Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

17 giugno 2014

C O N F E R E N Z A  S T A M P A
Cittadini del Mondo
presenta
PALAZZO SELAM
Città Invisibile

Rapporto  sulle attività dello sportello socio-sanitario di Cittadini del Mondo presso il Palazzo Selam
Giovedì 19 giugno ore 10.30
Palazzo Selam, via Arrigo Cavaglieri 8 - 00173 Roma
Il Palazzo Selam è la più grande occupazione di titolari di protezione internazionale a Roma: 1200 persone, uomini, donne e bambini, provenienti dal Corno d'Africa, vivono dal 2006 in condizioni igienico-sanitarie precarie. La città che li circonda ignora la loro presenza.
Dall'inizio dell'occupazione Cittadini del Mondo porta avanti un intervento di orientamento sociale e sanitario all'interno del palazzo. Nel report  Selam Città invisibile vengono presentati i dati raccolti durante l'ultimo anno di attività e descritte le principali problematiche sociali e sanitarie che  determinano l'emarginazione  degli abitanti di Palazzo Selam e dimostrano l'inconsistenza dei sistemi di tutela dei diritti dei rifugiati politici.
Quali servizi sociali e sanitari risultano essere inaccessibili per i rifugiati politici della Capitale? Quali sono le ripercussioni dell'emarginazione sulla salute delle persone? Che ruolo hanno le istituzioni, e come potrebbe essere affrontata diversamente la situazione?
Verranno inoltre presentati i dati raccolti nel corso della gestione dell' "Emergenza Selam Palace", che ha visto il palazzo al collasso nell'accogliere centinaia e centinaia di giovanissimi nuovi arrivati: potenziali titolari di protezione internazionale che non vengono identificati alla frontiera e si trovano nel palazzo Selam nell'attesa di proseguire il loro viaggio verso un altro paese europeo. Nel frattempo sono soli, spaventati, in condizioni di salute precarie.
Info e contatti: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. - 339 19 58 778 / 3478186141

     Il rapporto è stato realizzato grazie al contributo di Open Society Foundations.

 

 

Un piano europeo per l`immigrazione
il sole 24ore, 17-06-14
Valerio Castronovo
una delle prime questidni che il governo deve porre a Bruxelles nel semestre di presidenza è quella dell`immigrazione. La Sicilia è divenuta negli ultimi tre anni la «porta d`Europa», ma l`Ue è rimasta finora per lo più alla finestra, in quanto non è giunta a stabilire una strategia omogenea ed efficace dinanzi a un fenomeno migratorio che ha assunto dimensioni sempre più consistenti e continua a registrare episodi tragici per il gran numero di naufraghi periti durante la traversata verso le nostre coste. Che i flussi migratori verso l`Europa fossero destinati a infoltirsi notevolmente era evidente all`indomani delle «primavere arabe» a cui non aveva fatto seguito un sicuro assestamento dei nuovi regimi politici. Altrettanto lampante era la situazione drammatica, oltre della Siria, di alcuni paesi sub-sahariani e del Corno d`Africa, dilaniati da conflitti o esposti all`offensiva di gruppi terroristici islamisti. Si sarebbe dovuto perciò concertare in sede comunitaria una politica sull`immigrazione che comportasse l`armonizzazione delle norme sul diritto d`asilo, la redistribuzione dei rifugiati politici nell`ambito dei vari Stati della Ue e un`azione di contrasto (tramite una robusta task force) alla tratta di migranti facente capo alle milizie armate operanti nelle zone d`imbarco e in stretti rapporti con varie cosche mafiose attive in Europa.
Di conseguenza, è stata soprattutto l`Italia a essere investita dalla gran massa di immigrati degli ultimi anni che, a capo di penose vicissitudini, cercano lavoro e diritti civili, che non hanno nel proprio paese d`origine, o di scampare alla morte e alla fame. Non solo perché la Penisola è considerata un luogo di transito per arrivare nei paesi del Nord Europa. Ma perché una sentenza europea aveva vietato il pattugliamento di motovedette italiane, di concerto con quelle libiche, vicino alle coste di partenza, in quanto questa forma d`interdizione non avrebbe distinto i migranti per motivi economici e quelli richiedenti asilo politico. Pertanto, oggi che la Libia è sprofondata nel caos, in quanto priva di un governo centrale con effettivi poteri di controllo sul proprio territorio, è divenuto pressoché impossibile bloccare sul nascere le spedizioni gestite con lauti profitti dalla locale criminalità organizzata.
Le unità della nostra Marina, con la missione "Mare Nostrum", hanno frattanto salvato dalla morte migliaia di disperati, intercettando i barconi dei trafficanti e arrestando gli scafisti. Ma non è compito, infinitamente sostenibile, di navi militari occuparsi di operazioni permanenti di soccorso, estranee alla loro attività ordinaria e tali da comportare spese ragguardevoli. Il Frontex, l`Agenzia europea incaricata di coordinare il pattugliamento dei confini terrestri e marittimi dell`Unione europea, ha chiesto più volte a Bruxelles che fossero potenziati i suoi mezzi per presidiare meglio le frontiere del Sud Europa.
Ma il commissario agli Affari interni Cecilia Malmstròm non è riuscita, malgrado i suoi ripetuti appelli, a mettere a punto una soluzione efficace e condivisa. Il governo seguita tuttora a impegnarsi per assistere i migranti, ma i centri d`accoglienza sono stracolmi e ormai al collasso, al punto che si pensa di utilizzare le caserme dismesse e varie strutture pubbliche in numerosi comuni della Penisola; inoltre sono finiti i soldi per i soccorsi in mare.
Perciò la situazione diverrà fuori controllo, se l`Ue non assicurerà presto adeguati aiuti finanziari e non affronterà, più in generale, l`emergenza immigrazione con l`Unione africana e il Commissariato delle Nazioni Unite: sia per estirpare la mala pianta del traffico di esseri umani, sia per trovare un`adeguata sistemazione a migliaia di profughi e rifugiati politici, oltre ai tanti minori giunti in Italia e altrove da soli senza alcun famigliare.



Mare Nostrum, in Sicilia il duello Alfano-Salvini
Ma entrambi ammettono: «Così non si può continuare»
il Mattino, 17-06-14
Antonio Prestifilippo

POZZALLO. Un assalto di migranti alle coste siciliane di proporzioni bibliche: da Pozzallo a Trapani, da Augusta fino a Palermo. Niente di nuovo sotto il cielo se non fosse che in questo ultimo scorcio di primavera, gli sbarchi sono almeno triplicati rispetto agli anni scorsi. Insomma, se fino all`altro ieri nel governo c`era un timido ottimismo per l`operazione Mare Nostrum, adesso lo stesso ministro Angelino Alfano ammette che con questi esodi paurosi «non si può più andare avanti». Il titolare del Viminale ieri era proprio a Pozzallo per presiedere un incontro nel Municipio di uno dei Comuni maggiormente colpiti dall`emergenza. Il sindaco della piccola cittadella marinara ha protestato in tutte le sedi alzando la voce contro l`indifferenza delle autorità istituzionali. E a Pozzallo ieri s`è visto anche il segretario federale della Lega Nord, Matteo Salvini, sempre più innamorato della Sicilia pronto ad una «contro manifestazione» per sfiduciare questo governo. I due si «incrociano» davanti al Comune di Pozzallo nel giorno in cui tra Sicilia e Puglia arrivano 2300 migranti, compreso il corpo di un siriano morto per stenti. Il ministro offre poi un caffè a Salvini, promettendo di pagare lui, in rispetto dello «jus soli», essendo siciliano e giocando in casa.
«Si è innamorato della Sicilia - dice Alfano - dopo decenni anche la Lega ha capito che la Sicilia è da amare». Salvini sorridente replica: «Non c`è bisogno, il caffè lo paga Renzi, tanto qui non viene». Polemico e ironico, il leader del Carroccio ha messo subito le mani avanti: «La mia presenza qui è una scommessa, una vera novità e non solo per una roba elettorale. E così mi sono impegnato a tornare e tornerò anche a luglio perché penso che le emergenze siano la disoccupazione e l`immigrazione e che le risposte che possiamo dare noi vadano bene sia a Brescia che a Catania». Poi se la prende con il premier Renzi attribuendogli la responsabilità morale di tutto quello che avviene, anche in mare, sull`immigrazione.
«Qui il turismo è al collasso e la colpa è sempre di Renzi che parla di tutto e dappertutto, ma non spende una parola sull`immigrazione». Da parte sua, cercando un confronto con la Lega, Alfano ha rivendicato con orgoglio comunque «Mare No strum» che grazie agli sforzi delle autorità militari italiane nel Canale di Sicilia hanno potuto salvare migliaia di vite umane. In ogni caso il ministro degli Interni ha garantito al sindaco di Pozzallo che il governo non lascerà soli i comuni in prima linea per affrontare l`emergenza sbarchi che invece «dovranno avere un ristoro con misure compensative perché il loro sacrificio non è stato vano». Quanto alle contro misure, Alfano ha spiegato che senza l`intervento immediato dei paesi della Ue proporrà immediatamente lo stop a Mare Nostrum per avviare una nuova fase operativa che affronti meglio l`emergenza sbarchi. «Non faremo morire le persone che vagano sui barconi nel canale di Sicilia - ha garantito Alfano - ma non sarà più possibile avvicinarsi alle coste libiche»". Di più. Il titolare del Viminale ha ribadito che per fermare quest`emergenza occorrerà intervenire in Libia: «Le organizzazioni umanitarie vadano a montare le loro tende e a intervenire sul posto». Da oggi si ricomincerà a contare i barconi che salpano dalle spiagge della Libia ma anche da quelle del Marocco e dell`Algeria. Solo l`altro ieri, tanto per tenere un po` di pietosa contabilità ecco i numeri dell`esodo: 311 migranti giunti a Trapani, duecento disperati soccorsi dalla nave «Diciotti» della Marina Militare, altri novantatré tratti in salvo dalla nave Scirocco. E ancora trecento quindici arrivati su una catapecchia del mare sulle coste di Lampedusa. Un assalto vero e proprio nell`indifferenza


Immigrati, Alfano si sveglia e si accorge del fallimento
Il ministro dell'Interno pronto a mettere fine a Mare nostrum: "Così non si va avanti". E ieri sono arrivati altri 2.300 migranti
il Giornale, 17-06-13
Andrea Cuomo
Mentre le coste italiane continuano ad affollarsi di disperati, il ministro dell'Interno Angelino Alfano porta in tribunale i libri di Mare Nostrum per sancire il fallimento di un'operazione che ormai è difficile perfino per lui difendere, inzaccherata com'è dal rosso del sangue di decine di morti e dei conti che non tornano.
«Su Mare Nostrum - ha detto ieri il titolare del Viminale a Pozzallo, prima di un incontro nel municipio della cittadina del Ragusano - l'Europa deve dare una risposta forte e concreta perché così non si può andare avanti. Senza una risposta la mia proposta sarà quella di non proseguire con Mare Nostrum e attivare una operatività in mare nuova».
A Pozzallo c'era anche Matteo Salvini, segretario della Lega, che ha chiesto la sospensione immediata di Mare Nostrum: «Sono soldi buttati via e morti che continuiamo a contare sulla nostra terra. La Sicilia, la Sardegna e la Puglia non ne possono più». Alfano e Salvini si sono anche incontrati, dando vita a un siparietto. «Si è innamorato della Sicilia - ha detto Alfano rivolto a Salvini - dopo decenni anche la Lega ha capito che la Sicilia è da amare. Ho promesso un caffè a Salvini ed essendo siciliano lo pago io per lo ius soli...». Salvini ha replicato: «Non c'è bisogno, il caffè lo paga Renzi».
Ma c'è poco da ridere. La contabilità degli sbarchi è continuamente da ritoccare. È toccato farlo dopo l'arrivo a Palermo, domenica, della nave Etna della Marina Militare con 767 migranti razzolati in varie operazioni nel Canale di Sicilia. È toccato farlo anche ieri con 2300 stranieri arrivati tra Puglia e Sicilia, compresi i 536 raccolti domenica al largo delle coste libiche da una petroliera kuwaitiana mentre andavano alla deriva su una bagnarola di 25 metri che stava diventando una bara per comitive. Un'operazione coordinata dalla Guardia Costiera italiana, che ha ricevuto la richiesta di soccorso e ha dirottato in loco la nave kuwaitiana, che ha trovato i profughi in pessime condizioni. Uno, siriano, era già cadavere.
Non serviva questa ennesima ordalia per controfirmare il certificato di morte di Mare Nostrum, almeno come taxi prepagato (da noi) per disperati. Lo ammette anche il sottosegretario alla presidenza del consiglio Graziano Delrio: «Mare Nostrum così com'è - dice il renziano a Famiglia Cristiana - è un'operazione emergenziale che ci ha consentito di salvare 40mila persone e di cui l'Italia deve andare fiera, ma deve essere assolutamente ripensata per trasformarsi in un'operazione strategica di controllo delle coste. Penso alla possibilità di organizzare centri d'accoglienza direttamente sulle coste libiche, e a un contrasto strutturato della tratta criminale di cui sono vittime i migranti».
Tutto inutile però senza un cambio di atteggiamento da parte di Bruxelles: «Matteo Renzi - garantisce Delrio - farà sentire alta la voce dell'Italia, su questo non ho dubbi. D'altra parte l'Europa non può non avere una politica internazionale comune che diffonda i suoi valori di libertà e democrazia, né può continuare a considerare il Mediterraneo una semplice periferia».
Molto meno ottimista Maurizio Gasparri, presidente dei senatori di Forza Italia: «Mare nostrum deve cessare subito, oggi stesso. Solo un evento traumatico può costringere la comunità internazionale ad assumersi le proprie responsabilità. La condotta dell'Onu e dell'Unione Europea è incredibile. Voltano la faccia dall'altra parte e approfittano della debolezza del nostro governo per non muovere un dito. Questa operazione non può andare avanti in questi termini perché i numeri sono diventati strabilianti. E del resto, sapendo che c'è un trasporto gratuito tutti coloro che risalgono disperati il continente africano si sentono incoraggiati a fare questa scelta».



Per accogliere basta anche una telefonata  
Avvenire, 17-06-14
Filippo Cannizzo*
Il Palanitta ̬ un piccola struttura nascosta tra i palazzoni grigi di Librino, periferia disagiata a sud-est di Catania. Si fa fatica a trovarlo in assenza di indicazioni precise. Quasi fosse nascosto appositamente. Improvvisamente appare un gruppo di persone che girano tra le piazzette attigue. Sono i migrati arrivati a Catania negli ultimi giorni. Hanno voglia di parlare e raccontarsi. Quasi fosse un modo per esorcizzare la fatica del viaggio e per attirare l'attenzione. Poco importa se nel nostro pulmino ci sono scarpe e vestiti per loro. Le maglie Рbenevole Рdelle forze dell'ordine si allargano e ne approfittiamo per aprire un dialogo. Previa autorizzazione.
Mballo, 22 anni, ci viene incontro e comincia a parlare come un fiume in piena. Attorno a lui altri ragazzi appena maggiorenni che consumano il pasto offerto dalla Protezione Civile. Hanno il capo chino, alcuni disinteressati dal mondo attorno. “Arrivo dal Senegal, dopo aver passato Mali, Burkina Faso, Niger, Libia”. Un viaggio che è durato un mese per raggiungere il paese libico: “In Libia sono rimasto, poi, 5 mesi, dove ho lavorato per guadagnare i soldi necessari per la traversata”. Il volto di Mballo cambia radicalmente espressione. Domandiamo il perché. “I libici sono razzisti, loro si considerano superiori e con quelli che hanno la pelle nera sono senza pietà”. Con un po' di reticenza, visto che molti dei suoi amici sono ancora in Libia, ammette: “Quando siamo arrivati, dopo un mese di viaggio, ci hanno derubato di tutto, soldi, telefono, scheda telefonica, vestiti, tutto insomma”. Ecco spiegato il motivo per il quale molti di questi ragazzi pur spendendo migliaia di dollari per la traversata sono privi di tutto.
Poi l'arrivo in Sicilia. Ma sono consapevoli che quando sbarcano non troveranno facilmente un lavoro o una sistemazione definitiva? “Si lo sappiamo a noi non interessa, è meglio guadagnare qualcosa qui per mandarlo alla famiglia, in Senegal anche 50 euro valgono tanto”. Alla fine della chiacchierata non chiedono nulla in cambio. Né cibo, né soldi. Dandoci un grande esempio di dignità. Il loro approccio a una realtà nuova, sconosciuta, è sorprendente. Ogni gesto, ogni parola, che a noi osservatori dall'altra parte della barricata può apparire artefatto, in realtà è un segno, una richiesta esplicita di rivelarsi cosi come sono.
In molti domandano invece di poter chiamare a casa. Li assecondiamo, e in breve tempo riescono a mettersi in contatto con i propri cari. Una brevissima telefonata che significa tanto a cospetto dei pochissimi secondi a disposizione. Un saluto nel dialetto locale e un sorriso che si fa più grande. Ci congediamo parlando di calcio, dei mondiali in corso e scherzando sulla mancata qualificazione del Senegal. Parole futili di un arrivederci che lascia l'amaro in bocca per non poter fare di più che una semplice telefonata. Accoglierli è anche questo.



Guardie Ue per pattugliare il Mediterraneo
Bruxelles pensa alla creazione di un’agenzia che difenda i confini comuni
La Stampa, 17-06-14
Marco zatterin
corrispondente da Bruxelles
Chi ama gettare il cuore oltre l’ostacolo, già la vede come un’agenzia dal profilo simile a quello dell’Interpol, una forza integrata di gendarmi e poliziotti che difendano i confini comuni dell’Unione europea. Ci vorrà tempo, se mai si farà. Eppure l’intenzione del vertice a Ventotto in programma fra Ypres e Bruxelles la prossima settimana è proprio quella di apporre un sigillo politico sulla «possibilità di esplorare la costituzione di un Sistema di guardie di frontiera che rafforzi il controllo e la capacità di sorveglianza europee». Un punto di partenza importante per la riforma auspicata della lacunosa strategia a dodici stelle per la gestione dell’immigrazione. Soprattutto, una mossa che troverà pieno sostegno nell’Italia che fra due settimane prende le redini di presidente di turno dell’Ue.
La prima bozza di conclusioni in vista del Consiglio europeo del 26-27 giugno dedica 5 pagine ai problemi della Sicurezza e della Giustizia. È il minimo alla luce delle spesso tragiche cronache degli sbarchi di disperati sulle coste del Mediterraneo. Un morto e 2300 arrivi sono il bilancio della sola giornata di ieri. «Renzi ha avuto un altro contatto telefonico con il presidente (della Commissione Ue) Barroso», ha dichiarato il ministro degli Interni Alfano: «L’Italia ha bisogno di una risposta: o l'Europa si fa carico di presidiare le frontiere del Mediterraneo, o non continueremo a farlo da soli».
Gli «aut aut» non piacciono a Bruxelles e ai paesi del Nord che pongono la questione dell’accoglienza dei rifugiati davanti ai salvataggi in mare. Il summit Ue prova a mediare, chiede alle capitali «politiche coerenti» con la natura di un’Europa che sia «terra di libertà, sicurezza e giustizia, senza confini interni». Parla di solidarietà diffusa. Facile che il tema sia preso in ostaggio dalla partita delle nomine - le ultime danno il lussemburghese Juncker in fuga verso il vertice della Commissione. Così mancheranno magari i titoli, non il lavoro per i tecnici.
In principio, secondo la bozza vista da la Stampa, c’è «un approccio complessivo che ottimizzi i benefici dell’immigrazione legale, offra protezione a chi ne ha bisogno, combatta risolutamente gli irregolari». Per l’inserimento di chi arriva si auspica un dialogo con le imprese, mentre «l’Ue dovrebbe sostenere gli sforzi nazionali per politiche attive di integrazione». Con fondi e programmi, spiega una fonte, contraltare all’azione per «intensificare la cooperazione» coi paesi di transito e origine, laddove possibile, nella sponda Sud del Mediterraneo e nel Corno d’Africa. Finanziamenti, dunque. Prima di «colpire più duramente i trafficanti» e rendere più efficace gli accordi di riammissione.
Quanto alla gestione integrata delle frontiere comuni, le conclusioni spingono per «il rafforzamento di Frontex in termini di assistenza operativa» e «l’aumento della sua capacità reattiva alle rapide evoluzioni dei flussi migratori». Qui torna il Sistema di guardie di frontiera di cui si parla da tempo senza successo. «All’inizio si tratterebbe di mettere forze in comune con un comando unico - spiega una fonte Ue - poi potrebbe divenire qualcosa come l’Interpol». Mica semplice. «È un sistema complementare agli esistenti», si fa notare, e la presidenza italiana è pronta a prenderlo a balzo. L’operazione Mare Nostrum, che sposa polizia, guardia di finanza e di frontiera, potrebbe essere un modello su cui cominciare a discutere.



Tra i profughi in chiesa "Fateci chiamare casa"
A Palermo i volontari portano cibo e organizzano partite di calcio
"Facciamo quello che ci dice il Signore, ma l`Europa deve intervenire"
La Stampa, 17-06-14
LAURA ANELLO
PALERMO - This is la porta», scandisce un piccoletto di nome Rosario aprendo le braccia più che può, i capelli dritti di gel e un
pallone in mano. La porta è un muro con un giubbotto e un sacco come pali, e al centro ci sta Amir, uno spilungone del Ghana con la visiera del cappello girata all`indietro. «This is la porta», incalza la squadretta della borgata di Falsomiele venuta alla parrocchia San Giovanni Maria Vianney a giocare ai Mondiali con i profughi rifugiati in chiesa, davanti alle braccia aperte del crocifisso. Spostati le panche e l`altare, dirottate altrove le messe e le funzioni, qui hanno trovato accoglienza 225 degli oltre 760 migranti sbarcati a Palermo l`altro giorno. Tutti maschi, tutti giovani, tutti neri. In fuga dal Ghana, dal Gambia, dalla Guinea, dal Mali, dalla Somalia, dal Sudan, dalla Costa d`Avorio, dall`Eritrea.
«Noi facciamo quello che ci dice lui», dice indicando il Cristo in croce
Maria Rita Napoli, una delle cinquecento volontarie mosse in un lampo dal parroco Sergio Mattaliano, direttore della Caritas diocesana di Palermo. Uno che di fronte all`emergenza ha detto al prefetto che avrebbe aperto le chiese. E ne ha aperte quattro, trasformandole in centri d`accoglienza gestiti unicamente da gente di buona volontà e dagli scout. «Venerdì scorso ci ha mandato un sms mentre uno dei sacerdoti celebrava messa - racconta un`altra volontaria, Anna Sicari - ci ha scritto: "Preparatevi, c`è bisogno di noi". Nel giro di qualche ora eravamo a pulire un`ala della parrocchia del Villaggio Ruffini, dove ne abbiamo accolti duecento». Cinquanta sono andati nella sede storica del Centro Padre Nostro fondato da don Pino Puglisi a Brancaccio, settanta tra le statue e i mosaici della chiesa di San Carlo nel centro storico, trenta in quella di San Tommaso d`Aquino, cinquanta nella frazione collinare di Giacalone.
Quasi seicento profughi accolti dalle chiese di Palermo, mentre i centri di accoglienza scoppiano, i prefetti non sanno più che inventarsi, i sindaci affrontano l`emergenza a mani nude e casse vuote accusando l`Europa di indifferenza. «La Caritas e la diocesi di Palermo - dice padre Mattaliano - si stanno sforzando di offrire la migliore ospitalità a questi nostri fratelli in difficoltà. Cerchiamo di fornire un modello di accoglienza straordinario che dia una risposta immediata al loro grido di dolore. Ma occorre affrontare il problema a livello europeo e internazionale.
Avviare subito un dialogo diplomatico con la Libia». Con lui c`è Koully, vent`anni, del Mali, due occhi neri che non sorridono. È orfano di padre, ha perso il fratello nella traversata, uno dei dieci morti sbarcati dalla nave insieme con i vivi. E don Sergio se lo porta dietro ovunque, a girare tra centri e parrocchie, a comprare farmaci o a chiamare a raccolta gli scout. «Bisogna tenerlo impegnato, non farlo pensare», dice ai suoi. L`altra notte il prete è andato a dormire altrove e gli ha ceduto il suo letto «per farlo stare più tranquillo».
Giù, la chiesa è una distesa bianca di letti, e così il grande salone, le tre aule destinate al catechismo, la stanza dove si cambiano i ministranti. Nel centro d`ascolto due volontarie smistano sacchi alti fino al soffitto e pieni di vestiti. «Abbiamo fatto appello al quartiere, alla città, hanno risposto in tanti - racconta Alessia Tornabene, un`altra delle volontarie. Ma sono spesso taglie più grandi di quelle che ci servono. I ragazzi sono tutti molto magri». Gli scout hanno installato una decina di docce, le altre le ha messe il Comune insieme con i bagni chimici. «Puliscono loro sotto la nostra guida, li dividiamo in squadre e così si sentono coinvolti. La ruota gira: oggi tocca a loro, magari domani toccherà a noi essere in difficoltà», spiegano senza enfasi i giovani della parrocchia.
All`ingresso c`è una ragazza, un paio di forbici in mano, che toglie ai migranti il braccialetto con il numero assegnato allo sbarco. «È la prima cosa che facciamo, qui vogliamo persone, non numeri», dice Massimo Mattaliano, il nipote del parroco, addetto ai rifornimenti, alla logistica e a tutto il resto. «Brother, fratello, devo telefonare», gli si avvicina un profugo. «Five minutes, cinque minuti», risponde lui. Ma quello scalpita: «È la terza volta che mi dite cinque minuti». Già, le telefonate, la prima richiesta di chi arriva. In un angolo c`è la fila per chiamare. Qualcuno grida, qualcuno piange, qualcuno ride. Dicono tutti: «Sono vivo, sono in Italia». All`altro capo ci sono madri, padri, fratelli. Su una mensola i cellulari sotto carica. «Non è facile far chiamare in un giorno cinquecento persone - spiega Mattaliano junior - poi le famiglie richiamano e intasano la linea. Abbiamo comprato noi i telefoni e le schede, così ne diamo una per ogni Paese». Ha acquistato 150 casse di mele, patate per 550 porzioni, ha speso quattromila euro in detersivi e bagnoschiuma che bastano sì e no per tre giorni. Su, al primo piano, una ventina di volontari cucinano cinquanta chili di pasta, 25 chili di pollo, tagliano cipolle, patate, lattuga. «Come facciamo? Con i soldi dell`8 per mille e con quel che avanza del contributo che lo Stato fornisce per le due strutture che gestiamo in regime ordinario, 30 euro per ogni migrante. Il resto ce lo mette la Provvidenza». Giù, in chiesa, c`è un ragazzo che prega. È musulmano, come quasi tutti qui dentro.
L'ultima vittima: un siriano morto di stenti
Ieri, 536 migranti (dei 2300 arrivati tra Sicilia e Puglia) , quasi tutti eritrei e siriani, sono stati salvati al largo della costa libica e presi a bordo da una nave cisterna del Kuwait, la Al Sami, giunta in serata ad Augusta. A bordo c`era anche il corpo di un profugo siriano, morto di stenti durante il viaggio. Un`altra vita sacrificata in mare alla ricerca di un sogno che si aggiunge ai dieci corpi recuperati nei giorni scorsi al largo della Libia, giunti domenica a Palermo con nave Etna, e alle decine di dispersi. Circa quaranta, secondo le testimonianze de operatori intervenuti in zona. Ma un sopravvissuto, Maxwell Yeboah, originario del Ghana, ospite nella parrocchia di San Giovanni Maria Vianney a Palermo, trasformata in un centro d`accoglienza, fa un altro resoconto, decisamente drammatico: parla infatti di una traversata incubo: «190 persone partite dalle coste della Libia su due gommoni», e aggiunge, con un «centinaio finiti in mare...».



Servizio Civile e ragazzi stranieri. Il caso non è chiuso
Bloccato un nuovo bando. Borrelli (FNSC): “Serve subito un emendamento, non si può aspettare la riforma del terzo settore”. Asgi e Apn: “Il governo sia coerente, fermi i processi”
stranieriinitalia, 17-06-14
Elvio Pasca
oma – 17 giugno 2014 – Se ne parla da anni, anche dentro i tribunali, ma deve ancora essere sciolto il nodo della partecipazione dei ragazzi stranieri al Servizio Civile  Stranieri, conviene ricordarlo, solo per la legge, visto che si tratta di giovani cresciuti in Italia, spesso anche nati qui, ma figli di immigrati.
 “C’è un bando straordinario per avviare 1538 volontari che è fermo da mesi. E stavolta il problema non sono i fondi, già stanziati dai soggetti che hanno presentato i progetti, cioè Regione Campania, Regione Lombardia e Codacons” dice a Stranieriinitalia.it Enrico Maria Borrelli, presidente del Forum Nazionale per il Servizio Civile.
“Il problema – spiega Borrelli – è che il ministro Giuliano Poletti non vuole firmare un bando che con ogni probabilità finirà di nuovo in tribunale. Se fosse solo per italiani, lo impugnerebbero per l’ennesima volta i cittadini stranieri, con buone probabilità, visti i precedenti, che i giudici diano loro ragione. D’altra parte, se il bando fosse aperto agli stranieri, lo potrebbero impugnare gli italiani esclusi”.
"La soluzione? Un emendamento"
Come uscire da questo circolo vizioso? Solo modificando, subito, la legge. La soluzione prospettata dal governo, svela il presidente del FNSC, è un emendamento all’articolo 3 del decreto legislativo 77/2002, che definisce i requisiti dei volontari, da infilare magari in uno dei decreti in via di conversione in Parlamento. “Così anche la legge, e non solo le sentenze, direbbero che  i ragazzi stranieri possono partecipare al servizio civile. Sarebbe una soluzione immediata, che precederebbe una riordino complessivo del servizio civile”.
Intanto, infatti, la riforma del terzo settore lanciata dal governo parla anche di servizio civile: verrebbe aperto ogni anno a 100 mila giovani tra i 18 e i 29 anni, anche stranieri. Se andasse in porto, i tempi sarebbero comunque molto lunghi.
Le linee guida presentate da Renzi sono state oggetto di una consultazione tra le realtà del terzo settore ed entro fine mese il consiglio dei ministri dovrebbe varare un disegno di legge delega. Seguirà quindi l' iter parlamentare, poi il governo dovrebbe varare i relativi decreti legislativi.
Prima che il nuovo sistema diventi operativo, facile che si arrivi al 2016. Il nodo della partecipazione degli stranieri al servizio civile tornerà al pettine molto prima. Sta succedendo con il bando straordinario, succederà ancora con il bando ordinario previsto entro la fine dell’anno, poi ci sono i processi ancora in corso.
"Fermare i processi"
Il 17 settembre la Cassazione dovrebbe dire l’ultima parola sul primo ricorso presentato nel 2011 da un giovane figlio di immigrati insieme ad Asgi e Avvocati per niente. Nei primi due gradi di giudizio  i giudici hanno già detto che il servizio civile solo per italiani è discriminatorio.
Una sentenza identica, in primo grado, per un altro ricorso presentato nel 2013 da altri ragazzi e dalle stesse associazioni. In questo caso la presidenza del Consiglio è stata costretta a riaprire il bando, ammettendo i giovani stranieri (finora sono selezionati un centinaio di volontari). L’udienza d’appello è prevista per il 15 novembre.
“La Cassazione potrebbe dire che il Servizio Civile è costituzionalmente riservato ai cittadini italiani, mentre il tribunale di Milano potrebbe ribaltare la sentenza di primo grado sul secondo ricorso e addirittura far tornare a casa i volontari stranieri già avviati al servizio. Questo mentre ormai è chiara la volontà del governo di cambiare la legge” spiega l’avvocato Alberto Guariso di Asgi e APN.
Di fatto, la stessa Presidenza del Consiglio che vuole aprire il servizio civile agli stranieri chiede ai tribunali di sancire che il servizio civile è solo per gli italiani. “Che senso ha? È paradossale e controproducente, perché le sentenze in arrivo – sottolinea Guariso - potrebbero avere effetti negativi anche sulla riforma. Per questo chiediamo al governo un atto di coerenza: abbandoni o sospenda i processi in corso. Intanto il Parlamento potrà cambiare la legge e finalmente metteremo un punto a questa vicenda”.

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SOS diritti.
Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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