Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

18 luglio 2012

Razzismo di sistema
l'Unità, 18-07-2012
Flore Murard-Yovanovitch
Crediamo di sapere “in fondo” che cosa sia il razzismo, ritenuto troppo spesso un residuo del passato. Ma siamo sicuri di conoscere come funzioni oggi? Negli ultimi decenni si è profondamente mimetizzato, producendo forme nuove, massicciamente introiettate. Un neorazzismo culturalista, che senza fare direttamente uso della “razza” come concetto biologico, ormai risaputa per essere scientificamente infondata e globalmente condannata, “razzizza” alcuni gruppi sociali, in Italia: migranti e rom.
A rilanciare la necessaria riflessione, due libri usciti di recente, Razzisti per legge. L’Italia che discrimina (Edizioni Laterza) di Clelia Bartoli, e Il razzismo di Alberto Burgio e Gianluca Gabrielli (nuova collana Fondamenti di Ediesse). L’Italia attuale è affetta da razzismo? Entrambi rispondono affermativamente. Il primo, basandosi su un’accurata analisi della produzione di norme, leggi e politiche discriminatorie, che negano diversi diritti agli stranieri; per dimostrare che nel Bel paese si è avviato un razzismo “istituzionale” – di sistema – che coinvolge istituzioni, media e pubblica opinione e genera una discriminazione cronica con effetti duraturi.
Il secondo libro, fondandosi su un’analisi storica, dall’antisemitismo, passando per il colonialismo, e la propoganda nazista (con due casi studi su Stati Uniti e Sud Africa), indaga il nesso strutturale tra razzismo e modernità; non “effetto collaterale”, ma «istituzione-chiave della modernità europea, uno dei capitoli fondamentali della sua biografia intellettuale e morale». Un dispositivo logico che, pur nella diversità dei contesti storici, ha una sua configurazione unitaria.
Il  razzismo non è, infatti, una questione di “melanina”, ma di legge (Bartoli), di costruzione simbolica. Definendo ufficialmente “categorie” di persone, il diritto costruisce la “razza”, determina chi sia “bianco” o “nero”. Come insegnavano le analisi del Black Power, il pregiudizio struttura la propria conferma nella realtà della marginalizzazione: diventa “vero”. Per Burgio-Gabrielli, invece, il razzismo è l’invenzione di pseudo nessi psico-fisici, con connotazioni di giudizi negativi, che fabbrica la differenza.
Non è quindi necessario a questo nuovo razzismo di usare il discreditato concetto di “razza” biologica, supplita da altre categorie e terminologie: l’uso semantico del “noi” e “loro”, per distinguere autoctoni e migranti; la nazionalità, percepita quasi come “dato” biologico dal quale è impossibile sbarazzarsi. Come allertava già il sociologo francese Pierre-André Taguieff, il neorazzismo odierno ha operato una pericolosa “svolta culturalista”, che essenzializza le differenze culturali (tradizioni, religioni, lingue…) e genera un velenoso lessico razzista sotto mentite spoglie.
Caso esemplare in Italia, l’“extracomunitario”, il cosiddetto “clandestino”, prodotto da una politica migratoria unicamente “emergenziale” e securitaria, imbastita a colpi di decreti e circolari. Come analizza lucidamente la Bartoli, la clandestinità diventata “reato”, status di eccezione sinonimo di pericolosità e di criminalità, radicalizza la “differenza” quasi fosse “per natura”. I clandestini, una sorta di “neo-razza”.
In generale, è in corso nella società italiana un processo di criminalizzazione dei migranti, ma anche di “rom”, “zingari” e “devianti”; malgrado biografie e origini diverse, vengono imprigionati in gabbie identitarie rigide e perimetrate, inferiorizzanti. Da marxisti “doc”, Burgio e Gabrielli rileggono il razzismo in chiave di etnicizzazione del conflitto sociale e di esclusione delle classi subalterne. Bartoli, in chiave di norme discriminatorie e xenofobia crescentemente istituzionalizzata, a opera, cioè dello Stato.
Pure molto diversi nei loro intenti, i due saggi rifiutano entrambi l’assunto assai divulgato e piuttosto ambiguo stando al quale il razzismo sarebbe un residuo del passato; smantellano anche l’altra vulgata dominante che esso scaturirebbe dalla “paura del diverso”, dall’angoscia dell’altro. Il razzismo è invece costruzione pianificata e normativa dell’alterità, una delle strategie sociali più razionali nella competizione per le risorse materiali e per l’affermazione di una certa classe a scapito di un’altra. Questi due libri di utilità pubblica hanno il pregio di tesi esposte con estrema chiarezza e dovrebbero diventare manuali sul razzismo per le scuole. Li manca solo un capitolo sulla psicopatologia di massa, alla radice di quell’ideologia. Nell’ora in cui, in un’ Europa fortezza, riappaiono svastiche, ultra destre e vecchi “deliri” anti-diversi, non è mai stato così urgente pensare alla cura.



Regolarizzazione. Il testo della nuova legge
Stranieriinitalia, 18-07-2012
La "disposizione transitoria" inserita nel decreto legislativo sulle sanzioni per chi assume immigrati irregolari approvato il 6 luglio dal Consiglio dei Ministri e in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Grazie alla dichiarazione di emersione, imprese e famiglie al sicuro, permesso di soggiorno ai lavoratori
"ART. 5
(Disposizione transitoria)
1.     I datori di lavoro italiani o cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero i datori di lavoro stranieri in possesso del titolo di soggiorno previsto dall'articolo 9 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni ed integrazioni che, alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo occupano irregolarmente alle proprie dipendenze da almeno tre mesi, e continuano ad occuparli alla data di presentazione della dichiarazione di cui al presente comma, lavoratori stranieri presenti nel territorio nazionale in modo ininterrotto almeno dalla data del 31 dicembre 2011, o precedentemente, possono dichiarare la sussistenza del rapporto di lavoro allo sportello unico per l’immigrazione, previsto dall’articolo 22 del decreto legislativo 286 del 1998 e successive modifiche e integrazioni. La dichiarazione è presentata dal 15 settembre al 15 ottobre 2012 con le modalità stabilite con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro per la cooperazione internazionale e l’integrazione e con il Ministero dell’economia e delle finanze da adottarsi entro venti giorni dall’entrata in vigore del presente decreto. In ogni caso, la presenza sul territorio nazionale dal 31 dicembre 2011 deve essere attestata da documentazione proveniente da organismi pubblici.
2.    Sono esclusi dalla procedura di cui al presente articolo i rapporti di lavoro a tempo parziale, fatto salvo quanto previsto dal comma 8 in materia di lavoro domestico e di sostegno al bisogno familiare.
3.    Non sono ammessi alla procedura prevista dal presente articolo i datori di lavoro che risultino condannati negli ultimi cinque anni, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per:
a)    favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’immigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite;
b)    intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro ai sensi dell’art.603-bis del codice penale;
c)    reati previsti dall’articolo 22, comma 12, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni ed integrazioni.
4.    Non è ammesso, altresì, alla procedura di cui al presente articolo il datore di lavoro che, a seguito dell’espletamento di procedure di ingresso di cittadini stranieri per motivi di lavoro subordinato ovvero di procedure di emersione dal lavoro irregolare non ha provveduto alla sottoscrizione del contratto di soggiorno presso lo sportello unico ovvero alla successiva assunzione del lavoratore straniero, salvo cause di forza maggiore comunque non imputabili al datore di lavoro
5.    La dichiarazione di emersione di cui al comma 1 è presentata previo pagamento, con le modalità previste dal decreto interministeriale di cui al comma 1 del presente articolo, di un contributo forfettario di 1.000 euro per ciascun lavoratore. Il ocntributo non è deducibile ai fini dell’imposta sul reddito. La regolarizzazione delle somme dovute dal datore di lavoro a titolo retributivo, contributivo e fiscale pari ad almeno sei mesi è documentata all’atto della stipula del contratto di soggiorno secondo le modalità stabilite dal decreto ministeriale di cui al comma 1. E’ fatto salvo l’obbligo di regolarizzazione delle somme dovute per l’intero periodo in caso di rapporti di lavoro di durata superiore a sei mesi.
6.     Dalla data di entrata in vigore del presente decreto fino alla conclusione del procedimento di cui al comma 1 del presente articolo, sono sospesi i procedimenti penali e amministrativi nei confronti del datore di lavoro e del lavoratore per le violazioni delle norme relative:
a) all'ingresso e al soggiorno nel territorio nazionale, con esclusione di quelle di cui all'articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni ed integrazioni;
b) al presente provvedimento e comunque all'impiego di lavoratori anche se rivestano carattere finanziario, fiscale, previdenziale o assistenziale.
7.    Con il decreto di cui al comma 1 sono altresì stabiliti i limiti di reddito del datore di lavoro richiesti per l’emersione del rapporto di lavoro
8.     Nella dichiarazione di emersione cui al comma 1 è indicata la retribuzione convenuta non inferiore a quella prevista dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento e, in caso di lavoro domestico, l’orario lavorativo non inferiore a quello stabilito dall’articolo 30-bis, comma 3, lettera c), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394.
9.     Lo sportello unico per l'immigrazione, verificata l'ammissibilità della dichiarazione e acquisito il parere della questura sull'insussistenza di motivi ostativi all’accesso alle procedure ovvero al rilascio del permesso di soggiorno, nonché il parere della competente direzione territoriale del lavoro in ordine alla capacità economica del datore di lavoro e alla congruità delle condizioni di lavoro applicate, convoca le parti per la stipula del contratto di soggiorno e per la presentazione della richiesta del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, previa esibizione dell'attestazione di avvenuto pagamento del contributo forfetario e della regolarizzazione di cui al comma 5. La sussistenza di meri errori materiali non costituisce di per sé causa di inammissibilità della dichiarazione di emersione. La mancata presentazione delle parti senza giustificato motivo comporta l'archiviazione del procedimento. Contestualmente alla stipula del contratto di soggiorno, il datore di lavoro deve effettuare la comunicazione obbligatoria di assunzione al Centro per l'Impiego ovvero, in caso di rapporto di lavoro domestico, all'INPS. Restano ferme le disposizioni relative agli oneri a carico del richiedente il permesso di soggiorno.
10.     Nei casi in cui non venga presentata la dichiarazione di emersione di cui al presente articolo ovvero si proceda all'archiviazione del procedimento o al rigetto della dichiarazione, la sospensione di cui al comma 6 cessa, rispettivamente, alla data di scadenza del termine per la presentazione ovvero alla data di archiviazione del procedimento o di rigetto della dichiarazione medesima. Si procede comunque all'archiviazione dei procedimenti penali e amministrativi a carico del datore di lavoro nel caso in cui l'esito negativo del procedimento derivi da motivo indipendente dalla volontà o dal comportamento del datore di lavoro.
11.     Nelle more della definizione del procedimento di cui al presente articolo, lo straniero non può essere espulso, tranne che nei casi previsti al successivo comma 13. La sottoscrizione del contratto di soggiorno, congiuntamente alla comunicazione obbligatoria di assunzione di cui al comma 9 e il rilascio del permesso di soggiorno comportano, rispettivamente, per il datore di lavoro e per il lavoratore, l'estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi relativi alle violazioni di cui al comma 6.
12.     Il contratto di soggiorno stipulato sulla base di una dichiarazione di emersione contenente dati non rispondenti al vero è nullo ai sensi dell'articolo 1344 del codice civile. In tal caso, il permesso di soggiorno eventualmente rilasciato è revocato ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni ed integrazioni.
13.     Non possono essere ammessi alla procedura prevista dal presente articolo i lavoratori stranieri:
a)    nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione ai sensi dell'articolo 13, commi 1 e 2, lettera c), del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e dell'articolo 3 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, e successive modificazioni ed integrazioni;
b)    che risultino segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore per l'Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato;
c)    che risultino condannati, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei reati previsti dall’articolo 380 del medesimo codice;
d)    che comunque siano considerati una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l’Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone. Nella valutazione della pericolosità dello straniero si tiene conto anche di eventuali condanne, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei reati previsti dall’articolo 381 del medesimo codice.
14.    Con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro per la cooperazione internazionale e l’integrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono determinate le modalità di destinazione del contributo forfetario, di cui al comma 5 del presente articolo, tenuto conto di quanto previsto ai sensi del comma 17.
15.     Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque presenta false dichiarazioni o attestazioni, ovvero concorre al fatto, nell'ambito della procedura di emersione prevista dal presente articolo, è punito ai sensi dell'articolo 76 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. Se il fatto è commesso attraverso la contraffazione o l'alterazione di documenti oppure con l'utilizzazione di uno di tali documenti, si applica la pena della reclusione da uno a sei anni. La pena è aumentata se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale.
16.     In funzione degli effetti derivanti dall’attuazione del presente articolo, il livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale a cui concorre ordinariamente lo Stato è incrementato di 43 milioni di euro per l’anno 2012 e di 130 milioni di euro a decorrere dall’anno 2013. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, i predetti importi sono ripartiti tra le regioni in relazione al numero dei lavoratori extracomunitari emersi ai sensi del presente articolo.
17.    Agli oneri netti derivanti dal presente articolo, pari a 43,55 milioni di euro per l’anno 2012, a 169 milioni di euro per l’anno 2013, a 270 milioni di euro per l’anno 2014 e a 219 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015, si provvede, quanto a 43,55 milioni di euro per l’anno 2012 a valere sulle maggiori entrate assegnate al bilancio dello Stato dal decreto di cui al comma 14 e, quanto a 169 milioni di euro per l’anno 2013, a 270 milioni per l’anno 2014 e a 219 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015, mediante corrispondente riduzione dei trasferimenti statali all’INPS a titolo di anticipazioni di bilancio per la copertura del fabbisogno finanziario complessivo dell’Ente, per effetto delle maggiori entrate contributive derivanti dalle disposizioni di cui al presente articolo".



Immigrazione e coesione familiare
ADUC, 18-07-2012
Antonella Pedone
Gli stranieri già presenti in Italia hanno diritto ad un permesso di soggiorno per motivi familiari se convivono con determinati familiari.
Differenza tra coesione e ricongiungimento
Il permesso di soggiorno per "coesione familiare" (o più precisamente per "motivi familiari") viene rilasciato allo straniero già presente nel territorio italiano.
Il ricongiungimento, invece, riguarda i familiari che si trovano all'estero.
I requisiti richiesti per la coesione sono gli stessi di quelli richiesti per il ricongiungimento, quanto a rapporto di parentela, reddito e alloggio.
Chi può chiedere la coesione familiare?
Gli stranieri, regolarmente presenti in Italia, possono chiedere il rilascio di un permesso di soggiorno per "motivi familiari" in favore:
1. del coniuge maggiorenne non legalmente separato;
2. dei figli minori non coniugati (anche del coniuge o nati fuori del matrimonio), a condizione che l'altro genitore, se esistente, abbia dato il suo consenso;
3. dei figli maggiorenni a carico, che non siano in grado di provvedere alle proprie esigenze di vita a causa di invalidità totale;
4. dei genitori a carico, se non hanno altri figli nel Paese di origine o di provenienza, oppure genitori con più di 65 anni, se gli altri figli non possono mantenerli per gravi documentati motivi di salute.
In ogni caso è necessario che il familiare per cui si chiede la coesione sia regolarmente presente in Italia, e quindi, titolare a sua volta di un permesso di soggiorno. Tale permesso di soggiorno verrà quindi convertito in "permesso di soggiorno per coesione familiare" (o meglio per "motivi familiari").
La conversione può essere richiesta entro un anno dalla data di scadenza del titolo di soggiorno originariamente posseduto dal familiare, se si tratta di familiare straniero regolarmente soggiornante, in possesso dei requisiti per il ricongiungimento con il cittadino italiano o di uno Stato membro dell'Unione europea residenti in Italia, ovvero con straniero regolarmente soggiornante in Italia.
Vi è tuttavia un'altra ipotesi: quella degli stranieri conviventi con i parenti entro il secondo grado o con il coniuge, di nazionalità italiana.
In questo caso la coesione può essere richiesta anche se lo straniero è irregolarmente presente in Italia.
Per tali soggetti, infatti, sussiste un divieto di espulsione e l'espresso diritto ad ottenere un permesso di soggiorno per motivi familiari (articolo 28, lettera b) del DPR 334/2004).
Anzi, vi è di più. Sebbene il DPR 334/2004 preveda il rilascio del "permesso di soggiorno per motivi familiari", si deve evidenziare che l'articolo 10 del Decreto Legislativo n. 30/2007 prevede il rilascio della "Carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell'Unione" in favore dei seguenti soggetti:
1. il coniuge;
2. il partner che abbia contratto con il cittadino dell'Unione un'unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro, qualora la legislazione dello Stato membro ospitante equipari l'unione registrata al matrimonio e nel rispetto delle condizioni previste dalla pertinente legislazione dello Stato membro ospitante;
3. i discendenti diretti di età inferiore a 21 anni o a carico e quelli del coniuge o partner di cui alla lettera b);
4. gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge o partner di cui al punto 2.
I documenti necessari
Sono necessari i seguenti documenti:
   -titolo di soggiorno del richiedente;
   -fotocopia di tutto il passaporto del familiare di cui si chiede la coesione;
   -documentazione attestante il legame di parentela. Tale documentazione deve essere tradotta e legalizzata presso l'autorità consolare     italiana nel paese di provenienza, spedita in Italia e presentata all’atto della richiesta della coesione familiare;
   -per i genitori ultrasessantacinquenni, inoltre, sarà richiesta un'assicurazione sanitaria obbligatoria o altro titolo idoneo a garantire la     copertura di tutti i rischi nel territorio nazionale ovvero l'iscrizione al Servizio sanitario nazionale;
   -documentazione sull'alloggio;
   -documentazione sul reddito.
Sull'alloggio certificato che attesti che l'alloggio è conforme ai requisiti igienico-sanitari e di idoneità, accertati dai competenti uffici comunali. Se lo straniero è ospite nell'appartamento di terze persone, è necessaria la dichiarazione di ospitalità redatta dal titolare dell'appartamento su modello "T2", attestante il consenso ad ospitare anche i ricongiunti. In caso di ricongiungimento a favore di un solo minore di anni 14, il certificato comunale può essere sostituito:
   -da una dichiarazione di ospitalità del titolare dell'appartamento su modello "S1" (originale e fotocopia),
   -da copia del contratto di locazione/comodato/proprietà di durata non inferiore a sei mesi a decorrere dalla data di presentazione della     domanda (duplice copia).
Sul reddito
   -dichiarazione dei redditi/CUD
Qualora il richiedente non sia in possesso di un reddito personale, lo stesso potrà essere dimostrato anche presentando idonea documentazione relativa ai redditi posseduti dai familiari conviventi.
Il richiedente deve avere un reddito minimo annuo non inferiore all'assegno sociale, aumentato della metà per ogni familiare da ricongiungere; raddoppiato per il ricongiungimento di due o più figli di età inferiore agli anni quattordici ovvero per il ricongiungimento di due o più familiari titolari dello status di protezione sussidiaria.
Ai fini della determinazione del reddito si tiene conto anche del reddito annuo complessivo dei familiari conviventi con il richiedente.
Pertanto, prendendo come base di riferimento l'anno 2010, saranno necessarie le seguenti soglie di reddito in Euro:
richiedente = 5.349,89
1 familiare = 8.024,58
2 familiari = 10.699,78
3 familiari = 13.374,47
4 familiari = 16.049,67
2 o più minori= 10.699,78
2 o più minori e un familiare = 13.374,47
Se la coesione riguarda due o più minori di anni 14 oppure due o più familiari titolari dello status di protezione sussidiaria è sufficiente il doppio dell'assegno.
La Cassazione ha chiarito che ciò che conta ai fini della coesione non è il reddito prodotto precedentemente, bensì la dimostrazione da parte dello straniero della possibilità di produrre, su base annua, attraverso il proprio lavoro, il reddito necessario. Tale possibilità può maturare anche nel corso del procedimento (Cassazione, sentenza dell'8 aprile 2004, n. 6938).
Il reddito di riferimento è il reddito imponibile lordo.
Come si chiede la coesione familiare?
A differenza del ricongiungimento, non è previsto il rilascio del "nulla osta" per effettuare la "coesione".
La coesione può essere richiesta tramite il kit postale, ove dovranno essere allegati i documenti sopra elencati.
Verrà rilasciato un permesso di soggiorno di durata pari a quello del familiare cui cui si è effettuata la coesione



Immigrazione illegale in Italia Manette a l'imam di San Donà di Piave
Quattro arresti. Gli stranieri versavano forti somme di denaro all'organizzazione per ottenere contratti di lavoro fittizi. Il sospetto è che i proventi siano stati utilizzati per sostenere organizzazioni eversive operanti all'estero
la Repubblica, 18-07-2012
VENEZIA  - Operazione della Polizia di Venezia che ha eseguito quattro ordini di custodia cautelare nei confronti di cittadini siriani ritenuti di far parte di un'organizzazione criminale specializzata nel favorire l'ingresso e la permanenza illegale in Italia di extracomunitari provenienti, principalmente, dall'area mediorientale.
Tra i quattro arrestati dagli agenti della Digos di Venezia c'è anche l'imam di San Donà di Piave, conosciuto dall'Antiterrorismo italiano per il suo orientamento ideologico radicale e per le sue relazioni con estremisti coinvolti in precedenti indagini sulle reti di istradamento di combattenti verso terre di jihad.
Durante le indagini, sono emersi casi di stranieri che, pur di entrare nel nostro Paese, versavano agli esponenti dell'organizzazione, forti somme di denaro, ottenendo così contratti di lavoro fittizi presso imprese riconducibili agli arrestati. In alcuni casi, poi, le vittime di tale meccanismo in realtà già vivevano irregolarmente sul territorio nazionale, costrette a lavorare in nero presso i cantieri gestiti dall'imam e da suo fratello, nonchè a subire minacce e violenze qualora non fossero state in grado di pagare la somma pattuita per ottenere la "regolarizzazione".
Si sospetta che parte dei proventi di tali traffici illegali siano stati utilizzati per sostenere organizzazioni eversive operanti all'estero.



Immigrati: nuovo sbarco in Calabria, in 52 nel crotonese
Il Messaggero, 17-07-2012
(ANSA) - ISOLA CAPO RIZZUTO (CROTONE), 17 LUG - Cinquantadue immigrati, sulla cui nazionalita' sono in corso accertamenti, sono sbarcati sulla costa di Isola Capo Rizzuto, in Calabria. Gli immigrati - 23 uomini, 9 donne e 20 minori - hanno viaggiato a bordo di uno yacht battente bandiera Usa. Gli extracomunitari, che sono in buono stato di salute, sono stati condotti nel centro di accoglienza S. Anna. L'imbarcazione, che si era incagliata per il mare forza 5, e' stata condotta in porto e sequestrata.(ANSA).



Immigrazione: approda a Lampedusa la goletta Oloferne
Progetto Boats4people per i migranti morti in mare
ANSA, 18-07-2012
La goletta Oloferne approda a Lampedusa al termine della navigazione che l'ha vista partire da Rosignano il 2 luglio e toccare i porti di Palermo, Pantelleria e Monastir nell’ambito del progetto Boats4people per la denuncia dell'indifferenza verso i tanti migranti morti in mare nel canale di Sicilia.
Il progetto è stato promosso da una rete internazionale di associazioni provenienti da Italia, Francia, Germania, Olanda, Marocco, Mali e Tunisia; in particolare per l’Italia sono presenti l’ARCI e Legambiente.
L'equipaggio di Oloferne, che in queste due settimane è stata la barca simbolo del progetto, è composto da rappresentanti delle associazioni Nave di Carta (www.navedicarta.it), Progettomare (www.progettomare.info) e Rasmata Onlus (www.rasmataonlus.org).
La tappa di Monastir è stata inserita nell'ambito delle manifestazioni organizzate per la preparazione del Forum Sociale Mondiale che si svolgerà in questa città nella primavera del 2013, mentre a Lampedusa Boats4people lascerà il testimone al Festival Cinematografico sulle migrazioni. Durante le varie tappe ci sono stati incontri con i rappresentanti delle organizzazioni che promuovono il Forum.


 


L’INIQUO INGRANAGGIO DEI CIE
Analisi dei dati nazionali completi del 2011 sui centri di identificazione ed espulsione
Medici per i Diritti Umani
Roma, 18 luglio 2012 - Nel 2011 sono stati 7735 (6832 uomini e 903 donne) i migranti trattenuti nei 15 centri di identificazione ed espulsione (CIE) operativi in Italia e di questi solo la metà (3880) sono stati effettivamente rimpatriati. I dati nazionali 2011 sui CIE, forniti dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, confermano che queste strutture, oltre ad essere del tutto inadeguate a garantire la dignità e i diritti fondamentali dei migranti trattenuti, si dimostrano, nei fatti, pressoché irrilevanti e scarsamente efficaci nel contrasto dell’immigrazione irregolare. Il prolungamento a 18 mesi dei tempi massimi di trattenimento (giugno 2011) sembra aver contribuito unicamente ad esacerbare gli elementi di violenza e disumanizzazione dei CIE come già rilevato nel recente rapporto di Medici per i Diritti Umani (MEDU) Le sbarre più alte e come dimostra la serie senza precedenti di rivolte e fughe di massa dell’ultimo anno (787 i migranti fuggiti dai CIE nel 2011 rispetto ai 321 del 2010). Un dato che sconcerta è l’alto numero di cittadini dell’Unione europea internati nei centri di identificazione ed espulsione. Nel 2011, infatti, sono transitati nei CIE ben 494 migranti di origine rumena, terza nazionalità in assoluto per numero di presenze. Anche alla luce dei dati del 2011 e in considerazione delle gravi criticità ripetutamente riscontrate nel corso degli anni sulla natura e il funzionamento dei CPTA/CIE, MEDU ritiene necessario l’abbandono dell’attuale sistema di detenzione amministrativa nell’ambito di una sostanziale revisione del Testo Unico sull’immigrazione improntata a una prospettiva di apertura e reale integrazione. Una riforma che, a partire da una diversa disciplina degli ingressi, renda dunque possibili strategie di gestione dell’immigrazione irregolare più razionali e rispettose dei diritti fondamentali della persona. Dei CIE si può e si deve fare a meno.



Rosarno, peggiorano le condizioni dei braccianti
Avvenire, 17-07-2012
Sono “uomini trasparenti”: presenti quando c’è da spezzarsi la schiena in campagna ma invisibili per lo Stato e senza alcuna protezione giuridica. Così il dossier “Radici/Rosarno” definisce gli oltre 2.000 migranti impiegati come braccianti nella Piana di Rosarno. Tutti uomini principalmente provenienti dall’Africa subsahariana (il 22% dal Mali, seguono il Senegal con il 15%,Guinea con il 13%, e la Costa d’Avorio con quasi il 12%), con un’età media di 29anni. E senza permesso di soggiorno: il 72%, infatti è irregolare contro il 28% dei regolari. Inoltre la quasi totalità degli intervistati ha lavorato in nero (90,7% contro il 75% dell’anno scorso). Lo dice il “Dossier Radici/Rosarno”, un monitoraggio effettuato nel periodo autunno-inverno 2011/12, da Fondazione IntegrA/Azione e Rete Radici. Il volume, che ha indagato le condizioni lavorative, abitative e sanitarie e il livello di integrazione dei migranti, è stato presentato oggi a Roma.
Ben il 90,7% degli intervistati lavora in nero (contro il 75% dello scorso anno): dalle ispezioni effettuate dalla direzione provinciale del Lavoro di Reggio Calabria in tutta la Piana di Gioia Tauro, infatti, su un totale di 1082 posizioni lavorative verificate, solo il 9% riguarda cittadini extracomunitari. I salari del 55,6% dei “campesinos” si aggirano tra i 20-25 euro al giorno per 8-10 ore di lavoro sotto il sole (contro il 76,37% dello scorso anno) mentre aumentano i lavoratori pagati “a cassetta” (37,4% contro il 10,44% dello scorso anno), con un prezzo standard di 1 euro a cassetta per i mandarini e 0,50 euro per le arance. Mediamente il 60% di loro riesce al lavorare dai 3 ai 4 giorni a settimana, ma una percentuale consistente di braccianti, e cioè il 24,7%, lavora meno di due giornate a settimana.
Centrale, in questa catena di sfruttamento, resta il ruolo del caporalato. Sebbene la metà degli intervistati ha dichiarato di trovare lavoro in piazza, ben il 20% dichiara di trovare lavoro tramite un “kapò migrante” (quasi il 5% tramite un kapò bianco), ovvero una figura di intermediario tra il gruppo degli africani e i datori di lavoro. “I caporali provvedono a fornire l’ingaggio e spesso trattengono una percentuale della paga giornaliera che si attesta tra i 2,5 e i 4 euro a lavoratore”, si legge nel rapporto.
Paghe da fame che obbligano i lavoratori a vivere nella miseria. Il 37,6% dichiara di vivere con nulla o molto poco (da 0 a 50 euro a settimana),  dormono in alloggi di fortuna, come i casolari abbandonati senza acqua né luce né gas e mangiando alle mense della Caritas. Ne consegue, inevitabilmente, soluzioni di alloggi di fortuna in condizioni igienico sanitarie spaventose, una dieta alimentare insufficiente e squilibrata e la mancanza di prevenzione, che aggiunte a un’attività lavorativa sfiancante, determina un precario stato di salute. Infezioni alle vie respiratorie (dovute in molti casi all’uso di sostanze chimiche nei campi), aggravate dal freddo e dal fumo dei fuochi accesi per riscaldarsi, disturbi dell’apparato gastrointestinale per via di diete povere e dall’utilizzo di acqua non potabile e malattie infettive rendono questi lavoratori affetti da un numero elevato di patologie professionali.
Puntare i riflettori sulla situazione di Rosarno non significa fare i conti solo con lo sfruttamento dei lavoratori e la grave violazione di diritti umani. Ma anche riflettere sulle problematiche di un settore, quello agricolo, in grande affanno da un paio di decenni, e di un sistema politico e legislativo che sull’immigrazione presenta ancora preoccupanti lacune.
Secondo l’indagine, il vero nodo da sciogliere è “il modello mediterraneo dell’agricoltura” che è in piedi da un paio di decenni e si fonda su lavoro nero, sfruttamento e caporalato e inclusione differenziale: oer i migranti è praticamente impossibile sfuggire a questi meccanismi perversi. “Un sistema che si sorregge su un’economia di rendita fondata sull’assistenzialismo e su una produzione basata sulla quantità e su un’industria che non c’è”, si legge nel rapporto. Secondo i ricercatori, dunque, la vera sfida della Piana, sembra essere quella di saper andare oltre le arance, puntando su nuove colture e produzioni diversificate. Solo così si potrà garantire la vita delle aziende locali e la normalizzazione delle condizioni lavorative di chi quel settore lo sorregge con lavoro e fatica.

 

“Non cancellate Unar” on-line l’appello delle organizzazioni per i diritti umani a favore dell’Ufficio antidiscriminazione.
“Esprimiamo sgomento e massima preoccupazione nel constatare come l’enorme lavoro svolto sia in pericolo a causa di un’applicazione indiscriminata della spending review”.
Immigrazioneoggi, 18-07-2012
“Non cancellate Unar” è l’appello a Governo e partiti di numerose associazioni impegnate nella difesa dei diritti umani e a sostegno delle minoranze.
Nell’appello, al quale si può aderire on-line, si legge che “numerose sigle dell’associazionismo italiano, tutte impegnate nell’affermazione dei diritti e della dignità delle persone e contro ogni violenza e discriminazione, hanno condiviso un percorso di crescita, conoscenza reciproca, condivisione di obiettivi che ha visto nell’attività svolta da Unar, negli ultimi tre anni, un motore importante e un punto di riferimento”.
In questi tre anni, - spiegano i promotori - l’Ufficio nazionale contro le discriminazioni, introdotto con il recepimento di direttive europee sulla parità di trattamento e contro le discriminazioni, ha scritto pagine importanti nella diffusione di prassi antidiscriminatorie, costruzione di reti, contrasto ai fenomeni di discriminazione e apertura di tavoli che hanno creato preziose relazioni, sollecitando straordinarie sinergie e ottenendo riconoscimenti dal Consiglio d’Europa, dalla Commissione europea e dalle Nazioni unite.
Unar ha messo in campo attività finanziate in larghissima misura da fondi europei e grava assai poco sul bilancio del nostro Paese e soprattutto dovrebbe essere assunto a modello per la capacità di utilizzo dei fondi europei.
“Esprimiamo – scrivono i promotori – sgomento e massima preoccupazione nel constatare come l’enorme lavoro svolto dall’ente, grazie alla direzione di Massimiliano Monnanni, sia in pericolo a causa di un’applicazione indiscriminata della spending review che non ne riconosce i meriti. Un’attenta valutazione politica doveva essere esercitata prima di arrivare a conseguenze che oggi rischiano di stroncare il futuro stesso dell’ufficio, attraverso la contemporanea perdita della direzione, il drammatico ridimensionamento dell’organico, la dispersione di competenze, conoscenze e esperienze assolutamente insostituibili in un momento complesso come quello che viviamo”.
Solo negli ultimi mesi l’Unar – ricordano i firmatari – ha avviato piani di attività fondamentali che necessitano di impulso e coordinamento forte e di un altrettanto forte coinvolgimento delle autonomie locali e dell’associazionismo: la Strategia nazionale di inclusione dei Rom, Sinti e Camminanti; il Piano nazionale di azione contro razzismo e xenofobia; il Programma per l’applicazione della Raccomandazione del Consiglio d’Europa su orientamento sessuale e identità di genere; l’apertura e la programmazione di attività di Unar al contrasto della discriminazione sulla base della disabilità.
“Denunciamo pubblicamente – si legge nell’appello – il rischio che si spezzi qualunque continuità d’azione nel contrasto alle discriminazioni, con gravi infrazioni di obblighi derivanti da trattati e direttive dell’Unione e gravi e concrete sofferenze per la vita di tante persone. Riteniamo urgentissima un’assunzione di responsabilità delle Istituzioni e dei partiti, e invochiamo una nuova riflessione da parte del Governo e del Presidente del Consiglio, perché si adottino tutte le soluzioni possibili per mantenere ad Unar, e al nostro Paese, le condizioni per una seria strategia di contrasto alle discriminazioni tutte, in un momento in cui sulla convivenza civile, l’equità, la dignità, si gioca tanta parte della nostra capacità e credibilità nel rilancio dell’Italia”.
I primi firmatari e promotori dell’appello sono: Acli, Agedo, Arci, Arcigay, Associazione Nevo Drom, Associazione Sucar Drom, Associazione radicale “Certi diritti”, Avvocatura per i diritti LGBTI - Rete Lenford, Azionetrans, Coordinamento Campania Rainbow, Edge, Enar - European Network Against Racism, Famiglie Arcobaleno, Federazione Rom e Sinti Insieme, Fish - Federazione italiana per il superamento dell’handicap, Mit - Movimento identità transessuale, Parks - Liberi e Uguali, Sinti nel mondo, Telefono Azzurro.

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