Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

10 gennaio 2013

Un secolo di migranti E un’idea sul servizio civile
l'Unità, 10-01-2013
Domenica 13 gennaio ricorrerà  la 99° giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Questa celebrazione nasce quasi cento anni fa per volere di Papa Pio X, con l’intenzione di portare la solidarietà della Chiesa ai tanti italiani costretti a emigrare in tutto il mondo in cerca di lavoro e di prospettive di vita migliori. Solo nel 2005 la giornata del migrante e del rifugiato diventa effettivamente globale, coinvolgendo la Chiesa Cattolica di tutto il mondo. Il panorama migratorio, nel corso di questi ultimi cent’anni, è profondamente cambiato. L’Italia, da terra di emigrazione, è diventata luogo appetibile per i tanti stranieri che lasciano il proprio paese sia a causa di guerre o persecuzioni, sia per motivi economici. Il fenomeno dell’immigrazione nel nostro paese deve essere letto innanzitutto come una ricchezza e a questo proposito i vescovi intervenuti nel corso della presentazione della giornata presso la sede della Fondazione Migrantes, hanno formulato delle proposte destinate a chi governerà l’Italia nei prossimi anni. Monsignor Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, ha citato la campagna l’Italia sono anch’io, che vede il mondo delle associazioni operanti nel campo dei diritti degli stranieri impegnato perché si possa discutere e approvare in Parlamento una nuova legge sulla cittadinanza. La proposta di legge di iniziativa popolare prevede che i bambini nati da genitori stranieri nel nostro paese siano italiani dalla nascita e non più che, com’è adesso, possano acquisire la cittadinanza solo al compimento dei 18 anni. Sempre riguardo la cittadinanza, sarebbe auspicabile un ritorno ai cinque anni perché uno straniero regolarmente residente in Italia possa richiederla, contro i dieci anni del sistema attuale. Un altro tema riguarda il diritto di voto amministrativo che dovrebbe essere concesso agli stranieri regolarmente presenti. Riconoscere l’estrema importanza del contributo degli immigrati alla nostra vita economica e sociale, non può prescindere dall’estensione di un diritto, come quello di eleggere i proprio rappresentanti, fondamentale in una democrazia. Sempre Monsignor Perego affronta poi la questione del servizio civile volontario, per ora ancora precluso ai giovani stranieri. In Italia, le celebrazioni della 99° giornata mondiale del migrante e del rifugiato si svolgeranno a Bari, terra di sbarchi e di accoglienza, ma anche di sfruttamento del lavoro e di caporalato. Di certo, non possiamo più sottovalutare l’importanza di questo fenomeno nel nostro paese e le politiche del prossimo governo dovrebbero essere più lungimiranti di quanto non siano state fino adesso. Le questioni dell’accoglienza, dei processi di integrazione, della tutela dei diritti fondamentali di queste donne e uomini, spesso non garantiti, non possono essere più rimandate. La ripresa e lo sviluppo del nostro paese non può prescindere dalla componente immigrata della popolazione. I cittadini stranieri sono una forza e una risorsa. Mettiamoli nelle condizioni di poterci offrire il loro contributo.



Rosarno, governo in campo: "Smantelleremo la favela"
Il Viminale: entro il 15 gennaio una tendopoli per mille persone
La Stampa, 10-01-2013
GIUSEPPE SALVAGGIULO
INVIATO A SAN FERDINANDO

Forse l'hanno capito: se tre anni fa la penosa condizione dei migranti nelle campagne di Rosarno era un'emergenza umanitaria, ora è uno scandalo istituzionale. Ieri qualcosa si è mosso con un vertice in prefettura a Reggio Calabria. Convocati la Província, i sindaci Elisabetta Tripodi (Rosarno) e Domenico Madafferi (San Ferdinando), i vertici delle forze dell'ordine. Parola d'ordine: «Bisogna fare qualcosa». Il prefetto Vittorio Piscitelli ha assicurato che in una settimana il Viminale manderà altre settanta tende della protezio- ne civile, in grado di ospitare circa 500 persone, che si affiancheranno a quelle installate un anno fa, in grado di ospitarne poco meno. Già oggi vigili del fuoco e tecnici del ministero cominceranno a lavorare per attrezzare l'area.
Il piano del Viminale prevede di restituire alla tendopoli l'aspetto che ha avuto sino a fine giugno, prima che il blocco dei finanziamenti regionali causasse la chiusura, l'abbandono e, da ottobre, l'invasione disordinata con il raddoppio
delia capienza nelle baracche di plastica cartone ed eternit. Dunque vialetti puliti, brandine in ordine, pasti regolari nella mensa, bagni adeguati (ne arriveranno altri e quelli vecchi, ridotti a cloache, saranno risanati). Bisogna bonificare, togliere i rifiuti, predisporre i servizi essenziali, tra cui la rete fognaria collassata.
L'obiettivo è allestire entro il 15 gennaio una tendopoli in regola da circa mille posti, in modo da far traslocare tutti i migranti nelle tende e smantellare la vergognosa favela. I tempi sono stretti, ma il prefetto è ottimista.
«Avrei voluto che si arrivasse prima, senza il bisogno della pressione mediatica e della vergogna che ci viene catapultata addosso nonostante i nostri sforzi», sospira il sindaco di Rosarno. «Sono parzialmente soddisfatto», spiega quello di San Ferdinando. Il motivo è il silenzio sulla gestione del villaggio, una volta ultimato. L'unico segnale è quello delia Província, pronta a farsi carico delle bollette elettriche. Né governo né Regione hanno dato disponibilità a sborsare i 50 mila euro necessari a far funzionare il campo fino ad aprile. E allora il rischio è che in pochi giorni risorgano baracche e cumuli di rifiuti.
Bisogna far da soli. In queste ore, i sindaci si rivolgono alla Caritas diocesana, che offre un'assistenza capillare a 3300 migranti sparsi nella piana di Gioia Tauro. Ci sono trentamila euro arrivati dalla sede nazionale dell'associazione cattolica, diecimila dati dalla diocesi, altrettanti messi a disposizione dai sindaci rinunciando a un mese di indennità. Un tesoretto di 50 mila euro.
I sindaci sperano che la Caritas si faccia carico della gestione della nuova tendopoli. Spiega don Pino Demasi, vicario generale della diocesi e referente di Libera: «Qui non manca lo slancio umanitario: all'alba si servono cinquecento litri di latte caldo e altrettanti di tè per i migranti che vanno a lavorare, si raccolgono e distribuiscono migliaia di coperte, indumenti, pacchi di viveri». La notte di Natale il Comune, rinunciando alle luminarie, ha organizzato un cenone per mille migranti. «Il volontariato è in grado di provvedere a una gestione ordinaria dell'assistenza, purché le infrastrutture e i servizi funzionino - assicura don Pino -. Però è umiliante che gli organi dello Stato non lo facciano e si esibiscano in questo osceno scarica- barile nei nostri confronti».



Ribellarsi è giusto
il manifesto, 10-01-2013
Annamaria Rivera
Nei lager per migranti le rivolte e la loro repressione, cosi come gli atti di autolesionismo, sono talmente endemiche che ormai non fanno più notizia, se non allorché convenga tornare ad additare il pericolo pubblico dei "clandestini". Sicché quello che si è consumato fra il 9 e il 15 ottobre scorsi nel Cie «S. Anna» di Isola Capo Rizzuto è stato solo uno dei tanti episodi di ribellione alla illegittima sottrazione della libertà personale e a condizioni di reclusione intollerabili: negazione di cure sanitarie basilari, materassi lerci e privi di lenzuola, latrine altrettanto luride, pasti ridotti al minimo e consumati per terra...
 Nel corso di quella rivolta alcuni «ospiti» salirono sul tetto e lanciarono grate e altre suppellettili divelte contro il personale di servizio e di vigilanza. Tre di loro - un algerino, un marocchino e un tunisinosi arresero dopo ben sei giorni di rivolta e di digiuno, e furono arrestati con l'accusa di danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale.
Come spesso accade, ad accendere la miccia della rivolta erano state alcune odiose pratiche routinarie. Ad A A., onesto cittadino algerino che viveva a Viareggio lavorando come cameriere, erano stati sottratti alcuni innocui effetti personali durante una «operazione di bonifica» del Cie, come si dice con formula eufemistica degna di un lager. Ad A.H., altrettanto onesto cittadino marocchino, che abitava con la famiglia a Gioia Tauro e lavorava da artígiano, era stato rifiutato il permesso di visitare la madre moribonda. Quanto al terzo, DA, cittadino tunisino, egli, che viveva a Cosenza da molti anni con la sua compagna, allora incinta di tre mesi, si era ritro- vato di punto in bianco ammanettato per Strada, imprigionato in una caserma di polizia, poi trascinato in quell'inferno.
Si dirá che tutto questo non è che la consueta banalità del male. In tal caso, però, è l'esito processuale ad essere tutt'altro che consueto e banale: il 12 dicembre scorso il giudice dei tribunale di Crotone, Edoardo D'Ambrosio, ha assolto e resi liberi i tre rivoltosi - anzi «dimostranti», come li definisce rispettosamente - con una motjvazione che non potrebbe essere piü limpida e più fedele alla Costituzione italiana e alla Convenzione europea dei diritti umani: reagire ad offese ingiuste, scrive il giudice, è un atto di legittima difesa. Allorché la dignità umana è calpestata e la giustizia oltraggiata, egli afferma, ribellarsi è legittímo. E lo è non solo sul piano morale, ma anche su quello specifico dei diritto, nazionale ed europeo.
Il giudice D'Ambrosio non si limita a enunciare un principio, bensi lo inserisce nel contesto concreto. I tre Cittadini stranieri, scrive nella sentenza, «sono stati trattenuti» in strutture «al limite della decenza, intendendo tale ultimo termine nella sua precisa etimologia, ossia di conveniente alla loro destinazione: che è quella di accogliere essere umani». E rimarca: «esseri umani in quanto tali, non in quanto stranieri irregolarmente soggiornanti sul territorio nazionale», i quali andrebbero trattatí secondo lo standard qualitativo che si applica (o dovrebbe applicarsi) al cittadino medio, senza distinzione di origine, nazionalità, condizione sociale.
E non solo. Egli contesta che il «trattenimento» dei tre Cittadini stranieri nel Cie sia stata una misura proporzionata all'entità della violazione amministrativa e, fra le righe, mette in dubbio la stessa legittimità dei lager per migranti l'offesa alla dignità umana, soggiunge, è ancor più grave per il fatto che si tratta di persone le quali, «costrette ad abbandonare i loro Paesi di origine per migliorare la propria condizione», sono state private della libertà personale senza aver commesso alcun reato.
Quella dei tribunale di Crotone è una sentenza che non è ampolloso definire storica. Se poi si considera che due giorni fa la Corte europea per i diritti umani con voto unanime ha condannato l'Italia per il trattamento inumano inflitto a sette detenutí nelle carceri di Busto Arsizio e di Piacenza, si può auspicare che qualche crepa vada aprendosi nel fortilizio lugubre dei sistema detentivo italiano. Ma il parlamento e il governo che scaturiranno dalle prossime elezioni vorranno occuparsi della violazione dei diritti fondamentali di coloro che sono ristretti nelle carceri e nei Cie? L'esperienza ci rende pessimistí, la volontà politica ci fa sperare.



Palermo, progetto per l’integrazione socio-lavorativa di 60 immigrati.
Iniziativa promossa dall’Istituto Arrupe insieme al Centro Astalli di Palermo e Catania e la scuola “Ferdinando Stagno D’Alcontres” di Modica.
Immigrazioneoggi, 10-01-2013
L’Istituto Arrupe, in qualità di capofila in partenariato con altri tre enti, operanti in Sicilia, che aderiscono al Jesuit Social Network pubblica il bando del progetto Itinerari d’incontro. Azioni per l’inclusione socio-lavorativa degli immigrati per la selezione di 60 immigrati di cui il 70% sono donne. Il progetto è finanziato dal Dipartimento della Famiglia e delle Politiche sociali della Regione Siciliana. Gli altri tre partner del progetto sono la Scuola speciale per assistenti sociali “Ferdinando Stagno D’Alcontres” di Modica e le sedi di Palermo e di Catania del Centro Astalli. Per ognuna di queste sedi in cui si svolgerà il progetto verranno selezioni venti partecipanti.
Scopo dell’iniziativa è facilitare l’integrazione socio-lavorativa di 60 immigrati e migliorare le loro condizioni di disagio e difficoltà, offrendo percorsi di apprendimento della lingua italiana, formazione specifica in ambito socio-assistenziale, orientamento/accompagnamento personalizzato e work experience presso istituti e famiglie del territorio.
Ai partecipanti sarà garantita una indennità di frequenza lorda pari a tre euro per ogni ora effettivamente svolta e dimostrata nel registro e per la partecipazione per almeno il 70% delle ore di formazione. Durante le ore di work experience, l’indennità di frequenza lorda sarà di cinque euro. L’indennità non spetterà in caso di assenza per malattia, infortunio o altro. In questo caso saranno messi a disposizione dei bonus di conciliazione.
La selezione dei candidati avverrà attraverso dei test attitudinali, di valutazione delle competenze e dei colloqui personali finalizzati a conoscere le motivazioni, le attitudini e le eventuali esperienze lavorative pregresse nel settore di riferimento del progetto.
Per informazioni: www.istitutoarrupe.it.



Razzismo: «La polizia può fermare le partite»
l'Unità, 10-01-2013
Pino Stoppon
ROMA DOPO IL CASO BOATENG, CON I CORI RAZZISTI DI UNA PARTE DEI TIFOSI DELLA PRO PATRIA CHE HANNO SPINTO IL MILAN A LASCIARE IL CAMPO E SOSPENDERE L’AMICHEVOLE, IL VIMINALE RIBADISCE CHE L’UNICA AUTORITÀ PREPOSTA A DECIDERE L’INTERRUZIONE DI UNA PARTITA, SU SEGNALAZIONE DELL’ARBITRO, È «IL DIRIGENTE DEL SERVIZIO DI ORDINE PUBBLICO». La puntualizzazione, quasi una risposta al presidente federale Abete che aveva chiesto una mano più dura da parte del capo della polizia Antonio Manganelli, è arrivata ieri dall’Osservatorio sulle manifestazioni sportive al termine di una riunione (cui ha preso parte anche il direttore della Federcalcio Antonello Valentini) in cui è stato approvato all’unanimità una specifica determinazione che in pratica ricalca quanto già approvato nel 2009. «In presenza di segnali di razzismo, intolleranza o antisemitismo, l’arbitro provvederà, anche su segnalazione dei calciatori, ad investire, tramite il “quarto uomo”, il Dirigente del servizio di ordine pubblico, unico responsabile della decisione di sospendere la gara si legge nella nota diffusa dal’Osservatorio Lo stesso Dirigente del servizio valuterà in ogni caso il non avvio o sospensione dell’incontro anche a carattere temporaneo per consentire la diffusione di messaggi di ammonimento per le tifoserie, attraverso i sistemi di amplificazione sonora presente negli stadi». Non potranno ripetersi, quindi, casi come quello di Busto Arsizio quando Boateng, e poi il Milan tutto, ha deciso di lasciare il campo e non giocare più. Ma perché la procedura, già prevista da anni anche se mai applicata davvero, sia davvero efficace il dipartimento di pubblica sicurezza «diramerà una specifica circolare, nella quale, nel quadro di norme già vigenti, saranno ribadite le procedure sopra indicate e le strategie di assoluta fermezza, finalizzate alla sistematica identificazione dei responsabili ed alla conseguente adozione di provvedimenti Daspo, collegati ai provvedimenti giudiziari emessi».
Contemporaneamente, ha specificato l’Osservatorio, il coordinatore del gruppo operativo di sicurezza (presente in ogni stadio) organizzerà periodiche esercitazioni per garantire il regolare flusso di queste informazioni e l’efficienza dei piani di emergenza in caso di evacuazione dello stadio in seguito alla sospensione di una partita mentre l’Osservatorio si farà cura di organizzare e realizzare campagne informative



La situazione dei minori migranti: centri di accoglienza ancora al collasso
Save the Children, 08-01-2013
Centinaia di giovani immigrati rischiano l'abbandono nei centri di accoglienza o la dispersione a causa della mancanza di fondi per garantire il loro accesso nelle comunità.
Il 31 dicembre è scaduto il decreto che sanciva lo stato d'emergenza relativo all'immigrazione e trovare altri fondi per garantire accoglienza a tutti i minori arrivati nel nostro paese, sarà molto difficile.
Alcuni dati
Fino al 17 dicembre erano 1383 i migranti arrivati a Lampedusa, 200 donne e 294 minori, di cui 268 non accompagnati (da settembre, sono stati 1.272, il 14 per cento del totale).
Le condizioni in cui si trovano a vivere sono inaccettabili, infatti, dopo le rivolte e l'incendio del 2011, la struttura di Lampedusa è tornata ad essere funzionante solo in parte. Ci sono solo 330 materassi disponibili per mille persone e molti migranti sono costretti a condividere il letto con altri o a dormire sul pavimento ammassati, questo vale anche per i minori non accompagnati, che dovrebbero essere accolti in strutture e ambienti più adeguati.
Il problema non riguarda tanto la mancanza di posti disponibili in comunità, che risultano infatti esserci, «quanto la mancanza di garanzie rispetto alla copertura economica di tale accoglienza, fatto che induce i Comuni a diffidare le comunità con posti liberi a dare la loro disponibilità ad accogliere i minori non accompagnati. Manca un sistema di accoglienza informatizzato in grado di garantire il collocamento dei minori non accompagnati sull'intero territorio regionale o nazionale in strutture che offrano standard di accoglienza conformi al rispetto dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. E dunque i posti disponibili vengono attualmente reperiti telefonicamente, continuando a privilegiare le comunità prossime alle località di arrivo, indipendentemente dalle condizioni di accoglienza effettivamente offerte e all'idoneità delle stesse a rispondere a specifiche esigenze di ciascun minore».
Le conseguenze delle "carenze di sistema" che alimentano questa situazione potrebbero essere molto gravi, favorendo la dispersione dei minori e il loro sfruttamento da parte della criminalità organizzata. Rischio che non può essere evitato perché «il fondo per l'accoglienza dei minori non accompagnati, creato ad agosto 2012, non è un fondo pluriennale e non è stato dotato di risorse sufficienti» e perché, non essendo stato rinnovato lo stato di emergenze nazionale, saranno i prefetti a dover «istituire un tavolo di coordinamento per coordinare gli interventi a livello territoriale».
Anche se nelle ultime settimane Save the Children si è impegnata per far trasferire molti dei minori del centro di Lampedusa in comunità, 37 si trovano ancora al CPSA. La criticità continua ad essere la mancanza di garanzie da parte del Governo per la copertura economica riguardante il trasferimento di tutti i minori e la loro successiva permanenza nelle comunità di destinazione.
A questo proposito ricordiamo alcuni interventi auspicabili in situazioni come quella di Lampedusa, riportati in uno dei rapporti del progetto Presidium.
    Rispetto all’individuazione dei minori è opportuno distinguere i seguenti casi: presunti minori per i quali è dubbia la minore età e minori erroneamente identificati come maggiorenni o dichiaratisi maggiorenni.
    Nel caso di presunti minori non richiedenti asilo rispetto per i quali sussistano dubbi fondati circa l’età dichiarata, si raccomanda che l’Autorità di Polizia proceda, in primo luogo, alle verifiche consolari presso le Rappresentanze diplomatiche dei Paesi di origine dei migranti e richieda ai migranti, in considerazione dei possibili tempi di attesa per tali verifiche, l’inoltro di copie o originali dei documenti identificativi eventualmente in loro possesso. A tal fine è opportuno che il migrante
    disponga del telefono e di un numero di fax per l’invio del documento. Solo nel caso in cui tali accertamenti non siano possibili, si dovrebbe procedere a esame medico per l’accertamento dell’età.
    Nel secondo caso, in considerazione della possibilità di errata attribuzione della maggiore età a un migrante in realtà minorenne, è opportuno che il personale dell’ente gestore o di un’Agenzia/Organizzazione specializzata effettui una ricognizione nell’edificio dove sono alloggiati i migranti adulti per verificare la presenza di migranti sedicenti minori ma non identificati come tali, che ne raccolga le dichiarazioni e proceda a colloqui individuali per approfondire le dichiarazioni rese e la dinamica dell’identificazione. A seguito di tali accertamenti è opportuno che i soggetti nominati indirizzino un’opportuna richiesta all’Autorità di Pubblica Sicurezza per procedere alle verifiche già indicate (attraverso il contatto con le Autorità consolari competenti e l’invio di documenti identificativi da parte dei migranti). Nell’attesa dell’espletamento delle verifiche presso le Autorità consolari o nelle more dell’accertamento dell’età è comunque opportuno che i soggetti che hanno effettuato la segnalazione di presunta minore età del migrante richiedano allo stesso, laddove possibile, l’invio di copia o originale del documento di identità dal Paese di origine. Una volta ricevuta copia del documento di identità attestante la minore età, l’operatore dovrebbe, previo consenso del minore, presentare un’istanza all’Ufficio Immigrazione per il riconoscimento della minore età.
    È necessario che, nelle more dell’espletamento delle procedure necessarie per l’individuazione del minore, venga sempre riconosciuto al migrante il beneficio del dubbio e che il minore sia trattato come tale (ad esempio, rimanendo alloggiato nell’edificio destinato ai minori).
    Rispetto alla procedura di accertamento dell’età, si auspica ormai da tempo una modifica tale da garantire il rispetto dei diritti del minore, ivi compresa l’adozione di modalità di accertamento meno invasive possibili. Nel frattempo, è indispensabile garantire almeno che l’accertamento sia attuato con i seguenti accorgimenti: sia indicato il margine di errore nel referto medico; sia fornita al minore informazione e sia richiesto il suo consenso alla sottoposizione all’esame, delineando una procedura per il caso di eventuale rifiuto al consenso; sia consegnata copia del referto; il minore sia informato, anche con l’ausilio di mediatori culturali, dell’esito dell’esame e delle relative conseguenze.

 

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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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