Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

11 dicembre 2012

 

Immigrati a Rosarno È ancora emergenza
Avvenire, 11-12-2012
?Domenico Marino 
«Da ogni famiglia che può, una coperta al fratello immigrato bisognoso che l’aspetta». Il vescovo della diocesi di Oppido-Palmi, Francesco Milito, ha cercato di far leva sul buon cuore della sua gente chiedendo un gesto di solidarietà nei confronti delle centinaia di immigrati, per lo più africani, che sopravvivono nella tendopoli realizzata tra San Ferdinando e Rosarno. Una sistemazione precaria che si è presto rivelata insufficiente, tanto da essere affiancata da una sorta di baraccopoli in cui le condizioni di vita sono ancora peggiori. 
Con la pioggia e il freddo degli ultimi giorni, poi, la situazione è diventata drammatica. I sindaci della zona chiedono lo smantellamento dei campi per evitare degenerazioni ulteriori, anche perché non hanno i fondi per mandarla avanti. D’altronde, la tendopoli sorta l’anno scorso per dare una risposta immediata e temporanea all’emergenza, doveva essere sgomberata a fine aprile, invece è ancora lì ed è diventata un porto di mare. E non è finita, poiché il mercato degli agrumi non tira come un tempo, quindi tutte queste braccia non servono più. Per molti anche lavorare solo pochi giorni alla settimana sta diventando un problema. Per questo il vescovo Milito, con garbo ma decisione, ha richiamato tutti all’impegno. «Le precarie condizioni in cui continuano a versare gli immigrati - ha aggiunto nel messaggio per l’Avvento - non possono assolutamente lasciarci indifferenti. La fede dei credenti nel Dio-uomo deve esplodere attiva, urgente, immediata, in quanto il tremolio di chi non ha di che coprirsi per difendersi dal freddo e dal gelo - ha concluso il presule - non può non provocare un gesto d’aiuto». 
Ma sinora non è cambiato granché, se non a causa della pioggia che ha inzuppato i terreni della zona, e del gelo che ha fatto crollare la temperatura. Il primo cittadino di San Ferdinando, Domenico Modafferi, ha scritto al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, mentre nove parlamentari del Partito democratico hanno presentato un’interrogazione al ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, chiedendo tra l’altro la convocazione d’un tavolo urgente presso la prefettura di Reggio per analizzare dare risposte immediate all’emergenza tendopoli. Sul campo, per ora, stanno lavorando senza sosta un gruppo di associazioni di volontariato (hanno avviato una raccolta di fondi, abiti, brande e altri beni), oltre alla Caritas diocesana, alle parrocchie e a diverse cellule dell’universo cattolico. Le quali si stanno impegnando per cercare di organizzare un servizio che nei prossimi giorni garantisca almeno una tazza di latte e un po’ di biscotti ai braccianti stranieri. 
Ai quali, fa notare il vicario della diocesi, don Pino Demasi, bisogna aggiungere i numerosi immigrati che sopravvivono in case diroccate, sotto i ponti e per strada sempre nella Piana di Gioia Tauro. Sono definiti gli invisibili perché per le autorità non esistono ma ci sono pure loro, e stanno peggio degli altri. Se ne occupano la Caritas  e alcune associazioni cattoliche, come Il cenacolo, che li assiste negli alloggi di fortuna e tre volte alla settimana li riunisce per garantire loro almeno un pasto caldo. «Ma si tratta solo di risposte all’emergenza - conclude amaro don Demasi - perché siamo sempre in emergenza». Il sottosegretario regionale alla Protezione civile, Franco Torchia, ha dichiarato che «la presenza di extracomunitari nella nostra regione è un problema serio che nessuno può pensare di affrontare solo con provvedimenti tampone o campi d’accoglienza, per la cui gestione non ci sono più risorse». Torchia ha aggiunto che la Regione sta lavorando al caso, ricordando il protocollo sottoscritto lo scorso anno col sindaco di Rosarno per la creazione entro l’estate di 34 alloggi per 204 extracomunitari.
 
 
 
Immigrati, l'invasione cinese Imprese come funghi: + 232%
La crisi non impedisce la nascita di un numero incredibile di attività economichei: +232% in dieci anni in tutta Italia. Il record assoluto va a Napoli con +692%. A Milano ne nascono due nuove ogni giorno; una a Roma. La comunità cinese italiana è una delle più attive, con una impresa ogni cinque residenti contro una media (tra il resto degli stranieri) di uno a dodici. I dati della Camera di commercio di Milano
la Repubblica, 10-12-2012
VLADIMIRO POLCHI
ROMA - Numeri da capogiro: +232% in dieci anni in Italia, record a Napoli con +692%. A Milano ne nascono due nuove ogni giorno, una a Roma. Più giovani e "rosa", si occupano di commercio (Palermo) e fabbricazione pelle (Firenze). A Milano crescono anche bar, parrucchieri e centri massaggi. Di cosa parliamo? Delle imprese dei cinesi, il cui slancio pare impermeabile alla crisi. 
Un esercito di piccoli imprenditori. Quasi 210mila residenti e 41mila imprese individuali. Sono i numeri che fanno della comunità cinese italiana una delle più attive, con una impresa ogni cinque residenti contro una media (tra il resto degli stranieri) di uno a dodici. È quanto emerge da un'elaborazione della Camera di commercio di Milano. Oltre il 21% delle attività si concentra in sette fra i maggiori comuni del Paese, con imprese che sono più giovani (49%) e con una maggiore presenza femminile (44%) della media (in entrambi i casi 26%). Un fenomeno in crescita anche nel 2012, soprattutto nei centri più grandi: ogni giorno nascono 2 nuove imprese cinesi a Milano e 1 a Roma.
Il record di Napoli. Napoli è la città in cui in dieci anni la comunità imprenditoriale cinese cresce di più: +691,7% contro una media nazionale del 231,7%. Milano è quella che concentra il maggior numero di imprenditori (circa 2.800 imprese, il 7% del totale nazionale, ormai è cinese il 5,3% delle piccole imprese milanesi). A Palermo il 95% delle imprese cinesi 
opera nel commercio al dettaglio, a Firenze si occupano soprattutto di fabbricazione di articoli in pelle (67%), a Milano i bar cinesi battono i ristoranti (17,5% contro 9,6%) e il 15% delle imprese è ormai un parrucchiere o un centro massaggi.
In quali zone si insediano? A Milano dalla tradizionale area intorno a via Sarpi si stanno diffondendo soprattutto nella parte nord della città.  A Roma, è la zona della stazione dove si sono concentrate le Chinatown (una impresa su otto ha sede tra Termini e la Basilica di Santa Maria Maggiore), lo stesso a Palermo (il 25% tra via Lincoln, via Oreto e Corso dei Mille), mentre a Firenze una impresa su tre si trova tra via Dè Cattani e via di Brozzi. A Torino, i corsi Giulio Cesare e Regina Margherita si concentrano il 12% delle imprese cinesi mentre a Napoli tra le aree preferite spicca la zona di vico Duchesca (7%).
 
 
 
“Conoscersi per riconoscersi”: i testimoni degli immigrati scrivono all’Unar i consigli per migliorare l’integrazione.
Ieri la manifestazione in occasione della Giornata mondiale dei diritti umani.
Immigrazioneoggi, 11-12-2012
L’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar), ha celebrato ieri la Giornata mondiale dei diritti umani con un incontro presso la sede della Provincia di Roma dove protagonisti sono stati gli immigrati.
Oltre venti oratori immigrati, provenienti dai diversi continenti e dalle più diverse professioni hanno portato la loro testimonianza di integrazione: badanti, imprenditori, mediatori culturali, musicisti, sindacalisti, formatori. Nei loro report all’Unar i ‘testimoni’ hanno evidenziato i passi in avanti fatti e le cose che restano da fare sulla via dell’integrazione, dimostrando una grande maturità di giudizio, tanto nell’apprezzamento quanto nelle istanze.
Partendo dalla Dichiarazione universale dei diritti umani gli immigrati hanno presentato l’elenco dei possibili miglioramenti e le loro indicazioni per una vera integrazione. “Conoscersi per riconoscersi”, questa la ricetta vincente proposta all’Unar a tutti i livelli: a livello scolastico caratterizzato ancora una forte dispersione, a livello sociale dove permangono ancora pregiudizi, stereotipi, luoghi comuni e discriminazioni, a livello di genere essendo le donne più fortemente penalizzate, a livello sindacale in cui, nonostante quasi un milione di iscritti, si incontrano a fatica quadri e dirigenti immigrati, a livello religioso dove si registrano aperture promettenti e chiusure inspiegabili e, infine, a livello politico dove il voto alle elezioni amministrative resta un obiettivo ancora lontano.
“Per gli immigrati – ha affermato Marco De Giorgi, direttore generale dell’Unar – convivenza altro non significa che riconoscersi a vicenda nel reciproco rispetto dei diritti, e quindi anche delle diversità, e dei doveri. Per questo, gli immigrati non ritengono accettabile la loro esclusione da alcuni ambiti della vita civile, il permanere della discriminazione nell’accesso ai servizi pubblici, il peso del lavoro sommerso e, specialmente, le remore nel farsi carico, quanto alla cittadinanza, dei diritti dei figli degli immigrati nati in Italia”
 
 
 
Unar: "Inaccetabile l'esclusione degli immigrati dalla vita civile" .
De Giorgi: "Riconoscersi a vicenda nel reciproco rispetto dei diritti, delle diversita' e dei doveri". Pesano burocrazia, pregiudizi e discriminazioni
Stranieri in Italia, 11-12-2012
Roma - 11 dicembre 2012 - "Per gli immigrati, convivenza altro non significa che riconoscersi a vicenda nel reciproco rispetto dei diritti, delle diversita' e dei doveri. Per questo, gli immigrati non ritengono accettabile la loro esclusione da alcuni ambiti della vita civile, il permanere della discriminazione nell'accesso ai servizi pubblici, il peso del lavoro sommerso e, specialmente, le remore nel farsi carico, quanto alla cittadinanza, dei diritti dei figli degli immigrati nati in Italia".
Così Marco De Giorgi, direttore generale dell'Unar, l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, che ieri ha organizzato la Giornata mondiale dei diritti umani "chiamando gli stessi immigrati a esserne protagonisti e relatori" nella Sala Di Liegro di Palazzo Valentini, sede della Provincia di Roma. Partendo dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, gli immigrati hanno presentato l'elenco dei possibili miglioramenti e le loro indicazioni per una vera integrazione.
Un passaggio obbligato riguarda la burocrazia, "veramente pesante quando si unisce a disposizioni restrittive delle quali da tempo si auspica il miglioramento, si tratti di rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno, di inserimento nel mondo del lavoro, o del mancato riconoscimento delle tutele contrattuali". Poi, si richiedono interventi "a livello scolastico caratterizzato ancora una forte dispersione; a livello sociale dove permangono ancora pregiudizi, stereotipi, luoghi comuni e discriminazioni; a livello di genere essendo le donne piu' fortemente penalizzate; a livello sindacale in cui, nonostante quasi un milione di iscritti, si incontrano a fatica quadri e dirigenti immigrati; a livello religioso dove si registrano aperture promettenti e chiusure inspiegabili; e infine a livello politico, dove il voto alle elezioni amministrative resta un obiettivo ancora lontano"
 
 
 
SPRAR 
Accoglienza profughi, l'emergenza continuaImmagine pagina
Avvenire, 10-12-2012
A distanza di un anno e mezzo dalla “Primavera araba”, sono ancora 18mila i profughi accolti in strutture "d'emergenza", come per esempio gli hotel. «La preoccupazione è alta» afferma Flavio Zanonato, sindaco di Padova e delegato Anci per l'immigrazione, intervenuto oggi a Milano durante la presentazione del rapporto annuale Sprar, il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. «L'emergenza nord Africa, affrontata senza una programmazione ferma e puntuale degli interventi in favore dei percorsi di integrazione, si è ormai irrimediabilmente cronicizzata e rischia di trasformarsi in una reale emergenza sociale con cui i comuni dovranno in qualche misura confrontarsi - aggiunge Zannonato ricordando che lo “stato di emergenza” cesserà ufficialmente il 31 dicembre -. E non si conosce il futuro di queste persone».
Con poco meno di 4mila posti di accoglienza (3.979, di cui 979 posti “straordinari”) nel biennio 2011-2012 la rete dello Sprar ha accolto risposto a 37.350 persone in cerca di protezione nel nostro Paese (il 208% in più rispetto al 2010). Nel 76% dei casi le domande sono state presentate da migranti giunti a seguito delle sommosse e dei conflitti nel Nord Africa. 
«Crediamo sia doveroso trarre insegnamenti dall'esperienza di questo ultimo anno e mezzo - afferma la direttrice del Servizio centrale dello Sprar Daniela Di Capua - Dobbiamo in particolare arrivare a condividere tutti - istituzioni centrale e locali, realtà non governative, enti di tutela, operatrici e operatori sul campo - che l'accoglienza non deve essere mai più improvvisata, sia in termini di attivazione di competenze non specifiche, sia in termini di programmazione, progettazione e acquisizione di linee guida e standard comuni di intervento».
La rete di centri d'accoglienza tessuta da Ministero dell'Interno insieme ad Anci e gestori del terzo settore (oltre 200) attraversa 128 enti locali in 19 regioni (è esclusa solo la Valle d'Aosta). È il Lazio la Regione dove sono stati attivati il maggior numero di progetti per adulti con il Fnpsa. Il 26,2 per cento dei 7598 beneficiari (il 10,8% in più rispetto al 2010) è stato nei centri laziali, seguiti nella classifica da quelli della Sicilia (11,3%) e della Puglia (8%).  Se si allarga il conteggio anche ai posti attivati con la Protezione civile, la Lombardia arriva al secondo posto, con il 16,3%: otto beneficiari su dieci sono stati uomini, soprattutto provenienti da Somalia, Afghanistan, Eritrea, Nigeria e Costa d’Avorio. Hanno soprattutto un'età compresa tra i 18 e i 35 anni (il 72%) e tre quarti sono entrati in Italia senza la famiglia.
Tra gli ospiti del sistema Sprar, sono 5.478 (il 72%) quelli che hanno già in mano una forma di protezione, soprattutto sussidiaria, con validità di tre anni (l'ha avuta il 38% degli ospiti). Il 18% ha visto riconosciuto l'asilo politico mentre il 16% (un aumento di tre punti rispetto allo scorso anno) ha ottenuto un permesso per motivi umanitari. Il trend generale, quindi, registra un miglioramento rispetto al 2004, quando solo il 20% degli ospiti aveva già in mano un documento. Ora la percentuale si è quasi ribaltata: i richiedenti protezione internazionale sono il 20%.
I dati della conclusione del soggiorno negli Sprar dicono che nel 37% dei casi il percorso si chiude con l'integrazione del migrante, mentre nel 30% dei casi l'interruzione è per volere del beneficiario. Tra chi non ha concluso il percorso, la minima parte (l'1%) ha subito un rimpatrio volontario, mentre il 4% viene allontanato dal percorso e il 28% non ha avuto abbastanza tempo. 
Tra i posti dello Sprar, 147 sono destinati ai minori non accompagnati. Il progetto Msnara (Minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo) è stato arricchito nel 2011 con altri 85 posti, che hanno portato il totale disponibile a 232. Sono passati dai centri per minori 312 ragazzi nel 2011 (il 97 per cento è di sesso maschile) e fra questi, quattro su dieci hanno 17 anni e un quarto ne ha sedici. La provenienza è soprattutto dall'Afghanistan (35,6 per cento), Mali (9 per cento), Costa d’Avorio (8,3 per cento) e  Nigeria (5,4 per cento).
A quanto evidenzia il rapporto Sprar, l'Italia accoglie più del resto dell'Unione europea. Sulle 25.600 istanze arrivate alle istituzioni di Roma, infatti, il 60% ha ricevuto una forma di protezione. Al contrario di quanto accade negli altri 26 Paesi, dove sulle 365.614 decisioni prese dalle diverse Commissioni territoriali, solo il 24% ha avuto esito positivo. Delle 301mila domande arrivate all'Europa dei 27, in aumento del 17% rispetto al 2010, oltre il 50% è stata indirizzata a Francia, Italia e Germania. 
 
 
 
Immigrazione: iscrizione obbligatoria al servizio sanitario nazionale per i migranti anziani non comunitari ricongiunti ai familiari
Il Nord.com, 11-12-2012
Immigrazione: iscrizione obbligatoria al servizio sanitario nazionale per i migranti anziani non comunitari ricongiunti ai familiari. E’ discriminatoria l’inerzia della Regione che non fissa il contributo per gli stranieri “over 65”: pagheranno 387 euro l’anno. 
Le misure d’austerity prodotte da questo governo hanno riguardato anche il nostro servizio sanitario, tanto che, come a tutti è noto, il premier di recente si è spinto a paventare modifiche sostanziali all’assetto attuale tanto da far pensare anche ai profani al rischio di una  privatizzazione della sanità in Italia. Nel frattempo, rileva Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, arriva un importante sentenza della sezione lavoro del Tribunale di Milano che ci fa comprendere come sia importante avere nel Nostro Paese un servizio sanitario davvero pubblico che riguardi tutti i cittadini presenti sul territorio senza alcuna distinzione per classe sociale e provenienza.
Nella decisione in questione, il giudice del lavoro ha stabilito che dopo il ricongiungimento familiare i cittadini non comunitari over sessantacinque anni devono essere iscritti al servizio sanitario nazionale, pagando annualmente una somma di denaro.
Nei casi in cui la Regione, in attesa dei decreti ministeriali che fissano gli importi del contributo a carico degli anziani stranieri sia inerte, tale comportamento risulta discriminatorio. In  virtù di tale inerzia spetta al giudice ordinare all’ente territoriale di provvedere.
Nel caso di specie, è stato accolto il ricorso ex articolo 44 d.lgs 286/98 predisposto a seguito della sollecitazione di diverse associazioni che si occupano dei diritti degli immigrati.
Il togato ha rilevato la condotta discriminatoria della Regione Lombardia nei confronti degli stranieri in quanto non si è attivata sul piano amministrativo per coprire il vuoto legislativo a differenza di Veneto ed Emilia-Romagna.
In virtù di tale decisione i cittadini  extracomunitari, dovranno pagare un contributo annuale di 387, forfettario e non frazionabile, similmente a quanto è stato deciso per le i due enti territoriali che, al contrario, vi hanno provveduto.
A nulla sono valse le eccezioni del “Pirellone” che avevano assunto che  gli stranieri ben potrebbero stipulare con assicurazioni private una polizza sanitaria, laddove le prestazioni offerte non risultano fungibili rispetto a quelle offerte dal servizio sanitario nazionale. A conferma di tanto sono le stesse società assicurative interpellate dal giudice.
In particolare, l’ordine impartito alla Regione scaturisce dalla direttiva comunitaria che consente al giudice ordinario la possibilità di applicare sanzioni «effettive, proporzionate e dissuasive» rispetto alla condotta ritenuta discriminatoria.
 
 
 
Regno Unito: rifugiati ai margini della società.
I rifugiati preferiscono vivere in miseria nel Regno Unito piuttosto che tornare nei loro Paesi d’origine.
Immigrazioneoggi, 11-12-2012
Secondo una relazione del Refugee Council, il 25% dei rifugiati provenienti da Somalia, Eritrea, Repubblica Democratica del Congo, Zimbabwe e Sudan, si è visto rifiutare la richiesta di asilo da parte del Regno Unito. Questo implica che questi ultimi si trovino a vivere in condizioni di miseria e povertà, dovendo ricorrere a espedienti come l’elemosina o la prostituzione. Tuttavia, pur vivendo ai margini della società, preferiscono rimanere nel Regno Unito piuttosto che tornare in patria, in quanto quest’ultima opzione significherebbe tornare ad essere esposti al continuo rischio di tortura, di morte e di violenza.
Non ho nulla e devo fare affidamento su mia figlia. È una situazione difficile, i soldi sono un problema serio. Quando penso a questo mi viene da piangere, ma credo comunque di stare meglio di altre persone, in quanto almeno ho mia figlia su cui contare, mentre molti devono fare affidamento sugli amici e vivere nelle chiese” afferma Nyasha proveniente dallo Zimbabwe. Secondo altre testimonianze, nella Repubblica Democratica del Congo, le donne spesso sono vittime di violenza anche da parte della polizia e delle forze armate.
Ma il rischio di violenze e abusi persiste anche nel Regno Unito, in quanto è noto che le donne costrette a prostituirsi sono molto esposte a violenze e abusi. Nella relazione il Refugee Council cerca di spronare il Governo britannico a fare qualcosa per questi rifugiati, in quanto l’assenza di alcun tipo di assistenza va a nuocere anche alla loro salute, come per esempio accade nel caso delle donne incinte: il non avere alcun sussidio va a danneggiare loro e il bambino.
(Mario Cozzolino)
 
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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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