Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

14 novembre 2012

Lampedusa. l’abbandono Per i cadaveri non c’è più posto
il Fatto, 14-11-2102
Giusi Nicolini
Sono il nuovo Sindaco delle isole di Lampedusa e di Linosa. Eletta a maggio, al 3 di novembre mi sono stati consegnati già 21 cadaveri di persone annegate mentre tentavano di raggiungere Lampedusa e questa per me è una cosa insopportabile. Per Lampedusa è un enorme fardello di dolore. Abbiamo dovuto chiedere aiuto attraverso la Prefettura ai Sindaci della provincia per poter dare una dignitosa sepoltura alle ultime 11 salme, perché il Comune non aveva più loculi disponibili. Ne faremo altri, ma rivolgo a tutti una domanda: quanto deve essere grande il cimitero della mia isola?
NON RIESCO a comprendere come una simile tragedia possa essere considerata normale, come si possa rimuovere dalla vita quotidiana l'idea, per esempio, che 11 persone, tra cui 8 giovanissime donne e due ragazzini di 11 e 13 anni, possano morire tutti insieme, come sabato scorso, durante un viaggio che avrebbe dovuto essere per loro l'inizio di una nuova vita. Ne sono stati salvati 76, ma erano in 115, il numero dei morti è sempre di gran lunga superiore al numero dei corpi che il mare restituisce.
Sono indignata dall'assuefazione che sembra avere contagiato tutti, sono scandalizzata dal silenzio dell'Europa che ha appena ricevuto il Nobel della Pace e che tace di fronte ad una strage che ha i numeri di una vera e propria guerra.
Sono sempre più convinta che la politica europea sull'immigrazione consideri questo tributo di vite umane un modo per calmierare i flussi, se non un deterrente. Ma se per queste persone il viaggio sui barconi è tuttora l'unica possibilità di sperare, io credo che la loro morte in mare debba essere per l'Europa motivo di vergogna e disonore. In tutta questa tristissima pagina di storia che stiamo tutti scrivendo, l'unico motivo di orgoglio ce lo offrono quotidianamente gli uomini dello Stato italiano che salvano vite umane a 140 miglia da Lampedusa, mentre chi era a sole 30 miglia dai naufraghi, come è successo sabato scorso, ed avrebbe dovuto accorrere con le velocissime motovedette che il nostro precedente governo ha regalato a Gheddafi, ha invece ignorato la loro richiesta di aiuto. Quelle motovedette vengono però efficacemente utilizzate per sequestrare i nostri pescherecci, anche quando pescano al di fuori delle acque territoriali libiche.
TUTTI DEVONO sapere che è Lampedusa, con i suoi abitanti, con le forze preposte al soccorso e all'accoglienza, che dà dignità di esseri umani a queste persone, che dà dignità al nostro Paese e all'Europa intera. Allora, se questi morti sono soltanto nostri, allora io voglio ricevere i telegrammi di condoglianze dopo ogni annegato che mi viene consegnato. Come se avesse la pelle bianca, come se fosse un figlio nostro annegato durante una vacanza.



L'urlo degli immigrati «Noi, nuovi schiavi» Agghiacciante docufilm
La Gazzetta del Mezzogiorno, 14-11-2012  
ANNA LANGONE
«Sotto questo sole pesante, ci sentiamo noi gli schiavi del XXI secolo»: è la frase ripetuta come un mantra ne “Lo sfruttamento degli immigrati in Puglia”, il video di due fratelli del Burkina Faso proiettato per la prima volta ieri a Foggia al Centro Baobab. E’ il testo del senegalese Mbaye Ndiaye a lanciare, con parole semplici e taglienti, accuse ai governi che non aiutano questa «gioventù sana» a disfarsi dei caporali.
Il documentario, poco più di 18 minuti di riprese fatte con il telefonino, è stato girato due volte: la prima edizione, rivelano i titoli di coda, l’hanno distrutta i caporali, ma Adam e Jean Yameogo, i due giovani autori, con grande determinazione e coraggio sono riusciti a rifare tutto, immortalando nel filmato anche un «capo bianco» che va sui campi di pomodoro, a fine giornata, a contare i cassoni raccolti. Fra immagini e atmosfere suggestive c’è la disperazione di chi dorme in casolari diroccati dove ogni notte il soffitto può ucciderlo, oppure, se il dormitorio è già pieno, passa la notte in una vecchia vasca da bagno. E si lava, se fortunato, con l’acqua di un vecchio pozzo che non sa in quale stato sia, oppure non si lava affatto per giorni. Come non può lavare la cucina (si fa per dire) in cui prepara i pasti, con cibi e stoviglie tenuti nel degrado assoluto di rifugi cadenti e abbandonati, sparsi nelle campagne di Stornara a Palazzo S. Gervasio (Potenza), location del film.
La sveglia all’alba, un pullmino (non di quelli con i posti comodi, ma un semplice furgonato) in cui il gruppo di immigrati si pigia fino al campo, lo stesso mezzo che li preleva la sera per riportarli al casolare «Dove si attende con ansia l’arrivo del capo nero - dice la voce narrante - che ti porta quel poco che hai guadagnato».
Da un caporale all’altro, la vita di questi ragazzi che lasciano al loro Paese professioni anche prestigiose perchè poco pagate, è raccontata nei dettagli agghiaccianti. «Con il viaggio verso l’Europa ci sembra di andare in Paradiso....», confida la voce narrante ». Questo capolavoro di denuncia, che i fratelli Yameogo sperano raggiunga il mondo intero, ha già ottenuto un riconoscimento prestigioso: il premio Jerry Masslo della Flai- Cgil nazionale, assegnato a Villa Literno (Caserta), dove nell’89 Masslo, bracciante sudafricano, fu ucciso.

IL DOCUMENTARIO: 18 minuti di agghiacciante violenza
 


«Anche l’Italia ha la sua Alba Dorata»
Alessandro Gardossi ha fondato a Trieste il partito che si ispira al movimento filonazista greco. Già presente in Parlamento e nelle cronache per le ronde anti-immigrati. «Noi abbiamo solo usato il loro marchio, ma siamo indipendenti e autonomi»
La Stampa, 14-11-2012
Davide Lessi
«Alessandro in Parlamento!», scrive un’amica nella sua bacheca di Facebook. Nel social network, lui preferisce chiamarsi Alexandros. Nome greco. Come ellenico è il «brand» che dice di voler importare. Alessandro Gardossi, triestino classe ‘68, è il segretario politico del neonato partito politico Alba Dorata Italia. Un nome che strizza l’occhio al movimento filonazista greco: 18 deputati nel Parlamento di Atene, innumerevoli ronde anti-immigrati e un consenso in rapida crescita. Gardossi, in passato militante della Lega Nord e segretario locale di Forza Nuova, ex sindacalista ed ex insegnante, punta ad essere il leader del movimento italiano che, scrive nel sito internet , vuole «determinare una rivoluzione economica e delle persone».  
Alessandro Grandossi, quando ha deciso di fondare il partito?  
«Sono un po’ di mesi che ci lavoro ma è stato registrato lo scorso 25 ottobre, in prossimità delle elezioni siciliane, perché volevo che si avverasse la profezia di Grillo: “Se non vinciamo noi, arriverà Alba Dorata”. Eccoci qua».  
Ma il Movimento 5 Stelle è stato il più votato in Sicilia...  
«C’è stata un’astensione sopra il 50 per cento per cui non ha vinto, tanto più se non governerà...»
Siete una costola dell’Alba Dorata greca?  
«No, noi nasciamo come un’iniziativa italiana e autonoma. Poi, non avendo dietro alle spalle nessun Casaleggio, sfruttiamo per marketing il brand greco»
Non solo quello. Anche il simbolo, il meandro, richiama il partito nazionalista ellenico. E ricorda un po’ l’emblema del Terzo Reich...  
«Nessuna volontà di copiare il nazismo. E’ semplicemente un antico segno decorativo della culla della civiltà europea».
C’è già Forza Nuova a mantenere rapporti con Alba Dorata e l’estrema destra europea, che bisogno c’era di dare vita a un altro partito?  
«Guardi, per me non c’è destra e sinistra. Noi stiamo sopra».  
Ma nella pagina Facebook di Alba Dorata Italia, i riferimenti linguistici richiamano a una certa area politica: si insiste molto sul termine “camerata”...  
«Il cameratismo indica il legame tra le persone ed è erede di una determinata storia...»
Dio, patria e famiglia, dunque?  
«No, è più complesso. Io mi definisco cristiano ma guardo anche ai vangeli apocrifi. Sono contro l’oscurantismo. La famiglia, visto i tempi, è un valore relativo e poi sì, c’è la patria, ma intesa come unione dei popoli italiani ed europei»
Quindi, non è contro l’Europa?  
«No, sono contro la rapina che sta facendo la Banca Centrale Europea. Sono per il ritorno alla moneta nazionale».  
Tornare alla lira?  
«Basta con il signoraggio e guerra alla riserva frazionaria. Bisogna tornare a stampare moneta...»
E poi, si legge sul sito, il ritorno al baratto...  
«Sì, è una proposta per gli scambi con l’estero: noi potremmo dare tecnologia, loro materie prime. Se ne può discutere...»
Si discute molto anche delle violenze anti-migranti scatenate da Alba Dorata in Grecia...  
«Che cosa vuole che le dica? Sono dei camerati che sbagliano. Il problema immigrazione è la febbre ma la malattia è un’altra...»
Prego?
«Il problema è che i paesi poveri hanno venduto le loro risorse alle multinazionali. E bloccare gli immigrati alle frontiere o espellerli basta solo a far scendere la febbre. Noi proponiamo accordi più forti per il pattugliamento delle coste. E poi la creazione di campi di raccolta confortevoli ed umani dei profughi africani sulle coste della Libia a spese dell’Onu e della Ue».
Dei campi di raccolta?  
«Sì, non c’è più spazio da noi. Pensi a Lampedusa. E sa quanto costa soccorrerli con la Marina?»
Un’ultima domanda, come spiega il suo avvicinamento nel recente passato a Scilipoti?  
«Avevo cercato il suo appoggio per una vicenda personale. Gli ho anche organizzato una conferenza per la presentazione del suo libro. Erano venute una cinquantina di persone, ma poi lui non si è più fatto vivo...»



La Questura di Milano attiva la prenotazione on-line per i richiedenti protezione internazionale che sono in attesa delle determinazioni della Commissione territoriale.
Un servizio per agevolare gli utenti che non utilizzano il kit postale.
Immigrazioneoggi, 14-11-2012
Un’agenda elettronica on-line dedicata ai richiedenti la protezione internazionale per facilitare i loro rapporti con la Questura. È l’iniziativa della Questura di Milano che a partire dal 12 novembre ha attivato, all’indirizzo www.cupa-project.it, la prenotazione via web agli sportelli per gli stranieri che hanno fatto richiesta di protezione internazionale (richiedenti lo status di rifugiati, la protezione sussidiaria o la temporanea) e che sono ancora in attesa delle determinazioni della Commissione territoriale.
In particolare, gli stranieri potranno controllare presso l’Ufficio immigrazione:
• rinnovo permesso di soggiorno per attesa determinazione della Commissione;
• rinnovo del permesso di soggiorno per protezione sussidiaria;
• rinnovo permesso di soggiorno per motivi umanitari;
• richiesta permesso di soggiorno per attesa ricorso pendente ex art. 35 d.lgs. 25/2008;
• rinnovo permesso di soggiorno per attesa ricorso pendente;
• rilascio permesso di soggiorno all’esito del ricorso presentato ex art. 35 d.lgs. 25/2008;
• rilascio/rinnovo del titolo/documento di viaggio;
• conversione permesso di soggiorno di diversa tipologia (lavoro, famiglia, studio etc.);
• rinnovo permesso di soggiorno in attesa Dublino.
L’obiettivo dell’agenda è quello di agevolare questa fascia di utenti per i quali non è previsto l’utilizzo del kit postale (con la conseguente possibilità di conoscere nell’immediatezza la data di convocazione in Questura) e che pertanto quotidianamente sono obbligati a mettersi in fila in gran numero all’ingresso dell’Ufficio immigrazione fin dalle prime ore del mattino, senza avere la certezza di poter essere ricevuti.
 

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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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