Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

26 febbraio 2010

Una inchiesta di TIME
Immigrazione, in Italia accanto a Rosarno c'è il buon esempio di Riace
E’ da migliaia di anni che l’Europa è meta di emigranti. I primi esseri umani – i primi veri emigranti – si spostarono a nord partendo dall’Africa e attraversando il Medio Oriente. Sin da quei lontanissimi tempi, periodiche ondate migratorie hanno costituito un fattore primario nel ridefinire la popolazione e la cultura del vecchio continente.

Tratto da TIME  -  l'Occidentale, 26 febbraio 2010

Dopo la Seconda guerra mondiale, l’emigrazione si è diretta soprattutto verso il nord Europa, ma negli ultimi tempi, grazie allo sviluppo economico vissuto negli ultimi vent’anni, è stata soprattutto la fascia meridionale del continente ad attirare un numero crescente di persone, in cerca di una vita migliore. Alla metà degli anni Duemila, gli emigranti diretti al sud dell’Europa costituivano il 60% sul totale dei nuovi arrivi. Hanno battuto i martelli del boom edilizio spagnolo, hanno cambiato i pannolini ai neonati greci e hanno sudato nei campi italiani.

La crisi economica ne rallenterà la crescita, ma difficilmente bloccherà questo spostamento demografico, soprattutto perché il rateo di nascita tra gli immigrati è ben più alto di quello del resto della popolazione. “Se c’è una lezione che può essere appresa dall’esperienza in Europa settentrionale, è che gli immigrati temporanei tendono a restare” dice Joaquín Arango, professore di sociologia all’Università Complutense di Madrid. Ed ecco un’altra lezione: quando una società ghettizza i suoi nuovi membri, arrivano i guai. L’Europa meridionale ha bisogno dei suoi immigrati. Adesso ha bisogno di trovar loro un posto. TIME getta uno sguardo a tre paesi che stanno iniziando a rendersi conto di questo fatto.

Il Caso Italia. Quando, lo scorso mese, a Rosarno è esplosa la protesta di centinaia di immigrati africani, il mondo ha potuto vedere per un breve istante un’immagine dell’Italia assai diversa da quella offerta dalle guide turistiche. Automobili ribaltate, vetrine infrante e guerriglia urbana sono l’antitesi del classico paesino toscano quieto e pittoresco, adagiato sulle dolci colline del Chianti. Ma c’è un’altra contraddizione, ben più importante, evidenziata da quello scoppio di violenza, che c’entra pochissimo con la percezione dell’Italia all’estero, ma moltissimo con il modo in cui gli italiani vedono il loro paese. Come nazione, l’Italia sta diventando sempre più multietnica, a causa degli immigrati di Africa, Cina, Europa dell’est e Medio Oriente che arrivano per svolgere quei lavori che gli italiani non vogliono più fare. Ma la società italiana si sta dimostrando molto lenta nel riconoscere questo cambio.

Demograficamente, l’Italia si sta trasformando più velocemente che qualsiasi altro paese europeo. Lo scorso anno, secondo quanto riferito dall’associazione di beneficenza cattolica Caritas, la percentuale di residenti privi di cittadinanza nella penisola era arrivata al 7,2%, più alta che in Gran Bretagna. Il dato non tiene conto di coloro che risiedono in Italia illegalmente, il cui numero si stima attorno al mezzo milione. In una nazione dove la popolazione autoctona sta invecchiando rapidamente, un bambino su sei tra quelli nati nel 2008 ha almeno un genitore di passaporto straniero. La dolce vita (in italiano nel testo, ndt), per di più, sta diventando sempre più dipendente dal lavoro dagli immigrati. L’Organizzazione internazionale per l’emigrazione (OIE) stima che i lavoratori stranieri contribuiscano al 9% del Pil italiano. Raccolgono frutta e verdura nelle campagne, forniscono la manodopera nei ristoranti e nelle fabbriche, accudiscono i bambini e gli anziani. “Se tutti gli immigrati smettessero di lavorare, l’economia italiana crollerebbe” afferma Flavio Di Giacomo, portavoce della OIE.

Ma l’Italia resta aggrappata alle sue abitudini. Rigidi codici di comportamento governano qualunque cosa, dal modo di vestirsi alla scelta del momento giusto per gustarsi un cappuccino. Lungi dall’essere un “melting pot”, l’Italia persiste nella tradizione dei tre pasti al giorno, con la pasta rigorosamente separata dagli antipasti e dal secondo e nessuna considerazione per piatti come humus o involtini primavera. “La gente adesso accetta la presenza degli immigrati – commenta Giuseppe Sciortino, professore di sociologia all’università di Trento – ma continua a negare che si tratti di un fenomeno che cambierà per sempre l’Italia”.

In alcuni posti, la negazione si sta trasformando in rabbia. La rivolta di Rosarno è scoppiata il 7 gennaio, dopo che due immigrati furono colpiti da proiettili di pellet sparati da bianchi. Gli immigrati della città reagirono dando al fuoco automobili e danneggiando negozi, scatenando la rappresaglia dei residenti. “E’ razzismo contro i neri” dice Yakuba Camara, 25enne della Nuova Guinea, una delle prime vittime degli scontri: “Non ho fatto niente, e mi hanno sparato”. Al termine di quel fine settimana, quasi settanta persone – per la maggior parte lavoratori immigrati – erano rimaste ferite. Il Papa esortò alla solidarietà e il governo evacuò un migliaio di immigrati nelle città circostanti, per salvaguardarne l’incolumità.

La zona della Calabria in cui è situata Rosarno si trova sulla punta della penisola italiana. Gli immigrati stagionali – provenienti per lo più da Africa ed Europa dell’est – da tempo lavorano negli agrumeti della regione. Le ore sono tante, le paghe sono spesso inferiori ai trenta euro al giorno. Quando Fabrizio Gatti, un giornalista del periodico L’Espresso, si camuffò da immigrato, nel 2006, rivelò un mondo in cui i maltrattamenti e lo sfruttamento sono la norma. “Nessun contratto, nessun diritto – spiega Gatti; – e così, se non ti pagano, non puoi denunciare la cosa alla polizia”.

L’associazione internazionale Medici senza frontiere in genere opera in zona di guerra, ed è per quello che è famosa nel mondo, ma ha ritenuto le condizioni di quei lavoratori cattive a tal punto da aprire un centro medico tra le fabbriche abbandonate, prive di acqua e di servizi sanitari, in cui vivono gli immigrati. “E’ una popolazione cui non viene dedicata alcuna attenzione, sono vittime di sfruttamento e violenza – dice Sophie Baylac, coordinatrice del programma europeo d’immigrazione di Msf. – Questa situazione... è sintomatica della perdurante trascuratezza che viene riservata ai migranti stagionali”.

Nonostante tale trascuratezza, o forse proprio per questo, l’immigrazione è diventata, in Italia, un argomento scottante. Secondo un sondaggio fatto l’anno scorso, il 69% della popolazione la indica come una delle massime priorità; nel resto d’Europa, il problema è assai meno sentito. Fino ad ora, il tema è stato monopolizzato dalla Lega Nord, partito dichiaratamente contro l’immigrazione, che ha mietuto consensi ponendo l’accento sugli sbarchi di clandestini e sul legame tra stranieri e criminalità. Grazie al sostanziale silenzio della sinistra, molti elettori hanno visto nella retorica della Lega Nord l’unico serio tentativo di affrontare il problema. “La paura verso gli immigrati non è stata instillata dalla Lega – dice Giancarlo Giorgetti, parlamentare della Lega. – Siamo lo specchio della società italiana. E’ nella cultura di questo paese isolarsi dal mondo esterno”.

La scorsa estate, il governo italiano – nel quale la Lega Nord gioca un ruolo determinante – ha introdotto il reato di immigrazione clandestina, triplicando il periodo (fino a sei mesi) durante il quale un immigrato può essere tenuto in carcere prima dell’espulsione. In gennaio, ha annunciato che porrà un limite del 30% al numero di studenti stranieri nelle scuole e nelle università.

Eppure queste politiche affrontano solo una parte del problema, e ignorano il fatto che gli immigranti adesso giocano un ruolo importante nell’economia italiana. Agli italiani non piace essere definiti razzisti, ma sarebbe difficile trovare un residente dalla pelle scura che sia d’accordo. Sono molti gli atteggiamenti che la nazione farebbe bene a mutare, cominciando a cambiare impostazione per quanto riguarda l’accoglienza degli immigrati: attualmente si tende a respingerli, bisognerebbe trovare il modo di integrarli. “Stiamo creando un gruppo di persone segregate, che reagiranno come hanno sempre reagito tutte le persone segregate” dice Sciortino.

Si prenda la risposta ufficiale alle violenze di Rosarno, che è suonata tristemente familiare. Il ministro dell’Interno Roberto Maroni, esponente di spicco della Lega Nord, ha dato la colpa di quanto accaduto al lassismo che esisterebbe nei rapporti con i lavoratori irregolari. “Per anni – ha detto – l’immigrazione illegale è stata tollerata, e non si è fatto niente di efficace contro di essa”. Non importa che, secondo la OIE, almeno la metà dei lavoratori evacuati da Rosarno, ora detenuti in centri di prima accoglienza, possegga documenti di lavoro. Quando alcune associazioni vicine a queste problematiche hanno ventilato la possibilità di uno sciopero degli immigrati per il primo di marzo, Maroni ha risposto che verrà arrestato ed espulso ogni irregolare che, quel giorno, venga trovato per strada.

Esiste, però, anche un’altra via. Domenico Lucano, sindaco di Riace, paesino a 60 chilometri a est di Rosarno,  sull’altro versante delle aspre montagne della Sila, si è offerto di ospitare gran parte di quegli immigrati. “Ciò che è accaduto a Rosarno ci ha lasciati senza parole – ha detto. – Un pezzo di carta non può essere la differenza tra essere un uomo e non esserlo”.

Riace — un grappolo di casette fatte di mattoni e tegole che affaccia sul Mar Ionio – ha speso gli ultimi dieci anni cercando immigranti, nel tentativo di trovare nuova linfa vitale. Dieci anni fa, il piccolo paese, sito in una delle zone più depresse d’Italia, si stava rapidamente spopolando. Le case restavano vuote, le attività commerciali faticavano ad andare avanti. “Riace stava morendo – racconta Antonio Chillino, un macellaio del paese – i giovani se ne andavano. Cominciammo a chiederci: e ora? Chiudiamo e ce ne andiamo anche noi?”.

Fu allora che Lucano, eletto sindaco nel 2004, cominciò a reclutare nuovi residenti, avvantaggiandosi di un programma d’integrazione governativo rivolto ai rifugiati passati attraverso i centri di prima accoglienza italiani. “Un luogo di case senza abitanti si è incontrato con un gruppo di persone senza casa”, racconta il sindaco. Riace ospita adesso più di 40 immigrati con le loro famiglie, e lo scorso mese, insieme a due comunità limitrofe, ha iniziato ad accogliere 180 palestinesi provenienti da un campo profughi sul confine tra Siria e Iraq. “La gente qui capisce che i rifugiati possono essere una risorsa e non una minaccia – commenta Cosimo Curiale, che cura il programma per l’immigrazione del comune. – Con l’arrivo degli immigrati sono arrivati i bambini, che hanno salvato la scuola. Gli insegnanti vengono assunti. I macellai lavorano di più, così come i fornai e i tabaccai”.

Sfortunatamente, Riace resta un’eccezione. E anche se le vie ghiaiose risuonano del vociare dei bambini, il progetto di Lucano è lungi dall’essere sostenibile. Si basa sui fondi inviati dal governo per dare sostentamento ai nuovi residenti. Hanno cominciato ad arrivare le vittime delle violenze di Rosarno (“Se trovo un lavoro, mi fermo” dice uno di loro), ma il paese difficilmente ne accoglierà più di mezza dozzina, o riceverà fondi per mantenerli. Nel frattempo, la vecchia fabbrica conserviera di Rosarno, in cui diverse centinaia di immigrati avevano trovato una precaria sistemazione, è stata abbandonata. Macchie scure appena fuori i cancelli segnano i posti dove sono state appiccate le fiamme. Dentro i capannoni, i vestiti pendono dai macchinari. Un paio di polli razzolano sul pavimento in cemento. Resta qualche segno della comunità che popolava quel luogo – sedie in circolo, come se dovesse tenersi una riunione. Una stanza, i muri coperti da poster di Gesù, appare come se fosse stata sistemata per fungere da chiesa.

Nei frutteti vicini, immigrati nordafricani ed est-europei raccolgono frutta, praticamente nelle stesse condizioni della gente che hanno sostituito. E, conferma Despina Ivasenco, avvocato che difende gli immigranti di Rosarno, alcuni degli originali lavoratori africani sono già tornati: “La raccolta delle arance continua”. Con circa un quarto del Pil italiano proveniente dal sommerso, l’immigrazione illegale è virtualmente impossibile da controllare. “E molto difficile intervenire con decisione – spiega Sciortino – perché significherebbe intervenire con decisione su una struttura portante dell’economia italiana”. (Fine della prima puntata. Continua...)

Traduzione di Enrico De Simone



Milano, ancora paura in via Padova

Magrebino accoltellato: è grave
Il 118, chiamato dalla polizia, lo ha trasportato in codice rosso all'ex clinica Santa Rita

Corriere della SEra, 26 febbraio 2010

MILANO- Un cittadino magrebino è stato trovato accoltellato giovedì sera in via Clitumno, angolo con via Padova. L'uomo si trova ricoverato in gravi condizioni. Il ferimento è accaduto intorno alle 21. Il 118, chiamato dalla polizia, lo ha trasportato in codice rosso all'ex clinica Santa Rita. Secondo quanto riferito dalla polizia il giovane nordafricano è stato ferito con almeno una coltellata all'inguine.

Il magrebino è stato trovato a terra, tra le auto, dagli agenti di una Volante che stava pattugliando la zona, richiamati da un passante che aveva notato il corpo. Poco dopo è giunto anche il 118, che lo ha trasportato in arresto cardiaco all'ospedale. Secondo le prime notizie, che però devono ancora trovare conferma in una ricostruzione ufficiale della polizia, l'uomo sarebbe stato accoltellato altrove, dato che ci sarebbero tracce per strada. I rilievi però sono resi difficili dalla pioggia. Secondo alcune voci, alcuni testimoni avrebbero riferito di una rissa, ma il particolare è ancora da confermare. Il ferimento è avvenuto a poca distanza da dove, il 13 febbraio scorso, è stato accoltellato e ucciso un egiziano di 19 anni, causando una sommossa della comunità araba nel quartiere, il più multietnico della città, con auto ribaltate, vetrine sfondate e motorini rovesciati. (Fonte: Ansa)



Immigrazione, nasce sportello per aiutare donne migranti

Andrea Tani
il Reporter.it  26 Febbraio 2010

Le donne immigrate residenti a Firenze avranno un nuovo strumento al quale rivolgersi per avere assistenza psicologica e raccogliere ed aiutare a risolvere le problematiche che il migrante si trova ad affrontare. Si tratta di uno sportello di ascolto psicologico nato dalla collaborazione tra l’associazione Nosotras e l’Istituto di terapia familiare di Firenze, realizzato con il sostegno del Comune di Firenze.

Lo sportello è stato presentato oggi dall’assessore alle politiche sociosanitarie Stefania Saccardi, dalla presidente di Nosostras Laila Abi Ahmed e da Giancarlo Francini dell'Istituto di terapia familiare di Firenze e sarà attivo da metà aprile.

Si tratterà di uno sportello di ascolto settimanale plurilingue che avrà la funzione di snodo per la raccolta e la valutazione dei bisogni degli utenti, tramite il quale poi individuare il modo e il luogo più adatti per superare le difficoltà. I suoi compiti consisteranno nell’indagare attraverso semplici questionari sulle problematiche psicologiche che il migrante si trova ad affrontare, conoscere la percezione che i servizi hanno dell’utente migrante, indirizzare l’utente attraverso il lavoro di rete, a strutture sia pubbliche che di volontariato dove possa essere preso in carico e progettare percorsi di aiuto mirati.

“I dati presenti nelle schede raccolte - ha detto Laila Abi Ahmed - verranno poi analizzati e saranno la base di una riflessione per un successivo intervento per la prevenzione del disagio psicologico del migrante”. Tutto questo per “arricchire il servizio offerto alle famiglie immigrate - ha continuato la presidente di Nosotras - con uno spazio di accoglienza per la presa in carico del disagio psicologico che spesso si accompagna a situazioni di difficoltà”.

Il progetto si inserisce nell’ambito dell’attività dello sportello Ponte, il centro plurilingue di orientamento, informazione e accompagnamento che offre risposte concrete attraverso la collaborazione con operatrici madrelingua, già attivo da tempo a Firenze.




Immigrati fatti passare per equipaggio

Così la nave siriana importava clandestini
Sequestrata a Pozzallo la «Jameela star»: metà dei suoi marinai scomparsi dopo l'attracco nel porto siciliano

Alfio Sciacca
Corriere della Sera, 25 febbraio 2010
RAGUSA – Un nuovo canale di ingresso illegale nel nostro Paese che in realtà è vecchio di secoli. Per aggirare la politica dei respingimenti gli immigrati ora si fanno reclutare su navi compiacenti ed una volta toccato un porto italiano fanno perdere le tracce. E’ quanto ha scoperto la procura di Modica che ha sequestrato una nave battente bandiera siriana, la «Jameela star», e arrestato il comandante, Akramah Mahmoud, siriano di 62 anni. E’ accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

La nave, con un carico di marmo, alla partenza da Alessandria d’Egitto aveva un equipaggio di 16 uomini che una volta toccato il porto di Pozzallo, in Sicilia, si è dimezzato. Sette membri dell’equipaggio, tutti egiziani, hanno fatto perdere le tracce. A bordo sono stati trovati solo i loro documenti, poi risultati falsi. Ad insospettire le autorità marittime di Pozzallo era stata la richiesta del comandante di essere autorizzato alla partenza notturna. Dopo un rapido controllo si è scoperto che a bordo mancavano setti uomini di equipaggio. Tutti reclutati al momento della partenza e con mansioni di bassa forza. Da qui il sequestro della nave e l’arresto del comandante.

A coordinare le indagini dei carabinieri e della capitaneria di Pozzallo è stato il procuratore di Modica Francesco Pulejo che ora intende estendere gli accertamenti alla precedente attività della nave sequestrata che a maggio dello scorso anno, a Marina di Carrara, era già stata pizzicata per un episodio analogo. Secondo gli inquirenti «sussistono gravi elementi che fanno ritenere che la Jameela Star venga stabilmente utilizzata per il compimento di attività illecita connessa alla illecita introduzione, nel territorio italiano di cittadini extracomunitari». E potrebbe non essere un caso isolato. Per attraversare il Canale di Sicilia a bordo di gommoni e carrette del mare gli immigrati pagano almeno mille dollari a testa. Col sistema di gonfiare gli equipaggi delle navi merci qualcuno potrebbe aver trovato un modo per arrotondare nel momento in cui la politica dei respingimenti spinge i migranti a cercare vie alternative per raggiungere la Sicilia.


Maroni: a rischio cooperazione con Libia su immigrati

Reuters, giovedì 25 febbraio 2010

BRUXELLES  - L'Italia ha detto oggi che la Libia potrebbe contravvenire a un accordo per controllare il flusso di immigrati a causa della polemica sui visti con la Svizzera, che è degenerata in una controversia a livello europeo.

Tripoli ha smesso di emettere visti a cittadini dell'area del trattato di Schengen sulla libera circolazione che comprende la maggior parte dei Paesi dell'Unione Europea così come la Svizzera, come ritorsione per una decisione di Berna di vietare l'ingresso ad alcuni libici, tra cui il presidente Muammar Gheddafi e la sua famiglia.

L'Italia, che ha stretti legami d'affari con la Libia, ha accusato la Svizzera di strumentalizzare in modo improprio l'accordo di Schengen e di prendere "in ostaggio" i suoi membri lanciando il divieto, che ha costretto altri Stati ad adottare a loro volta il divieto nei confronti dei libici.

Parlando a margine di una riunione di ministri dell'Interno Ue, Roberto Maroni ha detto che la controversia mettte a rischio la zona Schengen e può ulteriormente danneggiare i rapporti con la Libia.

La cooperazione con Tripoli nel controllare l'emigrazione verso l'Ue è uno dei temi, ha detto.

"Il timore in parte è che ... la Libia possa indebolire i controlli alle proprie frontiere riguardanti l'emigrazione illegale", ha detto ai giornalisti.

La Ue ha offerto 20 milioni di euro per la sua collaborazione nel contrastare il flusso di emigranti illegali che spesso usano il suo territorio come punto di partenza verso l'Europa meridionale, in particolare l'Italia.

Rome ha anche firmato un accordo di cooperazione con l'ex colonia nordafricana lo scorso anno per contrastare l'immigrazione attraverso il Mediterraneo istituendo pattugliamenti congiunti.




Albenga: controlli sull'immigrazione, 4 arresti e 3 denunce

Savona news, 26 febbraio 2010
Ieri pomeriggio il Commissariato di Polizia di Alassio, la Questura di Savona, Carabinieri, Finanzieri e vigili urbani hanno effettuato sul territorio di Albenga un servizio straordinario di controllo. Obiettivo del “pattuglione” era contrastare l’immigrazione clandestina. Durante il pomeriggio sono stati controllati 18 cittadini stranieri: di questi, 4 sono stati arrestati, 3 sono stati denunciati per rispettato la legge Bossi-Fini sull’immigrazione. Un altro è stato espulso e altri 3 saranno oggi accompagnati presso i centri di identificazione.



Immigrazione: sfruttò due romeni, confermata la condanna a 10 anni

La Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria ha confermato la condanna inflitta in primo grado a un 36enne di Cittanova, già noto alle forze dell’ordine, per riduzione in schiavitù aggravata.

Il quotidiano della Calabria, 26 febbraio 2010

Immigrazione: sfruttò due romeni, confermata la condanna a 10 anni 25/02/2010 La Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria ha confermato la condanna a dieci anni e otto mesi di reclusione per Salvatore Facchineri, di 36 anni, di Cittanova, già noto alle forze dell’ordine, per riduzione in schiavitù aggravata dalle modalità mafiose.
Facchineri, in seguito a indagini fatte dai carabinieri nel 2006, era stato accusato di avere sfruttato due cittadini romeni in condizione di bisogno, che accudivano gli animali di sua proprietà. L’uomo si era impegnato a pagare un euro l’ora il lavoro dei due operai che aveva ospitato in una baracca fatiscente vicina ad alcuni ovili.
Secondo quanto emerso dalle indagini, invece, Facchineri non avrebbe versato la somma pattuita ai due romeni che erano costretti a lavorare anche 15 ore al giorno.
La Corte d’assise d’appello, accogliendo la richiesta del sostituto procuratore generale Fulvio Rizzo, ha così deciso di confermare la condanna inflitta in primo grado a Facchineri dalla Corte d’assise di Palmi nell’agosto del 2008.
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