Se Lucia e Renzo fossero stati stranieri

Osservatorio Italia-razzismo 

Questo matrimonio non s’ha da fare». Ed è stato proprio così per Sall e Maria Adela. Lui senegalese, lei rumena; lui irregolare, lei no. A qualche minuto dal fatidico sì il promesso sposo è stato prelevato dall’edificio comunale di Seravezza in provincia di Lucca dove si sarebbe celebrato il matrimonio e portato direttamente al Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria, a Roma.
 Da qui, dopo appena qualche giorno, viene letteralmente caricato su un aereo per essere rimpatriato in Senegal. L’operazione è stata bloccata dal pilota che, di fronte alla reazione di rabbia e protesta di Sall si è rifiutato di far decollare l’aereo per motivi di sicurezza. Una partenza quella che avrebbe violentemente cancellato, almeno per il momento, la speranza di una vita migliore (una fidanzata incinta e l’acquisizione di una regolarità giuridica dovuta alla posizione di lei possono costituire un buon inizio). Ma ora Sall è tornato a Ponte Galeria.
 
Tutto in regola? Sì, ahinoi. La Corte Costituzionale nel luglio 2000, con sentenza n. 376, ha dichiarato illegittima la parte dell’articolo 19 del Testo Unico sull’immigrazione in cui «non estende il divieto di espulsione al marito convivente della donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio». Ora, è vero che si parla di “marito” e che per diventare tale è necessario possedere un regolare permesso di soggiorno, ma questo solleva un’altra questione: perché mai un irregolare, e per il solo fatto di essere irregolare, non può “regolarizzare” la propria situazione familiare, tanto più quando si è in attesa di un figlio?
Questa è la sua/loro storia, ma è sicuramente simile a quella di molte altre. Storie di possibilità e di diritti negati.
 Unità 17 dic 2011
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