, rischia di essere ricordato come l`anno con più immigrati morti in naufragi. Da gennaio potrebbero essere almeno duemila le persone inghiottite dalle onde mentre speravano di raggiungere le coste siciliane. Di 250 persone non si hanno notizie da due mesi. Il calcolo è dell`agenzia Habeshia, che raccoglie e diffonde segnalazioni sulla sorte di migliaia di profughi e migranti finiti nella rete dei trafficanti.
Fino a oggi, il record di lutti si era registrato nel 2011 quando almeno 1.800 persone, tra morti e dispersi, erano scomparse. E stato stimato anche che sarebbero almeno 20 mila le persone morte o disperse nel Mediterraneo negli ultimi 20 anni. Un bilancio che può essere paragonato a quello di una guerra.



Dieci morti e trenta dispersi migranti, è ancora strage
la Repubblica, 22-09-14
FABRIZIO LENTINI

PALERMO. Altri morti, altre croci senza nome in quella fossa comune che è diventata il Canale di Sicilia. Sono dieci i corpi recuperati nell`ennesimo naufragio di migranti, ma le vittime potrebbero essere molte di più, visto che i 55 sopravvissuti raccontano di trenta persone sparite tra le onde.
L`ultima tragedia del Mediterraneo ha come scenario un tratto di mare a circa trenta miglia dalle coste della Libia. Erano un centinaio imigrantistipati abordo di un gommone che ben presto ha cominciato a imbarcare acqua. Qualcuno è riuscito alanciarel`allarme con un telefono satellitare: da Roma il Comando generale delle Capitanerie di porto ha diramato un avviso "circolare" a tutte le imbarcazioni che incrociassero nella zona, e all`appello ha risposto un mercantile con bandiera di Singapore che si è diretto verso ilpunto del naufragio. Il gommone era già capovolto e molti migranti in acqua. Uno dopo l`altro, in 55 sono riusciti a salire a bordo del mercantile. Per altri dieci era troppo tardi.
Recuperati i cadaveri, è continuata fino al tramonto la convulsa ricerca di naufraghi, vivi o morti. A sera, quando la speranza si andava spegnendo, la contabilità della morte per migrazione indicava trenta dispersi. Un numero approssimativo, dettato dalle testimonianze dei superstiti, e che nessuno potrà mai confermare con esattezza. Un numero - dieci o quaranta che si somma a quello dei duemila migranti che da gennaio a oggi hanno perso la vita attraversando il Canale di Sicilia. Il calcolo lo ha fatto l`agenzia Habeshia, che raccoglie e diffonde segnalazioni sulla sorte delle maree umane in fuga da guerra e miseria. Il 2014 è l`anno più tragico delle migrazioni, ben più del 2011 che lasciò dietro di sé una scia di 1.800 cadaveri.



Soccorsi 590 migranti, si cercano dispersi
Avvenire, 22-09-14
Giornata intensa, ieri, per le navi della Marina Militare impegnate nell'operazione Mare Nostrum, intervenute nelle ultime 24 ore in tre operazioni di soccorso ad imbarcazioni provenienti dalle coste del nord Africa, imbarcando numerosi migranti anche da navi mercantili che hanno supportato le operazioni nello Stretto di Sicilia. Tra questi, anche i sopravvissuti al naufragio di un gommone avvenuto ieri a 30 miglia dalle coste libiche che conta almeno 10 morti e una trentina di dispersi.
Il pattugliatore Sirio - riferisce la Marina Militare - ha soccorso ieri pomeriggio a sud di Lampedusa un gommone con 105 migranti tra cui 1 donna ed 1 minore. Al termine del recupero, la nave si è diretta nell'area dove la motonave Stjerneborg (Singapore) ha soccorso, sempre ieri pomeriggio, numerosi naufraghi del gommone affondato.
Un elicottero EH 101 della Marina Militare è decollato dalla base di Lampedusa per supportare le operazioni di ricerca e soccorso. Il pattugliatore Sirio, ultimato il trasbordo dei 55 naufraghi soccorsi dalla motonave Stjerneborg, è rimasto in area per continuare le ricerche di eventuali altri superstiti. La fregata Aliseo, durante la notte, ha poi soccorso 96 migranti da una imbarcazione in legno.
La nave anfibia San Giusto ieri ha recuperato 105 migranti da un gommone in condizioni di precaria galleggiabilità e successivamente ha imbarcato 229 migranti già recuperati dalla nave mercantile Bourbon Orca (Norvegia). Sempre ieri pomeriggio, la motovedetta CP302 ha soccorso 33 migranti da una imbarcazione trasportandoli a Lampedusa. Tra loro anche una donna incinta.



Il nostro 3 ottobre
Ad un anno dalla strage di Lampedusa. Non il giorno della memoria ma una giornata di mobilitazioni
Melting Pot Europa, 22-09-14
L’anniversario del 3 ottobre, quando 368 donne, uomini e bambini persero la vita nel naufragio di Lampedusa, trova un mondo dilaniato dal diffondersi di conflitti asimmetrici inediti e dall’acuirsi di quelli che da decenni segnano il pianeta. Da Guantanamo ai tagliagole in Iraq, passando per le decine di migliaia di morti in Ucraina, a Gaza e in Siria, per la nuova guerra civile in Libia e il perpetrarsi delle dittature sanguinarie del Corno d’Africa, la stessa cultura dell’odio e del calcolo economico, che mai dà priorità alla vita e ai desideri delle persone, si sta materializzando in un orizzonte di devastazione e guerra probabilmente senza precedenti per l’intensità e le modalità globali.
I paesi occidentali hanno contribuito e contribuiscono quotidianamente alla diffusione di questa cultura e al protrarsi di questi conflitti, dei quali le migrazioni e le morti in mare cui stiamo assistendo sono una diretta conseguenza.
Per anni abbiamo contestato la divisione tra profughi e migranti perché strumentalizzata da tutti i governi per creare categorie di persone dai diritti differenziati. Ma oggi la questione dell’asilo e della “libertà di costruzione e di realizzazione del proprio progetto di vita in caso di necessità di movimento”, come scritto nella Carta di Lampedusa, assume un ruolo fondamentale, diventa la sfida per eccellenza alle frontiere, alle sovranità, alle cittadinanze, agli stessi diritti umani.
Senza dimenticare la libertà di movimento e il diritto di restare di tutti/e i/le migranti per come definiti dalla Carta di Lampedusa, non si può non tenere presente la stretta connessione che esiste tra i conflitti in corso e le persone che in questi mesi hanno raggiunto l’Europa passando per il Mediterraneo. Più del 35% di loro sono siriani/e. Gli/le altri/e sono in larga parte eritrei/e, somale/i, palestinesi, curdi/e.
Il 3 Ottobre non può e non deve essere solo il giorno nella memoria. Una giornata in cui gli stessi poteri che giocano costantemente a ipotecare il futuro di tutti e di tutte fingono di inchinarsi di fronte al ricordo delle salme di quella tragedia. Una tragedia che ha precise responsabilità politiche, come tutte le altre che hanno riempito di corpi il Mediterraneo negli ultimi vent’anni.
I giorni della memoria si istituiscono in ricordo di un passato finito una volta per tutte. Ma il 3 Ottobre non ha mai avuto fine: il 3 Ottobre è anche l’11 Ottobre dello stesso anno, e poi, nel 2014, il 19 febbraio, il 12 maggio, il 30 giugno, il 19 luglio, il 2 e il 28 agosto, tutte date in cui si sono contati i morti in mare, fino agli 800 nelle acque libiche e maltesi nella sola seconda settimana di settembre.
Più i conflitti si inaspriscono e si diffondono, più le persone fuggono e muoiono.
Più le politiche migratorie europee impediscono ai migranti di attraversare le frontiere senza rischiare la vita, più si rendono complici della morte di queste decine di migliaia di vittime di guerra.
Le banalizzazioni e le semplificazioni dei discorsi istituzionali fanno rabbrividire in questo momento più che mai. Ancora di più, spaventa l’assunzione in buona fede di tante e tanti della logica del salvataggio in mare come l’unica possibile. Una logica che inevitabilmente alimenta la commistione ormai strutturale tra umanitario e militare e legittima il dibattito in corso tra l’Italia e l’Europa sul passaggio dall’operazione Mare Nostrum a una versione di Frontex imbellettata per l’occasione.
Non si può continuare a dare per presupposto che chi fugge debba rischiare la propria vita per raggiungere il Mediterraneo e dalle sue coste mettersi in viaggio sperando che qualcuno lo intercetti e lo salvi.
Pur consapevoli che è alle cause delle guerre che oggi bisogna guardare, e fino a che punto l’Unione europea sia complice di queste guerre e la prima responsabile delle morti in mare (altra forma o continuazione della guerra), le prime rivendicazioni che adesso si devono portare avanti sono per noi:
- L’ abolizione immediata del sistema dei visti d’ingresso e l’istituzione di un diritto di asilo senza confini, che sopprima definitivamente la logica del Regolamento Dublino in tutte le sue versioni, permettendo la reale libertà di movimento di chi chiede protezione internazionale in Europa e garantendone il diritto di restare dove sceglie.
- La costruzione immediata di percorsi di arrivo garantito che portino le persone in salvo direttamente dalle zone dei conflitti o immediatamente limitrofe ad esse fino all’Europa, mettendo a tacere ogni ipotesi di esternalizzazione dell’asilo politico nei cosiddetti “paesi di transito” extra Ue, come la Libia, l’Egitto, o la Tunisia, oggi più che mai incapaci di offrire i minimi standard di tutela dei diritti dei migranti.
- La diffusione di un’accoglienza degna, che rispetti le vite e i desideri degli uomini e delle donne che arrivano in Europa e si sostituisca interamente alla logica dell’emergenza e della speculazione sull’emergenza.
- La lotta senza quartiere contro tutte le campagne politiche e mediatiche di criminalizzazione dei migranti che, a solo un anno dal naufragio del 3 ottobre, tornano più che mai irresponsabilmente e indegnamente a connotare come “clandestini” i profughi in fuga dai conflitti, e ad allarmare la popolazione con inventati pericoli di epidemie e infiltrazioni terroristiche attraverso le rotte dell’asilo, alimentando senza ritegno la cultura dell’odio, della paura, dello “scontro di civiltà” e dell’islamofobia a fini demagogici.
Le risorse economiche perché ciò avvenga sono da trovare innanzitutto nell’immediata chiusura in tutta Europa dei centri di detenzione amministrativa per migranti, obiettivo di lotta per tutti noi, nonché nella riconversione delle spese volte alla militarizzazione del Mediterraneo e degli altri confini europei.
Perché il 3 Ottobre non sia solo la giornata della memoria, perché in quel giorno siano delegittimate le ipocrisie istituzionali, invitiamo ogni movimento, associazione, singola/o a costruire sul proprio territorio e con le modalità che riterrà più opportune, nello spirito della Carta di Lampedusa, dei momenti di mobilitazione che assumano queste rivendicazioni come parole d’ordine.



Scoppia la guerra contro gli immigrati
Un’autista del bus assalita da 40 rifugiati. Botte tra residenti e africani: due feriti
Il Tempo, 22-09-14
Vincenzo Bisbiglia Francesca Musacchio
È guerra tra romani e immigrati alla periferia est della Capitale. La scintilla che ha fatto infuriare i residenti è l’aggressione a Elisa De Bianchi, la 33enne autista dell’Atac che sabato sera è stata assalita a San Vittorino da un gruppo di 30-40 africani mentre era di ritorno con il suo bus 042 da Corcolle. Ha rischiato di essere linciata, il suo autobus è finito in officina con un vetro distrutto da sassi, pugni e bottiglie di birra. I residenti, ieri sera, hanno deciso di rispondere con una manifestazione in mezzo alla strada. E gli africani, quasi tutti rifugiati, sono stati fatti scendere a forza da un altro autobus che stava transitando. Ne è nato un tafferuglio con un due feriti lievi tra gli stranieri.
Gli animi sono esasperati. Il boom di immigrati sta creando molto malumore tra chi vive alla periferia della città. Fortunatamente la conducente dell’autobus aggredita ne è uscita sana e salva. Ma i medici sospettano che lo choc le abbia procurato un «leggerissimo infarto del miocardio» e verrà sottoposta ad ulteriori accertamenti per fermare l’eventuale attacco di cuore e scongiurare drammatiche complicazioni.
Quel che è certo, è che la giovane se l’è vista davvero brutta. «Stavo ritornando dal capolinea di Corcolle - racconta Elisa - e percorrevo la via Polense. A un certo punto, vedo che ad aspettare l’autobus alla fermata c’erano un gruppo di 30-40 ragazzi di colore. Non è una novità, ce ne sono tantissimi che, specie nelle ore serali, vanno e vengono con l’autobus». Ma stavolta, c’era qualcosa di diverso. «Li vedo quasi tutti con la birra in mano. A un certo punto, uno di loro scaglia una bottiglia piena verso l’autobus e mi spacca il vetro. Io mi spavento ma mantengo la calma, non faccio la fermata e vado via». Elisa percorre un altro chilometro, poi accosta e chiama in rimessa. «Ho comunicato quanto accaduto - prosegue - mi hanno detto di riportare la vettura in deposito e, se me la sentivo, di prenderne un’altra. Per me non c’era problema, in fondo non era accaduto nulla di grave». La telefonata dura circa un quarto d’ora. Poi Elisa riparte, ma poche centinaia di metri dopo, ritrova lo stesso gruppo di africani che, probabilmente, avevano preso un altro autobus (che nel frattempo aveva superato lo 042 di Elisa) ed erano scesi per aspettarla. «Me li sono ritrovati di nuovo davanti - continua - si sono messi per strada, bloccando l’autobus, e hanno iniziato a prendere a calci la vettura». La donna è spaventata, gli aggressori sono inferociti, le gridano «ti uccidiamo puttana, apri» e prendono a sassate e bottigliate il bus. «Credevo di morire - racconta - Se fossero entrati, non so cosa mi avrebbero fatto. Ho preso il cellulare e ho chiamato i colleghi. A quel punto, forse, gli aggressori pensavano che stessi chiamando la polizia. Così si sono aperti un attimo. Appena ho visto il varco, ho schiacciato il piede sull’acceleratore e sono scappata. Guidavo e piangevo, è stata un’esperienza terribile».
Ora toccherà alle forze dell’ordine individuare i responsabili. Stando alle dichiarazioni dell’autista aggredita, gli aggressori dovrebbero ricercarsi all’interno dei numerosi centri di accoglienza per rifugiati politici che si trovano nel Municipio VI. Fra la Casilina e la Prenestina è infatti concentrato circa il 60% dei rifugiati di tutta Roma, stando ai dati forniti dal Municipio. Due mesi fa, si contavano circa 1.300 «ospiti», fra stanziali e nuovi richiedenti asilo, per un totale di 15 centri di accoglienza aperti da tempo o preventivati per altri futuri sbarchi. In totale, la Capitale già accoglie circa 5.000 richiedenti asilo e rifugiati. La protesta di ieri sera dei residenti sarebbe motivata anche dal fatto che gli africani autori dell’aggressione all’autista del bus sarebbero dei nuovi arrivati. Il presidente del Municipio VI, Marco Scipioni, è furibondo: «Pare che tre giorni fa abbiano fatto arrivare altri immigrati all’insaputa di tutti, questo territorio è ormai allo stremo. È inaccettabile che il Municipio non sia stato informato. Siamo al fianco dei cittadini».
Intanto, oltre al sindaco Marino, che chiede «di fare piena luce su quanto accaduto», anche l’Atac ha inviato la propria solidarietà alla sua dipendente aggredita: «Auspichiamo che si avvii una riflessione da parte di tutti gli organi preposti e assicuriamo il nostro impegno per garantire la massima attenzione alla sicurezza».



Boom di imprese create da immigrati
In Campania risultano in crescita le ditte individuali guidate da cittadini provenienti da oltre i confini della Ue
la Citta di Salerno, 21-09-14
Ritorna a crescere, nel secondo trimestre del 2014, il numero delle imprese guidate da immigrati. In Campania il Paese leader è il Marocco. Sono 6.247 i cittadini marocchini titolari di imprese individuali nella nostra regione. In termini percentuali queste imprese rappresentano il 25,9 per cento del totale complessivo delle imprese individuali che fanno riferimento a titolari di nazionalità extra Ue (24.144).
I dati sono stati elaborati dal Centro Studi Ance Salerno sulla base dell'indagine trimestrale condotta da Unioncamere ed Infocamere (Registro delle Imprese delle Camere di Commercio) diffusa lunedì 15 settembre.
«Anche in Campania – evidenziano gli analisti del Centro Studi Ance Salerno – si conferma la leadership degli auto/imprenditori marocchini che risultano particolarmente inseriti nel processo di emersione dalla zona grigia grazie alle specializzazioni maturate in due comparti rilevanti come il commercio e i trasporti». «Siamo in presenza – sottolineano dal Centro Studi Ance Salerno – di un fenomeno che assume sempre più peso in termini numerici, a giudicare dal saldo del secondo trimestre dell’anno in corso nella dinamicizzazione dei flussi relativi al circuito imprenditoriale di base delle economie regionali». «Va, inoltre, segnalata – rimarca Ance Salerno – la complessiva ripartenza del fenomeno delle imprese individuali: inevitabile considerare che il ricorso a questa forma giuridica è dovuto in larga parte al processo di precarizzazione del lavoro che coinvolge tutti i profili professionali spendibili nei segmenti produttivi più rilevanti».
Se si raffronta la media campana (25,9 per cento) a quella nazionale (19,3 per cento), sempre nell’ambito delle ditte individuali con titolari marocchini, risulta un trend medio superiore di 6,6 punti percentuali. In Campania è concentrato il 7,4 per cento di imprese individuali con titolari extra Ue diffuso su tutto il territorio nazionale ed il 10 per cento di imprese individuali sempre con titolare di origine marocchina.
In particolare, si tratta di auto/imprenditori impegnati principalmente in due settori (come si accennava: commercio e trasporti). In ambito nazionale le imprese con titolare marocchino rappresentano il 31,9 per cento delle ditte individuali con titolare immigrato impegnato nel commercio ed il 15,8 per cento delle ditte individuali con titolare immigrato impegnato nei trasporti. Va anche segnalato che gli auto/imprenditori marocchini sono i più numerosi (sempre tra la rappresentanza extra Ue) in 11 regioni su 20 con il primato che appartiene alla Calabria (55 per cento di tutte le imprese di immigrati con sede nella regione), seguita dalla Valle d’Aosta (35,3 per cento).
La situazione nei territori provinciali. A livello regionale le imprese individuali sono 303.768, di cui, come già detto, 24.144 intestate a cittadini extra Ue (7,95 per cento). Nel contesto dei territori provinciali la maggiore concentrazione in termini numerici si registra a Napoli (10.471 ditte, 8,16 per cento sul totale delle imprese individuali); segue Caserta (6.778, 12,57 per cento sul totale delle imprese individuali); il Salernitano (4.687, 6,56 per cento); l’Irpinia (1.389, 5,6 per cento); il Sannio (819, 3,62 per cento).
Nel complesso in Campania l’incidenza delle imprese individuali con titolarità extra Ue sul totale di questa tipologia di impresa si attesta al 7,95 per cento, 2 punti in meno della media nazionale (9,96 per cento).
Lo scenario nazionale. L’analisi dei flussi inerenti la cosiddetta imprenditoria di immigrazione “continua ad indicare nel Marocco – si legge in una nota di sintesi di Unioncamere – il Paese in assoluto più prolifico di titolari di provenienza extra Ue (62.676, pari al 19,3 per cento di tutti gli imprenditori individuali immigrati operanti alla fine di giugno). Seguono più staccate la Cina (14,2 per cento del totale), l’Albania (9,4 per cento) e Bangladesh (7,1 per cento).

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