Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

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                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

04 aprile 2011

L’anomalia Italia fra una finta carità e numeri impietosi
l'Unità, 02-04-2011
Italia-Razzismo
Da settimane tutti - ma proprio tutti – lamentano l’assenza dell’Europa, la sua sordità e la sua avarizia. Ed è anche vero. Ma, come scriveva Don Milani, nulla è più ingiusto che «far parti uguali fra disuguali». E, allora, va detto che, per quanto riguarda l’accoglienza dei profughi l’Italia è davvero “diseguale” rispetto ad altri paesi. In Francia (65milioni di abitanti) al 31 dicembre 2009 erano presenti 196384 rifugiati; in Germania (83 milioni di abitanti), alla stessa data, 593799; nel Regno Unito (popolazione di quasi 60 milioni) 269363. Seppure consideriamo la peculiarità della Germania, che ha conosciuto un esodo particolare, successivo alla riunificazione, il confronto con gli altri due paesi, mostra chiaramente l’avarizia dell’Italia. La Francia, con una popolazione di poco superiore, ospita un numero di rifugiati più di tre volte maggiore. E se consideriamo un altro dato, la sempre enfatizzata solidarietà degli italiani si rivela poco più che uno stereotipo. Solo la Francia presenta una percentuale di immigrati (rispetto all’intera popolazione) inferiore a quella del nostro paese, mentre l’Inghilterra e la Germania, accolgono immigrati in quantità percentualmente maggiore. Poi c’è il dato politico. Ed è qui che esplode – in tutta la sua indecenza – l’anomalia italiana. Solo nel nostro paese esponenti del Governo si esibiscono in quel linguaggio triviale che da il senso preciso di una cultura (si fa per dire). Dal «föra da i ball» di Umberto Bossi al pacato e pensoso ragionamento del sottosegretario Gianfranco Miccichè: «Si risolva subito il problema e non c’è che un solo modo per risolverlo: se li portino via! Non m’interessa dove, non m’interessa come, basta che se ne vadano via e subito, altrimenti li cacceremo via noi».



Il piano. Gli obiettivi del governo: una quota fissa di persone da riportare a Tunisi e pattugliamenti congiunti
Le richieste: rimpatri e coste «bloccate»
Il Carroccio preme e chiede «un segnale forte». E Bossi evoca i «ritorni forzati»
Corriere dela sera, 04-04-2011
Fiorenza Sarzanini
ROMA — Quota fissa giornaliera di persone da rimpatriare, elenco dei mezzi aerei e navali da utilizzare, programma di controllo delle coste con pattugliamenti congiunti: eccolo l'accordo che il governo italiano chiederà alla Tunisia di sottoscrivere. Ma quella del premier Silvio Berlusconi appare una missione difficile da realizzare. Perché le autorità locali hanno già fatto sapere di non essere disponibili alla riammissione di chi è approdato nel nostro Paese. E perché sembra davvero difficile che possa bastare qualche ora di colloquio — per di più con un esecutivo provvisorio che scadrà a luglio e che viene modificato ogni settimana—per siglare un patto simile a quello con la Libia, che necessitò di un negoziato di oltre un anno. Soprattutto tenendo conto che dieci giorni fa, quando i ministri Franco Frattini e Roberto Maroni volarono a Tunisi con lo stesso obiettivo, fu spiegato come la presenza di poliziotti stranieri a bordo delle motovedette veniva considerata un'ingerenza non tollerabile. «Sono pessimista», ripete Maroni ai suoi collaboratori. E già pensa al piano alternativo, pressato dai vertici della Lega che continuano a chiedere «un segnale forte per risolvere l'emergenza». Non a caso per questa sera è già stata fissata una riunione con i vertici del Carroccio dove è presumibile che si tornerà a parlare di quello che Umberto Bossi, con i toni forti a lui ormai usuali, ha già sollecitato: i rimpatri forzosi.
Ponte aereo e navi schierate
La nota diramata due giorni fa dal ministero degli Esteri tunisino per ribadire che «nessun impegno è stato preso il 25 marzo scorso con l'Italia», fornisce l'immagine chiara del clima che si respira in queste ore. E dunque Maroni detta le condizioni: «Potremo dire di aver siglato un accordo soltanto se ogni dettaglio sarà messo nero su bianco. Vuol dire che ci deve essere comunicato quante persone possiamo mandare ogni giorno, quanti voli possiamo pro-grammare per il ponte aereo, a quante navi sarà consentito attraccare nei porti locali». Non solo. «La consegna delle motovedette, delle jeep e delle apparecchiature radar che ci sono state richieste — aggiunge il ministro — potrà avvenire soltanto quando avremo il piano dei controlli predisposti sulle coste, il numero di uomini impiegati e l'accettazione di una nostra presenza, sia pur senza compiti oberativi».
E esattamente il modello del trattato applicato con la Libia. Un bilaterale che in cambio prevedeva la consegna da parte dell'Italia di svariati miliardi per il risarcimento dei danni coloniali e la costruzione di un'autostrada che attraversasse il Paese. Questa volta sul piatto della bilancia ci sono invece 300 milioni di aiuti (oltre a 100 milioni di cui aveva parlato personalmente Berlusconi), una decina di motovedette e una cinquantina di pick up, oltre ai pezzi di ricambio per la manutenzione dei mezzi. Un'offerta che viene comunque giudicata esigua dalla Tunisia perché, come hanno fatto sapere fonti diplomatiche locali, «non risolve il problema dell'accoglienza di chi torna in patria, ma ha perso tutto e dunque il rischio che scoppino proteste oppure vere e proprie rivolte».
La mediazione del Vaticano
Per cercare una via d'uscita Maroni farà pesare sul negoziato anche la disponibilità espressa in questi giorni dalla Santa Sede. Dopo l'offerta di 2.500 posti nelle strutture della Caritas in Italia da parte del segretario della Cei monsignor Mariano Crociata, il ministro ha avuto contatti con monsignor Domenico Mogavero, il vescovo di Mazara del Vallo che si sarebbe mostrato disponibile a intercedere presso le autorità ecclesiastiche in Tunisia affinché mettano a disposizione una sede per l'accoglienza di chi rientra. Un argomento in più da spendere durante i colloqui di oggi. E se le resistenze non dovessero essere superate, il Viminale è già pronto a procedere con il piano alternativo: rilascio del permesso temporaneo di protezione umanitaria per tutti coloro che sono in Italia e che sono già stati identificati dopo l'approdo a Lampedusa.
È la misura che la Lega continua però ad osteggiare. Nelle riunioni ristrette, anche quelle con Berlusconi, i vertici del Carroccio continuano a invocare i rimpatri forzosi pur sapendo che i tecnici del Viminale hanno già fatto sapere di non ritenere praticabile questa soluzione. Lo spiega bene Claudio Giardullo, segretario del sindacato Silp Cgil che sottolinea cornei «la riammissione necessita dell'accordo del Paese d'origine perché le alternative sono due: 0 si abbandonano in acque internazionali i tunisini a bordo delle navi, oppure si deve violare la territorialità di uno Stato estero. E poiché le scorte a bordo sarebbero in-dispensabili, bisogna evidenziare come questo tipo di missione non rientri nelle regole di ingaggio della polizia e delle altre forze dell'ordine». In linea il segretario dell'Associazione Funzionari di polizia Enzo Letizia che ironicamente, ma non troppo, si chiede se «l'Italia ha davvero deciso di dichiarare guerra alla Tunisia» e poi ricorda come «la vera soluzione passa da un intervento serio dell'Unione Europea e da una mediazione con i Paesi del Maghreb per fare fronte a un'emergenza umanitaria che nessuno può più negare». E proprio di questo parla il segretario del Sap Nicola Tanzi quando torna a chiedere «il potenziamento di uomini e mezzi a Lampedusa e nelle altre aree dove si fronteggia la crisi».



OGGI BERLUSCONI IN TUNISIA
Emergenza immigrati, presto il vertice Cav-Sarkò
Quando Fini e Casini volevano sparare ai barconi
il Giornale, 04-04-2011
Gabriele Villa
Lampedusa è liberata, ma continuano a sbarcare nuovi immigrati. Il presidente francese telefona a Berlusconi: presto un vertice Parigi-Roma. E il premier sbotta: «L'opposizione strumentalizza i profughi in chiave politica».



Berlusconi a Tripoli Strage di migranti in mare
Avvenire, 04-04-2011
Si sbloccano i rapporti tra Italia e Francia sulla spinosa questione dei migranti. Berlusconi ha ricevuto una telefonata dal presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy; i due hanno parlato dell'emergenza immigrazione e di un imminente vertice tra i ministri italiani e francesi. In mattinata Berlusconi sarà a Tunisi insieme al ministro degli Interni, Roberto Maroni; i due incontreranno il primo ministro Beji Kaid Essebsi e il presidente della Repubblica Fouad Mebazaa; l'obiettivo italiano è quello di rinnovare gli accordi firmati nel 2009 in materia di immigrazione. Intervenendo telefonicamente in una manifestazione di Rete Italia, il premier ha puntualizzato: "Andrò a Tunisi per vedere se questo governo, che certamente non è un governo forte e non è un governo eletto dai cittadini, potrà trovare il modo o avrà una polizia capace di imporsi e di evitare che ci siano nuove partenze".
Nell'incontro di oggi, il presidente del Consiglio e il ministro degli Interni offriranno al governo tunisino motovedette, fuoristrada e altri mezzi necessari al pattugliamento della costa. C'è poi il problema del rimpatrio a tappe dei quasi 20 mila tunisini giunti in Italia negli ultimi mesi. Il governo italiano offre aiuti allo sviluppo in cambio della disponibilità di Tunisi a riaccogliere i migranti.
Mentre si accentua l'attivismo internazionale di Berlusconi per affrontare la questione immigrazione, restano tesi i rapporti con la Lega. Se il premier ricorda che "abbiamo 9 mila Comuni e se restassero 9 mila nuovi cittadini basterebbe restituirli uno per Comune e non sarebbe difficile trovare loro un'occupazione", il ministro Roberto Carderoli ribatte: "Il nostro dovere è difendere il territorio, difendere i nostri posti di lavoro, garantire la sicurezza dei cittadini e l'ordine pubblico".
A LAMPEDUSA SITUAZIONE TESA
Intanto a Lampedusa la situazione resta tesa, malgrado la nave Excelsior  abbia caricato a bordo 1600 migranti destinati ai centri di accoglienza sparsi sul territorio nazionale. In giornata si dovrebbero concludere le operazioni di evacuazione degli immigrati dall'isola ma già si prevede l'arrivo di altri barconi provenienti soprattutto dalla Tunisia. Un gruppo di minori ha appiccato ieri il fuoco alla Casa fraternità della parrocchia di Lampedusa. I ragazzi, chiedendo di poter partire immediatamente, hanno messo a soqquadro l'edificio rompendo porte e vetri. Sono intervenuti vigili del fuoco e polizia.
FUGA DA MANDURIA
Tesa anche la situazione in alcune tendopoli. Trecento migranti sono fuggiti da quella pugliese di Manduria. Poco più di un centinaio di immigrati tunisini ospitati nella tendopoli di Manduria hanno trascorso e dormito tutta la notte all'aperto per protesta per i ritardi nell'ottenimento di un eventuale permesso di soggiorno temporaneo e chiedendo asilo. La protesta era iniziata ieri sera e inutili erano risultati i tentativi di trattativa per convincere gli immigrati a tornare nelle tende portati avanti dal questore di Taranto, Enzo Mangini, ed alcuni mediatori culturali.
Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni, critica a questo proposito il governo: "Quella delle tendopoli è una scelta sbagliata perchè mettere in piedi tendopoli da mille
o duemila irregolari significa creare situazioni potenzialmente esplosive". Per Errani, la soluzione alternativa potrebbe essere quella della concessione agli immigrati di un permesso temporaneo per circolare nell'Unione europea: "In questo modo potremmo organizzare un sistema di accoglienza umanitario e governabile chiedendo agli altri paesi europei coerenza e reciprocità".
CADAVERI DI MIGRANTI SULLE COSTE LIBICHE, UN BARCONE DISPERSO
I cadaveri di 68 persone, quasi certamente migranti morti durante la traversata verso le coste italiane, sono stati recuperati sulle coste libiche, nei pressi di Tripoli. Potrebbero essere somali ed eritrei che facevano parte di una imbarcazione di cui si erano perse le tracce lo scorso 25 marzo. A raccontare i particolari di questa tragedia, tenuta nascosta fino ad ora dalle autorità libiche, è stato padre Joseph Cassar, un gesuita responsabile del servizio per i rifugiati a Malta. Secondo quanto ha riferito all'Ansa, i cadaveri dei migranti sarebbero stati recuperati in mare giovedì scorso. Le autorità libiche avrebbero fatto seppellire i corpi senza nemmeno procedere alla loro identificazione".
A dare l'allarme della scomparsa di un gruppo di eritrei e somali era stato un altro sacerdote, Don Mosè Zerai, presidente dell'Agenzia Habesha, che come Padre Joseph si occupa di rifugiati e richiedenti asilo. Il religioso aveva ricevuto una richiesta d'aiuto lanciata attraverso un satellitare dagli immigrati che avevano detto di trovarsi in difficoltà, senza viveri e con poco carburante. Non è l'unico Sos lanciato dalle coste libiche. Un altro barcone con 335 persone a bordo risulta disperso da due settimane. L'agenzia Habesha e l'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati (Unhcr) da diversi giorni sollecitano le autorità italiane e la Nato a intensificare le ricerche nel Mediterraneo. "Non dobbiamo mollare - ribadisce Laura Boldrini, portavoce dell'Unhcr in Italia - anche perché non abbiamo nessuna certezza sull'identità delle circa 70 vittime, che potrebbero non avere nulla a che fare con il gommone. L'esperienza insegna che imbarcazioni alla deriva sono state soccorse anche dopo venti giorni e che è ancora possibile salvare la vita di centinaia di persone".



Tripoli, trovati 68 immigrati morti I corpi recuperati sulla spiaggia
Un barcone pieno di eritrei e somali aveva fatto naufragio 9 giorni fa
IL Mesaggero, 04-04-2011
CRISTIANO TINAZZI
TRIPOLI - Sono tanti, forse centinaia, i migranti che spariscono in mare in queste settimane. Partono dai tanti porti delle cittadine libiche disseminate lungo la costa, come quelli di al Qarabulli, Janzour, Sourman. Caduti i controlli delle motovedette, con il Paese in mezzo a una guerra civile, sono in molti quelli che, se possono, cercano di andarsene via. Sessantotto di loro, forse parte di un gruppo disperso il 25 marzo scorso, sarebbero stati restituiti morti dalla corrente sulle spiagge di Tripoli, denunciano i responsabili del servizio dei Gesuiti per i rifugiati a Malta. E un'altra imbarcazione con 335 persone a bordo risulta dispersa da due settimane.
C'è chi dice che.le 68 vittime siano già state inumate ma al cimitero cristiano di Hammangi di sepolture fresche non ve n'è traccia. Ne è sicuro Bruno Dalmasso, l'unico italiano rimasto a Tripoli e custode, oltre che della struttura, della memoria storica degli italiani di Libia. E' lui l'anima di questo cimitero. Nato in Eritrea nel 1934, nel 1975 scappa dal Paese per tornare in Italia. Ma ci rimane solo un mese. «A quei tempi lavoravo ad Asinara. Mi hanno messo anche in prigione quando è caduto l'imperatore ma, grazie a Dio, sono riuscito poi a rientrare in Italia. Un mio amico con il quale sono cresciuto insieme in Eritrea aveva una compagnia di costruzioni in Libia. Sono subito ripartito».
Bruno, insieme alla moglie Nura, vive nel cimitero insieme a Orecchione, un cane bianco giocherellone che lei ha chiamato così perché è sempre con le orecchie alzate a curiosare in giro. «Questo cimitero è stato costruito nel 1923. Prima era alla Medina, vicino al ghetto degli ebrei. Ai tempi di re Idris è stato ampliato il cimitero per costruire un sacrario militare». L'architetto, scrittore e militare Paolo caccia Dominioni, conte e barone, 14° Signore di Sillaven-go, si presta per costruirlo.
«Qui dentro - dice ancora Dalmasso - c'erano 28mila morti fino al 1970. Poi, arrivato Gheddafi, le salme dei militari sono state trasferite in Italia, nel sacrario militare d'oltremare di Bari. Portati via con delle navi. E partita la comuntà italiana, un altro migliaio se n'è andato con loro. Qui è rimasto tutto abbandonato, nel sacrario avevano messo un magazzino. C'era Italo Balbo, qui, insieme a tutto il suo equipaggio. Anche il papà di Folco Quilici è morto con lui. Il go¬verno italiano non ci ha dato per anni i soldi per sistemare il cimitero, che in seguito è rimasto abbandonato cadendo a pezzi».
Italiani in terra di Libia, con le loro storie, i loro ricordi, la loro vita. Un legame questo, tra i due Paesi, che si perde in secoli lontani e che arriva a noi, in questi giorni di bufera sul Paese, sulle piccole disperate imbarcazioni dì coloro che invece, italiani non lo sono ma che a tutti i costi vorrebbero esserlo. Oltre il muro di cinta c'è una terra di nessuno che separa il nostro cimitero da quello di guerra inglese, con il suo prato rifinito e le lapidi allineate alla perfezione. In questa terra incolta, spuntano dai rovi croci e lapidi in tante lingue diverse. Una babele dei morti questa, dove coreani e croati, ghanesi e eritrei, buddi-
sti, animisti e cristiani, scesa la notte parlano tra loro ricordando fatti, persone, sogni e speranze. Anche tombe di donne italiane sposate a libici, che le famiglie non hanno voluto seppellire nel cimitero cristiano. Un limbo dove trovano riposo anche 500 migranti trovati senza vita sulle spiagge.
Qui, in questa lingua di terra selvatica, troveranno ri-poso anche quegli eritrei che sono morti in mare. Centinaia di corpi sono ancora conservati negli obitori degli ospedali di Tripoli, tenuti per mesi nelle celle frigorifere in attesa che qualcuno venga a riconoscerli. Per gli altri, se musulmani, il loro riposo è garantito nel cimi¬tero di Gargaresh. «Sulle tombe sono segnate due date», dice Bruno. «Una è la data del, ritrovamento, l'altra quella in cui sono stati seppelliti». Molte sono le croci in legno. Su di esse si legge Ghana, Eritrea, altri Paesi e,frasi di cordoglio.
Diciotto anni della propria vita ha speso Bruno per dare un nome alle migliaia di corpi presenti nel cimitero di Ham-mangi. «Non ho paura e non vado da nessuna parte, io. Ho i miei guardiani qui, ottomila che sono dietro di me e mi proteggono». Solo pochi metri più in là, ci sono tanti altri che un nome non ce l'hanno. Ma una cosa, nel bene e nel male, li lega: l'Italia.



MIGRANTI, QUEI MORTI SENZA NOME CI DOVREBBERO SPINGERE ALLA PIETÀ
Corriere della Sera, 04-04-2011
Paolo Di Stefano
L'emergenza sui migranti che approdano sulle coste italiane, il confronto politico interno, l'esigenza di uno smistamento equo, le discussioni che conseguono a tutto ciò rischiano di tenere in ombra, nella nostra coscienza, l'autentica e più profonda dimensione della catastrofe umana. Interi barconi dispersi di cui abbiamo notizie frammentarie e tardive. Una settantina di cadaveri trovati in fondo al mare, vite in fuga che diventeranno tanti «senza nome» sulle lapidi di chissà quale cimitero, come molti altri ignoti la cui morte è già incisa, priva di dati anagrafici, nei marmi di Lampedusa. E chi lo sa quante famiglie, quanti bambini, figli, madri e padri che nessuno osa reclamare ma che di sicuro qualcuno ha pianto, piange o piangerà. Se l'Italia, come ha affermato il premier Berlusconi, è davvero «un Paese solidale», dobbiamo rutti tenere ben presente l'enormità incommensurabile della tragedia. Magari ricordando che anche per gli sconosciuti (a noi) che partono per disperazione dalla loro terra esiste un fondamentale riconoscimento dei diritti umani. E che oltre alle
trattative diplomatiche e le polemiche e le invettive e i dibattiti da talk show e le dichiarazioni di rigore e di opportunità (spesso meschine) e i propositi di respingimento senza-se-e-senza-ma e i vergognosi spettacolini parlamentari, esiste un livello minimo di pietà, solidarietà, compassione, carità (chiamatela come volete) sotto il quale anche il nostro cinismo da salotto non può (non deve) scendere. A meno che il nostro cinismo non ci faccia ritenere che esistano morti di serie A, morti di se¬rie B, morti di serie C, D eccetera, lasciando nelle categorie più basse le vittime della povertà, della paura e delle guerre (non si può dire neanche lontane), quelle che hanno cercato scampo altrove e che sono state ripescate nel fondo del mare, indegne di emozione prima ancora che di commozione perché colpevoli di aver minacciato il nostro benessere. La pietà, ha scritto Sciascia, è un terribile sentimento: un uomo deve amare o odiare senza vie di mezzo? E sia. Allora i morti sconosciuti in fondo al mare ci costringono a scegliere.



Immigrazione: Frattini,150 mln a Tunisia
Permesso temporaneo? su 20mila, 18mila finirebbero in Francia
Immigrazione: Frattini,150 mln a Tunisia (ANSA) - ROMA, 04 APR - In Tunisia Berlusconi confermera' l'impegno italiano: una linea di credito da 150 milioni di euro per aiutare i giovani a sviluppare microcredito, artigianato, commercio, piccole attivita' che allevino la disoccupazione e aiutino l'economia a ripartire' spiega alla Stampa, il ministro degli Esteri Frattini. Prima di applicare il permesso temporaneo 'dobbiamo chiudere i rubinetti. Se lo annunciassimo adesso di 20 mila immigrati tunisini, 18 mila finirebbero in Francia'.



IMMIGRAZIONE L'ISTAT SMENTISCE L'INVASIONE
CALANO GLI ARRIVI E GLI ITALIANI SE NE VANNO
l'Unità , 04-04-2011
Nicola Cacace ECONOMISTA
Tutti gridano all'invasione per 20mila tunisini che sbarcano a Lampedusa mentre dal 2000 ad oggi il saldo migratorio è di più di 350mila l'anno. Tutti parlano di respingimenti forzati e di filo spinato alle frontiere, nessuno si preoccupa che da anni 50mila giovani italiani scappano all'estero per trovare un futuro.
Ecco, secondo l'Istat, i movimenti della popolazione residente: italiani emigrati (al netto dei rientri): 2008,19.520,2009,44.277,2010 (11 mesi), 66.077.
Immigrati stranieri (nuove iscrizioni alle anagrafi comunali, di provenienti dall'estero, al netto delle cancellazioni): 2008, 453.765, 2009, 362.343, 2010 (11 mesi), 354.187.
Ho il sospetto che pochi, politici compresi, conoscano queste cifre e ne comprendano il significato. Altrimenti non si sentirebbero tanti lai per sbarchi via mare che, in 10 anni, sono stati meno del 10% del saldo migratorio totale, meno di 30mila l'anno contro 350mila nuovi ingressi. La realtà è più grave, ma per altri motivi.
Da un lato migliaia di diplomati e laureati italiani emigrano perché non trovano in patria «lavori all'altezza della loro istruzione». È un paese vecchio, che invecchia male, che per la scarsità di imprese ad alta tecnologia e ad alto valore aggiunto non produce posti lavoro sufficienti neanche per un paese che ha la metà dei laureati dell'Ocse. È l'amaro risultato di politiche economiche ed industriali sbagliate che hanno tagliato risorse ed opportunità a scuola, università, ricerca, innovazione e cultura.
Dall'altro lato c'è un mercato di lavori a bassa e media istruzione, in agricoltura, allevamento, pesca d'altura, edilizia, commercio, alberghi e ristoranti, ospedali, servizi domestici, industria delle carni, fonderie, abbigliamento, etc, cui rispondono quasi solo gli immigrati. Ecco spiegata la consistenza e persistenza dei flussi migratori. C'è una domanda di «lavori umili» non coperta dagli italiani per due motivi, nascite crollate da 1 milione a mezzo milione l'anno, con conseguente carenza di «500mila ventenni non nati ogni anno», avendo il grosso della denatalità colpito le famiglie meno abbienti - dopo secoli il Sud fa meno figli che il Nord - la domanda di lavori «umili» non trova risposta nell'offerta di oggi, scarsa e poco «disponibile».
Una riprova del doppio mercato del lavoro, per italiani e per stranieri, ci viene ancora dall'Istat- occupati e disoccupati nel 2010. Da molti anni l'occupazione
degli stranieri va molto meglio di quella italiana. Negli anni di crisi abbiamo addirittura andamenti divergenti, cali degli italiani ed aumenti degli stranieri. Ecco l'ultimo dato del 2010, occupazione straniera, + 183mila, occupazione italiana, -336mila, occupazione totale -153mila. Studiate prima di gridare!.
 


Critiche all'opposizione. La replica: «Usano i profughi per attaccare il governo»
Immigrati, Berlusconi e Maroni a Tunisi Premier preoccupato per la linea leghista
Sarkozy chiama il Cavaliere: presto un vertice italo-francese. Dibattito alla Ue sul «caso Lampedusa»
Corriere della sera, 04-04-2011
Marco Galluzzo
ROMA - Con un cospicuo carico di speranze e di soldi (sino a 300 milioni di euro di aiuti, alcuni praticamente in dono) Silvio Berlusconi, assieme al ministro Maroni, sarà oggi a Tunisi. Cercherà di mettere un punto fermo a una trattativa in corso ormai da alcuni mesi con le precarie autorità tunisine che gestiscono il potere in attesa della stabilizzazione del Paese.
A differenza del collega dell'Interno, il Cavaliere ci andrà con qualche preoccupazione in più. Il governo continua ad essere spaccato sulla linea da seguire nella gestione dell'emergenza. La Lega, dunque anche Maroni, non vuole l'attivazione di un meccanismo di distribuzione dei clandestini nei Paesi europei, al premier continua a dire che sarebbe «una sanatoria». E nelle ultime ore al Viminale si aggiungono riflessioni, provenienti dal ministro, che non sono affatto rassicuranti, del tipo che il problema complessivo «non è più materia di competenza nostra».
Ieri Berlusconi ha ricevuto una telefonata gradita dal presidente francese. Con Sarkozy è stato concordato di realizzare quanto prima un vertice interministeriale fra i due Stati, sul tema dell'immigrazione. Dopo il grande freddo con Parigi, causa guerra in Libia e protagonismo dell'Eliseo nella gestione delle prime operazioni militari, sembra un primo e deciso passo di riavvicinamento diplomatico fra i due Paesi. Ma è anche una presa d'atto che l'emergenza immigrazione non può essere gestita, com'è stato finora, con posizioni diverse. Cosa che aveva già annunciato il primo ministro francese Fillon, tre giorni fa, in un'intervista al Corriere.
«Ciò che sta avvenendo in questi giorni ripropone la validità dei nostri valori, a cui si ispira il nostro impegno politico, coloro che arrivano sono tutti spinti da un'ansia di libertà e giustizia», ha detto ieri Berlusconi, nel corso di un intervento telefonico ad un convegno. Il premier ha aggiunto che dopo le operazioni navali di queste ore e i primi trasferimenti di clandestini nelle altre regioni italiane a Lampedusa per il momento «resteranno in 2.500». Critiche invece per la sinistra e l'opposizione: «Usano i profughi per attaccare il governo. In questo momento - ha detto - di fronte a problemi gravi servono nervi saldi».
Le misure che oggi Maroni e Berlusconi porteranno all'attenzione del governo provvisorio tunisino saranno aiuti economici per le piccole e medie imprese locali (sino a 75 milioni di euro), aiuti per la costruzione di un sistema radar di monitoraggio delle coste (35 milioni), azioni di sostegno alla bilancia dei pagamenti (100 milioni), finanziamenti per corsi di formazione, facilitazioni nell'ottenimento di visti multipli per i giovani tunisini che vogliono entrare nel nostro Paese, la disponibilità ad allargare la quota che spetta a Tunisi nei flussi autorizzati dal governo italiano. In circa 70 milioni di euro è stimato l'aiuto nel contrasto dei flussi migratori illegali. Sarà dunque anche una partita economica, ovviamente al rialzo, quella che si svolgerà oggi. Le autorità tunisine non hanno mai accettato nemmeno di prendere in considerazione che possano essere rimpatriati dall'Italia, qualora un'intesa venisse trovata, gruppi superiori alle 50 unità. A Roma serve di più. Mentre Maroni ricorda ancora le trattative di qualche mese fa, quando ancora era in carica Ben Alì e quando l'Italia offriva 4.000 euro per ogni clandestino che Tunisi avrebbe accettato di riprendere. Sembrava, prima di finire il pranzo, che la cifra potesse andare bene. Arrivati al dolce il governo tunisino chiese dieci volte tanto: 40 mila euro.



Nel cimitero dei clandestini dove le lapidi sono di carta
Corriere dela Sera, 04-04-2011
Marisa Fumagalli
La tomba al migrante ignoto. C'è un angolo del cimitero di Scicli, città barocca celebrata da Elio Vittorini («Forse è la più bella di tutte le città del mondo. E la gente è contenta nelle città che sono belle...»), dove il visitatore s'imbatte in alcune lapidi rudimentali —lastre sottili di marmo sormontate da una tavoletta di legno con un foglio scolorito e strappato — che testimoniano la sepoltura dei clandestini senza nome. Naufraghi dei viaggi della speranza, in quel braccio di Mediterraneo, solcato dai barconi stipati all'inverosimile. Oggi, que¬ste storie sono di bruciante attualità: fughe di massa, tensioni, morti. Persone. (Anche a Lampedusa ci sono migranti sottoterra, senza nome. In 13 anni, il guardiano del cimitero ha provveduto alla sepoltura di un'ottantina di corpi. E il settimanale Famiglia Cristiana, qualche giorno fa, ha invitato polemicamente il premier Berlusconi «a restaurare queste tombe, invece di pensare alla villa e al golf»).
Le foto scattate nel cimitero di Sicilia sono arrivate a noi, per caso. Non da un professionista. L'autore è Carlo Ottaviano, direttore del mensile Gambero Rosso, ragusano d'origine. Ma i suoi cari sono sepolti a Scicli. Racconta: «Avevo visto altre volte quelle lapidi. Avevo portato anche un fiore, come talvolta fanno altri visitatori. Lo scorso gennaio, d'istinto, mi è venuta l'idea di fermare le immagini». Brandelli di vite misteriose come leggiamo sul foglio bianco di una delle tombe: cadavere di persona sconosciuta, sbarco Donnalucata. 04.12.2004
Con Sampieri e Cava d'Aliga, Donnalucata è una delle località del comu¬ne di Scicli, dove approdano le barche degli extracomunitari. «Siamo più a sud di Tunisi e le spiagge sono uguali a quelle nordafricane — dice Ottaviano —. Ve n'è una, nei pressi di Punta Corvo, un tempo chiamata co¬sta dei contrabbandieri, che è diventata punto di sbarco dei migranti». Ma succede anche che il mare, oltre ai vivi, porti sulla sabbia i morti annegati. «Il naufragio dei senza nome che a Scicli tutti ricordano avvenne nel novembre del 2005 — spiega Adolfo Padua, ex sindaco della città —. La carretta del mare proveniva da Malta, e numerosi furono i cadaveri ripescati vicino alla costa». Aggiunge altri dettagli Giuseppe Savà, curatore di Sciclì news: «Erano cinesi, tutti molto giovani, sui vent'anni. Non furono mai identificati e nessuno ha mai reclamato i loro corpi». Così i ragazzi dell'Estremo Oriente finirono nel piccolo cimitero, accanto agli altri senza nome. Aggiunge Savà: «A onor del vero, si fece di più. Sulla facciata di un bratto palazzo di Scicli, uno degli sciagurati prezzi pagati alla modernità edilizia, l'amministrazione comunale, il Natale dello stesso anno, provvide a collocare le luci, in loro memoria, che brillano nella notte». E per tutti i morti che riposano nel cimitero siciliano, da qualche tempo si sta pensando a una sistemazione più degna. Forse una lapide collettiva, che ne tenga vivo il ricordo.
Ma anche la comunità dei vivi conta molti cittadini che sbarcarono sulla costa dei contrabbandieri. Lavorano nelle serre, gente tra la gente dei luo¬go. Elio Vittorini, ne Le città del mondo (1969, uscito postumo), a proposito di Scicli scriveva: «Qui, ciascuno dev'essere come se fosse un re o un barone. Con tutti che lo chiamano Vossignoria. Con nessuno che può dargli del tu o trattarlo male. Con nemmeno il maresciallo che lo possa sgridare e insultare. Con niente che sia costretto a fare 0 non fare per paura...».



Manduria, prigionieri al campo. Notte all'aperto
l'Unità, 04-04-2011
PRIMI BUS PER SANTA MARIA CAPUA VETERE
È iniziato, a gruppi di 10-12 alla volta, il trasferimento a terra degli immigrati giunti poco fa a Napoli a bordo della nave da sbarco della marina militare. Accompagnati dalle forze dell'ordine stanno salendo sui bus. Tra loro c'è chi applaude e saluta, mostrandosi ai giornalisti felice di essere arrivato a terra. Si tratta per lo più di giovani di circa 20-25 anni. Con la partenza dei primi due pullman dal porto di Napoli è iniziato il trasferimento dei 471 profughi giunti in città da Lampedusa a bordo della nave della Marina militare italiana 'San Marco'.
NOTTE ALL'APERTO PER PROTESTA
Poco più di un centinaio di immigrati tunisini ospitati nella tendopoli di Manduria hanno trascorso e dormito tutta la notte all'aperto per protesta per i ritardi nell'ottenimento di un eventuale permesso di soggiorno temporaneo e chiedendo asilo. La protesta era iniziata ieri sera e inutili erano risultati i tentativi di trattativa per convincere gli immigrati a tornare nelle tende portati avanti dal questore di Taranto, Enzo Mangini, ed alcuni mediatori culturali. Solo una parte degli immigrati poco prima dell'alba ha fatto ritorno nella tendopoli. Tutto si è svolto pacificamente sotto il controllo delle forze dell'ordine.
LA CRONACA DI IERI
PERMESSO TEMPORANEO SOSPESO: NON SI ESCE DAL CAMPO
Alcuni immigrati, giunti nei giorni scorsi nella tendopoli di Manduria, erano stati «forniti» di un attestato, rilasciato dai funzionari della questura, che permetteva loro di entrare ed uscire dal campo nelle ore diurne. Ma da tre giorni, l'ufficio stranieri della Questura di Taranto ha bloccato questa procedura. Anche da qui sono nati i primi problemi di ordine pubblico che tra ieri e oggi hanno portato alle fughe di massa dal campo di accoglienza allestito nell'ex base dell'aviazione di Manduria. Dalla Questura fanno sapere che l'iter per avere i permessi di soggiorno definitivi, anche quelli per casi umanitari, è lungo è prevede molte pratica con tempi di attesa di circa 45 giorni. Per questo motivo, all'inizio si era pensato di agevolare gli immigrati che ne avevano fatto richiesta con gli attestati, ma adesso la situazione è divenuta insostenibile.
IL QUESTORE INCONTRA GLI IMMIGRATI
Il questore di Taranto, Enzo Mancini, ha avviato una trattativa con i tunisini rimasti fuori dalla tendopoli, dopo l'ultima fuga avvenuta poco fa, cercando di convincerli ad entrare nel campo. Si sta anche pensando di nominare una delegazione di ospiti della tendopoli con la quale discutere di come affrontare l'emergenza nel campo.
SARKOZY CHIAMA BERLUSCONI, PRESTO UN VERTICE
Il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha ricevuto oggi una telefonata dal Presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy; nè dà notizia un comunicato di palazzo Chigi. Il colloquio, lungo e cordiale secondo il comunicato, si è incentrato sull`emergenza immigrazione ed è stato deciso di realizzare quanto prima un vertice tra i ministri italiani e francesi (esteri, interni ed economia) a cui parteciperanno anche il Presidente Sarkozy e il Presidente Berlusconi. Il Presidente Berlusconi e il Presidente Sarkozy hanno concordato di continuare a tenersi in stretto contatto. Venerdì scorso il Presidente del Consiglio aveva affrontato il tema dell`immigrazione clandestina in una telefonata con il Presidente della Commissione Europea, José Manuel Durão Barroso, e ieri in un`altra telefonata con il Primo Ministro del Regno Unito, David Cameron.
MANDURIA, NUOVA FUGA DALLA TENDOPOLI
Nuova fuga di massa dalla tendopoli di Manduria. Circa trecento immigrati hanno sfondato la recinzione di vetro del campo n. 2 (il secondo allestito in questi giorni). Gli Immigrati scappano attraverso i campi nel tentativo di raggiungere la stazione ferroviaria di Oria, per poi dirigersi in treno verso nord. Polizia e carabinieri, anche con l'ausilio delle forze a cavallo, li stanno rincorrendo nel tentativo di riportarli alla tendopoli.



Ad accoglierli uno striscione di benvenuto esposto da un centro sociale
Arrivati a Napoli 471 immigrati
Verranno sistemati nella tendopoli allestita all'interno della caserma Andolfato a Santa Maria Capua Vetere
Corrire della sera, 04-04-2011
Fulvio BufI
Sono sbarcati nel porto di Napoli, dalla nave militare San Marco, i 471 migranti partiti da Lampedusa nella notte tra sabato e domenica. Sono tutti uomini, adulti e in molti anche giovani. Due autobus con 196 persone sono già partiti per Santa Maria Capua Vetere (Caserta): qui i migranti verranno sistemati nella tendopoli allestita all'interno della caserma Andolfato. In 275 potrebbero proseguire invece per Livorno. Per loro si sta dunque decidendo l'eventuale trasferimento ad Arezzo.
STRISCIONE DI BENVENUTO - Accolti da volontari della Croce Rossa, che gestirà il campo, i migranti saranno identificati dalla polizia per stabilirne la nazionalità e conseguentemente anche lo status. Ad accogliere lo sbarco degli africani anche uno striscione di benvenuto esposto dai ragazzi di un centro sociale napoletano.



Accolti in una discarica. Dietro Kinisia, la beffa
Terra, 02-04-2011
Natya Migliori da Trapani
IMMIGRATI/1. La tendopoli nel trapanese nasconde una tragica verità: l’ex pista militare che accoglierà le mille persone da Lampedusa è contaminata dall’eternit, coperto da uno strato di terra.
Una tenda non fa accoglienza. Specie quando viene piantata in un campo contaminato dall’eternit. In attesa che le navi approdino a Trapani con un carico di mille migranti in partenza da Lampedusa, l’allarme della cittadinanza sull’“inidoneità” della tendopoli impiantata nell’ex pista militare di Kinisia, è stato confermato dal Direttore generale di Arpa Sicilia, l’ingegnere Sergio Marino. Dopo un sopralluogo effettuato su richiesta del presidente della Regione Sicilia Lombardo, l’ingegnere ha dichiarato che la discarica su cui sorge adesso il sito è ad alto rischio di contaminazione. «I detriti e le schegge di amianto - afferma - sono ancora facilmente rinvenibili su tutto il terreno. L’Eternit con ogni evidenza è stato “smaltito” per frantumazione e il tutto è stato malamente coperto da uno strato di terra». Mentre Lampedusa dovrebbe cominciare a svuotarsi, a Marausa, Salinagrande, Rilievo, Locogrande e Guarrato, ad accogliere lo “sbarco” saranno rabbia, timori e cortei.
«Abbiamo gridato a gran voce - ci spiega Salvatore Tallarita, portavoce del Comitato osservatorio per la Contrada Trapani Sud - che non si stava seguendo la procedura prevista dalla legge per lo smaltimento dell’amianto. E oggi abbiamo avuto conferma che i nostri sospetti erano fondati». La pista di Kinisia si trova in una sorta di deserto. Sullo sfondo, le colline trapanesi e qualche pala eolica. In mezzo, il nulla. Non un albero, non un riparo. Solo massi e qualche timido accenno di coltivazione. Novanta le tende e pochissimi i wc chimici. «In ogni tenda - è ancora Tallarita - saranno letteralmente ammassate dalle otto alle dodici persone, per un totale di circa mille profughi in condizioni disumane. Non ci sono servizi igienici adeguati, non si capisce come raccogliere le acque reflue, manca l’acqua».
«Questa gente - incalza Francesca Rindinella, anche lei del Comitato - verrà rinchiusa dentro una camera a gas, per di più ad alto rischio di cancro. Quando arriverà il caldo scapperanno tutti. Il nostro non è razzismo. Siamo solo convinti che accoglienza non possa significare esclusione. Al più presto tradurremo in arabo i nostri volantini, per trasmettere anche ai profughi il nostro messaggio».
«Vorremmo non essere fraintesi dal resto d’Italia - commenta il segretario provinciale della Cisl Giovanni Marino - e dagli stessi immigrati. Noi siamo abituati da sempre a convivere con profughi, clandestini e richiedenti asilo, ma non vogliamo vedere il nostro territorio trasformato in una “Lampedusa in terra”. Lo sviluppo trapanese si è basato negli ultimi anni sul turismo. Fino ad ora siamo stati ai margini dell’economia italiana e adesso che ci troviamo al centro degli avvenimenti mondiali rischiamo, paradossalmente, di essere penalizzati ancora di più».
Condivide le preoccupazioni dei cittadini anche la gran parte dei rappresentanti politici. «Chi ha operato la scelta di Kinisia - dichiara il sindaco di Trapani Girolamo Fazio - o non conosce il sito o ha ritenuto di risolvere così il problema immediato di dove “stipare” tutta questa gente. Non si può pensare di scaricare solo sulla Sicilia il peso dell’emergenza. Il nostro territorio, che faticosamente ha tentato di riprendersi, rischia di tornare nel baratro di un futuro senza prospettive di sviluppo. Ci aspettiamo che il Governo si renda conto della situazione e si attivi per evitare che diventi esplosiva». Per Rita Borsellino «il governo sta trasformando Lampedusa e la Sicilia in una valvola di sfogo della disperazione, lasciando in condizioni subumane i migliaia di migranti, tra cui centinaia di bambini, sbarcati sulle nostre coste. Il danno, ormai, è stato fatto. E nessuno show, come già successo a L’Aquila, né fantomatici casinò e campi di golf lo cancelleranno».
 Come a Lampedusa, rimane solo un vuoto. E l’amara sensazione che a fare le spese della pessima gestione dell’emergenza sia la gente comune e “loro”, gli immigrati.

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