Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

16 gennaio 2012

Basta poco e sei matto
Così si finisce in Opg
l'Unità, 13-01-2012
Italia-razzismo
Il 16 dicembre ad Abbasanta, un paese in provincia di Oristano, è accaduto un fatto subito apparso strano sia a chi era presente nel momento in cui avveniva, sia a chi lo ha ricostruito successivamente.
Si tratta dell’arresto di Abdou Lahat Diop  - trentenne rifugiato politico in Italia di origine senegalese – fermato durante la preghiera del venerdì, e del suo seguente trasferimento all’ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere. E perché? È questo il lato oscuro della storia. Pare che Abdou sia stato avvicinato dalle forze dell’ordine mentre era chinato a terra, come previsto dal rito musulmano della preghiera, e che sia successo qualcosa, ancora da chiarire, tanto da portare alle accuse di violenza, minaccia, resistenza a pubblico ufficiale, rifiuto a rilasciare informazioni sulla propria identità personale. Da qui, il trasferimento di Abdou al carcere di Oristano. Il giorno dopo avviene il rito per direttissima e Abdou viene valutato sotto il profilo psicologico senza, però, la presenza di un interprete. Risultato: incapace di intendere e di volere e pericoloso socialmente. Il giorno del processo, lo scorso 9 gennaio, l’udienza viene sospesa proprio a causa della sua incapacità di intendere e di affrontare quel procedimento. Che fare a quel punto se non trasferirlo in un ospedale psichiatrico? Il comitato Stop Opg Sardegna sta seguendo il caso, denunciando il fatto che il trattenimento in una struttura come quella dell’ospedale psichiatrico sembra essere sproporzionato rispetto alla storia raccontata. All’asserita incapacità di intendere potrebbe aver contribuito la mancata conoscenza della lingua. Colpisce soprattutto il fatto che, da quello che probabilmente all’origine è stato un semplice malinteso possa derivare una sequenza di avvenimenti che condizionano così pesantemente il destino di una persona.



L'appello del Papa per gli immigrati «trattati da numeri»
Corriere della sera, 16-01-2012
M.Antonietta Calabrò
ROMA — «Milioni di persone sono coinvolte nel fenomeno delle migrazioni» ha affermato Benedetto XVI, in occasione della Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, dopo la preghiera dell'Angelus. Ma gli immigrati «non sono numeri», sono «uomini e donne, bambini, giovani e anziani che cercano un luogo dove vivere in pace». Il Pontefice ha quindi sottolineato che «i migranti sono non soltanto destinatari, ma anche protagonisti dell'annuncio del Vangelo nel mondo contemporaneo». Verso i «nostri fratelli e sorelle rifugiati e migranti» ha esortato il Papa salutando i fedeli francesi «dobbiamo essere testimoni autentici del Vangelo vivendo concretamente la solidarietà e la carità cristiana, non solamente con la preghiera ma anche con gli atti». Rivolgendosi poi ai pellegrini polacchi, Ratzinger ha invitato a pregare per «tutti coloro che vivono in terra straniera».
La Giornata è stata anche occasione per il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, di esprimere un ringraziamento per «quanto la Chiesa e le sue organizzazioni hanno da sempre fatto e stanno tuttora facendo per i migranti». Il capo dello Stato ha inviato a monsignor Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes della Cei, un messaggio in cui apprezza «il grande valore di questa opera meritoria» resa «a prescindere dalle appartenenze religiose», e che non implica «alcuna rinuncia ai valori propri del cristianesimo, ma piuttosto una forte riaffermazione di quei valori universali di solidarietà umana che sono alla base di tutte le grandi religioni e non possono conoscere frontiere né geografiche né etniche». Per Napolitano «le organizzazioni cattoliche, grazie alla attività dei sacerdoti, degli operatori e dei tanti volontari», assieme ad organizzazioni laiche, forniscono un aiuto «al fine di rimuovere gli ostacoli che si oppongono a un percorso virtuoso di inclusione della popolazione straniera nella società italiana». Ma questa inclusione «costituisce una leva indispensabile per sostenere la tenuta e la crescita non solo economiche ma anche civili e sociali del nostro paese».
Il vice presidente della Cei e vescovo di Perugia, Gualtiero Bassetti, ha avvertito che «oltre al problema di riconoscere la cittadinanza italiana agli immigrati, manca in Italia una specifica legge sul diritto di asilo». Save the Children ha richiamato l'attenzione sulla necessità di una migliore accoglienza, protezione e una piena integrazione per tutti i bambini e gli adolescenti stranieri presenti nel nostro Paese a cominciare da quelli più a rischio, cioè i 7.540 minori migranti soli non accompagnati registrati dal sistema di accoglienza nazionale, che hanno quasi tutti un'età compresa tra i 15 e 16 anni, ma 728 hanno meno di 14 anni e 68 addirittura meno di 6.



Immigrati, il monito del Papa «Non sono numeri ma uomini»
Il Messaggero, 16-01-2012  
CITTA DEL VATICANO - Gli immigrati «non sono numeri», ma esseri umani «che cercano un luogo dove vivere in pace». Verso di loro, quindi, occorre «vivere concretamente la solidarietà e la carità Cristiana». Parole semplici e di profonda umanità quelle usate da Benedetto XVI in occasione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, per riaffermare che verso i «fratelli» che giungono da altri Paesi, specie se fuggono da fame, guerre, privazioni e persecuzioni, l'atteggiamento non può essere che quello di «testimoni autentici del Vangelo», e «non solo con la preghiera ma anche con gli atti».
Ieri, subito dopo la recita dell'Angelus, il Papa ha ricordato ai fedeli come la Chiesa celebri la Giornata del Migrante e del Rifugiato. «Milioni di persone sono coinvolte nel fenomeno delle migrazioni, ma esse non sono numeri!», ha esclamato. «Sono uomini e donne, bambini, giovani e anziani - ha proseguito - che cercano un luogo dove vivere in pace».
Il Papa ha anche sottolineato che «i migranti non sono soltanto destinatari, ma anche protagonisti dell'annuncio del Vangelo nel mondo contemporaneo». Ad ascoltarlo, nell'assolata Piazza San Pietro, anche i rappresentanti delle comunità migranti di Roma, ai quali si è detto «lieto di rivolgere un cordiale saluto». Ha poi continua- to il suo appello, spiegando che la Giornata del Migrante «ci invita a essere portatori infaticabili della Buona Novella verso i nostri fratelli rifugiati e migranti». «Dobbiamo essere testimoni autentici del Vangelo - ha sottolineato - vivendo concretamente la solidarietà e la carità Cristiana, non soltanto con la preghiera ma anche con gli atti». Non è mancata anche l'esortazione a «ricordare nella preghiera tutti coloro che vivono in terra straniera» e a «comprendere meglio i bisogni dei migranti e dei rifugiati».
La Giornata è stata anche occasione per il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di esprimere un ringraziamento per «quanto la Chiesa e le sue organizzazioni hanno da sempre fatto e stanno tuttora facendo per i migranti». Il capo dello Stato ha inviato a mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes della Cei, un messaggio in cui apprezza «il grande valore di questa opera meritoria».
E il vice presidente della Cei e vescovo di Perugia, mons. Gualtiero Bassetti, nell'omelia della messa per la Giornata dei Migrante, ha avvertito che «oltre al problema di riconoscere la cittadinanza italiana agli immigrati, manca in Italia una speci- fica legge sul diritto di asilo, cosi come servono misure più efficaci di accoglienza dei rifugiati per motivi politici». Per mons. Bassetti, «troppo deboli risultano ancora la protezione ed il contrasto delle vittime della prostituzione e della tratta di esseri umani, spesso gestiti da organizzazioni criminali di vari paesi stranieri».



Napolitano: «Grazie per quanto la Chiesa fa per i migranti»
Avvenire, 16-01-2012
Le organizzazioni cattoliche, insieme a quelle laiche, forniscono un contributo per "rimuovere gli ostacoli che si oppongono a un percorso virtuoso di inclusione della popolazione straniera nella società italiana" che "costituisce una leva indispensabile per sostenere la tenuta e la crescita non solo economiche ma anche civili e sociali del nostro Paese".
Lo ha spiegato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in un messaggio inviato in occasione della Giornata mondiale delle migrazioni promossa dalla Fondazione Migrantes, sul tema 'Migrazioni e nuova
evangelizzazionè, ha inviato al direttore generale, mons. Giancarlo Perego.
"Desidero ricordare quanto la Chiesa e le sue organizzazioni hanno da sempre fatto e stanno tuttora facendo per i migranti: accompagnandoli in un'esperienza mai facile, talvolta drammatica, assicurano loro quel supporto materiale e sostegno spirituale che nel passato molti italiani emigrati poterono ricevere all'estero dalle comunità religiose impegnate ad accoglierli nei paesi di destinazione", si legge nel messaggio.
"L'attenzione e il sostegno che a quanti oggi emigrano nel nostro paese vengono offerti a prescindere dalle appartenenze religiose, non implicano alcuna rinuncia ai valori propri del cristianesimo, ma piuttosto una forte riaffermazione di quei valori universali di solidarietà umana che sono alla base di tutte le grandi religioni e non possono conoscere frontiere nè geografiche nè etniche".
"Per la difesa dei diritti non solo lavorativi, ma anche sociali e politici dei migranti, le organizzazioni cattoliche, grazie alla attività dei sacerdoti, degli operatori e dei tanti volontari, hanno profuso un impegno costante che è giusto sottolineare e valorizzare".
"Il contributo che esse, insieme ad organizzazioni laiche, forniscono al fine di rimuovere gli ostacoli che si oppongono a un percorso virtuoso di inclusione della popolazione straniera nella società italiana, costituisce una leva indispensabile per sostenere la tenuta e la crescita non solo economiche ma anche civili e sociali
del nostro paese: chiunque ne abbia a cuore le sorti non può non apprezzare il grande valore di questa opera meritoria", conclude il presidente della Repubblica.



Controlli della polizia nel Cie: scoppia la rivolta
La Stampa, 16-01-2012
MILANO -Un controllo di routine da parte della polizia di Milano nella struttura dei Cie di via Corelli, ha scatenato una rivolta di un gruppo di immigrati ospitati nel centro, che hanno dato fuoco a materassi e arredi in cinque stanze. La polizia cercava strumenti per colpire o ferire o per autolesioni. AI termine dei controlli, che hanno portato al sequestro di diversi pezzi di ferro e di micro batterie per cellulari che spesso vengono ingerite, 27 nordafricani hanno reagito bruciando le proprie stanze nel settore E. 127 immigrati, arrestati per incendio doloso e devastazione, saranno trasferiti nel carcere di San Vittore.



Via Corelli, rivolta dopo i controlli arrestati in 27 per l'incendio al Cie
Gli stranieri, tutti nordafricani, manifestavano dopo una perquisizione di routine effettuata dai poliziotti all'interno del centro. Le fiamme non hanno provocato feriti
la Repubblica, 15-01-2012
Un incendio è stato appiccato nel primo pomeriggio all'interno del Cie in via Corelli a Milano. La polizia ha arrestato 27 stranieri, tutti nordafricani. Non si registrano feriti. Secondo quanto riferito dalla questura, sarebbero stati loro a causare l'incendio per ritorsione contro un controllo di routine eseguito, sempre stamani intorno alle 13, dalla polizia. Si tratta di ispezioni che vengono effettuate nelle camerate per sequestrare coltelli o altri oggetti pericolosi, oltre a pile e bulloni che spesso gli stranieri ingoiano per essere ricoverati e uscire dal centro.
Dopo il controllo, i nordafricani presenti nel settore E avrebbero dato in escandescenze e incendiato i materassi. Poi le fiamme si sono estese rendendo inagibile tutto il settore, composto di cinque camerate.
I vigili del fuoco hanno domato l'incendio e la polizia ha identificato i presunti responsabili, portandoli in questura.



Studenti extracomunitari riammessi Il Tar del Lazio "boccia" la Gelmini
Sei studenti israliani potranno iscriversi a Medicina: i giudici amministrativi hanno dichiarato illegittimo un provvedimento che imponeva una soglia minima di punteggio a candidati esterni all'Ue
SALVO INTRAVAIA
la Repubblica, 15-01-2012
I giudici ammistrativi bocciano un provvedimento della Gelmini, ammettendo a Medicina 6 studenti israeliani. Tutto ha inizio l'anno scorso, quando l'ex ministro firma un decreto che impone agli studenti extracomunitari che intendono affrontare la lotteria dei test di ammissione alle facoltà a numero programmato una soglia di punteggio: 20 punti, che non sono previsti per gli studenti comunitari. Dal 1999 una quota di posti viene riservata agli studenti provenienti dai paesi non comunitari, che devono solo affrontare un esame aggiuntivo di lingua italiana. Ma l'anno scorso viene introdotto un ulteriore sbarramento: per essere ammessi occorre rispondere ad almeno 20 domande sulle 80 proposte.
"E' un colpo duro alla gestione ministeriale di Mariastella Gelmini", tuona soddisfatto il coordinatore nazionale dell'Udu (l'Unione degli Universitari) Michele Orezzi. "Era stato posto in essere  -  continua Orezzi  -  un sistema con una soglia di punteggio per l'ammissione che ha lasciato liberi mille posti; in un periodo di difficoltà economiche non assegnare i posti quando vi sono è gravissimo, danneggia le casse dello Stato, degli Atenei e soprattutto il diritto allo studio costituzionalmente garantito".
L'Udu, attraverso i suoi avvocati, ritiene illegittima questa soglia per almeno due motivi: i test di ammissione prevedono 40 domande, sulle 80 totali, di cultura generale. Ovviante italiana. E gli stranieri che si affacciano nel Belpaese sono svantaggiati. Ma, soprattutto, gli studenti extracomunitari
che si sono rivolti al Tar Lazio hanno presentato la domanda per i corsi di ammissione alla facoltà di Medicina alla Sapienza di Roma prima che venisse pubblicato il decreto che impone lo sbarramento di 20 punti.
Inoltre, il limite non ha ragione di esistere perché i posti riservati agli studenti extracomunitari nel 2011 sono stati 1.210, ma le domande appena 859. Secondo l'Udu, non c'era ragione di imporre un limite di punteggio per essere ammessi. Anche perché a superare il test, secondo le regole della Gelmini, sono stati 352. Gli oltre 500 posti non assegnati sono rimasti vacanti, non sono stati rassegnati neppure agli studenti comunitari. Ma tra documenti, certificazioni ed esami sostenuti uno studente israeliano ha dovuto presentarne ben 15.
I giudici del Tar Lazio, lo scorso 14 gennaio hanno ritenuto che i dubbi avanzati dai legali dell'Udu sulle ragioni di esclusione dalla facoltà di Medicina degli studenti stranieri fossero da accogliere, aprendo le porte del mega ateneo romano ai sei israeliani esclusi dalla Gelmini. E qualche speranza si apre anche per tutti gli altri non ammessi. Una notizia che dovrebbe fare piacere anche al neoministro Francesco Profumo, che nell'intervista rilasciata a fine dicembre a Repubblica ha ammesso che in Italia studiano pochi studenti stranieri.



Immigrazione: Malta soccorre due gommoni partiti dalla Libia
Trasferiti a Porto Empedocle altri 72 migranti
(ANSA) - LA VALLETTA (MALTA), 15 GEN - Due gommoni carichi di migranti che sarebbero partiti dalla Libia sono stati soccorsi dalle autorita' maltesi. Venticinque profughi, tra cui una neonata e nove donne, che viaggiavano sul primo battello sono gia' stati trasferiti dalle unita' della Marina a La Valletta. Sono invece ancora in corso le operazioni di salvataggio di altri 45 immigrati che erano su un gommone in difficolta' a 90 miglia a Sud dell'isola Stato. Intanto, sono stati imbarcati sul traghetto per Porto Empedocle i 72 profughi, anche loro partiti dalla Libia.(ANSA).



Domani la visita del ministro Riccardi a Rosarno per discutere della “grave situazione sociale e umanitaria”.
Il ministro risponde al sindaco Tripodi “per uno sforzo congiunto di tutte le istituzioni”.
Immigrazione Oggi, 16-01-2012
Il ministro per la Cooperazione internazionale e l’Integrazione, Andrea Riccardi, si recherà domani in visita a Rosarno, in Calabria, per occuparsi della “grave situazione sociale e umanitaria determinata anche quest’anno dal massiccio afflusso nella zona di lavoratori stranieri in cerca di occupazione stagionale per la raccolta degli agrumi”.
Il ministro – si legge in una nota – nella mattinata presiederà un vertice in prefettura a Reggio Calabria. Successivamente si recherà a Rosarno per incontrare il sindaco, Elisabetta Tripodi, la cittadinanza e gli immigrati.
L’iniziativa di Riccardi è stata sollecitata anche dalle manifestazioni che si sono succedute nei giorni scorsi con i migranti che da Rosarno e Foggia sono arrivati a Roma per chiedere aiuto al Governo. E nei giorni scorsi lo stesso sindaco di Rosarno, Elisabetta Tripodi, aveva scritto al ministro Riccardi per segnalargli la difficile situazione che sta vivendo la comunità, con la stagione della raccolta degli agrumi che attira in quella zona centinaia di lavoratori di origine africana per lavorare nelle campagne. “Per un periodo di 4-5 mesi ci troviamo ad affrontare un notevole afflusso di persone – ha scritto il sindaco – prive di alloggio e mezzi adeguati, che si aggiungono alla comunità di migranti stanziali provenienti dall’est Europa presenti sul territorio, in un Paese di 16 mila abitanti afflitto da una fortissima crisi economica quasi esclusivamente agricola e caratterizzato da una forte presenza della criminalità organizzata”.
“Per noi – si legge ancora nel documento del primo cittadino – è molto importante uno sforzo congiunto di tutte le istituzioni perché il Comune non venga lasciato solo con le associazioni di volontariato a dare risposta ai migranti”.



Figli cristiani affidati a coppia islamica: è battaglia
Avvenire, 14-01-2012
Lucia Bellaspiga
«Sono stato discriminato dalle istituzioni italiane perché non voglio imporre la religione musulmana ai miei figli». Una denuncia controcorrente, quella di Khalid Makhlou, operaio edile marocchino, in Italia da 25 anni, sposato con Valentina, 29enne italiana e cristiana, e da molti anni perfettamente integrato ad Albenga. «Io non sono praticante, mentre i miei bambini – spiega –, un maschio di 5 anni e una femmina di 3, sono stati battezzati e sono cristiani come mia moglie, ma presto potrebbero non esserlo più». Gli assistenti sociali, infatti, li hanno da tempo affidati a una coppia musulmana, marito egiziano e moglie italiana convertita all’islam, secondo un semplicistico e frettoloso assunto per il quale arabo uguale islamico. A lamentare il grossolano errore di valutazione e a raccontare la vicenda è lo stesso sito dei marocchini in Italia “al-Maghrebiya.it”, che sostiene le ragioni dell’uomo. Il cui dramma è iniziato quando, alla nascita della bimba, sua moglie è caduta in una forma grave di depressione post partum, che ha richiesto il ricovero e poi la permanenza in una comunità protetta, dalla quale Valentina dovrebbe finalmente uscire tra uno o due mesi, grazie al buon recupero. «In questo periodo ho dovuto far fronte da solo a tutte le necessità dei bambini – spiega Makhlou –, conciliando con grande difficoltà lavoro e famiglia e facendo da padre e madre insieme. Così sono stato proprio io che ingenuamente, fidandomi delle istituzioni italiane ed essendo un cittadino onesto, incensurato, lavoratore, ho chiesto aiuto agli assistenti sociali per ottenere un appoggio. Per tutta risposta sono precipitato in un incubo: mi hanno tolto i figli per affidarli a un’altra coppia, che però è integralista islamica e fa di tutto per condurre all’islam i figli di una donna cattolica».
Che alcune gravissime irregolarità siano accadute è provato ad esempio dal fatto che la bimba - come risulta incontrovertibilmente da alcune foto - è stata condotta in Egitto dalla famiglia affidataria, senza che il padre ne sapesse nulla e avesse dato l’assenso. Nulla in contrario se al suo fianco il tribunale di Genova avesse messo una famiglia italiana o comunque cristiana come i suoi bambini, ma «i giudici devono aver pensato che tutti gli arabi sono musulmani: il padre dei due piccoli è marocchino, quindi li diamo a un egiziano e a una convertita... Quantomeno credo si tratti di una cattiva valutazione culturale, per colpa della quale da anni combatto inutilmente».
Mentre su Facebook ieri si è aperta una pagina in cui i marocchini d’Italia difendono i diritti dell’uomo, la parlamentare Souad Sbai, anche lei di origini marocchine, tra ieri e oggi ha presentato una denuncia alla Procura della Repubblica di Roma e un’interrogazione parlamentare, ha chiesto una commissione d’inchiesta con un’interpellanza al ministero della Giustizia, e si è rivolta all’ufficio Pari opportunità e diritti umani dell’Unione Europea: «Io questo lo definisco stupro culturale», dice senza mezzi termini la deputata. «Assurdo è che una cosa simile succeda in Italia, dove un uomo chiede un sussidio economico per potersi permettere una persona di sostegno, tra l’altro proponendo che dei suoi figli si occupassero i nonni materni e gli zii, ma si vede portar via i piccoli per affidarli a gente che sappiamo bene come si comporta soprattutto in tema di apostasia, come viene considerata dall’islam la conversione al cristianesimo, in alcuni Paesi punita persino con la morte. Khalid è un uomo per bene, chiede solo che vengano affidati a una coppia che rispetti la loro fede religiosa». Gravi, secondo la parlamentare, le responsabilità dei giudici, «ai quali consiglio di studiare a fondo il fenomeno dell’immigrazione. Che c’entrano quei due bambini con le usanze e il pensiero islamico? Se anche il papà, come la mamma, fosse stato italiano, forse i suoi figli sarebbero stati dati a una coppia musulmana? Non credo. La discriminazione è innegabile».

 

Storia a lieto fine?
Giulia Di Giacinto
Nadia è marocchina, ma anche italiana, formalmente invece è clandestina.
E’ entrata a Ponte Galeria a fine novembre dello scorso anno, perché è irregolare, espellibile. Ma la vicenda non è così semplice. Nella rete del CIE, infatti, entrano tante persone, tante storie, tante “irregolarità”diverse. Nadia è un’ospite tragicamente speciale: è nata a Roma, parla romano, molto più di tanti operatori e poliziotti che lì lavorano, eppure regolare per la legge non lo è mai stata o meglio non lo è più stata da quando è maggiorenne.
Prima di entrare al CIE ha subito il trauma peggiore per una ragazza: è stata vittima di violenze in famiglia da parte del padre, attualmente detenuto e condannato per lo stesso reato nei confronti della sorella.
Così per lei inizia un percorso durissimo tra case famiglia, assistenti sociali, psicologi e pratiche di permesso di soggiorno mai rinnovate dai suoi genitori, proprio perché accusata di aver denunciato. Fugge dalle istituzioni che la seguono quando era ancora minorenne e da quel momento inizia a girovagare per la città cercando di placare la sua irrequietezza, ma è irregolare e finisce al CIE. Da qui dovrebbe essere espulsa in Marocco, un paese che non ha mai visitato e in cui non conosce nessuno, nemmeno la lingua.
Adesso Nadia ha ottenuto un permesso di soggiorno per motivi di giustizia, dovrà comunque ricostruire il suo percorso in Italia per ottenerne uno più duraturo e poter finalmente godere della sua libertà come donna,come cittadina. E’ un lieto fine, ma resta l’amaro in bocca per una vicenda che salta agli occhi dell’opinione pubblica dopo due mesi di trattenimento nel centro per una ragazza che, oltre ad aver subito violenza, ha rischiato un’espulsione in un Paese dove non è mai stata.
13-01-2012



Africani da Rosarno a Roma "Noi schiavi nei campi, stop al lavoro nero"
Due manifestazioni davanti ai ministeri dell'Agricoltura e dell'Interno per protestare contro lo schiavismo nei campi e per chiedere il permesso di soggiorno. Tra gli slogan "No alla nuova schiavitù", "il sudore è lo stesso anche se il colore della pelle è diverso" e "il vostro made in Italy è macchiato del nostro sangue". In piazza anche le associazioni Africalabria ed Equosud che hanno lanciato "Sos Rosarno" una vendita di arance e olio solidali con i gruppi di acquisto
la Repubblica, 13-01-2012
RAFFAELLA COSENTINO
Stanchi di essere sfruttati nei campi per pochi euro al giorno, ricattati dai caporali per il permesso di soggiorno, costretti a vivere in casolari diroccati, duecento braccianti africani hanno lasciato i campi a Rosarno e sono arrivati a Roma. Due i presidi nella capitale, il primo davanti al ministero dell'Agricoltura e il secondo in piazza Esquilino, vicino al ministero dell'Interno. La loro rivolta di due anni fa contro la 'ndrangheta e il caporalato ha portato dei cambiamenti per i rosarnesi, che allora vivevano in un comune commissariato per mafia e oggi hanno un sindaco, Elisabetta Tripodi, sotto scorta per le sua azioni contro le cosche. Ma per i 1500 lavoratori africani impiegati negli agrumeti della Piana di Gioia Tauro le condizioni di vita non sono migliorate.
"No al lavoro nero, allo sfruttamento, alla schiavitù", "il sudore è lo stesso anche se il colore della pelle è diverso" e "il vostro made in Italy è macchiato del nostro sangue" sono gli striscioni che hanno srotolato. "Signor ministro, esci a guardarci in faccia  -  urla dal megafono M. ivoriano  - siamo quelli che lavorano a Foggia, Rosarno e Brindisi, è lì che dovete andare a lavorare". Un ragazzo senegalese, Lamine, racconta: "la vita è difficile perché dobbiamo accettare 20 euro al giorno, pagare il trasporto e il capo italiano non ci rispetta". Diallo è un lavoratore della Guinea, da tanti anni in Italia. "Se ci mandano i container non ci aiutano, non
ha senso dopo che ci hanno tolto i documenti, con il permesso di soggiorno possiamo affittare una casa e avere un lavoro in regola  - dice  -  scrivi anche il mio nome, non ho paura: se vado in galera per un reato è un male, ma se vado in galera per una cosa giusta, per me è un bene". Diallo ha in tasca anche una qualifica per fare le bolle di spedizione delle arance. "Tanti agricoltori sono analfabeti e così posso aiutarli", spiega.
In piazza con i lavoratori subsahariani anche le associazioni Africalabria ed Equosud che hanno lanciato "Sos Rosarno" una vendita di arance e olio solidali mediante i gruppi di acquisto. Grazie alla campagna, che il 18 gennaio sarà a Budrio (Bo), quattro lavoratori africani hanno ottenuto un lavoro in regola e una paga equa di 40 euro al giorno. Ibrahim e Boubaker, due di loro, erano in piazza con gli altri per protestare contro il circuito di sfruttamento, favorito dalla legge sull'immigrazione che lega il diritto alla permanenza sul territorio nazionale al possesso di un contratto di lavoro. Quest'anno sono molti gli africani con accento del nord in provincia di Reggio Calabria. Lavoravano a Cuneo, Treviso, Brescia e hanno perso l'occupazione con la crisi, costretti a riciclarsi in agricoltura.
"Pensiamo che oggi si debba arrivare a una modifica dell'articolo 18 del Testo unico sull'Immigrazione per chi denuncia lo sfruttamento e la criminalità  -  spiega l'avvocato Arturo Salerni, dell'associazione 'Progetto Dirittì che appoggia la battaglia dei braccianti stranieri  -  la regolarizzazione per grave sfruttamento favorisce l'emersione  e una sanatoria porterebbe a un recupero contributivo e fiscale". Soldi che entrano nelle casse dello Stato al posto dei costi esorbitanti spesi per i rimpatri attraverso la reclusione dei migranti senza permesso di soggiorno nei Centri di identificazione e di espulsione. Un sistema inefficace, visto che è molto difficile ottenere il rimpatrio nei paesi subsahariani. "Non si può pensare di lasciare la gente nell'irregolarità e nella disperazione, bisogna adeguare la legge" dice Salerni.

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