Ma le statistiche descrivono un paese già multiculturale
l'Unità del 17 ottobre 2009
Di cosa parliamo quando parliamo di immigrazione? In Italia, al primo gennaio 2009, sono presenti 3.891.295 stranieri regolarmente residenti (ma non sono compresi quanti, oltre 300mila, sono in attesa di regolarizzazione) pari al 6,5% dell’intera popolazione; di essi  il 50,4% è di sesso femminile; i minori nati in Italia o ricongiunti sono circa 860mila, mentre sono 682mila quanti frequentano le scuole italiane;  la religione di gran lunga prevalente è quella cristiana, nelle sue varie confessioni: 2milioni100mila, a fronte di circa 1milione200mila musulmani. Per quanto riguarda la provenienza, queste le principali aree geografiche: est europeo, 40%; nord africa, 15,4 %; sud est asiatico, 10,2%; Cina, 4,6%; America latina 4,2%. Il tasso di criminalità tra i regolari e' appena più alto di quello degli italiani (1,13% contro 0,75%): ma se consideriamo le sole fasce d’età dai 40 in su, il tasso di criminalità tra gli stranieri è inferiore a quello dei coetanei italiani. È in questo scenario di quotidianità – dove gli immigrati restano altro da noi, ma cosi intensamente tra noi – che si colloca la manifestazione di oggi. Lo sappiamo: l’Italia non è un paese razzista, ma la società è attraversata da tentazioni esplicitamente o implicitamente dettate dall’intolleranza etnica, che si manifesta come diffidenza e ostilità e, con sempre maggiore frequenza, come aperta aggressività. Altri due fattori vanno considerati: A. una produzione legislativa, centrale e locale, che determina per via istituzionale forme di discriminazione ed esclusione; B. un senso comune che tende a legittimare stereotipi e pregiudizi, senza più censure e tabù. Fino a qualche anno fa, la frase: “i romeni sono stupratori”, era interdetta. Oggi ha piena cittadinanza nel linguaggio pubblico. E, sul piano giuridico, viene sanzionata penalmente la mera condizione di migrante sans papier. Si punisce la condizione esistenziale, lo stato di povertà, il fatto di essere ultimo tra gli ultimi. Contro tutto ciò è giusto manifestare, ma forse è altrettanto utile fare qualcosa di prezioso a partire da domani. Dire, far sapere,  raccontare a tutti (al lavoro, in famiglia, per strada…) chi sono davvero gli immigrati. Non sono in prevalenza quelli che vengono respinti dalle nostre eroiche forze armate e di polizia; non sono in prevalenza quelli che sperimentano l’alto livello di civiltà giuridica dei centri di identificazione e di espulsione; non sono in prevalenza quelli che delinquono. Gli immigrati sono questi, ma sono soprattutto altri. Sono coloro che educano i nostri figli, gli accudiscono, contribuiscono alla loro formazione; sono quelli che assistono i nostri vecchi, ne alleviano le sofferenze, ne assistono le ultime ore di vita; sono quelli che tengono in piedi interi settori del nostro sistema economico; e che hanno costituito circa trecentomila piccole. Sono, in genere, silenziosi e anonimi. Contribuiscono alla produzione di ricchezza nazionale. È giunto finalmente il momento di conoscerli meglio.
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