Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

I respingimenti proseguono circondati dal silenzio

La scorsa settimana, Christopher Hein direttore del CIR, consiglio italiano per i rifugiati, ha rilasciato dichiarazioni molto significative, che il nostro sistema dei media – con l’eccezione dell’agenzia Redattore Sociale – ha bellamente ignorato.

In sintesi, Hein ha affermato che all'inizio di maggio il primo “respingimento” è stato celebrato come un cambio radicale della politica italiana, mentre, per le successive operazioni non c’è stato neppure un comunicato ufficiale. E per avere notizie su quei respingimenti, bisogna consultare i  giornali stranieri, come  la stampa maltese. Non esiste, infatti, un monitoraggio nelle acque internazionali che segnali cosa vi stia accadendo effettivamente. Per ora, si può dire che risultano un minor numero di partenze dalla Libia e un minor numero di arrivi sulle coste siciliane e sarde. E c’è un dato che va considerato con attenzione: la maggior parte dei migranti respinti, nel corso dell’ultimo periodo, era costituita da eritrei e somali. Si tratta di persone che anche a un primo e superficiale esame, hanno titolo per richiedere l’asilo, come confermato dalle statistiche dell’anno scorso, relative al riconoscimento dello status di rifugiati a somali e a eritrei. Hein aggiunge che nelle ultime occasioni i migranti non sono stati riportati in Libia da mezzi italiani, come si dovrebbe fare, bensì consegnati a navi libiche, in mare. I respinti, per quello che sappiamo, vengono distribuiti in cinque centri nella zona nord occidentale della Libia, non molto lontano da Tripoli, senza che vi sia stato l’ordine di un giudice, senza limiti di tempo, senza alcun controllo giurisdizionale, in attesa che qualcosa accada. Se non c’è collaborazione con il consolato del paese di origine, restano lì. Fino a quando?

 

 

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